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Lascive follie borghesi e castellane, 4a parte


di sexitraumer
18.03.2020    |    3.257    |    0 9.6
"Siate gentile, nipote!” “Amorosa zietta, mai una volta che parlate in prima persona…” La baronessa andò a piazzarsi a pancia sul letto, e stese le mani in..."
la castellana aveva più o meno mostrato al figlio in licenza da militar servigio le reali condizioni del padre suo: dormiva e respirava, e i rumori, i brusii, le conversazioni, e l’alto rumoreggiare fatto di proposito, non modificavano affatto il volto del padre di Edoardo…intanto però nelle ultime ore di ricovero non nello spedale come tutti i malati, ma nella villa privata del medico di corte, l’ampiezza del respiro, e il battito del cuore, si erano abbassati o ridotti di numero, fino alla metà…i medici dissero ai famigliari di abituarsi all’idea: il barone sarebbe morto al massimo nella notte. Le figlie Alessandra e Federica, gentilmente ospitate presso le famiglie dei loro futuri mariti, non c’erano, e mandarle a chiamare non le avrebbe fatte tornare in tempo. Nella carrozza, condotta da messer Vezio, c’erano solo la baronessa, ed il figlio maschio, ormai di fatto prossimo barone. Il tragitto era stato abbastanza breve, e onde non far sapere al popolino del reale stato d’incoscienza perdurante del signore di quei luoghi, si era deciso di trasferirlo, benché malato, in un luogo comunque ammodo, diverso dal castello, dove sarebbe stato al riparo dai curiosi; il figlio Edoardo approfittò del tragitto per una conversazione con la madre, baronessa…
“…madre…”
La nobildonna rimase in silenzio un certo tempo, osservando il vuoto, poi però rispose altera, e padrona della propria voce.
“Cosa volete Edoardo?”
“Il mio arruolamento nelli alabardieri del pubblico ordine, ebbe a dirmi il mio capitano, lo combinaste voi, e il padre mio?”
Non aveva mai mandato del tutto giù l’arruolamento suo, coatto…
“Mentre vostro padre se ne sta andando, siete così ansioso da dovermi chiedere questo? Credevo che dei vostri genitori vi fidaste.”
“Non m’avete avvertito.”
“Se vi avessero avvertito, non vi sareste prestato. Dite, lontano da casa avete imparato qualcosa?”
“La disciplina militare, soltanto quella, e venivo punito anche per mancanze, le più piccole…”
“Spero che non ve ne stiate lamentando. Tra non molto sarete voi il barone qui! Vi sottoporranno anche sentenze capitali, a punizione di reati che possono venir commessi un po’ da tutti…e la vostra firma o meno provocherà il lavoro del boia, colla corda, la ruota, o la mannaia, financo allo squartamento, e il rogo per le blasfemie... se saprete assumervi la punizione che vi hanno inflitta per insegnarvi il servigio vostro, saprete ben meditare quando una sentenza di morte o simile dipenderà dalla valutazione vostra. Dovreste ringraziarci per la possibilità che vi abbiamo dato, senza che dobbiate partecipare a qualche guerra qua e là, al seguito di Carlo V imperatore, e con quei suoi lanzichenecchi poi! Gente rozza, indegna della grandezza della Castiglia…le guardie svizzere del papa, sappiatelo, non molti anni fa, si son fatte uccidere metro a metro per permettere al Santo Padre di rifugiarsi in Castel Sant’Angelo a Roma! Avete forse partecipato ad azioni di guerra, voi, che vi lamentate siccome femminuccia?”
“No, madre. Solo ronde et ordine pubblico da insegnare a ubriaconi e pute colla frusta in caserma. Oggi mi diedero licenza, e siccome in servizio non ero ho evitato d’intervenire…”
“In cosa?”
“Presso la via del borgo ove c’è la panca per la mensa pubblica pei poveri, a metà pomeriggio, eran seduti messer Toraldo, il contabile nostro, et una suora dal viso intrigante; la suora stava leggendo all’uomo Toraldo una pergamena, et intanto sotto il tavolo gli stava facendo una manovella, che il Toraldo copriva maldestramente con un fazzoletto. Se fossi intervenuto li avrei dovuti arrestare ambo li due, per quel loro osceno atto…”
“Sicuro d’aver visto bene ?”
“Vedo bene madre!”
“Abbiam sentito qualche cosa su quel nostro contabile…ma non crediamo sia così stupido!”
“Ma voi madre, dell’arruolamento mio con l’inganno dello spadino da scegliersi, lo sapevate?”
“Beh, Io approvammo a cose fatte. Ce lo disse vostro padre quando alla fin della giornata non eravate tornato ancora. Combinarono la cosa il capitano Dal Vey vecchio amico di messer Vezio, e vostro padre, che si era accorto della piega che stavate prendendo, Edoardo! Noi qui si spera che diventiate presto adulto, anche perché il destino di vostro padre sta per compiersi, nonostante la vostra poca maturità.”
La conversazione tra la baronessa, e il figlio erede fece volare il tempo del tragitto. La carrozza si fermò presso una villa di campagna, decorosa, anche se non di lusso. I due passeggeri ne discesero, ed entrarono dentro di essa accolti dal medico di corte, il chirurgo Ulderico Ciavatta:
“Siate i benvenuti altezze, nonostante il triste momento, vi pregherei di far come se foste nel vostro maniero. Vi condurrò ora dal nostro barone.”
Il medico attraversato il salone, un corridoio, e due stanze, condusse i familiari più stretti del barone morituro nella stanza di degenza. Il barone giaceva supino senza aver conoscenza di quanto intorno avveniva…il figlio ovviamente chiese:
“Non si è mai svegliato?”
“No, altezza. Dorme. Se ne sta andando in pace secondo noi.”
…il medico e le suore infermiere lasciarono soli i due nobili accorsi presso il letto del morituro…
La madre ordinò a voce bassa e ferma:
“Prendete la mano a vostro padre, Edoardo!”
Il ragazzo ormai quasi uomo obbedì, e prese la mano sinistra del padre; la baronessa la destra, essendo la moglie…il figlio non sembrava che piangesse, ma era comunque commosso. Doveva sfogarsi, ma c’era anche un etichetta…
“…madre…mhmmh…io non son pronto a succedergli…mi sento il vuoto davanti.”
“Lo sareste, se vi foste dedicato alli studi di legge, o all’arte militare…quando avete preferito le uscite colli amici vostri, in luogo dello studio col precettore di studi superiori, dimodoché avreste potuto conseguir la laurea in diritto, vi siete dedicato alla spensieratezza, allora non vi ostacolammo…ora vi pregherei di pianger per vostro padre…e se ci tenete a pianger voi stesso fatelo quando siete solo!”
“Al pensiero che non ci sarà più sto male madre!”
“La natura parla per voi. Comunque ci sembra che vostro padre stia meglio che voi!”
“Pensare che da domani sarò il prossimo barone del casato... non mi sento pronto…”
“Sicuro che non lo siete! Fino allo scorso anno non sapevate nemmeno cosa fosse la disciplina. Ma non turbatevi: saremo baronessa-reggente per i prossimi due li anni, fino a che voi non completerete utilmente il servigio; se vorrete realmente succedere al padre vostro, dovrete dimostrarvene degno, e davanti al popolo vostro! ...e lo sarete solo se v’appunteranno li galloni di ufficiale; se saprete comandare un plotone d’alabardieri, saprete comandare un castello, e con esso la baronia! Tanto non crediate che messer Vezio, che pur validamente ci aiuta, sia eterno anche lui!”
“…ma che dovrò fare da domani?”
