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Gay & Bisex

IL BIONDINO IN SMOKING


di Foro_Romano
07.07.2021    |    12.715    |    14 9.3
"Ti ho visto mentre facevi i bocchini allo chef ed all’organizzatore..."
Già tre giorni prima della grande festa nella villa o, meglio, nel piccolo castello nella campagna umbra, erano arrivati il personale della compagnia specializzata nell’organizzazione di grandi eventi ed altri professionisti, tra cui io. Il padre, ricco industriale, voleva festeggiare alla grande i diciotto anni del figlio unico. Riccardo era un giovane molto bello, educato, biondo, dal fisico ben proporzionato, due bellissimi occhi cerulei e sempre gentile con tutti. In realtà, il compleanno era stato qualche giorno prima, ma la cerimonia era stata spostata al fine settimana per favorire gli ospiti.
La ricchezza del genitore non lo aveva condizionato più di tanto. Aveva frequentato sempre scuole esclusive ma non era il classico figlio-di-papà stupido e indolente, incapace di fare qualsiasi cosa e senza nessun vero interesse. Lui, oltre allo studio, aveva delle passioni: gli piaceva il nuoto, a cui doveva il corpo armonioso e muscoloso quel che bastava, gli piaceva viaggiare e visitare a fondo ogni città, delle quali approfondiva la storia e l’arte, era curioso per ogni cosa e questo lo arricchiva continuamente di nuove nozioni e ne plasmava il carattere. Sarebbe diventato il degno erede dell’azienda di famiglia.
Coi genitori aveva sempre avuto buoni rapporti, a volte scontrandosi con loro per qualche decisione da prendere che lo riguardava, ma poi avevano sempre trovato un accordo valido e soddisfacente. Era il classico bravo ragazzo di buona famiglia. Avrebbe sposato una brava ragazza dell’alta società e avrebbe avuto anche lui la sua discendenza degna della stirpe.
Ancora non lo sapevo ma un difetto ce lo aveva, che conosceva solo lui. Si sentiva attratto dagli uomini, specialmente quelli maturi, forti, pelosi, dall’aria virile e dominante. Non si era mai spinto ad avere esperienze sessuali con qualcuno. Anzi, non ne aveva fatte proprio, con nessuno, di nessun sesso. Sperava che, con l’età e un maggiore giudizio, la decisione di fare un tale passo sarebbe venuta naturalmente.
Mi ha poi confessato che tante volte, la notte, nel suo letto, aveva fantasticato su come sarebbe stato bello essere avvolto da due forti braccia e lasciarsi andare alle voglie del maschio. Forse anche a più di uno contemporaneamente. La soddisfazione di soddisfare gli uomini. Quante volte, con la mano, si era dato il piacere lasciando liberamente andare la sua immaginazione! Pochi giorni e sarebbe stato maggiorenne e, forse, sarebbe riuscito a prendere la sua importante decisione. Comunque, fare sesso con gli uomini non gli avrebbe impedito di farsi una famiglia ed avere dei figli.
Giorgio, il padre, perché la festa risultasse perfetta ed indimenticabile, si era affidato ad un organizzatore famoso, Roberto, lasciandogli libertà assoluta su tutto: il trasporto e l’alloggio degli invitati, tutti amici di famiglia e del figlio e tutti appartenenti all’alta società, la scelta del menù e l’eccellenza del servizio offerto, l’animazione contenuta e non invadente. Non aveva posto alcun problema di budget.
Come chef aveva chiesto il migliore della città, Qassem, un iraniano e, per la sicurezza, era stato scelta l’agenzia più preparata: la mia, Mattia, ex carabiniere in pensione.
Il giovane Riccardo era confuso. Tutta quella bagarre si stava preparando per lui. Se fosse dipeso da lui, gli sarebbero bastati gli auguri dei genitori e degli amici. E poi, nemmeno a farlo apposta, tutti quegli uomini che erano stati assunti per l’occasione, erano tutti molto attraenti ai suoi occhi e agitavano i suoi ormoni. Era difficile per lui far finta di niente. Uno sforzo incredibile.
