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QUATTRO MASCHI ARRAPATI


di Foro_Romano
28.12.2018    |    11.680    |    6 9.8
"Certamente la pensano così anche i miei amici e vorranno farselo anche loro..."
(Racconto n. 95)


Siamo quattro amici sin da bambini. Siamo cresciuti in una borgata romana, dove si sopravvive di piccoli lavori e delinquenza. Se non sei stato al gabbio almeno una volta, c’è stato qualche tuo amico o parente. Adesso abbiamo tra i 30 ed i 35 anni ma siamo rimasti molto legati. Abbiamo le fidanzate e uno è pure sposato però, almeno una volta al mese, le lasciamo a casa e ce ne andiamo a divertirci per conto nostro. Loro (le nostre donne) lo sanno che rimorchiamo sempre qualche sgallettata ma non possono dire niente. Mute devono stare. Noi siamo uomini e si sa che “l’uomo è cacciatore”. Vero è che non sempre rimorchiamo donne. Quando ci gira, ci piace anche farci qualche bel frocetto. Due di noi sono stati in galera e hanno raccontato che lì ci si sfoga così e, in effetti, una volta provato, abbiamo dovuto ammettere che si gode forse anche meglio che con le donne. Primo perché ci sanno veramente fare, sanno come si fa a far godere un uomo, e poi perché non sono una rottura di coglioni.
Così è stato sabato scorso. Per farci due risate siamo andati in una discoteca gay a far morire di voglia qualcuno. Infatti, da quando siamo entrati, tutti ci guardavano con desiderio, in particolare un tizio molto giovane. Veramente sembrava che puntava a me, anche se, qualche volta, lanciava occhiate anche ai miei amici.
Non per niente ma, effettivamente, io piaccio di più. Sono piuttosto alto, prestante, un fisico niente male, perché faccio il facchino in una ditta di trasporti. Sono molto peloso. Ho una barba né lunga e né corta che comincia ad avere qualche pelo bianco, come pure sono brizzolato alle tempie. Insomma, un figo. Dove vado faccio strage. Ma non è che i miei amici siano poi tanto da meno.
Dunque, quello ci guardava continuamente. Si vedeva che aveva una gran voglia di cazzo. Per un po’ ci abbiamo fatto qualche battuta sopra poi, tutti d’accordo, gli ho fatto cenno di avvicinarsi. Non aspettava altro. Mi si è seduto vicino e abbiamo cominciato a parlare. Era piccolino, magro, fragile, con un visino che definirei dolce. Un efebo. Faceva quasi tenerezza, se non fosse stato quel nonsoché che, dietro il suo sguardo falsamente innocente, faceva capire quel suo desiderio di farsi possedere in maniera sfrenata.
Mi attizzò subito a sangue. Qualche volta, nei nostri discorsi, interveniva ora uno ora un altro dei miei amici, per quanto la musica poteva permettere. Capii subito che anche agli altri non dispiaceva affatto. Diceva di essere maggiorenne, anche se non lo mostrava. Ma chi se ne frega se era vero o meno. Mi attizzava e basta. Presto mi ha messo una mano sulla coscia e non la spostava, allora io ho fatto scendere il braccio che tenevo sulla spalliera della poltroncina dietro di lui fino al suo sederino. Guarda un po’? Si è leggermente alzato per permettere alla mia mano di raggiungere l’altezza del suo buchino. A quel punto ha spostato la sua di mano, con decisione, sul mio pacco tastandomi l’attrezzo, trovandolo già piuttosto ingrifato per la sua vicinanza. Aveva un profumo di pelle giovane e non ho resistito: gli ho dato un bacio sul collo, sotto l’orecchio destro. Da lì il passo è stato breve. Le nostre labbra si sono unite. Gli ho ficcato la lingua in bocca e me lo sono limonato alla grande. Si è come sciolto tra le mie braccia.
Ha premuto ancora di più la manina sul mio bozzo strusciandola per tutta la sua lunghezza e facendomi arrapare ancora di più. La cerniera stava per strapparsi. Visto come si stavano mettendo le cose, gli altri si sono alzati e ci hanno circondati perché nessuno potesse vedere. Mi sono aperto i pantaloni ed ho tirato fuori la bestia. Gli ho preso la testa con una mano e gliel’ho abbassata fino a ficcargli tutto in bocca. Ha continuato da solo, pompando ed ingozzandosi senza ritegno. Lo ha succhiato come un lecca-lecca fino a tirarselo fuori e, con la lingua l’ha leccato tutto dalla cappella ai coglioni e da questi fino alla cappella, per poi rificcarselo in gola.
