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GUARDIANO DEL CORPO


di Foro_Romano
24.02.2016    |    15.294    |    7 8.4
""Aggiungo consigliando il padre del ragazzo a prendere atto della natura di suo figlio e ad accondiscendere al loro amore"..."
"Sentite. Io ho fatto sempre il mio lavoro con serietà. Mi piace il mio lavoro ed ho sempre rispettato i clienti. Non ho mai rischiato di alienarmi la fiducia dei clienti. Eppure...". L'uomo abbassò la testa, apparentemente pentito di ciò che era successo.
Era un bell'uomo, anzi, le molte donne presenti lo avrebbero giudicato proprio bellissimo. Poco più che trentenne, molto alto, fisico perfetto e proporzionato, due grandi spalle, muscoloso, e lo si poteva vedere anche sotto l'impeccabile vestito blu che indossava, perché appariva un po' goffo in quell'abito. Sarebbe stato meglio in tuta. Magari una di quelle tute di panno spesso, ché avrebbe messo meglio in mostra i forti bicipiti e quei glutei marmorei. Moro, anzi i capelli erano proprio corvini, proprio come il folto pizzo ed il pelo che non si nascondeva e faceva capolino dai polsini e dal collo della camicia di un bianco folgorante e perfettamente stirata. Gli occhi di un verde intenso e ammaliante. Peccato che avesse abbassato la testa.
Ma la rialzò. "Ho avuto clienti famosi, uomini e donne. Anche attrici famose che... beh... mi hanno fatto il filo, anche in presenza dei loro fidanzati ufficiali. Io però non ho mai ceduto. Per me il lavoro era più importante di tutto e non volevo perderlo. Non so perché... perché... Che mi è successo? Non lo avrei mai immaginato prima", e si accasciò sulla sedia, ancora con la testa abbassata. Sembrava quasi che stesse per piangere! Un uomo così maschio, accusato di un tale crimine! Non poteva essere vero e le donne presenti ne erano certe. Non era vero, erano accuse infondate.
"Bene. Mi sembra di capire che l'accusato si dichiara colpevole", disse il giudice. "Staremo a vedere se il reato è derivato da sua propria volontà od è stato irretito ed istigato. Venga a deporre il primo teste: colui che ha sporto denuncia, se non sbaglio".
"Esatto", disse l'avvocato dell'accusa.
"Che entri il signor Jack Banner".
Da una porta secondaria fece il suo ingresso l'uomo in questione e un brusio si alzò dalla folla. Era stato proibito scattare foto in aula ma molti erano i giornalisti presenti. Banner era infatti uno dei cantanti rock più famosi al mondo. Sulle riviste patinate non si faceva che parlare di lui, dei suoi veri o presunti amori del momento, delle ville che abitava, che acquistava (ville favolose dai prezzi proibitivi) solo per averle come appoggio in una città o in un'altra. Senza parlare, poi, dei costi di gestione, con tanto di personale addetto per ognuna. Ma i soldi non gli mancavano di certo, viste le milionarie entrate sulle vendite e gli ascolti delle sue canzoni. Lui, tutto sommato, non era un bell'uomo. Alto si, ma secco, dinoccolato, scialbo persino, con i capelli fino alle spalle che non stavano affatto bene su uno non più propriamente giovane, alcuni bianchi.
"Dunque, signor Banner, ci dica la sua versione dei fatti", lo apostrofò il giudice non appena si fu seduto.
"Ecco, signor giudice", in un italiano un po' stentato. "Io sono sempre in giro per il mondo per i miei concerti e non sono in grado di seguire da vicino mio figlio Adam..."
"Suo figlio che vive qui in Italia", aggiunse il giudice.
"Si, esatto, nella mia villa in Toscana, nel Chianti. Lui ha preferito vivere qui perché dice che gli piace di più il paesaggio, l'arte, la cultura. Lo affascina l'antico che si respira (così dice) anche nell'aria. Lui ha uno spirito artistico, un po' come me, ma io lo esprimo nelle mie canzoni invece a lui piace disegnare..."