La sera della festa era tutto perfettamente in ordine e pronto già un’ora prima dell’arrivo degli invitati. Quel ragazzino mi piaceva molto e me lo sarei fatto molto volentieri. In smoking era una vera delizia. Quel giorno, durante i preparativi, più volte me lo guardavo di nascosto e subito il cazzo mi si intostava nei pantaloni. Con difficoltà, mi distraevo e pensavo al mio lavoro, dando le indicazioni ai miei uomini su cosa dovevano fare e come distribuirsi nei vari ambienti della villa e nel giardino, ma sapevo che, comunque, erano più che affidabili. A volte mi sembrava che era lui a guardarmi con interesse.
Il padrone fece una riunione con tutti i responsabili dei vari servizi, tra cui io, e ci chiese se tutto era a posto. Ovviamente lo era e lo tranquillizzammo. Gli dissi che poteva stare sereno e pensare solo a festeggiare il suo adorato figlio. Dentro di me pensavo a che tipo di festa gli avrei fatto io. Ma sono un professionista e so come comportarmi. Tutti pensano che io sia un tipo freddo perché ho sempre lo sguardo impenetrabile e questa faccia da duro. Ma è il mio lavoro.
Feci un ultimo giro della casa per scrupolo e, passando in vicinanza della cucina, sentii degli strani suoni, sembravano dei gemiti sommessi. Mi fermai e cercai di capire da dove provenivano e di che si trattava. Non c’era dubbio, qualcuno stava godendo. Ebbi paura che un mio uomo avesse rimorchiato qualche cameriera. Quello non era proprio il momento per farlo.
Mi avvicinai di soppiatto, lentamente. In un angolo appartato, nella penombra, vidi lo chef iraniano, quarantenne alto e dalla corporatura atletica, che si stava facendo fare un pompino con la testa all’indietro e le mani che afferravano saldamente la nuca della troia. Ma… No… Non credevo ai miei occhi. La troia inginocchiata davanti a lui era proprio Riccardo, il festeggiato. Mi prese una rabbia che non vi dico. Io mi ero trattenuto per tutto quel tempo e quello si stava godendo quelle morbide labbra del ragazzo che, per la verità, mostrava di saperci fare.
Potevo vedere il grosso cazzo che entrava e usciva e si capiva che arrivava oltre le tonsille a tappargli la gola. Gli teneva la testa e la accompagnava fino a fargli immergere il naso nel fitto pelo nero del pube. Ogni tanto abbassava lo sguardo per vedere la sua mazza scomparire dentro quella bocca famelica, per poi rialzare lo sguardo al soffitto con gli occhi rivoltati dal piacere. I gemiti dei due ed i rumori di risucchio non facevano che eccitarmi al massimo e per poco non venni nei pantaloni.
Dopo alcuni minuti lo chef si irrigidì, si piegò in avanti e…
“Vengo puttanella… vengo… bevila tutta, ingoiala… vengoooohhh”
Il ragazzino non poteva sfuggire agli schizzi di sborra e non sembrava proprio volerlo fare. Quando ebbe finito, si sfilò il cazzo dalla bocca, lucido di umori, e si pulì le labbra col dorso della mano per poi leccarselo. Che porca! Rialzatosi, lui gli dette un bacio affettuoso sulla fronte e gli fece un ganascino.
“Complimenti. Sei proprio bravo. Devi avere molta esperienza”.
“No. Ho visto molti filmati in internet. Questa è la prima volta che lo faccio. Ci pensavo da tempo ed ho voluto provare”.
“Allora hai dimostrato di essere un pompinaro nato. Bravo. E ti è piaciuto? Non ti ha fatto schifo ingoiare la sborra?”
“No. Anzi, mi è piaciuta molto. E’ buona”.
“Per questo sono qui: per farti mangiare bene” e risero.
Feci appena a tempo ad allontanarmi prima che mi vedessero. Continuai il mio giro come se niente fosse, ma dentro di me, mi ribolliva il sangue. Stando così le cose, quel ragazzino me lo sarei fatto di sicuro, appena se ne fosse presentata l’occasione. Ma non glielo avrei infilato solo in bocca e, vista la predisposizione, l’avrei svangato su per il culo senza troppi scrupoli.