La mia mano gli è entrata nel pantalone a vita bassa che indossava e un dito è andato a stuzzicargli il buchino. Mmmmm. Ho cominciato anche ad infilarglielo e sfilarglielo un po’ così, a secco, mentre la sua bocca mi stava facendo un pompino coi fiocchi. Non ho resistito molto. Ho buttato la testa all’indietro esalando l’anima mentre gli esplodevo in bocca una lunga raffica di caldo succo virile. La puttanella ha ingoiato tutto, fino all’ultima goccia, ed ha ripulito tutto per bene, assicurandosi di non essersi perso niente.
Lentamente mi sono ripreso ed ho rimesso tutto dentro, mentre i miei amici sono tornati a sedersi soddisfatti dello spettacolo a cui avevano assistito, che però aveva lasciato insoddisfatti i loro cazzi, che ho visto piuttosto in tiro. Non vi dico la soddisfazione del ragazzino! Faceva scintille.
“E bravo. Ci sai proprio fare!”, ha detto Renato.
Lui, il porcellino timido (!!!), ha abbassato gli occhi, leccandosi ancora le labbra bagnate del mio sperma. Gli ho arruffato i capelli in segno di ringraziamento.
La serata è proseguita nel segno della buona musica e del divertimento, quasi che non fosse successo niente. Molte battute spinte da parte dei miei amici, a cui lui rispondeva con altrettante sempre più spinte. Alla faccia del ragazzino timido! Mi piaceva sempre di più e sempre di più mi attizzava. Dietro a quell’aria di innocenza si nascondeva una vera maiala. Ero certo che anche gli altri la pensavano allo stesso modo. Un paio di loro lo hanno portato a ballare e, al centro della pista, se lo sono strusciato davanti e dietro. Erano talmente eccitati che non mi sarei meravigliato se uno gli avesse calato le braghe e se lo fosse inchiappettato lì seduta stante. Lui stava al gioco e li provocava sempre di più ma sempre guardando me, come se fossi il suo uomo e mi chiedesse il permesso.
Ad un certo punto l’eccitazione era alle stelle. Decidemmo così di andarcene col ragazzo che, opportunamente, ci aveva chiesto di riaccompagnarlo a casa. Le intenzioni, sia nostre che sue, per prima cosa, erano però tutt’altre, poi lo avremmo portato dove voleva.
Entrammo tutti nella macchina di Gianni. Renato accanto a lui. Dietro io e Paolo con, in mezzo, il cucciolo voglioso. La sua mano tornò sulla mia patta, trovandola già gonfia al punto giusto. Ci siamo baciati con trasporto, mentre Paolo, accanto a noi, non resisteva. Se lo è tirato fuori e lo ha smanettato un po’, poi ha preso la mano del ragazzo, ancora attaccato a me, e l’ha portata su suo palo duro come l’acciaio. Mi ha fatto pena e gliel’ho concesso. Che razza di amico sarei?
“Dai. Pensa anche a lui”, gli ho detto. Allora si è girato e si è abbassato a prenderglielo in bocca. Quello gli ha messo una mano sulla testa dandogli il ritmo della ciucciata mentre i due davanti morivano di invidia. Uno si era girato a guardare e l’altro stava guidando ma sbirciava dallo specchietto. Mi ritrovai ad avere il culetto verso di me e non potei fare altro che calargli i pantaloni e tastargli tutto quel bendiddio.
Intanto eravamo arrivati in aperta campagna. Gianni ha fermato la macchina su uno sterrato che sembrava fuori del mondo. Avevo un cazzo che faceva scintille e non potevo resistere. E poi perché? Girandomi un poco, gli ho aperto le natiche coi pollici e non ho potuto fare altro che ficcarglielo dentro, di botto. Naturalmente, così a secco, grosso com’è, non fece molta strada. Entrò solo la cappella squarciandogli il buco. Si staccò dal suo lecca-lecca e lanciò un urlo acuto pazzesco. L’ho tirato fuori, strappandogli un altro urletto, e l’ho bagnato più che potevo di saliva per poi rimetterglielo dentro con forza. Questa volta è andato fino in fondo. Si è aperto subito, per la gran voglia che aveva.
“Siii… ahhh… siii… fottimi… fottimi… Usami come una puttana” e allora io ho cominciato a sbattermelo di gusto. Ormai non offriva più alcuna resistenza.
Paolo gli ha ripreso la testa e glielo ha rimesso in bocca. “Sei puttana? E allora succhia puttana, succhia”.
Ci davamo dentro come matti e lui gemeva e si contorceva dal piacere. Gli altri guardavano e si tiravano una sega ma senza voler venire. Sono durato un po’, è vero. Lo sfondato per bene, ma poi gli ho scaricato tutto dentro come un idrante. “Ti sciacquo le budella, zoccola… Prendiii… Ahhhgrrr”. Poteva sentire le mie grosse palle pelose, premute contro di lui, contrarsi ad ogni schizzo, uno per uno.
