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La Baronessa alzò i lembi della veste, 2a parte


di sexitraumer
20.03.2012    |    17.968    |    0 9.2
"“Madame, come succhiate bene, sìiiiiiiii…” La felllatio stava procedendo decisa fino a quando, mordendo per prova la base del glande del suo amato nipote, ..."
La Baronessa teneva le cosce chiuse sulla testa del nipote, poi lasciando cader la veste lo carezzava tra i capelli per ricambiare in qualche modo quella maschia lingua sopra la sua vulva. Le guance imberbi del nipote suo Luigino prendevano calore dalla pelle delle sue cosce, dalla parte più interna. Ogni tanto Luigino con i suoi dolcissimi boccoli castani tra le dita della donna staccava il volto, e la lingua dal salaticcio spacco, e leccava e baciava con dolcezza la pelle liscia di quelle cosce così calde e ancora sode. Quell’innocente e diabolico piccolo amatore sapeva come avviare il godimento della sua prima vera maestra di sensi e turbamenti…la Baronessa aveva cominciato a perdere il contegno: la sua lingua era già di fuori, ed i suoi occhi si aprivano e chiudevano secondo i colpi di lingua di lui tra cosce e fica, e di nuovo sull’interno cosce…il seno, per i respiri sembrava che volesse uscire dal decolleté della veste.
“Ahn, ahn, nipote mio staccatevi un attimo, vi prego, ehi! Uhm…ahn, ahn!”
“Cosa fate, amor mio ?! Uhnffff, vorrei leccarvi ancora, che avete un buonissimo sapore lì sotto…”
La Baronessa lo baciò in bocca di nuovo, per diversi istanti, quindi si voltò, e si alzò in piedi nonostante il poco spazio, e dando le spalle al nipote gli disse pronta:
“Allentatemi i bottoni che mi spoglio qui per voi nipote mio adorato ! Come la leccate bene, orsù sbrigatevi ! Che poi lo riprendiamo il discorso…”
Il ragazzo, ormai sedotto ed a sua volta seduttore - lo dedusse egli stesso dal bacio di lei- si mise ad allentarle i bottoni, ed immantinente scoprì la schiena alla nobildonna, che di sopra restò con una camicetta femminile di seta ricca di ricami e di parti non coperte…poi lei stessa, decisa, allentò la gonna mercé dei laccetti segreti di cui conosceva al tatto la posizione, e caduta la nera gonna, restò nuda sotto, a natiche scoperte. La nera veste precipitò a terra per intero, ma il cappello le restò sulla testa; la qual cosa non la rendeva affatto ridicola, se non per la ristrettezza del vano in cui si trovavano. La donna voltatasi verso il nipote amante allentò del tutto la camicetta sul davanti, e i seni della donna rimasero scoperti e ben su, dati i preliminari compiuti dai due amanti. Restavano da togliere solo tre bottoni, ma non v’era fretta. Luigino si apprestò all’istante a far onore a quel piccolo ma regale seno, baciandolo per intero più e più volte, quando all’improvviso le strappò un rantolo morsicandole delicatamente uno dei capezzoli già inturgidito, il destro dalla sua testa, con le sole labbra. Lo tirò, lo succhiò famelico diversi secondi, poi dopo un repentino bacio al seno sotto salì fino al collo per baciarglielo, e leccarglielo per bene di lato. Luigino le cacciò anche la lingua nelle orecchie. La Baronessa ormai era solo una femmina in brodo di giuggiole, ed anche la sua vulva non avrebbe tardato a venire, poiché sempre improvvisamente Luigino lasciato il collo dove lei si aspettava altre leccate, balzò come un leone sul secondo capezzolo, il sinistro per la sua testa, e si mise a succhiarlo deciso a trarne del latte, solo immaginario e cerebrale, mentre con la mano destra le afferrò la già bagnata vulva, per darle godimento di maschia presa, e di polpastrelli rapidi e delicati, lì su quel sesso eccitato, gonfio, e pulsante che chiedeva di goder di giusto ficco…la vulva della nobildonna doveva aspettare però, poiché la donna a quel punto calò i cosciali all’amato nipote, e gli afferrò decisa il membro, ormai duro e pronto a dare trafittura a quel suo roseo carnale spacco tra le gambe. La zia lo scappellò, e vi diede uno sguardo grazie alla luce che entrava dalle finestrelle della carrozza a quel violaceo glande, al cui centro una macchietta bianca stava facendo capolino; disse tosto al nipote amante faticando a staccarselo dal caldo ventre dove si era ributtato ancora una volta:
“Siete magnifico, oh ! Anche l’ombelico vedo…uhmmm, però quanto è duro…alzatevi Luigino, basta ! Restate in piedi nipote mio che ora tocca a me inginocchiarmi…”
“Che ?...Uhmmmm…cosa ?!...Aspettate…”
“Ohhhhh se non staccate la faccia dal mio ventre come faccio a prendervelo ? Ahnnnn, non lascerete la mia guaina senza spada…su basta, basta,…in piedi, su !”
Luigino aveva finito di strusciare il viso sul ventre materno di lei; infantilmente cercava di rientrare da dove era uscito nascendo; di sicuro avrebbe detto che lì dentro ci si stava bene…la conturbante zia gli dispensò un sorriso femminile che da solo sarebbe valso tutta la scopata. Il ragazzo si erse in piedi, e al tempo stesso lei s’inginocchiò, onde prenderglielo in bocca. La Baronessa mosse la lingua su tutto quel cappellone rosso, e tra un’insalivata e l’altra, tra una presa in bocca dentro e fuori, morsetto e lingua arretrando con la testa vide una goccetta bianca densa uscire fuori…ancora colpetti di lingua ai lati della cappella, poi al centro un succhio ed un bacio alla punta e la goccetta lasciò il cazzo; non appena si depositò sulla punta della lingua di lei poté valutare in base alla consistenza ed al sapore una volta mescolatasi con la saliva…allontanò la bocca e vide che altre gocce non ne uscivano, ma saggiando le palle, s’avvide che ormai erano dure e pronte…
Mosse la lingua due o tre volte tra le sue labbra e deglutì, poi sentenziò sicura:
“Meno male, solo acquetta densa, credevo che stavate per venire troppo presto ragazzo mio…resistete ! Ve lo ordino !”