Cominciarono ad arrivare gli invitati che, all’ingresso, erano ricevuti dai padroni di casa e dal festeggiato per stringere loro la mano ed accoglierli come si deve. Tutti in smoking e in abito da sera. Riccardo era ancora più bello con quel vestito ed era raggiante, non so se perché felice della serata o perché aveva ancora in bocca il sapore di sperma che, a quanto pare, gli era piaciuto molto.
La cena, dalle portate di alta cucina, fu molto apprezzata dagli ospiti che dopo si sparsero tra i tavoli approntati appositamente e le panchine del giardino, attorno alla piscina. Una musica soffusa e rilassante echeggiava nell’aria. Sentivo che parlavano di tutto. Gli uomini sempre di affari e le donne di pettegolezzi, a parte qualche imprenditrice rampante.
Giravo in continuazione ovunque, non mi ero mai seduto, per controllare tutto, anche se non c’era nulla di cui preoccuparsi. Ma ero pagato per questo. Avevo notato qualche sguardo e qualche commento su di me da parte di donne affascinate dalla mia mascolinità, ma anche qualche uomo non era da meno, anche se non lo dava a vedere.
In una parte deserta della villa sentii di nuovo dei mugolii sommessi. Il rampollo si stava ancora dando da fare con lo chef? Possibile? Doveva essere nato un flirt tra loro, pensai. Mi avvicinai senza farmi vedere e che scoprii? Il ragazzo, questa volta, era impegnato con un altro cazzo, quello di Roberto, l’organizzatore della festa. Era decisamente un bell’uomo. Napoletano, sui quarantacinque anni, tarchiato, molto peloso, regolarmente sposato ma, evidentemente, non alieno dal fascino di giovani frocetti. Anche lui si gustò la bravura di Riccardo fino a scaricarsi completamente i coglioni nella sua bocca assetata.
Ero fuori di me. Questa volta sarei intervenuto e non mi fregava un cazzo di uscire dai miei doveri professionali. Ho 52 anni e sono genitore di due ragazzi di poco più della sua età e non avrei permesso loro di essere così spudorati. Mi sentivo di dover fare le veci di suo padre o forse… forse mi scottava il fatto che non ero io a godere dei suoi favori. Quando l’uomo andò via, entrai in scena io. Afferrai per un braccio il giovane e lo scossi.
“Ragazzino. Queste cose non si fanno”.
Era impaurito dal mio intervento imprevisto, ma poi ne sembrava quasi compiaciuto.
“Non si fanno? Ne è proprio sicuro? E poi lei non è mio padre e non può dirmi quello che posso e quello che non posso fare”.
“E’ vero, non sono tuo padre, ma non credo che lui ne sarebbe felice”.
“Appunto… non è mio padre…”. Il ragazzo mi si avvicinò con un sorriso ammaliante. Accompagnò con la mano il risvolto della mia giacca. “Forse è meglio così… non trovi?”
Sono rimasto di sasso. Ci stava provando con me. Ero combattuto. Da una parte sentivo di dover far fede alla mia professionalità e dall’altra la bellezza di quella creatura mi smuoveva l’anima e… mi intostava l’uccello. Il tempo di rendermene conto e la sua mano me lo palpeggiava sopra il tessuto.
“Sento che non ti sono indifferente. Vuoi farmi un tuo regalo di compleanno? Sono o non sono il festeggiato?”.
Non so se per rabbia o passione, lo afferrai con un braccio e lo strinsi a me. Poteva di certo sentire il mio cazzo duro contro la sua pancia.
“Senti, ragazzino. Ti ho visto mentre facevi i bocchini allo chef ed all’organizzatore. Guarda che se io volessi, potrei pretendere di più da te”.
“Sono pronto. Io lo voglio”.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che tu sei quello che mi piace di più e che ho fatto quei bocchini prima anche perché sapevo che mi avresti scoperto”.
“E perché tutto questo?”
“Perché non ho mai fatto niente di queste cose prima di oggi ma ho imparato molte cose dai filmini in internet. Voglio che sia tu a sverginarmi. Pensi di riuscirci?”.
Quella affermazione ha fatto cadere ogni mia resistenza. La voglia era già tanta di possedere quel ragazzo che l’dea di essere io ad aprirgli il culo per la prima volta ha fatto sì che il mio cazzo stava per strapparmi i pantaloni.