"Va bene, ma arriviamo ai fatti. Suo figlio, ha 17 anni se non sbaglio, non ha una madre?".
"Si, certo, ma anche lei è molto impegnata. Lei è attrice, come saprà, e poi siamo separati da anni ed io ho l'affidamento di nostro figlio. Insomma, siamo persone famose e siamo (come può comprendere, signor giudice) sempre assediati dai fan, dai giornalisti e da molti esaltati che potrebbero anche voler fare del male a me ed a mio figlio. Così ho assunto delle guardie del corpo a nostra difesa. In particolare ho posto mio figlio Adam sotto la tutela esclusiva di quel signore", ed indicò verso l'accusato. "Mi sembrava affidabile e più che in grado di difenderlo da qualche malintenzionato... Invece... invece non l'ho difeso da sé stesso, purtroppo".
"Lei non si era accorto di niente? Voglio dire. Non aveva mai capito certe tendenze di suo figlio?"
"Nooo... siii... insomma, che vuole, lui ha uno spirito artistico, come le ho detto, è sensibile, di animo buono. Sono certo che è stato lui a spingerlo a fare certe cose. Non credo proprio che mio figlio abbia mai pensato a quelle cose".
"Ma suo figlio ha 17 anni. Anche se non è maggiorenne, non è proprio un bambino!".
"Ok, ok... ma... non è da lui... ecco".
"Bene, adesso che abbiamo capito come stanno le cose, può accomodarsi signor Banner e facciamo entrare a testimoniare la vittima. Che venga il signor Adam Banner e sentiamo che cosa ha da dire".
Gli addetti del tribunale lasciarono il passo ad un giovane esile, biondo, piuttosto efebico, che si andò a sedere sullo scranno dei testimoni. Era veramente bello, a dispetto del padre. Aveva certamente preso tutto dalla madre, considerata una delle donne più belle del mondo.
"Adam Banner, tu sai perché sei qui". Il ragazzo annuì. "Raccontaci come sono andati i fatti".
"Signor giudice...", disse mostrandosi subito sicuro di sé. "Io so da sempre, sin da quando ho memoria, che sono omosessuale. Mi piacciono gli uomini, ecco, e non ho nessun dubbio su questo. Fin da piccolo, quando vedevo un uomo che mi piaceva, poi dovevo tirarmi una sega immaginando di fare l'amore con lui".
L'avvocato della difesa fece un gesto come per cercare di interromperlo o di giustificarlo per il linguaggio usato, ma il giudice, con una mano, lo fermò. "Vada avanti".
"Capivo però che la fama dei miei genitori mi avrebbe attirato addosso tanti approfittatori ed ero deciso che l'uomo per me l'avrei scelto io. Intendo dire quello che mi avrebbe fatto provare il piacere sessuale, quello vero, quello tra due persone". L'imbarazzo del pubblico si poteva tagliare col coltello, ma lui continuò.
"Quando arrivò lui a farmi da guardia del corpo capii che era quello che stavo aspettando. Mi faceva impazzire di voglia. Lo vedevo così maschio, lo desideravo con tutto me stesso. Capii allora che cosa voleva dire innamorarsi veramente di qualcuno. Sin dal primo giorno ho cercato di farglielo capire in tutti i modi. Coglievo ogni occasione per strusciarmi a lui, gli facevo gli occhi dolci, facevo delle allusioni, arrivai a toccarlo lì... a toccargli il pacco, insomma..."
"D'accordo. E lui?"