“Sì,…Madame ma non a lungohhhhhh…fatemi entrare o, ahn, venire su di voi vi prego…ohhhhh”
“Resistete, non è il momento…”
Baciò asta e cappella teneramente al suo maschietto teso, e si curava di carezzargli le pallette scaldandogliele col proprio palmo; poi finì, si stese sul pavimento sul lato lungo allargando le cosce, ed il nipote finalmente scendendo su di lei poté congiungersi, trafiggendo quella fica che gli era mancata per mesi, sognandola o masturbandosi pensando ad essa, fin quando non ci fu la possibilità di viaggiare -guerra e pirati permettendo- e andare ad incontrarla… La fica di sua zia fu il primo frutto proibito della sua vita un po’ di anni addietro quando approfittò di una momentanea pigra devianza mentale di lei, che si lasciò senza motivo apparente, trafiggere sul proprio letto quasi ignuda da quel bel ragazzetto appena pubere senza ostacolarlo il giorno in cui si presentò ingenuo per un infantile tentativo da quella sua bellissima parente ospite dei suoi genitori… La ragazza, una donnina in fiore, pur avendolo visto, finse di dormire, e lasciò che quel nipotino impudente, salito sul letto senza chiedere permesso, le mettesse dentro il membro che si era già tirato fuori pronto e scappellato; quella giovane e ricca rampolla fu ben felice di decidere in un istante: avrebbe assaggiato il solletico del peccato nel privato di quel grigio ed umido palazzo veneziano dove lei e la sua famiglia venivano ospitati. Poi qualche mese dopo il proprio padre, ricco e nobile mercante le organizzò un matrimonio combinato con un ricco Barone del soleggiato e ventoso Salento. Gli anni erano passati rapidi come onde marine e quel giovane nipote, riteneva la sua antica amante e peccatrice, era la migliore cura contro le paure della vecchiaia. Il loro legame era costituito da quel piccolo e non di meno criminal peccato d’incesto; ma solo apparente poiché la parentela, sia pur legalmente riconosciuta, era lontana in termini di sangue familiare…incesto poco in verità; quel giovane ragazzetto avrebbe dovuto solo farsi seghe guardandola, ma lei prigioniera di un invisibile e sottile demone suo interno, cedette con leggerezza al suggerimento di Satanasso, e consentì allo sbarbatello di cogliere il supremo piacere dell’invasione e del riposo nel paradiso dei sensi, della carne, e del calor bagnato…ora Luigino poco pratico di spadini metallici, ma un vero esperto del suo spadone di carne dura si muoveva e respirava come gli aveva insegnato lei, la sua unica vera maestra ed amatrice, restandole al di sopra. Con dei cenni del volto gli batteva il ritmo, e quando ritenne che fosse il momento, gli disse di abbassarsi ed incontrare le sue labbra affinché lavorando insieme lingua contro lingua, bacio contro bacio, leccata, bacio, leccate l’uno sul viso dell’altra…l’odore ed il calore dei loro fluidi sulla loro pelle fecero il loro effetto sull’animo di lui. Le pallette mandarono l’impulso, ed un proiettilino sferico, oppure oblungo, ad altissima temperatura lasciò la punta del glande già solleticato dalla sbrodolosa vagina di lei che aveva goduto già tre volte, mentre il suo giovane amante si dava da fare per godere una volta sola…il marchesino venne dentro la sua zietta Baronessa e le riversò una decina di proiettili baciandola amorosamente da uomo la sua donna tra uno sparo e l’altro fino a quando s’accorse che la sua amante aveva chiuso bene le gambe, e che non poteva uscire. Che importava ?! Col piacere che aveva provato dopo il primo sparo…chi avrebbe mai voluto uscire da quel coito ?! Quegli spari liquidi erano stati anche stimolati da un dito di lei che in quei momenti così intimi ed unici era riuscito sapientemente a stimolargli lo sfintere affinché anche lui sentisse il godimento viaggiare dal retto all’inguine, fino alle palle, per culminare infine nel primo sparo di sperma, quello sparo abbondante capace di calmare qualunque donna vogliosa di essere riempita, dopo essere stata presa e penetrata a fondo…rimasero abbracciati guancia contro guancia, seno contro seno, con i sessi ancor congiunti benché rimpiccioliti. Dormirono meno di un’ora fin quando la carrozza si fermò; si accorse la Baronessa che erano fermi, ma da quanto tempo ? La Baronessa nuda si alzò e guardò dalla finestrella: erano giunti in una casa colonica con masseria in un qualche posto in direzione della propria baronia…erano arrivati: messer Vezio aveva preso i denari necessari con sé, e si era recato presso i conduttori dell’operosa masseria agricola; la casa di campagna era di legno, abbastanza grande e ben tenuta. I denari della Baronessa, affidati a messer Vezio, avrebbero comprato la loro tranquillità per quel pomeriggio, lontani dal castello dove i loro movimenti sarebbero stati inevitabilmente notati dalla servitù, ma anche dalle ormai discrete figlie un po’ più grandi, le baronessine Federica e Alessandra, per le quali cotanta madre con tale amante non sarebbe certo stata d’esempio…50 ducati, ballanti e sonanti, e la famiglia abitante quella casa colonica si sarebbe recata nel paese senza fare ritorno prima dell’ora sesta del pomeriggio. Messer Vezio dopo aver portato in paese la famiglia di quei contadini avrebbe trascorso la giornata lì in una taberna, facendo ciò che meglio avesse creduto; poi sarebbe tornato riaccompagnando li contadini conduttori, e lasciandoli un miglio prima della masseria, onde avere il tempo di caricare nuovamente in totale discrezione la Baronessa ed il nipote. Intanto la guardia del corpo della Baronessa bussò alla carrozza mentre i due erano ancora pigramente nudi…
“Toc-toc”
La Baronessa, ancora nuda, scostò un po’ lo sportello senza aprirlo, onde meglio sentire messer Vezio, che rispettosamente le parlava senza guardare all’apertura:
“Dite, messer Vezio…”
“La famiglia ha ricevuto li denari signora Baronessa, aspettano fuori dal cortile…non si avvicinarono mai alla carrozza, ben contenti di non contrariarvi; e non sanno chi siate, né con chi state…”
“Ho capito, ben fatto! Ora compiacetevi d’attendere un pochino…che ora è ?”