“Edoardo, neanche tener la mano di vostro padre v’ispira! Se non sapete cosa fare, farete quel che facevate oggi! ... ma se non dovesse piacervi, se dentro di voi sentite che non ce la farete, potrete sempre abdicare in favore dello marito della sorella vostra…che prenderà lo cognome nostro…”
“Avvicinatevi di più, madre! …il padre mio non sta respirando più…non vedete anche voi? ...”
La baronessa con già presa la mano del marito, cercò di sentirne il polso…non avendolo percepito il battito aveva compreso perfettamente, quindi baciò sulle labbra il marito che aveva appena terminato di respirare, aveva esalato l’ultimo respiro più o meno mentre Edoardo invitava la madre ad avvicinarsi maggiormente. Poi disse.
“Vostro padre è morto Edoardo!”
Anche Edoardo baciò il padre più volte, poi la baronessa madre gli coprì il volto col lenzuolo bianco, e chiamò il medico di corte dando le necessarie disposizioni per il ritorno del corpo al castello, dove sarebbe stato tumulato nella cappella di famiglia. A quel punto restava da concordare con messer Vezio quale fosse il momento in cui dare l’annunzio. Un’ora dopo Edoardo stava imbastendo una conversazione con messer Vezio, il tuttofare della madre, al quale chiese delle precisazioni circa il suo arruolamento, e in particolare…
“Ma l’arruolamento mio lo combinarono per iscritto? ...rispondetemi messer Vezio. Vennero firmate carte?”
“Lo ignoro. A me, che pure v’accompagnai, non fecero firmar alcunché. Perché v’importa?”
“Così…l’avvocato vostro, Sanfedele, potrebbe impugnarlo…so che gli avvocati impugnano l’atti…davanti alla corte comprendente…”
“Perdonate altezza, immagino volevate dire competente…ma atti non ve ne furono. L’accordo fu a voce tra Sanfedele, vostro padre, ed io che fui da loro incaricato per accompagnarvi…quindi se cercati atti, non ce ne sono.”
“Il capitano Dal Vey mi disse che me li avrebbe fatti vedere, una volta finiti che li dovevano timbrare, ma invero mai li vidi.”
Messer Vezio decise d’ignorare la sufficienza con cui Dal Vey aveva un anno prima trattato il viziato ed ignorante Edoardo, e cambiò discorso…
“…la vita cameratesca vi fa così male?”
“Affatto, ho amici e colleghi, ma far le ronde per il borgo non esalta…”
“Dite altezza, spiar coppiette e bere vino colli amici vostri, è forse più nobile, di rassicurar la popolazione, proteggendola con l’armi, e la divisa, e la lealtà del giuramento, come seppe fare colui cui poc’anzi tenevate la mano?”
Messer Vezio s’accorse d’aver imbarazzato il nuovo barone per cui spostò la conversazione su un altro argomento…
“Dite altezza, con quali armi siete un po’ più abile?”
“Arco, e balestra. Preferisco la balestra, comunque…”
“Per lo meno qualcosa v’hanno insegnato! Spero vi siate dimenticato dello spadino d’argento…”
“Me ne importa punto, ormai!”
“Allora concentratevi sui compiti vostri in caserma! E fra un paio d’anni dovrete anche prender moglie, onde procurar discendenza nobile e legittima al padre vostro, che suo malgrado, nonno non divenne…”
A sera la salma del barone era stata già composta, e segretamente era tornata al castello, rientrando da un’uscita secondaria. Mentre la servitù generale mangiava nella mensa, messer Vezio chiuse la porta della sala, e mise un armigero di guardia intimandogli:
“Nessuno esce fino alla mezzanotte. Se manca da bere, ce lo direte e provvederemo! Non fatevi né impietosire, né sopraffare…prima che servi, son popolani…intesi?!”
“Sì signore!”
“Tieni dritta l’alabarda! Tieni dritta la schiena!”
Solo cinque serve particolari furono ammesse nella camera privata dei coniugi baroni; messer Vezio mandò un altro dei servi ad acquistare una bara già messa da parte da tempo: dovevano solo consegnarla…ufficialmente era stata ordinata tempo addietro, tramite me, da Giuseppe Rizzo, cavaliere; in realtà era per il signor Barone. La baronessa diede istruzioni sull’abito da far indossare al morto, che venne lavato, e sbarbato, ed infine vestito con le migliori sete del suo guardaroba; poi messer Vezio andò a cercare a casa sua il fioraio del borgo, costringendolo a riaprire la bottega, dove fece man bassa di tutto, pagando soldi sonanti…
“…se non bastassero mandate fattura a mastro Toraldo, dell’intendenza del castello!”
Il cadavere una volta lavato, vestito, e composto nella bara non ancora chiusa, venne portato nel salone, e coperto con delle stoffe scure. Le cinque serve più fidate spolverarono i mobili, scoparono, e pulirono i pavimenti, e misero i fiori nei vasi, mentre la servitù più generica dabbasso in sala mensa rumoreggiava, dato che la mezzanotte si stava avvicinando. Messer Vezio una volta completata la pulizia chiuse la porta, e mise due armigeri di guardia. Tranne lui, la baronessa e il figlio, nessuno poteva entrare nel salone fino a all’indomani mattina. La baronessa liberò quattro serve intimando loro il silenzio fino a che il Sole non fosse sorto, e si tenne solo Titti, la muta, che la seguì nella sua camera privata, e l’aiutò a svestirsi per indossare la camicia da notte, la cuffia, e le ciabatte; quindi le cambiò l’acqua nel catino aggiungendo petali di rosa più fresche, quindi aiutò la baronessa a stendersi sul letto, mettendole sopra le coperte. Accese la candela cogli aromi anti tafani e zanzare, e prese congedo dalla sua padrona. Il mattino dopo alle dieci, la baronessa vedova avrebbe fatto aprire il salone, dato l’annunzio, e autorizzato il passaggio di resa dell’omaggio al corpo da parte della servitù tutta. Ovviamente si svolsero i funerali presso la chiesa madre, e dai comuni vicini vennero mandate delegazioni per rendere omaggi e condoglianze alla baronessa vedova. Il comune ove sorgeva il castello nostro osservò una sola settimana di lutto, perché l’amministrazione doveva andare avanti, morte o non morte del barone. Neanche a dirlo le due baronessine eredi, ospiti presso le lontane famiglie dei loro nobili fidanzati, non si era potuto farle rientrare, e a consolare la baronessa vedova c’erano soltanto Edoardo il figlio, e più defilato il nipote amante, il quale per non dar adito a voci di corridoio, pernottava presso una pensione il cui conto pagava discretamente la baronessa tramite messer Vezio. Dopo le funzioni religiosa e civile, l’andirivieni per le doverose condoglianze alla famiglia nobile, che si cercava di disciplinare per sei giorni piuttosto faticosi, al settimo giorno di lutto, nel tardo pomeriggio, il podestà Dematteis aveva posto i suoi omaggi e condoglianze alla castellana, di nero vestita, e al figlio, per poi chiarire le ragioni della sua visita: notificarle la fine amministrativa del lutto nel borgo dalle ore nove del mattino successivo alla visita; quindi prese congedo, salutò, e se ne era appena andato quando, con velo innanzi al suo bel volto, la signora si sedette innanzi al caminetto, mentre Luigino aspettava di venir congedato come da recita concordata tra i due legatissimi amanti. Accanto al caminetto c’era anche Edoardo, ovviamente intristito dal recente lutto, e annoiato dalla ricezione di omaggi e condoglianze da parte di persone a lui sconosciute. La madre gli chiese:
“Edoardo, voi quando rientrerete al reparto vostro?”