"Lui niente. Lui si scostava, rimaneva sempre nel suo ruolo. Non mi dava mai nemmeno la più piccola speranza. E io ne soffrivo. Ho sofferto tanto, signor giudice, tanto, mi creda. Non mangiavo più, non dormivo più, pensavo solo a lui, lo volevo su di me. Ogni giorno ci provavo ed ogni giorno venivo respinto. Sicché decisi che gli dovevo parlare sinceramente a quattrocchi, senza testimoni attorno, in maniera tale che anche lui si sentisse libero di dirmi se provava qualcosa per me... almeno lo speravo".
"Dunque?"
"Quel giorno gli dissi che dovevamo prendere la macchina. Mi chiese dove volevo essere portato e io risposi di cominciare a guidare che glielo avrei detto dopo. Così gli feci fare le strade più strane, sempre più isolate fino a che arrivammo in aperta campagna, circondati da tanto verde di prati e alberi, il paesaggio che piace a me. Gli dissi di fermarsi e di venire a sedersi dietro con me. Lo vidi un po' indeciso ma lo fece. Una volta vicini gli misi una mano sulla coscia... Oddio... al solo pensiero...". Il ragazzo ebbe un fremito.
"Vuole fermarsi?", lo incalzò il giudice.
"No, no... ecco... E' che al solo ricordo... Beh fu allora che gli dissi tutto. Gli scaricai addosso tutta la tensione che avevo accumulato e cominciai a piangere. Caddi a piangergli sulla spalla. Lui... (il ricordo gli strozzava la gola) lui... mi avvolse col suo braccio. Dopo un po' mi alzò la testa con una mano sotto il mento, mi guardò intensamente e... e... e mi diede un bacio sulle labbra. Aveva gli occhi lucidi, era commosso anche lui ma ancora non sapevo se lo era per me e c'era qualcos'altro. E poi lui... lui..."
Guardò nella direzione dell'imputato "...mi disse che anche lui mi amava".
"E' vero, ti amo e ti amerò sempre"
"L'imputato faccia silenzio!"
Il giovane sorrise tra le lacrime. "Poi mi strinse a sé e mi dette un altro bacio. Uno vero, profondo, come non ne avevo mai provati. La sua lingua si muoveva nella mia bocca, le nostre salive si fusero assieme, come... le nostre anime".
"E li avvenne il fatto?"
"Si, signor giudice, si. Ci siamo lasciati andare, li sul sedile posteriore dell'auto. Ci siamo spogliati completamente, mi sono sdraiato e lui è venuto sopra di me, mi ha baciato ancora, mi ha succhiato il petto, qui al capezzolo, poi mi ha lasciato lo spazio per muovermi e anch'io gli ho succhiato il capezzolo, ma il suo era circondato di peli, così glieli ho leccati e sono sceso giù, sempre più giù, con la sua mano che mi premeva sulla testa, fino a che mi sono trovato davanti al suo pisello. Era grosso, molto più del mio. Non ci ho pensato molto, devo ammetterlo, mi è venuto naturale, gliel'ho preso in bocca..."
"Signor giudice, per favore, lo faccia smettere".
"Signor Banner, dobbiamo sapere fino a che punto si sono spinti suo figlio e quell'uomo per capire la gravità del reato e se di reato si parla. Vada avanti".
"Dicevo. Ho cominciato a succhiarlo, a leccarlo, mi piaceva e mi piaceva anche sentire i versi che faceva, che mi dimostravano che stava piacendo anche a lui".
"Ma, per capirci, ti ha obbligato in qualche modo... chessò forse ti forzava con la mano a metterlo in bocca".
"No, signor giudice, mi venne spontaneo. Poi ha cominciato a dirmi di tutto: che ero una troia succhiacazzi, un frocio schifoso, che da tempo desiderava che gli facessi quel lavoretto, che avrebbe voluto anche mettermelo nel sedere... anzi, diceva, nel culo, nel mio dolce culetto".
Il silenzio nella sala del tribunale era assoluto. A sentire quel racconto erotico, tutti si immaginavano la scena di quell'uomo così bello e possente che faceva sesso con quel ragazzo adolescente e disponibile.