“Dal Sole, che ombre non fa, dico che è la mezza, mia signora…o poco più ! Chiedo venia non portai con me la meridiana…”
“Va bene lo stesso, di voi ci fidiamo caro Vezio !”
La Baronessa si rivolse all’amante ancora assonnato:
“Uhm…vestiamoci che dobbiamo scender tosto, ed entrare in questa casa che fra poco vedrete nipote mio…fino allo tramonto sarà la nostra casa. Per noi due soli, e nemmeno Messer Vezio !”
I due amanti clandestini, che avean già consumato, ci misero un buon quarto d’ora a rivestirsi, dovendo limitare i movimenti. Poi quando furono pronti la Baronessa chiese a Messer Vezio:
“Ci stanno vedendo messer Vezio ?
“No signora Baronessa, son troppo lontani per riconoscervi ! Scendete dal lato verso la casa, e verrete coperti dalla carrozza. Non vi vedranno punto, vi dico. Non curioseranno, ho già sistemato la cosa…”
“Dai, scendete prima voi Luigino, e mi darete il braccio affinché possa scendere io, dato che son piuttosto impacciata con la gonna…forza lesti, che non devono vederci affatto…li popolani sanno solo spettegolare ! Ehi ! Volete ridere nipote mio ? Ah, ah, ah ! Ohhhhh, ah, ah, ah !”
“Cosa dite Madame ?...Perché ridete ?”
“Rido solo al pensiero: ih, ih, ih. Messer Vezio raccontò loro una panzana, volete sentirla ?! Che rido solo a veder la faccia di quei cafoni che si senton dire che la loro masseria è particulare poiché perfettamente allineata con lo Sole a mezzogiorno; e che noi due siam due astronomi reali in missione segreta per conto del viceré: dobbiam fare misurazioni degli angoli dei raggi del sole nel corso della giornata: casomai si debba tirar colle bombarde a lungo tiro alli saraceni infami in caso di nuova invasione…bisogna preparar li calcoli ben prima onde esser pronti poi – disse loro Messer Vezio - caro nipote, i contadini son degli analfabeti, e dai loro a bere ciò che vuoi…non dovranno giammai dire ad anima viva dell’uso che due misteriosi astronomi fecero della magione loro…beh, siete pronto ? Vedo che non vi ho interessato più di tanto, comunque io mi son vestita adesso…”
“Divertente davvero, wuauuuuuaunng sapete che ora è zia ?”- Il marchesino, poco interessato perché ometto viziato di poca cultura: certo sapea leggere e scrivere; - ma io, modesto ragioniere, cari moderni al suo posto ero un’aquila con la laurea - e quindi sbadigliò scaricato dopo il primiero orgasmo. La Baronessa sperando di smuoverlo gli disse:
“Qualcosa fa era la mezza, e noi due siamo due astronomi reali, siete sordo ?! Su scendete prima voi Luigino. Muovetevi, andiamo !”
Luigino , disorientato dalla risolutezza della zia, scese, e messer Vezio prese il posto del cocchiere; quindi il nipote le aprì il portello, ed offrì il braccio alla propria zia, che cautamente ne discese. Erano coperti dalla mole della vettura, e quella famiglia di contadini che aspettava all’ingresso esterno non poteva vederli comunque; non appena messer Vezio vide che erano entrati in casa si mosse, e si diresse verso il cortile onde caricare quella famiglia che aveva accettato di locargli la casa quel pomeriggio - direte voi - senza far domande indiscrete…no, cari moderni: senza far domande e basta ! La missione in quella masseria era coperta dallo “segreto militare”, e messer Vezio, uomo d’armi nei suoi anni verdi, fece far loro una piccola cerimonia di giuramento agli adulti: marito, moglie, e primogenita, e due volte al paterfamilias: per conto degli altri tre minori che in quanto tali non potean giurare. Poi assumendosi questi la richiesta responsabilità gli liquidò loro li ducati ballanti e sonanti… I due amanti si ritrovarono da soli nell’ampio salone e soggiorno di quella casa di contadini lavoratori e fittavoli del loro signore territoriale. L’arredamento era spartano, non lussuoso, nondimeno non mancava nulla che potesse essere utile all’attività. Sulla superficie dei suoi lignei muri erano appese falci di vario tipo, qualche sega, e due accette. Lo spazio calpestabile era occupato da un tavolo robusto e spesso di legno scuro corredato con sei sedie. La casa aveva anche un angolo in pietra: quello del focolare, dove non si svolgeva necessariamente il solo riscaldamento, ma anche la bollitura dei cibi. Sul lato lungo c’era anche una credenza di legno con dei piatti impilati insieme a delle tazze sistemate al di sotto. La Baronessa andò al piano di sopra attraverso delle lignee scale e vide che consisteva di due stanze: una con il lettone matrimoniale, quello in cui presumibilmente dormivano i coniugi, ed un altro stanzone dove su dei letti a castello dormivano i restanti membri di quella famiglia di contadini. La Baronessa secondo il suo istinto di donna diede un’occhiata alle lenzuola, e vide con imbarazzo che erano ruvide e sporche; bianche forse lo erano state – pensò – solo la prima notte di nozze…non erano in condizioni migliori i letti dei ragazzi o ragazze le cui lenzuola avevano le tracce di un’attività sessuale probabilmente solitaria. La Baronessa, abituata a ben altre stoffe, pulite e lisce, non pensò neppure per un istante di mettere il suo corpo su lenzuola di tal fatta ed incuria. Il nipote vedendo perplessa la nobildonna si diresse verso di lei, e stringendole di spalle i piccoli seni le disse con ironia, un istante prima di leccarla dietro l’orecchio:
“Non v’aggradano codeste lenzuola ? Son di troppo modesta fatta ? Uhlllmmmm! Sluuurp! Uuhlm !”