“Dal Vey mi diede licenza straordinaria, data la nobiltà mia, per la durata tutta del lutto civico…credevo che ve l’avesse detto quando ha reso l’omaggio alla salma…ho un altro giorno almeno…”
“Mhm…”
“…”
“Luigino, gradireste trattenervi per la notte?! Sembra piuttosto tardi ormai.”
“Grazie nobile zia, ma forse è meglio di no. Sento che arrecherei disturbo, e poi già pagai la pigione alla pensione, anticipatamente…se potessi avere un accompagnatore me ne andrei…”
“Non abbiamo nessuno caro nipote. C’è il lutto da osservare. Questa notte dovrete restare. Edoardo, andate dalla prima serva che trovate, e fate preparar la stanza degli ospiti per il nipote nostro…su muovetevi! Non state sempre a fissare il foco!”
Edoardo, un tantino geloso del parente alla madre particolarmente gradito, rispose a sua volta con una garbata domanda, ovviamente usando educato sarcasmo:
“Il letto come dovrà essere? Una o due piazze, madre?!”
La baronessa ignorò l’inutile domanda del figlio, e gli rispose secca:
“Quello che c’è già! Tanto dorme da solo…! Andate, su!”
“Oh, vi lascio da soli allora!”
… Edoardo uscì dato che la madre probabilmente voleva parlar da sola col suo amante…
“Sentite preoccupazione Luigino! Sarà capace di farvi del male? Certo forse è da capire, non trovate?!”
“Comprendo benissimo, nobile zia. Ero pronto ad andar via stasera.”
“E invece rimarrete caro voi! Anzi, andate da Benedetta, e le darete tre ducati, questi!”
“Benedetta?”
Diede al nipote tre monete nuove di conio, o comunque ben lucide…
“Che ci devo fare, nobile zia?”
“Ora che arriva Titti, vi farò accompagnare da una lavoratrice nuova, in prova, Benedetta appunto; le darete quelle tre monete, e le farete capire che deve far compagnia a nostro figlio questa notte…sapete voi maschi qual genere di compagnia. L’importante che se ne stia nella sua stanza, e che si scarichi! Sembra accumuli rabbia che reprime.”
“Poi, zia?”
“Poi verrete nella stanza nostra privata; vi diremo noi cosa vogliamo da voi, nipote. Ora restate seduto e vi preghiamo, leggete qualcosa; prendete uno di quei libri e leggetelo!”
“Un qualunque libro, zia?”
“Sì, uno qualunque…lì ci son tutti…prendetene uno!”
Luigino prese un libro, o meglio un libro un po’ più grosso, che parlava delle nuove scoperte geografiche, e si mise a leggere sedendosi vicino a un candeliere. Passò una mezzora, stando alla polvere della clessidra sopra l’estensione del caminetto, che tornò Edoardo.
“La camera è pronta madre, voi Luigino, gradite leggere, vedo…”
Nel frattempo era arrivata anche Titti, che aveva chiesto alla castellana un’oretta di riposo, che la baronessa le aveva accordato, data la pesante giornata…per tutti. Luigino mollò il volume sulla sedia, e andò dove gli era stato detto insieme a Titti, alla quale Luigino disse da chi doveva portarlo…
“Luigino, ora Titti vi accompagnerà dove voi le direte…fate quel che vi abbiam detto. La cena vi verrà servita in camera. Col lutto non abbiam voglia di far conversazione a tavola. Edoardo, venite da noi, abbiam bisogno della vostra compagnia adesso; Luigino sceglie sempre argomenti noiosi per conversare…voi sapete niente di scoperte di terre nove? Prendete voi quel volume e venite qui, accanto a noi…”
Edoardo lanciò un’altra frecciatina a provocare…
“Mia nobile madre, Luigino sarà anche un noioso conversatore, ma è un oratore sotto la vita dei pantaloni…”
Ancora una volta dimostrò indifferenza alle ironie facili del figlio, giudice di sua madre; un giudice abbastanza facile però…
“Venite qui col librone Edoardo!”
La baronessa madre si fece illustrar dal figlio quel librone comprato tempo prima per la sua erudizione, in attesa che fosse ora di cena. A tavola ci sarebbero stati solo loro due, ma a tavola aveva puntualizzato la baronessa madre, durante la durata del lutto, ben oltre quello civile di una settimana, non sarebbe stata permessa conversazione leziosa, solo quella strettamente necessaria, e anche quella non prima di aver contato fino a uno…finito di mangiare, c’era a causa del lutto uno strano silenzio tutto intorno. Mentre Luigino aveva finito di mangiare, e si stava spogliando, si bussò alla porta.
“Tock, tock…”
Era Titti, la muta e discreta serva della baronessa. Fece cenno a Luigino di alzarsi dal letto e di ricomporsi. Non poteva attraversar i corridoi col camicione da notte…la muta serva gli intimò a gesti di far silenzio, e dopo un paio di corridoi, e un piano a salire, gli indicò la stanza privata della castellana, istradandolo… poi se ne tornò nella sua stanza al piano sotto collegata con un sistema di corde e campanelli con la stanza della sua padrona…c’era il nastro lilla alla porta…Luigino ne ignorava il significato; ma essendo atteso entrò…
“Eccomi, zietta…cosa vo occorre?”
“Niente Luigino, niente…ci siete stato da Benedetta?”
“Sì, e la ragazza v’assicuro che ha capito…è carina, e ha degli occhi neri intelligenti; troppo forse: mi sa che non ve la caverete con tre ducati…quella un figlio al vostro Edoardo lo darebbe volentieri…dovete sperare che sia lui a saper cosa fare in quel momento così particolare…”
“Ora abbiamo un altro problema, caro il mio amore! Nostro figlio è innamorato di noi, ci guarda in un certo modo…ed è geloso di voi, amor mio! Non capisce che siam amanti da sempre!”
“Cercherete di farglielo capire, e si calmerà…”
“Certe volte abbiamo il timore che voglia sfidarvi a duello…un incubo! Ormai le armi le sa usare, e parla di esse con zelo. Ama particolarmente la balestra. Al reparto lo ritengono un ottimo balestriere! Guardatevi le spalle amor mio…non possiamo perdere anche voi! Certe volte pensiamo che voglia uccidervi di spalle…”
“No, zietta. Non succederà, Edoardo non ha gli occhi cattivi; e poi in caso non possa legalmente sottrarmi al duello, perderei volontariamente per dargli soddisfazione cui brama.”
“Un duello al primo sangue, certo. Ma se scegliesse la pistola?! O la balestra?”
“Stesso esito, non so sparare…o meglio sparo bene solo con la canna che conoscete voi!”
Luigino baciò in bocca la sua amante, che gli disse:
“Spogliatevi Luigino! Vi vogliamo nudo, avanti, non fateci attendere!”
Luigino in pochi istanti si parò nudo davanti alla sua amante, che subito gli prese il cazzo in mano, poi lo lasciò, per farsi aiutare a spogliarsi della camicia da notte a propria volta, onde esser nuda completamente anche per lui. Sciolse i capelli biondi, e se lo portò sul letto, per poi dirgli:
“Spero che lo abbiate presto dritto Luigino…entrate in noi, entrate, che abbisogniamo del seme maschile, e … pensate solo a voi stesso!”
“Che volete dire, zia?”