“Ah, è questo che vuoi? Vedrai se ci riesco, lurido frocetto. Andiamo nella tua camera”. Gli si illuminò il viso. Gli presi la mano e lo trascinai al piano di sopra. Arrivati in camera, chiusi a chiave la porta, lo strinsi a me e gli infilai la lingua in bocca. Mi si sciolse tra le braccia. Dovetti far forza su di me per sostenerlo ma anche per reagire all’estrema dolcezza che le sue tenere labbra mi trasmisero, in contrasto con la grossezza e durezza del mio muscolo invasore.
“Prendimi. Prendimi. Ti voglio dentro di me. Voglio essere tuo”.
“Prima bagnami il cazzo di saliva, puttanella”. Lo spinsi in basso e finalmente potei liberare la mia bestia scalpitante. Schizzò fuori e lo colpì duramente sulla guancia. Rimase qualche secondo a ad ammirarne la grossezza, le vene violacee che lo avvolgevano, l’ampiezza della cappella pronta a trivellarlo. Alzò gli occhi a guardarmi con aria preoccupata ma anche piena di lussuria.
“Che aspetti, puttanella. Succhia”, gli ordinai. Aprì al massimo le mascelle e cercò di prenderne il più possibile, ma non riuscì per più di un terzo e già gli ero arrivato in gola. Cominciò ad andare su e giù, a succhiare, a leccare, ad avvolgermelo vorticosamente con la sua linguetta scattante. Tirava fuori la lingua e la faceva scivolare tra i miei coglioni per poi salire lentamente lungo tutto il tronco, mentre mi guardava con occhi da angioletto innocente. Quindi se lo riinfilava in bocca e ricominciava a spompinarmi. Era bravissimo. Capii cosa avevano provato i due uomini prima di me e perché non avevano resistito molto prima di sparargli la sbroda in bocca. Ce la metteva tutta ma, per fortuna, non riusciva a prenderne di più. Sarei arrivato troppo presto. Freddamente, ma con la voce diventata roca dal piacere, lo redarguii.
“Proprio non ce la fai a succhiarmelo tutto! Adesso vedrai come, invece, te lo farò entrare tutto dentro il culetto. Alzati e girati”.
Obbedì. Aveva le lacrime agli occhi per lo sforzo che aveva fatto ed era preoccupato per le dimensioni che il mio cazzo aveva raggiunto.
“Non mi farai male, vero?”
“Certo che ti farò male! Ti devo rompere il culo. Come pretendi che non ti faccia male. Ma vedrai, visto quanto ti piace il cazzo, che dopo poco ti piacerà. Girati e calati i pantaloni. E sbrigati, prima che si accorgano della nostra assenza”.
Non obiettò più nulla e fece quello che gli avevo ordinato, chinandosi in avanti, appoggiandosi alla parete e mostrandomi le sue meravigliose chiappette rosee e pronunciate. Una visione fantastica! Mi sono piegato sulle ginocchia per affondargli la faccia in mezzo e leccare il piccolo forellino che presto ero deciso a trasformare in una voragine. Ci sputai anche sopra per bagnarlo il più possibile. Feci tutto velocemente e raschiai la sua pelle più morbida con la mia barba. Gemette un poco, ma non so se per la barba o per la voglia di essere posseduto. Puntai la cappella all’ingresso. Sembrava impossibile che il mio enorme membro potesse entrare nel piccolo pertugio di quelle piccole chiappette. Non stetti a pensarci tanto. Anzi non ci pensai affatto.
Spinsi deciso. Le crespette si allargarono pronte al sacrificio di far passare la grossa cappella. Gemette. Bisognava fare in fretta, anche perché non resistevo più. Ero una belva pronta a dare il colpo di grazia alla vittima catturata. Con la sinistra gli tenni stretto un fianco e con l’altra gli tappai la bocca per evitare che lo sentissero anche giù alla festa. Dovetti dare tre spinte poderose prima di infilarmi tutto dentro e fargli sentire i duri peli del mio pube sulla pelle. Urlò disperatamente nel palmo della mia mano. Mi fermai per farlo abituare al palo che lo stava sodomizzando ma anche per non venire subito.
Facendo forza su di me, cominciai poi a fotterlo lentamente, aumentando via via la velocità. Superato il dolore cominciò a godere. Tolsi la mano. I suoi gemiti e lamenti non facevano che eccitarmi ancora di più.