“Ahn ! Come stringete bene, ahn ! No, nipote mio adorato ! Non avete occhio ! Sono sporche, talmente che nemmeno una donna di malaffare vi farebbe la professione restando vestita. Ahn !! Piano con quella lingua ! Che bravo ! Ancora, ma non qui, dai !”
Luigino baciava sul collo la sua adorata mezza parente leccandola ora velocemente ed ora lentamente come un amante ricordandosi dei baci che non aveva avuto il tempo di darle prima nella frenesia della carrozza. Intanto che la baciava toccava col proprio bacino il culo della Baronessa affinché questa s’accorgesse che gli stava venendo duro a baciarla su nuca, collo, e guance avendo cura di passar sopra la sua femminile pelle con la propria lingua salivosa come fosse un’ulteriore crema di bellezza…
“Siete delicata, oltre che buona, slurrpppppp, cara zia, venite qui, che vi prendo !”
Il ragazzo le prese anche i fianchi con più decisione; la Baronessa gli cercò il cazzo, che – presumeva – doveva esser di nuovo in tiro.
“No, qui no ! Ahnnnnn! Uhmmmm! Sento che vi sta tornando duro…andiamo di sotto…”
“No, qui ! Uhmmmffffff!”
“La vostra fame della carne mia vi acceca, ahnnn! Date retta a me che sono donna, uhmmm, sì…qui è troppo sporco, andiamo giù!”
“Dite davvero, cara zia…?!”
“Mah, lì sotto è pulito, scendiamo su…non voglio giacere qui…ahn! Qui sopra era meglio non venirvi…”
La Baronessa prese Luigino per il cazzo stringendolo bene nella sua amorevolissima mano femminile, che già tante seghe e scappellamenti decisi ed amorevoli gli aveva fatto in passato. Poi tenendolo per il cazzo già magicamente grosso e duro discesero le scale verso il pian terreno. Non appena arrivarono nel salone-soggiorno la Baronessa si spogliò di nuovo davanti al suo ometto, ed altrettanto fece lui nell’abbandonare i vestiti, poi andarono l’uno incontro all’altro e si baciarono nudi restando congiunti in un sol essere per dei minuti. Lui le carezzava anche la schiena, e le cercò subito l’ano per la curiosa esplorazione di prammatica…come si vide toccata lì nella sua ultima dignità la Baronessa disse:
“Uh!”
“Sì come mi piacete zia, proprio lì…”
“Dico, Luigino mio non vi siete accorto proprio di niente ?…uh! Che volete fare con quel dito lì ? Birichino…so bene cosa avete in mente !”
La nobildonna baciò affettuosamente il nipote ben felice di favorirgli il retto; per meglio chiarire il concetto a Luigino gli fece togliere quel suo dito un pochino, quindi si voltò e appoggiatasi sul tavolone si scostò entrambe le natiche mostrando al nipote quel singolare buchetto un po’ meno roseo glabro e senza peli; nondimeno disposto ad aprirsi quando le natiche si spostavano…
“Che ne dite Luigino ?! Vi piace, senza li pelacci ?”
La nobildonna le mostrò oltre la propria nudità, la pulizia del suo ano. Le natiche del panaro della nobile parente belle bianche e una volta scostate, come fosse un premio, al centro un roseo buchino dal tenero aspetto indifeso senza i peli, complessivamente molto femminile… Lo sguardo del nipote s’illuminò:
“Mi piace zia ! Mi piace !”
Luigino si abbassò all’improvviso, leccandola fugacemente, proprio lì…la nobildonna godendosi la piacevolissima, ma breve leccatina esortò, o per meglio dire, provocò il giovin signore a penetrarla dietro, che in quel posto a cedere era ben disposta…
“Che aspettate dunque ! Fatemi vostra anche qui dietro! Fatemi urlare, tanto non ci sentirà nessuno…”
“Son quasi pronto, pazientate! Un po’ di struscio sulla vostra pelle calda Madame!”