“Che ci dovete prendere, trafiggere, e usare per la goduta! Noi siamo in lutto, e non parteciperemo troppo…non abbiam resistito più d’una settimana a patacca asciutta, sapete! ...poi dopo che avrete scaricato non uscirete punto. Aspetterete congiunto a noi, che il sonno prenda entrambi…se dovete fare pipì fatela adesso, c’è un vaso sotto il letto, poi vogliamo esser fatte, seminate, e a voi restar congiunte fino a domattina…”
“Allora farò come voi mi dite…”
Luigino sceso dal letto, prese il vaso, e si allontanò verso la finestra per urinare, poi sciacquatasi la cappella presso il catino dove la immerse nell’acqua di rose della baronessa la raggiunse sul letto. Spadroneggiò con la sua donna, le aprì le gambe, e si chinò a leccarle la vulva…la baronessa favorendolo gli disse:
“Noi in bocca …ahnnn…ohnnnn…no…non possiamo prendervelo, ahnnn…dovrete cacciarcelo voi…e vi faremo buon servigio…ahnnn…hannn…piano, siam in lutto…pian…ahnnnno…ahnnnn…”
Luigino possedette la sua fica con un mulinare di lingua inesorabile, e nemmeno troppo gentile, probabilmente nemmeno lui sapea stare troppo a lungo senza i sapori intimi della sua bionda parente…poi smise, si prese il cazzo in mano e chiese…
“…ahnnn…devo cacciarcelo io, zia?!...”
“Voi ce lo mettete in bocca, e lo moverete voi. Noi offriremo la lingua senza moverla…allora?”
“Non c’è tempo zia! Voglio entrare in voi!”
“Ficcate dunque, possedeteci…e fate come vi pare! Abbiam disio d’esser fatte, e seminate! Noi v’abbracciamo soltanto…e non toglietelo più una volta dentro! Dormiremo congiunti!”
Luigino con due o tre manate esperte s’intostò il cazzo, e pronto entrò nella fica della baronessa, e iniziò le movenze per l’amplesso e la goduta…la nobildonna, dopo che suo nipote ebbe stabilizzata la presa e la velocità, chiuse le gambe su di lui, affinché non potesse uscire, e chiuse gli occhi; sapeva di far peccato carnale durante un lutto, ma avea bisogno d’esser presa ed abbracciata da un corpo maschio…Luigino sembrava amare la sua donna, sette anni più grande di lui, la congiunzione con la sua fica, anche se non bagnatissima, mentre lui leccava le guance fece l’effetto che doveva. Venne in paio di minuti di coito breve e appassionato, inondando la vagina interna della castellana, che gli sorrise baciandolo, poi chiuse di nuovo gli occhi mentre lui si accasciava su di lei…il sonno arrivò per tutti e due. Dormirono un paio d’ore, poi i sessi si separarono, poiché nel sonno s’eran mossi entrambi, e nel frattempo vennero svegliati dal canto del gallo. Potevano essere le cinque circa…entrambi si baciarono l’un l’altro, poi vuotarono la vescica a turno. Mentre contemplava la zia lavarsi le parti intime, le guardò il culo con particolare interesse, e all’improvviso andò dietro a lei strusciandosi il cazzo lungo lo spacco delle natiche…la baronessa gli intimò parlando piano:
“Siamo in lutto. Ora ci poggeremo contro il letto, ci chineremo bene …poi voi farete i vostri comodi amor mio, quindi ve ne andrete, intesi?! Siamo in lutto! Non vi diremo niente. Respireremo appena. Siate gentile, nipote!”
“Amorosa zietta, mai una volta che parlate in prima persona…”
La baronessa andò a piazzarsi a pancia sul letto, e stese le mani in avanti, quindi attese calma il dolorino del rapporto anale. Luigino da bravo amante, sapeva come dilatarla, e avvertiva sempre al momento dell’entrata. Il maschietto preferito della baronessa ci mise due buoni minuti a procurarsi un’erezione sufficientemente dura per violarle l’ano…purtroppo stavolta entrò dimenticandosi di dire il solito “ecco”…
“Uhnnnn…ahi! …ahnn…ahnnnn…ahnnnn…”
“Vado più in fondo…speriamo sia più stretto…ahnnn…ahnnn…ahnnn!”
“AHNNN…ahnnn…ahnn…ahnnnn!”
La baronessa essendo in lutto restò muta, ma dolcemente passiva nell’offrire il proprio retto alla felicità del nipote e della sua cappella…ad ogni suo affondo Luigino cercava di sbirciare i suoi occhi, talvolta aperti per il colpo in avanti, quando le induceva dolore, e talvolta semichiusi mentre cercava in qualche modo di godere del possesso carnale di cui era volontariamente oggetto. Respiri, sospiri e rantoli di lei si sprecarono, benché smorzati, poi finalmente la baronessa sentì qualcosa di liquido annunciare la sua presenza nei suoi intestini. Il nipote aveva goduto ben addentro a lei, che aveva potuto sentir le palle dure sbatterle l’inguine, poi tolse il cazzo, e si chinò a baciarle l’ano che cercava di riprendere la sua normale forma, vezzeggiandolo con dei colpetti di lingua, dato che i fluidi e lo sporco erano sempre dei loro corpi. La baronessa avvertì un certo imbarazzo che le diede godimento momentaneo, che si era ripromessa di non provare, dato il lutto.
“Mhmmm…AHN…noooooh!”
“…fluuuuf….fatto zietta! Spero vi torni nuovo…uhmmmd…che odore...houhhh…”
“Hmmmf! Non vi abbiam chiesto la lingua lì dietro…hohhhh…”
“PROOOOOTTT ! PROOOT!”
Luigino arretrò col muso, e fece bene perché la stimolazione linguale nelle sue carni dello sfintere, causò nel buchetto posteriore della baronessa un robusto peto…lo sperma in parte cadde sporcandole le cosce interne, evidenziando col bianco delle vene varicose, e del grasso naturale dovuto all’età della fine biondina veneta ormai ultraquarantenne…
La nobildonna non aspettò la reazione del nipote; ancora stesa sulla pancia si limitò a dargli le istruzioni del momento.
“Vi diamo un minuto per pulirvi. Indi vi rivestirete, e ve ne andrete! Quando ci alzeremo dal letto tireremo la corda, e Titti sarà qui per aiutarci nei lavacri mattutini e nella vestizione. Non deve trovarvi! Sbrigatevi!”
Luigino si sbrigò, e lasciò la stanza, poco prima che si presentasse Titti e la mattinata avesse ufficialmente inizio con la colazione dabbasso, che Luigino pensò bene di fruire con la servitù. Alla fine di essa incontrò Edoardo che lo era venuto a cercare. Era di buon umore, segno questo che la lavorante in prova, Benedetta, doveva aver accontentato il soldatino in lutto. Edoardo disse al parente…in tono amabile…parlò con sicurezza, ignorando la servitù
“Non dovreste far colazione coi servi! Perdereste il loro rispetto! Volete venire da noi, in salone?! Siete sempre gradito ospite qui da noi…e ve la fate coi servi…Luigino!?!”
“Grazie Edoardo, mò che finisco vengo…non dovrete attendere a lungo…”
“Come volete! Raggiungo mia madre intanto…”
“Prego, con comodo…non badate a me! E poi qui il caffellatte arriva caldo…”
Luigino alfine raggiunse la sua amante in salone, e la salutò, baciandola sulla guancia per prenderne congedo; sarebbe stato una giornata almeno fuori dal castello. Alla baronessa, e al figlio, disse che doveva parlare con la banca per le pigioni della settimana ventura, e che doveva sistemare la sua stanza presso la pensione. Poi per istinto preferì, anche senza il sesso galeotto con l’amante in lutto, di star via una settimana. Si fece imprestar il denaro per noleggiare un cavallo, e si divertì a far alcune gite nei dintorni, e una fino al mare…in sua assenza, alla baronessa riuscì agevole portare il lutto, durante il quale il sesso col nipote lo avrebbe voluto e praticato lo stesso, ma passivamente, senza partecipazione…l’uomo ormai pensava d’aver fatto capire cosa volesse durante il loro sesso. Una notte, di circa otto giorni dopo l’ultimo incontro con Luigino, pentendosi d’averlo spinto ad andare via, la castellana andò a letto dopo essersi abbondantemente masturbata col fallo di cuoio, poi cercò di prender sonno…
…un’ora dopo la baronessa che si stava addormentando sentì bussare piano, poco, ma con insistenza. Decise di alzarsi da sola senza svegliare Titti, che in previsione della giornata successiva era andata giustamente a dormire; la sua giornata di badante della baronessa sarebbe iniziata alle ore otto…entro le nove doveva svegliare la baronessa…
“Toc…toc…toc…”
La baronessa scostò lievemente la porta e sussurrando domandò…
“Chi siete?”