Il giudice ascoltava attento ma sotto, nascosto dalla sua scrivania, si stava toccando il cazzo che gli si era intostato come non ricordava da anni. "Vai avanti", chiese ansioso.
"Anch'io non aspettavo altro. Mi sono girato e lui mi ha baciato il sedere. Me lo accarezzava, lo strizzava, lo allargava per metterci la bocca e leccarmi il buchino. La sua barba mi procurava un'eccitazione incredibile e più mi leccava e più mi sentivo suo. Volevo essere suo, completamente suo! Poi si è tirato su, me lo ha puntato al buchino, mi ha preso per i fianchi con le sue grandi mani ed ha spinto. Ho gridato..."
"Dunque tu non volevi".
"No, no, signor giudice, io volevo. Ho gridato per il dolore ma lo volevo. Infatti lui si è fermato e mi ha chiesto se volevo che uscisse. Gli ho risposto di no, che doveva continuare e lui ha continuato. Spinta dopo spinta mi è entrato dentro tutto, fino in fondo. Non potevo crederci perché avevo visto quanto era grosso, eppure era tutto dentro di me. Strillavo e piangevo ma gli dicevo di continuare perché lo volevo, perché mi piaceva, perché lo amo".
"Anch'io ti amo e ti amerò sempre".
"Imputato stia zitto. E poi che è successo?"
"Ha cominciato a pomparmelo dentro, sempre più forte, ancora e ancora. Non capivo più niente, ho cominciato a tremare e sono venuto sul sedile. Lui ha continuato per un po' e poi è venuto... tutto... molto più di me. Non la finiva più. Ho sentito almeno una decina di schizzi dentro il mio corpo. Mi ha riempito la pancia. E' crollato su di me con tutto il suo peso. Potevo sentire benissimo il suo pelo del petto sulla mia schiena, il battito del suo cuore, il suo respiro affannoso. Quando si è staccato ed è uscito da me siamo rimasti abbracciati per molto tempo. Ero felice come non lo ero mai stato. Eravamo felici tutti e due, me lo ha detto. Si è scusato se mi aveva fatto male quando mi aveva rotto l'ano, quando mi aveva sverginato, ma per me non aveva più alcuna importanza perché lo amo veramente. Le altre volte non mi ha più fatto male come quella prima volta..."
"Ah, dunque ci sono state altre volte! Ti ha costretto a continuare questo rapporto?"
"Si, tante altre volte. Ogni volta che potevamo, sempre in macchina, ma non mi ha costretto a niente. Lo abbiamo sempre voluto insieme".
"E ogni volta..."
"Si ogni volta è stato un piacere reciproco. Mi ha scopato in tante posizioni ed è sempre finito che si scaricava dentro di me riempiendomi la pancia. E' stato bellissimo. Finché ho deciso di dirlo a mio padre e lui l'ha presa male e lo ha denunciato. Scusami amore, non volevo tutto questo, speravo che lui accettasse la nostra felicità". Una lacrima gli rigò il bel viso e commosse tutti, giudice compreso.
Il giudice se ne era venuto nei pantaloni. "Beh, da come si sono svolti i fatti, non si riscontra alcun reato. Benché il ragazzo sia minorenne, è evidente che c'è stato consenso pieno. Quindi il fatto non sussiste e l'imputato è libero". Grande rumore in aula. "Aggiungo consigliando il padre del ragazzo a prendere atto della natura di suo figlio e ad accondiscendere al loro amore".
L'uomo assolto e l'adolescente si corsero incontro e si abbracciarono e baciarono commossi. La notizia esplose su tutti i giornali e non solo sulle riviste patinate, che ne parlarono ancora per molto tempo anche perché, nemmeno un mese dopo, si seppe che i due, in California, erano convolati a giuste nozze riparatrici (ma più che desiderate), questa volta con la benedizione del padre.

(Si tratta di un racconto di fantasia. Non fate mai l'amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela)

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