Il cazzo di Luigino ormai in tiro carezzava la pelle delle cosce della Baronessa sia all’esterno che all’interno tra di esse. Luigino usava il glande come sensore di temperatura, poi fece indugiare il proprio cazzo turgido e dritto tra le ancora sode e burrose natiche di lei che da donna paziente attendeva che il suo maschietto, oltre che l’erezione, raggiungesse la sua sicurezza; da fine conoscitrice dell’animo umano, specialmente quello maschile, sapeva, e con i ragazzi come Luigino più che con altri, che l’erezione ed il suo mantenimento erano dovuti più all’emotività, che alla dotazione fisica, comunque generosa quella del nipote amante... Il ragazzo si stava attardando, almeno rispetto a qualche ora addietro, quando le trafisse la vagina senza troppo aspettare, tanta era stata la sua ansia di averla, sua zia la Baronessa…
La nobildonna dalle diafane, ma sode formette decise di pepare l’incontro restando voltata, ma alzando il busto dal tavolo; per un buon minuto afferrata delicatamente la cappella di lui, più o meno verso la base, fece compiere a quel cazzo un po’ di movenze a struscio coscia, accompagnate dalle sue carezze di mano; poi guardandosi intorno intravide ciò che cercava: una bottiglia opaca contenente dell’olio; o così sperava la Baronessa.
“Luigino mio, vedete quella bottiglia dal collo lungo ? Lì, sotto la credenza…”
Luigino, di malavoglia, si voltò nella direzione indicata da lei.
“Quella, zia?”
“Sì, prendetela, se non mi sbaglio, dovrebbe contenere dell’olio…”
Il ragazzo reggendosi il cazzo con la mano perché non perdesse la sua turgidezza andò a prenderla e la portò alla Baronessa sua zia; quest’ultima gli disse di versarsene un poco sulle dita della mano destra, specialmente indice e medio. Attesero, e come si aspettava la nobildonna conteneva dell’olio; diverse gocce finirono tra le dita di lui. Lei si voltò decisa, pancia sul tavolo, e scostandosi ambedue le natiche presentò al signorino il buchetto da lubrificare. Dapprima sparse l’olio sulle pareti esterne di quel nobile buchetto striato, poi assicuratosi che qualche goccetta da lui spinta dentro fosse entrata, introdusse d’istinto l’indice per lubrificarla dentro. La Baronessa gradendo la preparazione disse:
“Ah! Bene ! Dentro, mettetelo dentro il dito, e metteteci altro olio, non temete, ne avranno altro da parte…”
“Sì, zia, ecco. Così va bene ?!”
“Sì, uhmf ! Ahi ! Piano !...Uhmmmfff, uh ! Dai bagnatemelo bene ! Uh ! Ancora, ce ne vuole ancora.”
Il ragazzo fece uscire il dito per ribagnarlo bene d’olio, quindi glielo reintrodusse di nuovo; la nobildonna lo incoraggiava…
“Dai muovetelo ben addentro, che poi lì ci dovrete mettere il cazzo…”
“Sì, zia…”
“Ahh! Uh! Ahn, mi piace il dito, sì, continuate tesorino mio…cambiate dito! Metteteci il medio, che è più grosso, dai, muovete ancora l’indice, poi ficcate bene il medio!”
Il nipote, benché deliziato da quel lavoretto preparatorio, avvertì la Baronessa del repentino ammosciamento del suo cazzo…
“Zia, mi sta passando, io il dito al culo ve lo farei di nuovo, ma qui sotto…”
“Ho capito, aspettate che ci penso io…”
La Baronessa, una donna, in quelle circostanze dal comportamento informale, non esitò ad inginocchiarsi davanti al cazzo del suo amante, e presolo in bocca, si dedicò alla pratica di una fine fellatio nobiliare. Decisa com’era a rimetterglielo ben in tiro, affinché la facesse godere anche lì dietro, dove Satanasso suggerisce alli maschietti di provar ad entrare…onde godere ed urlare; a tanto voleva arrivare la nobildonna contando sul vigore fisico del suo privatissimo maschietto.
“Madame, come succhiate bene, sìiiiiiiii…”
La felllatio stava procedendo decisa fino a quando, mordendo per prova la base del glande del suo amato nipote, non valutò che stava ritornando duro e grosso. Muoveva la lingua ben decisa a far sussultare quel giovincello con cui condivise il peccato anni prima, quando ancora non era neppur fidanzata…tutte le volte che quella lingua indugiava sul centro di quel rosa violaceo glande nel punto di massima sensibilità maschile lui sussultava; doveva stare attenta la Baronessa, o le sarebbe venuto in bocca, anche se in quel caso era pronta ad ingoiarselo lo sperma di quel ragazzo che mangiava parecchia frutta onde far cosa gradita alla conturbante zietta ora nuda come la più comune delle donne. Il ragazzo le carezzava con amorevole leggerezza le guance mentre la bocca di lei faceva avanti ed indietro fino ad ingoiare ogni tanto tutto il cazzo. Tornò duro, e dopo avergli carezzato le palle di nuovo dure anch’esse, staccò la bocca e mise l’asta in mano al ragazzo, e dopo averlo baciato a tutta lingua dandogli la propria saliva, gli disse decisa:
“Fate dunque, fate l’animale nipote mio ! Fatemi urlare !”
Lo baciò ancora una volta, quindi si voltò, e cambiando di nuovo la postura, chinò pancia e testa sul tavolo, offrendo il proprio culo alle braccia di lui. Gli lasciò a disposizione tutto il culo dicendogli:
“Scostatemene una, con l’altra reggetevi lo spadone, e trafiggetemi !”