“Sono Edoardo, madre, mi aprite?”
“Che volete?”
“Parlarvi…”
“Mhmmmff…entrate figlio mio…cosa c’è?”
Il figlio entrò, e disse alla madre:
“Non riesco a dormire, madre…”
“Sveglio Titti e vi faccio preparare una camomilla?”
“No, non serve…ve l’assicuro…”
“Cosa volete?”
“Ricordate quel fazzoletto di Fiandra, che costava cinque scudi al paio…?”
“…e allora?!”
“L’ho perduto, meglio i commilitoni me l’hanno oltraggiato…e usato e sfilacciato…insomma non l’ho più!”
“Beh…e allora? Ne volete un altro?”
“Madre! So che avete continuato la vostra relazione con Luigino, anche se il padre mio era ormai ammalato…”
“Ohhhhhh! Non diteci che vi prende un’altra crisi di gelosia!”
“Se fosse?”
“Andate a dormire! Vi abbiamo ascoltato fin troppo…”
Il ragazzo si mise a cercare un oggetto di cui conosceva l’ubicazione: nel secondo cassetto del comò…un nastrino lilla…
“Lo so che lo tenevate lì, madre!”
“Che fate ?”
“Lo metto sulla maniglia della porta, come usate fare voi…”
“Voi non metterete proprio niente! V’ingiungiamo d’andarvene!”
“No, madre, non me ne andrò proprio per niente! ...in caserma mi siete mancata…un anno senza le carni vostre, non so proprio come ho fatto a sopportare…venite qua, madre!”
Baciò in bocca la madre prendendole entrambe le guance con le mani, e possedendone il volto mentre la cercava con la lingua…dopo due o tre minuti distaccò la bocca, e la baronessa gli disse:
“Mettete il nastrino alla maniglia…maledetto folle! …vi aspettiamo sul letto…ma sareste da patibolo! Vostro padre ci ha lasciati che oggi son venti giorni, e voi già bramate di farlo cornuto! ...dunque questo è il vostro rispetto!”
Edoardo mise il nastrino lilla sulla maniglia esterna, e verso le due della notte si stava spogliando della colorata divisa militare degli alabardieri prima di salire sul letto, dove la madre aveva già allentato il laccetto al petto della camicia da notte per scoprirgli il seno senza patire il freddo.
“Madre! Con il vostro Luigino questi patemi non ve li ponete!”
“Vi dispiace se non ci siam spogliata tutta? Patiamo il freddo!”
Il figlio era nudo…
“Vi riscalderete con me, madre! In attesa che si rifaccia vivo Luigino…”
Il servizio militare era stato anche esercizio fisico e trasporto pesi; e sempre quelle odiose flessioni…le aveva maledette a mente decine e decine di volte; solo che ore gli stavano tornando utili: dopo l’addestramento militare aveva sviluppato una certa schiena, e muscolatura, che la madre apprezzò; complessivamente il figlio era alto come il padre, e dal volto garbato, e piacevole come quello della madre, che aveva appena tirato verso il ventre il camicione, servendo il biondino sesso alla vista del figlio già eccitato mentalmente. L’erede della baronia, vista la fica della nobile madre, vi si buttò con la bocca per baciarla, e leccarla, affamato degli odori intimi del sesso della madre, la quale allargò un po’ le gambe affinché anche la vulva, prontamente invasa dalla lingua salivosa del proprio figlio, le si schiudesse; irrigidì istintivamente la postura, e respirando imbarazzata, diede le prime istruzioni per fare l’amore con lui, sussurrando…
“Fate ciò che volete figlio mio…ahnn! Fate piano…ahnnn…ma fateci la carità di non far troppo rumore… ohnnnn…fate piano vi dico...non ve la lasceremo mangiare, sapete…hoh…ahnnn…ohhhh…ahnnnn!”
“Sluuuurp, slaaaaaap…mhmmm, sluuuurp…mi …ahn…sluuuurp…mi…mi…ahnnnn…piace…sluuuuup, slupppp”
“Ahnnn…Edoardooooohh…ohhh…se vedete che si bagna…ohhhhh…entrate, entrate…ahn…ahnnn…”
“Come siete bella, madre! ...e anche buona! “
Dapprima sovrappose tutta la sua lingua estratta sul sesso della madre, ormai caldo, poi diede due o tre colpi su tutta la superficie, avanti e indietro…finché non insistette un po’ di più vicino la carne intorno al clitoride, al deliziar la quale era diventato bravo di suo…
La madre cominciò a strizzarsi i capezzoli, prima l’uno e poi l’altro, mentre carezzava la testa al figlio che le leccava la fica, aspettando in piena follia ch’essa emettesse qualcosa, tipo una bavetta salata con cui stuzzicarsi la lingua…la madre adesso, ben eccitata, desiderava esser trafitta…
“Edoardo…ahnnnn…che Dio ci perdoni! ...vi preghiamo…entrate in noi! Ahnnnn…ohhhh…Ora che siam calde…fate coito, e suggerete un po’ anche li capezzoli, mentre siam…ahnnnn…congiunti…dovete entrare ora! Smettete di sporcarvi dei miei bagni…ahnnn…ahnnnn!”
Edoardo un minuto dopo quell’esortazione si alzò sulle ginocchia, e presentò il cazzo eccitato alla madre, la quale a gesti gli fece capire che non gliel’avrebbe preso in bocca; trattenne la cappella tra due dita, carezzandola, e chiese al figlio col cazzo duro di abbassare almeno la cappella sullo spacco, che stava aprendo con medio e indice della mano sinistra. Il ragazzo si fece accompagnare all’ingresso del gentil pertugio, poscia diede un unico colpo in avanti per entrare dentro la madre…la quale accusò il colpo…e il letto tremò…
“HAHN ! Ohhhhhh…non ricordavamo che ce l’aveste così duro, Edoardo…ahnnn! Siete arrivato in fondo!...Più delicato quando ….ahhnnnn…af…fondate…ahnnn…ahnnnn…ahnnnn!”
Intanto il ragazzo cercando i seni della madre con le mani, aveva già dato i primi due colpi dell’incestuoso coito, provocando così quel bagno di liquami che pochi minuti prima voleva ricavare leccandole il biondo sesso, ora invaso carnalmente…la madre di Edoardo faceva debordare bavette ad ogni colpo, e intanto Edoardo aveva preso a suggerle affamato di latte materno il capezzolo sinistro della baronessa, il cui seno ormai era diventato durissimo. Dopo i capezzoli passò al collo, e quindi alle labbra e ottenne rapido un lingua lingua …la madre e il figlio completarono l’amplesso, con un bacio molto lungo, al termine del quale la baronessa madre ne diede talmente tanti al figlio amante, da provocare dapprima un’accelerazione dei suoi affondi, e poi la sua eiaculazione, quando lei prese a leccargli le guance…il figlio le era venuto dentro…la madre gli disse…
“…dovete toglierlo, che devo farlo colar fuori…su Edoardo…toglietelo…che ormai non spara più…”
Edoardo tolse il cazzo e le lasciò un po’ di spazio. La madre si mise nella posizione della seduta sulle caviglie e lasciò che la sborra del figlio cascasse dalla fica, che con abilità s’era aperta. La sborra di Edoardo cadde sul lenzuolo…la nobil madre chiese a Edoardo che la stava osservando interessato, sia pure nel debole chiarore dell’unica candela della stanza che bruciava gli aromi anti insetti…
“…dato che è anche roba vostra vi dispiacerebbe succhiarne un po’ da fuori? Prima eravate assetato dei nostri bagni…su Edoardo…”
Il ragazzo piazzò la sua testa sotto la fica della madre, aprì la bocca, e succhiò con tutte le sue forze…altro sperma scese…
“Passate il dito dentro, e attento a non graffiarci…”
“Non c’è luce madre…”
“Usate indice e medio uniti e ficcateli dentro…piano!”