“Siiii, ahhhh… siiii, che bellooo. Ho il tuo cazzo dentro. Mi stai sverginando… Sei un maiale, un porco… Siii ancora… ancora…”
Mentre lo montavo, mi abbassai e gli girai la testa per scambiarci delle slinguate. Ma volevo di più. Volevo vederlo in faccia mentre godeva col mio cazzo piantato dentro. Così, glielo sfilai rapidamente, rivoltandogli le budella e provocandogli un gemito più forte a causa del dolore e della delusione.
“Nooo… ancora… ancora… ti prego”.
“Certo troia. Adesso te lo rimetto dentro”.
Lo stesi di schiena sul pavimento, gli calai il più possibile i pantaloni, gli piegai le gambe e lo infilzai ancora, questa volta lentamente ma con decisione. I suoi occhi si chiusero dal piacere, accompagnate da un suo “siiii”, poi si riaprirono. Potevo leggerci la passione più pura, l’innocenza che volava via, il desiderio più animalesco che gli usciva dall’anima. Cercò di afferrarmi per le cosce pelose affinché gli entrassi il più possibile dentro. L’ho scopato per una decina di minuti, a volte guardandolo contorcersi sotto di me dal piacere di essere sottomesso da un maschio potente, a volte chinandomi a baciarlo.
E fu appunto mentre lo baciavo che arrivai all’orgasmo e, mentre gli sparavo la prima silurata di sborra della sua vita nella pancia, gli gridai un ruggito di godimento in bocca. Poi mi inarcai, mordendomi le labbra, mentre svuotavo tutte le munizioni delle mie palle dentro di lui. Guaiva come un cucciolo ferito. Era venuto anche lui.
Mi abbattei sul suo corpo, completamente spompato. Vi posso giurare, la migliore sborrata della mia vita. Pesavo troppo e tentai di rialzarmi, ma lui mi trattenne. Voleva che stessi ancora sopra di lui. Dentro di lui.
Finalmente uscii dal suo buco. Lo guardai. Era completamente spanato, irritato, lucido di sborra e sangue. Avevo il cazzo ancora eccitato e lo ripiantai dentro. Scivolò con facilità. Gradì molto. Lo avrei scopato ancora. Sarei ancora venuto in lui chissà quante volte di seguito. Ma si era fatto tardi.
Ci ripulimmo con dei fazzolettini di carta che aveva a portata di mano. Ce ne vollero molti. Andò in bagno, si scaricò sulla tazza e si dette una rapida lavata. Ci risistemammo a vicenda gli smoking e gli detti un tenero bacio sulle labbra.
“Andiamo”.
“Si, ma lo faremo ancora, vero?”. Il suo sguardo implorava una risposta affermativa.
“Non ti è bastato?”
“No, voglio essere scopato da te ancora e ancora e ancora…”
“Ok, piccola troietta, troveremo il modo di scoparti ancora, vedrai”.
Scendemmo giù giusto in tempo per assistere alla girandola dei fuochi d’artificio in suo onore. Ma la grande felicità stampata sul suo volto non era per quelli. Sapevamo solo noi che era per avergli fatto il più bel regalo ricevuto e il dolore al buco del culo glielo ricordava molto bene.
Ora sono due anni che me lo fotto quasi quotidianamente in una casa vuota che possiedo ma so che presto mi lascerà per conoscere altri. Già mi ha chiesto di poter scopare assieme a qualcuno dei miei uomini dell’agenzia che gli piacciono particolarmente, me presente. Ha fantasie sempre più porche. Vorrebbe essere scopato da due cazzi grossi insieme nel suo buco ed averne un altro in bocca. Vorrebbe bere sborra a litri ed essere al centro di una gang-bang. Io, invece, non vorrei perderlo e perciò lo accontenterò in tutte queste sue richieste pur di averlo sempre accanto a me. Ma, alla lunga, sarà difficile. Dovrà aprirsi alla vita.
Ammetto che non mi dispiace l’idea di vederlo mentre si fa sbattere da un gruppo di maschi mentre mi massaggio il cazzo, pronto a regalargli il gran finale in gola o nella fighetta slabbrata. Lo accontenterò presto.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).

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