Il ragazzo fece come gli disse la nobildonna: le scostò verso l’esterno la natica sinistra, poi la lasciò tornare nella sua posizione naturale, valutò anche fino a che punto il gentil muscoletto era disposto ad aprirsi; tra una scostata e l’altra diede un paio di colpi di cappella reggendosi l’asta con la destra; intanto la signora Baronessa attendeva tesa, respirando normale per quanto poteva, che la trafittura si realizzasse…lo sapeva che sarebbe stato doloroso, ma non gliene importava; con Donna Ester in altri tempi si era confidata sull’esistenza o meno dell’orgasmo rettale, ed il cazzo del Signor Barone suo marito l’aveva provata anche lì, ma l’orgasmo non era sicura di averlo provato; solo un generico godere mentale per essere stata aperta e…infilata, squassata, goduta e sporcata…il ragazzo aveva scostato la natica la quarta volta, ma stavolta non era tornata in posizione. La sua cappella, ben poggiata ed accompagnata, stazionava ferma a tappare il carnale ingresso circolare, pronta a violare quello spazietto elastico largo meno di un dito, unto ma non troppo, dato che la Baronessa si era chinata per un pompino urgente, dando tempo alla carne di assorbire l’olio della lubrificata. Luigino carezzò a sinistra natica ed anca della nobildonna con molta dolcezza, ed un istante dopo spinse il cazzo duro senza pietà alcuna.
La Baronessa provò un attimo di vuoto.
La spinta era stata improvvisa e vigorosa, quasi un momento dilatato, ma un po’ anche uno scatto momentaneo, come la lama di un bravo boia sul collo del condannato. L’anello di carne striata non poter far altro che aprirsi. Il baronal culetto era stato violato, e se ne accorse il ragazzo perché il suo cazzo entrò per circa tre dita di primo colpo. La Baronessa urlò:
“AHIIIIIIIIIIII ! Come ce l’avete duro Luigino ! Ahn ! Ohhh! Ohi ! Ahi come brucia ! Uh ! Uh !”
“Sì, zia ! Sono dentro…vi ho fatto male ?! Volete che esca ?!”
Luigino, spaventato dall’urlo, tremò per un istante, facendo sussultare anche la Baronessa agganciata a lui per il carnal coito contro natura (e contra Deum secondo suor Paolina).
“Mahhhhh, cosa dite stupido ! Fatemi, fatemi ! Houffffffff, mi manca il respirohhhhhhhh…che spadone avete Luigino ! Aspettate ! Debbo toccarmi anche lì, nella fessa ! Uhi, - male ! - che mazza !”
Luigino aveva preso ad avanzare dentro quel retto senza curarsi se la zietta si fosse o meno sgomberata; certo però che si era lavata, dato che quella donna sottomessa profumava ancora…e la donna spostatasi di poco mentre il nipote le amava il culo, riusciva di tanto in tanto a toccarsi la vulva sperando di riuscire a mescolar le sensazioni contrastanti. Il ragazzo prese a muoversi agganciato a lei più sicuro; anche il retto della zia sembrava essersi abituato alla presenza del suo cazzo.
“Sì !...ecco zia prendete !...uhmmm, ahn ! Ahn! Ahn !”
“Ahn, uh ! Ahn ! Uhhh ! Muovetevi Luigino, muovetevi ! Ahn ! Ahn ! Ahn ! Ahi ! Ahn !”
Luigino, presole i fianchi, col cazzo ben in tiro ancora dentro, prese a fare avanti ed indietro all’ignuda Baronessa, scopata in guisa di pecora come una qualunque puta, solo però di un livello più elevato…
“Ahn ! AHN ! AHN! AHN ! Uhi ! Ahi ! Sì ! Ahi ! Su Luigino, su !”
“Sì, sì ! Ahn ! Ahn ! Ahn ! Sì !”
Quella nobildonna stava facendo l’esperienza desiderata con tanto ardore, esaltata respirava, respirava per tenere il suo maschietto in tiro…anche se ogni respiro le faceva sentire il retto e l’ano più infiammato; i primi minuti sarebbero stati di bruciore…
“Stringiamooci amore mio ! Prendetemi le minne ! Ahn ! Sì ! Ahn !”
“Uh ! Sì ! Ahn ! Ahn ! Ahn ! Zia non siete così calda, ahn ! Ahn !”
“Uhhh ! Eh, che volete !...Ohhhh…ahn ! Sarà caldo lo schizzo vostro ! Quello voglio sentirlo ! Uhi ! Non fermatevi, Luigino mio…ahi ! Ahn ! Ahn ! Ahn ! Ahi ! Ahn !...”
A mano a mano che il nipote si muoveva anche l’intestino della nobildonna avea imparato ad accettare l’invasione e ad accoppiarla con la movenza; il tutto ai due amanti clandestini sembrava più fluido: la Baronessa era arrivata al punto da non sentire più tanto dolore, ma nemmeno provava poi troppo piacere; ora dentro di sé, pur amando la presa dei suoi piccoli seni, si augurava da diversi minuti che il suo amatore le venisse dentro; lo sperma davanti o dietro era sempre ben felice di prenderlo, o di custodirlo…in genere quando sentiva i suoi seni molto più caldi della mano del suo amante era il sintomo che il suo godimento femminile montava…ma il cazzo doveva esserle stato ben piantato in fica. Ora erano culo e retto ad essere impegnati per la maschia venuta che s’attardava…Luigino usò tutto il suo vigore di giovincello esaltando la propria erezione e la propria potenza anche con le parole…

“Ahn zia ! Che culo avete, ahn ! Ahn ! Hum ! Ahn ! Come lo stringete bene! …io vi amo cara zia, ahn ! Ahn ! Ahn !”
“Ahn ! Uh ! Ahn ! Uh ! Or…mi sento la vostra puttana…ahhhh! Ahn! Uh ! Ahn! Nipote mio, come fottete…uh! Ohhhhhh, ahn ! Mi vien da favellar vulgare, da comune popolana…! Acciderboli ! Ahn! Com’è duro ! Ahn! Se non lo sentissi, mai, uh! mai lo crederei…ahn! Più è duro, ahn, e più son vostra !...Godetemi tutta ! Ahn, li visceri miei son vostri ! Ahn ! Uh ! Sì ! Ahn!”
“Sì, zia siete mia soltanto ! Vi amerò, ahn! Vi amerò finché avrò vita…ahn ! Ecco ! Ahn! Prendete stò cazzo ! Ahn !”