Il figlio scostò la bocca che aveva succhiato fuori un po’ di sborra, e di liquido femminile e introdusse le due dita come gli aveva detto l’esperta madre. Fece fare un giro completo, e infatti catturò un altro filo di bianco liquame appiccicoso…la signora le dita le aveva sentite…
“AHHANNN…ahnnnn…ohhhh…toglietele…ahnnn!”
“Ecco madre! ...Non avete più niente…”
“Speriamo…sennò dovremo farci preparare li decotti di prezzemolo, e saremo sulla bocca delle serve…maledetto voi…ci siete venuto dentro!”
Finito di togliere lo sperma del figlio dalla fica, la signora scese da letto, ed estratto il vaso da notte vuotò la vescica…poi mentre faceva la stessa cosa il figlio era andata dal catino a rinfrescarsi le cosce e la fica…il figlio che aspettava per lavarsi il cazzo alla stessa acqua disse:
“Madre, ora che mi ricarico vorrei anche il culo…”
“Non vi basta mai, vero Edoardo?!”
“Era un anno che non prendevo le vostre carni madre…”
La signora lavò anche l’ano più volte…poi raggiunto il letto scoprì le natiche rimboccando di nuovo la camicia da notte, e diede il culo al figlio di fianco, voltandogli le spalle…dicendogli:
“Che Iddio Onnipotente ci perdoni svergognato figlio! Chiediamo il suo perdono anche per voi, sciagurato figlio! ...dunque fate ciò che volete! E vi avvertiamo, non siamo sgombre!”
La baronessa madre, alzò una natica affinché il figlio potesse vederle il buco che cercava, poi gli disse, senza voltarsi:
“Assaggiatelo, leccatelo, o trafiggetelo…secondo il vostro piacer…non abbiamo voglia di partecipare, ma non vi ostacoleremo…poi però ve ne tornerete a dormire nella stanza vostra! Non ve lo prendiamo in bocca, che non ne abbiam voglia…e ormai di crema non ne avrete quasi più!”
Il figlio si sistemò dietro di lei più in basso, e si mise a giocare con le natiche della madre, che passivamente si lasciò esplorare dai suoi occhi, poi il ragazzo cominciò a carezzarle l’ano con il polpastrello dell’indice, quindi provvide a penetrarlo, la madre cercava di reprimere i rantoli e i sospiri…
“Mhmmmm…hmmhmmm…”
“Vi piace madre?”
“No…voglio solo soddisfarvi…poi ve ne andrete!”
“D’accordo madre!”
Il figlio provvide dapprima a leccare per intero ogni natica, poi dedicò le sue attenzioni al buchetto striato leccandolo e penetrandolo…la madre ansimava imbarazzata che a farle quelle oscenità fosse l’amante, figurarsi il figlio erede!…
“AHNNN…no…ahnnnn…noooohhhh…ahnnnn…uh…HOH!”
Il ragazzo aveva introdotto dentro l’ano della madre metà lingua…
“Depravato! HOH ! …ahnnnn! Andremo all’Inferno per questo!”
Il figlio riprese a leccare le natiche, poi rieccitatosi afferrò il cazzo, e si procurò l’erezione con un po’ di manate…poi un’altra leccata ampia all’ano della madre…e avvicinatosi sistemandosi dietro la madre, fece strusciare la cappella tra le natiche della nobildonna…la quale capì che il figlio voleva entrare, e per facilitarlo si scostò la natica superiore, il figlio le massaggiò il buchetto, poi afferratosi il cazzo, poggiò la cappella sull’ano dilatato, e diede un colpo unico, ben mirato…la cappella entrò tutta, e la madre represse una smorfia di dolore…
“UHU…ahnnn…ahi…a Luigino gli diciamo sempre d’avvertire prima, sapete…figlio porco!...movetevi…deve entrarci tutto…se ci tenete tanto…hoh!...ahn…”
Il figlio diede un altro colpo di reni piuttosto forte e quel cazzo entrò quasi tutto…poi afferrò il seno destro alla madre, spremendolo…il figlio disse eccitato come una bestia…
“Anche l’altro madre!”
“Ahiii...ahn…e sia!”
La donna si spostò di poco per fargli passare la mano sinistra sotto il corpo e permettergli di prendere l’altro seno. Adesso era stesa di fianco col figlio che le prendeva i seni mentre il suo cazzo spadroneggiava lentamente negli intestini della donna…stringendole i seni, e leccandole la nuca da dietro iniziò a muovere il cazzo, provocando alla madre dei momenti di godimento alternati a momenti di dolore autentico…
“AHNNNN…ahi…ahnnn…ahnnnn…piano…ahi…stringete troppo Edoardo…ahnn ahi!”
L’incestuoso figlio alla fine si accontentò di tenerle semplicemente le mani sui seni caldi, e piacevoli della madre, limitandosi ai colpi di reni, e alle leccate di nuca, e orecchie…andare avanti e indietro non era difficile, e anche il retto della madre gli stringeva bene la cappella…tra movenze e strette rettali, il suo cazzo sputò altro seme caldo nei visceri dell’incestuosa madre, che si rilassò sentendo che finalmente il figlio era venuto. Lui le aveva sparato dentro una decina di colpi, ma forse meno…la madre ce lo lasciò un paio di minuti…poi gli disse:
“Uscite dal nostro culo e andatevene! Domattina qui non debbono trovarvi! Prima di andare via togliete il nastro lilla, che Titti ci deve svegliare…avanti uscite! Che domani non potrete riposare, ci sarà la veglia…e sarà lunga, sapete!”
“Ancora un po’ madre…pciù.”
Baciò la madre sulla guancia, ma lei la distolse…
“No, Edoardo. Abbiam bisogno di dormire…toglietelo!”
Il ragazzo tolse il cazzo, si stese supino accanto a lei; la madre lo riprese di nuovo strattonandolo…
“Dovete andarvene! Via! Sciò ! E portatevi via i vostri vestimenti! Guai se li vedessero qui!”