Quando gliel’ho tirato fuori, Paolo non ha perso tempo. Lo ha rivoltato come un fuscello e l’ha impalato sopra di lui, affondando in quel mare di sperma che non aveva avuto tempo di uscire. Il ragazzo guaiva come una cagna. Si dimenava, ne chiedeva sempre di più, sempre di più. Gianni, da davanti, si è sollevato piazzandosi tra i due sedili, gli ha preso la testa, l’ha piegato e gli ha piantato direttamente in gola il suo grosso cannone pronto ad esplodere. Infatti sono bastati pochi movimenti per far bere al ragazzino un’altra litrata di sborra succosa.
Anche Paolo poco dopo è arrivato al capolinea e, ululando come un lupo, gli è venuto dentro. Mancava Renato che è sceso dalla macchina così, coi pantaloni a metà coscia e lancia in resta (la più grossa di tutte, per la verità), ha aperto lo sportello ed ha disarcionato il “povero malcapitato” dal cazzo del mio amico. Lo ha messo in posizione, lo ha afferrato saldamente per i fianchi e l’ha sventrato con un colpo solo, tanto era ormai completamente spanato e strapieno di succo.
Avevo il volto del ragazzo verso di me. Era stravolto dal piacere. A bocca aperta, sbavava ed emetteva suoni e parole smozzicate e incomprensibili. Non aveva mai goduto così tanto. In quel momento il suo cazzetto si ricordò di esistere e, senza essere toccato, venne giusto sul cazzo ammosciato di Paolo che, presagli la testa, la indirizzò lì per farsi ripulire. “Lecca, stronzo. Guarda che hai fatto”.
Quello non se lo fece ripetere e obbedì inghiottendo pure la sua sborrata mentre, dietro, Renato non aveva pietà del suo culo, sodomizzandolo violentemente. “Ahhh che culo sfondato! Nessuna troia era mai riuscita a prendersi il mio cazzo così bene. Sei proprio una puttana rottainculo”. Gli ha detto di tutto mentre infieriva su quel corpicino grosso poco più di quella canna che lo stava sfondando. Eravamo tutti super infoiati. Poi, un ruggito strozzato dell’inculatore face capire che anche la sua sborra si era aggiunta alle altre in quel buco degno di una fogna.
Inutile dire che noi altri avevamo di nuovo le mazze dure. Al ragazzino sembrava non bastasse mai. Chiedeva cazzo, ancora cazzo, sempre più cazzo. Era una ninfomane scatenata. L’ideale per noi. Ce lo siamo trombato per almeno un paio di ore in tutti i buchi possibili. Altre sborrate gli sono state sparate in bocca, in culo, in faccia. In una sera ci ha prosciugato la dotazione di un mese.
Alla fine, lurido, col culo slabbrato, ridotto ad una voragine e grondante la nostra sborra lungo le sue piccole cosce setose, ci ha sorriso come un bambino, felice e innocente. Lo abbiamo amorevolmente ripulito ovunque come potevamo con dei fazzolettini umidi, trattandolo come il nostro giocattolo preferito. E lo era stato, infatti.
Lo abbiamo quindi riaccompagnato. Quasi non si reggeva sulle gambe e aveva i pantaloni zuppi di sborra. Ci siamo scambiati i telefoni ed è tornato a casa, dai suoi genitori. Di qualcosa si saranno accorti il giorno dopo. La madre di sicuro. Forse gli ha detto che si era pisciato sotto ma quei pantaloni non puzzavano di piscio ma di succo di maschio. Suo figlio era decisamente un finocchio ma, certo, non ha potuto arrivare a pensare che si era preso quattro cazzi più volte quella notte, sollazzandoli fino allo stremo.
Al solo pensiero di quello che gli abbiamo fatto e di quanto gli è piaciuto mi si fa duro. Devo chiamarlo al più presto e lo devo fottere ancora e ancora e ancora. Certamente la pensano così anche i miei amici e vorranno farselo anche loro. Forse saremo ancora tutti assieme e lo riempiremo tanto che gli uscirà sborra anche dalle orecchie.
“Oh, scusate, mi squilla il telefono. Ah, ciao piccolo, che sorpresa! Come stai? Ti sei ripreso? Cosa vorresti fare? Ancora? Mah, vediamo, forse potrei trovare del tempo. Fammici pensare. Dunque… Come? Anche con gli altri? Che troia! Beh, penso che si potrà fare. Anzi, ne sono sicuro”.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).


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