…ed il tempo che un’ombra ci mise a spostarsi di una mano il ragazzo le diede sé stesso la seconda volta: sbatté contro il suo culo stringendole i capezzoli tre volte, tre schizzi ! Tre spari rapidi di linfa ! Poi mollatane la presa, le afferrò i fianchi e governò altre sei o sette mandate di sperma onde completare l’innaffio totalmente. La Baronessa continuò a pronunciare degli “ahn” per incoraggiarlo a dare, financo la più insignificante delle sue goccette. Data l’ultima, vedendo che il cazzo non dava più ed iniziava a prudere, Luigino si accasciò sulla bianca schiena di quella tenera materna amante. La Baronessa si sentì bagnata, non il retto, bello sporco a quel punto, ma la schiena. Tutto il sudore di lui la unse mentre si raffreddavano entrambi…dopo qualche minuto di quel coito ormai minimo la Baronessa comandò:
“Luigino, uscite ! Vi ho fatto soddisfare, ma adesso vi prego uscite ! Mi fa male la schiena tutta, e debbo sgranchirmi…”
Luigino tirò indietro il proprio corpo, ed il suo cazzetto stremato, ammosciato lasciò quella tiepida locanda di carne, dove tutto sommato non si stava poi così male, anche se non era calda e solleticante come la fica. La Baronessa non si era sgomberata, era sporco il glande di Luigino, di sangue e della nobile merda della nobilissima, cristianissima parente…la donna si alzò, si voltò e teneramente baciò il suo amante ormai stremato; poi lo prese per i fianchi, e lo accompagnò fuori in giardino: non c’era nessuno che potesse vederli; la Baronessa lo accompagnò fino alla cisterna d’acqua, quindi comandò al nipote, dopo averlo baciato ancora una volta:
“Luigino amor mio, prendetemi un intero secchio d’acqua dalla cisterna che abbiam sete…”
Il nipote sbadigliò dalla stanchezza, ma eseguì il comando servizievolmente: calò il secchio nella cisterna, ne trasse una secchiata d’acqua, e tirò su il secchio ben pieno. Quando diede il secchio alla zia Baronessa, quest’ultima lo prese e appoggiò le labbra al bordo; quindi bevve due o tre sorsi. All’improvviso disse al nipote:
“Cosa ?! Che veggo ! Guardate lì ! Un saraceno infame ci stava guardando dall’albero ! Là …!”
Il ragazzo, la cui sola idea di un saraceno, magari rapitor di persone, lo avrebbe terrorizzato, si voltò verso l’albero poco avanti a lui sulla sinistra, ed in realtà non vide alcun saraceno. Neanche il tempo di guardar di nuovo un po’ meglio, che un brivido gelido e violento aggredì la sua schiena per intero. La sua baronal parente, da un metro circa, gli avea appena gettato una secchiata di acqua fresca dell’esterno, che il ragazzo accaldato percepì gelida tra le scapole ed il surrene. Ne ebbe un colpo, e tanto disappunto concentrato in un istante solo: quello successivo al colpo, e nella sua mente forse ebbe luogo anche una bestemmia…seguì un lungo attimo di disagio e vuoto…

…com’io ebbi a pensar cari moderni, un residuo o di timore reverenziale, o del vero innamoramento gl’ impedì di tirare due ceffoni alla parente bella, intrigante e – s’avvide il marchesino - burlona; forse avrebbe anche potuto farlo, dato che lei era una baronessa, e lui un marchesino…la donna con la sua semplice nudità in qualche modo dovette ricordargli che in quel loro “ritiro” la gerarchia del titolo non avea valor veruno, tanto che questa ridendo gli disse:
“La prossima volta che volete entrarmi dietro nipote mio, in quell’istante della spinta, DITE ALMENO “ECCO” e sia io che le mie membra lì sotto saremo ben felici di accogliervi…siete sempre il benvenuto dietro, ma perdiana, fatevi annunciare…”
“…”
Il ragazzo non ebbe molto da ribattere, e la Baronessa andando a prendere divertita un altro secchio d’acqua usando le proprie mani come se non le dispiacesse di doversi servir da sola ci si fece la doccia, dicendo anche a lui:
“Adesso che ho finito io, verrete voi, sarà il vostro turno Luigino…abituatevi che non è poi così fredda…su!”
“Ma zia, vi ho fatto dunque così male ?!”
“Mio amato nipote, ancor mi brucia, e credetemi son contenta ! Poiché per un ineffabile istante mi son sentita come per morire, ma tornai presto tra li vivi; ce l’avete bello grosso Luigino ! Oggi in verità per la primiera volta godemmo dietro e… godemmo pieno !”