Il figlio scese dal letto, raccolse i suoi abiti d’ordinanza, e dato un ultimo bacio linguale all’ano sporco della madre, ottenne in risposta che si ricoprisse, negandogli ulteriori contatti intimi. Il figlio lasciò la stanza soddisfatto…la baronessa non le sembrava vero cosa aveva permesso al figlio di farle. Un pensiero l’aveva messa a disagio, e non era stato l’incesto in sé, irrilevante per una libertina come lei; no proprio no. Solo che dentro sé stessa aveva goduto di più, non per gli amplessi reclamati ed ottenuti dal figlio, ma vedendo il proprio corpo spadroneggiato da questi. Dunque il suo corpo, benché ormai avesse superato i quarant’anni era ancora attraente…questo l’aveva rassicurata. Meditò, senza pensarlo neppure troppo intensamente, che avrebbe al più presto sfruttato la gelosia di Edoardo per il cugino Luigino; non appena il nipote fosse tornato si sarebbe organizzata per un bel sesso a tre: lei e i suoi due ragazzi amanti…del resto se Edoardo s’era fatta una bella ubriacatura con Luigino per indurlo a parlare della relazione colla madre, a palazzo appena sospettata, voleva dire che gliene importava. La gelosia era un’energia mentale che tendeva a far mulinello, a meno che non fosse stata dispersa col contatto del coito. Pensò al giorno in cui avrebbe convocato presso un casolare in campagna, preso in affitto all’uopo per un pomeriggio, entrambi i ragazzi cuginetti, e dopo averli fatti spogliare, si sarebbe spogliata anche lei prendendo in mano i loro membri…se il figlio Edoardo avesse visto quant’era grosso quello di Luigino, avrebbe finalmente compreso perché amasse trescare col nipote. Tra i due era bene che nascesse un’amicizia di complicità reciproca; ognuno dei due avrebbe dovuto coprire l’altro, pena il pubblico scandalo, e il patibolo per tutti …e tre!
Nel frattempo, completato il rapporto l’alfiere Ingrosso non mi diede più alcun disturbo. Il corpo di suor Persefone, alias Paoletta Vanni, venne composto e portato in caserma, a disposizione, in attesa che si decidesse se seppellirla da noi, o restituirla a Firenze e ai suoi agenti inviati. Verso le quattordici stando alla meridiana del castello, e alla clessidra dell’ufficio mio, vennero i fratelli Bonis, coi quali firmai i nuovi contratti di fornitura, al prezzo già concordato; quella normalità di atti di compravendita mi aveva calmato un bel po’ facendomi riacquistare serenità; poi riposti in armadietto li contratti, me ne tornai verso l’ora quarta finalmente alla magione mia, dove la padrona era mia moglie Francesca, la quale quel mattino…

“Aymone, guarda che in campagna ci siam esposti troppo! In pubblico non mi dovresti toccare…”
“Zia, siete troppo bella, perdonatemi!”
“Lascia che finisca di lavarti…su!”
Francesca fece il bagno ad Aymone insaponandolo per bene…tutto nudo nella nostra tinozza…poi dopo avergli lavato bene il cazzo, glielo prese in bocca per dei minuti finché non diventò tosto…poi gli disse:
“Tienitelo duro…e fammi posto…”
Francesca entrò nella tinozza dopo essersi tolta tutta la veste da casa, e nuda si parò innanzi a mio nipote, felice della durezza del suo pistolotto carnale, che già strusciava sulle cosce di Francesca. La moglie mia prese la spugna di cotone, e si lavò bene le parti intime, poi dopo essersi voltata, chiese al nipote di leccarle la vulva…
“Dai, ora che è pulita, leccala bene!”
Il biondino virgulto di mia sorella Olivina s’inginocchiò nella tinozza, e s’impegnò in una leccata di fica alla moglie mia più completa possibile…
“AHNNN…bravo Aymone, bravo…leccala così bravo!”
“Sluuuup, slaaaaaap, sluuuuup…zia…voglio leccarvi dietro…vi prego!”
“AHNNNN…no…Aymone, no…io godo davanti…ancora un po’ davanti, qui in alto, su!...”
“Sluuuuurpp…slaaaap…sluuurpm….mhmmmm…slaaaaapp!”
“Aymone, sei bravissimo!...lecca…lecca…ahnnnnnn!”
“Sluuuurpf…slaaaapf…mi state bagnando, zia…sluuuurpf!”
Il ragazzo iniziò ad assaggiare quello che usciva dalla profumata fica di sua zia, che alla fine accontentò il nipote chiedendogli a bassa voce…
“AHNNNN…Vuoi proprio il culo?”
“Sì, zia! Voglio…lo voglio…”
“Aspettate…esci un attimino dalla tinozza…”
“Uscite voi zia, tutti e due non ci entriamo se vi mettete a quattro zampe…”
La mia bella moglie uscì tutta schiumata bianca, e si mise alla pecorina…mio nipote si piazzò in ginocchio dietro a lei, e le aprì, le chiuse, e poi le riaprì quelle natiche come fossero il suo balocco; dopo aver contemplato l’ano, glielo leccò e baciò più volte, fino a farle cacciare un rantolo d’imbarazzo, quando veniva penetrata lì dietro…
“AHNNNN!...ohhhh…basta, ti pregoooohhh!”
“No, ancora! AHN! Yuhmmmm…mlmmmmh…slurpf…slaaaaap!”
“Che porco che sei Aymone!...ahnnn…ahnnnn!”
La moglie mia Francesca, venni a saper dopo morto, mediante apparizioni inviatemi chissà da chi, si era lasciata leccare e penetrare con la lingua, poi si voltò senza preavvisarlo, e se lo portò verso di sé sussurrandogli:
“Entrami nella fica Aymone! E la prima goduta, quella buona, me la devi fare dentro! Su, pciù, pciù, pciù…poi pciù, pciù avrai anche il culo…la mia fica ti accoglierà, su!”
Dopo averlo riempito di baci sulla guancia, gliene diede uno in bocca con la lingua, e mio nipote si convinse che doveva entrarle nella fica, e sborrarla bene…fossi stato lì avrei potuto vederlo scappellarselo, e trafiggerle la fica. Una volta dentro di lei si diede da fare, molto rapidamente…
…la moglie mia Francesca continuava a respirare piano per lui, giovane nipote, mantenendogli l’erezione…
“AHNNNN…ahnnnn…ahnnnnn!”
“AHNN! Hnnn! AHN…hnnnn!...ohhhhh…ohhhhh….ohhhhh…sì! …eccoohhh!”
Il mio giovanissimo nipote le godette dentro, la moglie mia aveva chiuso le gambe affinché il cazzo non uscisse, e continuava a baciarlo…poi abbracciati si raffreddarono…minuti dopo, forse mezz’ora Francesca gli disse:
“…volevi entrarmi nel culo, vero?!”
“Sì, zia! Mi piace il vostro culo!”
“Laviamoci di nuovo nella tinozza, asciughiamoci, poi andiamo sul letto, e me lo metti dove vuoi tu, su…pciù, pciù, pciù…”
I due strani amanti si lavarono reciprocamente alla svelta, poi si asciugarono. La moglie mia Francesca si era rimessa la camicia da notte pulita, nonostante fosse mattina inoltrata. Andarono sul letto. Francesca s’inginocchiò sul materasso, e mise la testa su uno dei cuscini, poi si ricordò di scoprirsi il culo, per la vista del suo nipote amante, rimboccandosi la veste bianca verso di sé. I due meloni furono subito in vista, alla luce del pomeriggio…Francesca disse al nipote:
“Eccotelo Aymone, sono pronta! Fatti manovella, guardamelo, e poi quando lo senti duro entra! ...”
Mio nipote non se lo fece dire due volte. Salì sul letto, e con le mani s’impossessò dei meloni posteriori della zia. Glielo allargò, glielo contemplò, e ci affondò il volto, e la lingua, più e più volte, provocando ogni volta che le violava l’ano con la lingua, un imbarazzato rantolino femminile…
“AHNNN…ahnnnn! ...allora?! Sempre la lingua Aymone? ...ahnn!...il…il…cazzo quando arriva? Devi sbrigarti, non vorrei tornasse mio marito Toraldo! Che devo soddisfare anche lui, sai…ahhhnnn! L’hai messa dentro tutta! Porco ! Sporcaccione! Non mi son sgomberata! AHNNNNNN!...basta! Lecca un po’ l’inguine, ti pregooooohhh…e ahnnn…ficcaci il cazzo, dai!”