“Zia io in verità apprezzai che fosse bello stretto…ma credevo vi piacesse…non credevo dovessi fare piano piano piano…”
“Vi faccio una confidenza che solo ad un’amica stretta farei: non avrete giammai la minima idea di quanto a donna piaccia sentir pulsar lo cazzo siccome cuor che battesse dentro gli intestini…, ci credo che li religiosi aborriscono lo coito di Sodoma…si trae piacer di mente dove per esperienza havvi più e più sporco…or ve l’ho insegnato, spero, che alla femmina oltreché di fessa lo servigio piace completo ! Non bevete vino che ve lo terrete duro…e collo palo dritto e duro soggiogherete ogni femmina al vostro sol piacere… ”
La Baronessa si lavò offrendo al ragazzo il bellissimo spettacolo di un corpo femminile che si lava, poi mandatolo a prendere un altro secchio d’acqua che finì in un catino all’ertu, gli fece prendere un altro paio di secchiate con le quali gli lavò amorevolmente tutto il corpo; poi lo portò davanti al catino e gli lavò il cazzo come fosse stato il pisellino del suo bambino, quindi tornarono in casa e pranzarono nudi con delle friselle, olio, pomodoro e capperi, e del formaggio. Bevvero solo acqua poiché la Baronessa sapea quanto lo vino non lo facesse più drizzar da tempo allo marito suo l’illustrissimo Barone. Trascorsero il pomeriggio a scopare; Luigino imparò a sodomizzare la baronal parente con più dolcezza, mettendola di fianco, ed avvertendola del momento dell’invasione; di fianco di dolore una donna ne sentiva meno. Non si negarono né baci né strettissimi abbracci durevoli; cercarono più volte di fondersi in un unico essere baciandosi, e baciandosi con i sessi ben congiunti. Il nipote marchesino le venne dentro la vagina altre volte nelle quattro ore successive. Quando volevano stare abbracciati senza sesso si coprivano con l’ampia veste di lei, e si scambiavano qualche pettegolezzo su questo o quel parente sia di lui a Venezia, sia di lei qui in Salento…e – non chiedetemi come faccio a saperlo ! - parlarono anche di me, cari moderni:
“…e ditemi, carissima zia questo vostro contabile messer Toraldo, ci provò mai con la vostra persona ?”
“Ma cosa andate a pensare nipote mio ! Voi eravate figlio di marchesi e marchesino a vostra volta...ma credete dunque che usiamo concederci alli popolani ? Mastro Toraldo è un borghese ! Se vuole può farsi le schiave; ha una certa predilezione per una mia servetta negrissima di nome Lia. Pensate che quando la comprammo la pagammo 120 ducati, vergine…ci piacque per il suo visino angelico, ma siccome il nostro augusto marito tardò, o si dimenticò del suo ius primae noctis se la fece nei corridoi delle cucine Messer Toraldo sempre pronto ad usar l’arnese come voi fate con me…la servitù informò la persona nostra, e noi – e non lo marito mio il Barone che mai lo seppe – demmo ordine a quel Messer Vezio che avete conosciuto stamattina di batterlo ben bene…la cosa finì lì, poi tempo dopo ci giunse una voce che non potemmo verificare, ma qualcuno che lo ben conosceva sostenne, forse da ubriaco con una puta, che si confidò con Donna Ester, e lei con me…che pensate un po’ !...”
“Son curioso cara zietta pendo dalla vostra bocca…”
“Tanto pendete, che mi state succhiando il capezzolo…ahn! Comunque vi stavo dicendo – e smettetela un attimo di succhiarmelo una buona volta ! Prendetevi codesto bacio, e state buono ! Pciù ! – questo conoscente vide il nostro messer Toraldo, che lo avea seguito di nascosto, far sodomia alla di lui sorella locandiera in Martano, nientemeno che nelli terreni di proprietà dello convento lì vicino…che la era andata a trovare che non la vedea da tempo…infatti ben ricordiamo che lo nostro avvocato San Fedele messer Ludovico, superiore suo, chiese a noi il permesso affinché potesse andare a trovare la sorella in Martano sposata…”
“E voi lo credete ch’egli facesse sodomia alla sorella sua istessa ? Per di più nello terreno delli frati ? Poco credibile mi pare !…ma li frati non li avrebbero scacciati ?! O peggio ancora all’inquisizione denunziati…?”
“E chi vi dice che qualche frate, per la clausura troppo dura, non ci sia fatta lui stesso qualche puta lì in campagna ?! Che mai potrebbe aver ingresso nello convento in quanto femmina, e come tale fonte certa di peccato…un uomo ciucco vede male caro Luigino: magari somigliava solo a messer Toraldo…oh certo, questo vorrebbe dire che la puta era sua sorella…”
“E questo zia, secondo voi, è ancor meno credibile…”
Le parole del nipote Luigino, pronunciate dopo un leggero bacio sul collo, le diedero un attimo di vuoto mentale, come se avesse mancato di pochissimo un’idea chiarificatrice; - grazie a Don Grico che m’insegnò il latino, posso dirvi cari moderni - un “quid”, l’indefinito appunto; la Baronessa per un cortissimo istante avea visto giusto, poi seguì la dissoluzione del pensiero forse maligno, e la nebbia più totale nel ricostruirlo…
“Non saprei Luigino, ahn ! Voi m’avete presa nella vostra magione, che ero ospite della vostra famiglia…oh ! Vedo che volete ancora la nostra fessa…vi piace dunque così tanto ?! Ahn, che presa che fate ! Ohhhhhh, ahn ! Quello che so è che l’uomo che lo calunniava – ahn ! - in cotal modo usava essere, o ciucco o - ohhhh, oh ! - o guardone di assaissime coppiette ! E per di più s’assumeva amico suo d’infanzia ! Ahn ! Uhmmmm! Volete farlo di nuovo Luigino ?! Ma avete ancora seme ?!...noi siamo esigenti, lo sapete…”
Finito ch’ebbe di succhiarle famelico i capezzoli, scese sull’ombelico affondandovi la lingua, e dopo aver preso tenera carezza con le proprie guance lisciate sul caldo ventre di lei, si apprestò a leccargliela di nuovo come fosse un affettuoso fedel cagnolino…
“Ouhmmmm, hummm, hummm, allargatele zia, allargatele, che voglio assaggiarvela di nuovo ! Uhm ! Che Buona zia, che buona !...Uhm ! Sluuuuurppp ! Uhmmmm! Uhlmmm!”
“Eccola, è vostra !…ahn ! Accomodatevi…”
La Baronessa allargò dolcemente le cosce, e la testa del nipote le cercò ancora una volta quel dolcissimo femmineo fiorellino di carne poco sopra lo spacco:
“Ahn !”


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