I morbosi assaggi di mio nipote gli drizzarono di nuovo il pistolotto, forse un terzo del mio in volume d’erezione…scostandole una natica delicatamente, le liberò lo striato buchetto, e spinse!…
“…AHNNN !”
…era ovvio che, date le dimensioni, poté ficcarcelo tutto quanto…
“UHmmm…sì, zia! …uhmmm…stringetemelo!...ahnnn…ecco…lo ficco meglio!”
Mio nipote diede un altro colpo, e non avendocelo grosso come il mio, le sue palle sbatterono subito sull’inguine di mia moglie, per una volta lussuriosa, quanto e più di me…
“AHNNN!...bravo Aymone, spingi! Non restare fermo…ahnnn…ahnnnn…ahnnn!”
“Sì, zia…eccovelo! Tutto vostro! Non mi stringe però!”
“ahnn…e che ti devo dire?!...Toraldo ce l’ha più grosso, sai…ahnnn…su! Ormai in fica non entri più…ahnnn…mi vieni nel buchino che volevi fin dall’inizioooohhh! AHNNN!...sbrigati che è tardi! Dobbiamo ancora mangiare, dai…spingi…spingi! Ahnnn! Ahnnnnn!”
Mio nipote spinse veloce contemplandole i tremori del corpo di mia moglie ad ogni suo affondo. Mentre le contemplava i meloni del culo da sopra, sentì uno sparetto di piacere, e di prurito, oltre ad un po’ di dolore alle palle dopo l’istante del suo acme…le stava sparando lo sperma, ma essendo già venuto prima, aveva la sensazione invero dolorosa di quando si spara solo acquetta che non dà nel centro dell’uretra la bella sensazione dello sperma denso e cremoso…Aymone innaffiò il retto di sua zia finché poté, poi con sua grande delusione estrasse il cazzo, stanco. Vide il buchetto di culo di sua zia perdere un po’ d’acquetta grigia più che biancastra. Poi l’ano tanto agognato si richiuse. Si chinò a baciarglielo con le labbra, e la lingua…poi mia moglie gli disse:
“AHNN…basta! Va a lavarti! Io intanto penso al pranzo! Metti che torna Toraldo…và via dal lettone, mi devo ricomporre, dai…”
Dapprima andò a vuotare la vescica al vaso apposito, quello coperto dalla tovaglia e dalla fioriera…
“Vado…”

…beh, essendo io impegnato con i fratelli Bonis per quei due contratti non rientrai per il pranzo. Semplicemente lo offrii alle nostre controparti, mentre quei miei due adulteri di famiglia, dopo il pranzo, stanchi, dormirono assieme vestiti. Lui le aveva utilizzato le minne come cuscino mentre mia moglie s’era già addormentata…capirai, il più bello del mondo! Poi svegliatosi verso l’ora quarta, vedendo che dormiva ancora, aveva iniziato a leccarle la fica, come per capriccio, sfruttando l’apertura nella camicia da notte…tanto ormai era di casa! ...intanto io stavo facendo rumore in prossimità della porta d‘ingresso…fece appena in tempo a togliere la testa dal basso ventre di mia moglie assonnata, che se ne scappò dalla camera da letto a piedi nudi nella stanza davanti, restando vicino alla finestra; quando io feci per entrare dicendo:
“…Francescaaaaaaahhhh…! Sei a casa?!”
…lui nel momento in cui il mio naso aveva varcato l’uscio, era saltato istantaneamente dalla finestra, rimanendo poi nei paraggi…
Svegliai Francesca senza chiederle sesso, la baciai e basta, poi aspettai che mi servisse qualcosa da mangiare e mi chiese se gradissi un bicchiere di vino…
“Volete del vino Toraldo mio?”
“Un bicchiere sì, grazie.”
…naturalmente dissi di s, e nel contempo le chiesi dove fosse Aymone…
“Mio nipote dov’è moglie mia?”
Mia moglie sicuramente non lo sapeva, tanto che dormiva mentre lui aveva cercato di assaggiargliela…ma ciò non potevo saperlo in quel momento, tra l’altro senza alcuna voglia di indagare cosa fosse successo, tanto di emozioni il giorno prima ne avevo avute a iosa, tra sesso adulterino anche duro, morti varie, inganni subiti, e indagini che mi avevano appena sfiorato…Francesca disse:
“Oggi gli ho fatto fare il bagno, e indossare abiti puliti…dove sarà? Scusate marito mio, guardereste dalla finestra?”
“Va bene…uhmmm qui nella corte non c’è…”
“Volete prendere il bagno anche voi marito mio? Posso scaldare l’acqua, il foco è acceso…”
“Quasi, quasi…ma prima vi prego trovate mio nipote, sennò non son tranquillo…”
“Era qui un’ora fa…vediamo…”
Stavolta andò lei alla finestra, e lo chiamò…
“AYMONEEEEEEEEHHHH!...Aymoneeeeeeeehhh…”
Aymone doveva essersene uscito dalla corte dove abitavamo, poi però dopo pochi minuti tornò urlando di risposta…
“Avete chiamato zia?”
“C’è tuo zio Toraldo! Non vieni a salutarlo?”
Altri due ragazzi sul limite della corte, dalla strada, lo chiamarono…
“Che faci Aymone? Vieni o no?”
“Zia, sto cogli amici qui! Posso venire dopo?”
“Va bene, ma non allontanarti!”
Francesca da brava moglie (l’esatto contrario di me!), per evitare che le sveltine con Aymone diventassero un’abitudine pericolosa per il nostro matrimonio, mi aveva chiesto di riaccompagnare mio nipote dai suoi genitori…colla scusa del mantenimento…
“Toraldo, vostro nipote ha un appetito che non vi dico!…qui colla pecunia che mi passate al massimo riesco a soddisfare voi marito mio…sentite Aymone m’ha detto d’avervi affidato quattordici ducati…se me li deste, una settimana potremmo mantenerlo, non oltre…certo sempre che voi lo portiate alla mensa de’ li servi al castello, pare che lì la castellana accolga anche qualche affamato…”
“Moglie, mia Francesca. Con quei quattordici ho pagato una gabella sulla legna che usiamo al castello per scaldarci…la baronessa in queste cose è una vera arpia! Poi però offre da mangiare alli poveri quando capita…”
“Non li avete dunque…”
“Sfortunatamente no! O pagavo, o se li prendevano dallo stipendio…”
“Che sfortuna! Allora è meglio che Aymone torni a casa, o qui, a turno ben inteso, uno di noi tre non mangerà per una giornata intera…”
…sapete amici moderni: mi stavo pentendo di non aver preso quei quattordici quando me li stavano dando; però avrei attratto solo ulteriori domande; fortunatamente Francesca o Aymone non sapevano della lettera lunga di Olivina, che avevo già bruciato, e non avendo quindi neppure i quattrodici ducati per il suo mantenimento presso di noi, fui d’accordo che doveva tornare da Olivina; a mia sorella il giorno dopo, riconsegnatole Aymone, spiegai brevemente gli antefatti di Persefone, e Paoletta, e mi confermò della sua breve relazione con lei. Purtroppo essendo arrivato subito dopo Ranuccio non potevamo far sesso quella volta, tanto più che Ranuccio e Olivina mi accompagnarono alla carrozza del ritorno. Allora ignoravo il tradimento di Francesca, comunque preordinato ad avere un figlio; incinta suo malgrado la mia Francesca non era rimasta, neppure con della sborra di famiglia parente della mia!

Oggi non saprei dirvi se la cosa mi avesse reso contento…



- continua –

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