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Monica o (che bel culo che hai cugina ) 1a p.


di sexitraumer
08.10.2009    |    46.945    |    0 7.4
"A me però la cosa cominciava a stufare..."
Non molto tempo fa il “nostro pseudo menage”, quello di me ed Elena intendo, stava subendo gli effetti di una normalissima cappa di noia. Non eravamo ancora alla minestra riscaldata comunque. Certo, è ovvio che ormai siamo noi a non essere più gli stessi...qualche fine settimana, quando il nostro amico giudice Giovanni ritiene di poterci pagare, saliamo su da lui a scopare piuttosto carnalmente per la gioia di Giovanni e della sua videocamera del cazzo. A me però la cosa cominciava a stufare. Quando scopavamo per noi due, per noi stessi ingannando gli altri, -chiunque fossero-, era un conto. Farlo anche per un altro (anche se ci pagava) era molto meno eccitante. Elena faceva di tutto per farmelo venire duro, e non sempre aveva successo. L’ultima volta che mi si era intostato veramente è stata una settimana fa: alle due di notte andai a trovare Elena in camera sua, stesa supina col seno scoperto, e le mutandine indossate, anche se un po’ scostate. Vedevo distintamente il pelo nonostante la luce soffusa. Le abbassai quelle mutandine solo di nome, e mi misi a leccargliela con delicatezza. Ovviamente “rischiavo di svegliarla”. Io avevo una certa fame. Elena una leccata tra le sue carni intime non me l’ha mai negata in nessuna circostanza favorevole. Leccavo piano. Lei, se si era svegliata continuava a far finta di dormire, tanto si stava godendo un bel bidet personalizzato nel suo letto! Stavo assaporando le sue grandi labbra umide, salate e fresche di sapone, e quando ero sul punto di cercare la clitoride per prenderlo tra le labbra mi accorsi che aveva gli occhi aperti. Faceva caldo: le sussurrai:

“Andiamo a farlo sul pianerottolo?”
“...perché lì?”
“Il posto è fresco, e papà e mamma dormono; papà russa come un trombone! Quando ci sentono?...”
“Chiudi la porta allora!...e fottimi qui!...piano!”

Scostò decisa l’orlo destro dello slippino, ma io le feci un segno di diniego.

“No, fa troppo caldo qui.”

La afferrai e la feci scendere dal letto; la presi per mano e la condussi in corridoio. Aprii la porta d’ingresso con silenziosa cautela. Elena non mi ostacolò. Rimase dietro di me guardando verso la direzione della camera da letto dei nostri vecchi. Dopo un minuto di lentissimi armeggiamenti con la serratura H feci schiudere la porta. Il pianerottolo illuminato dal neon era davanti a noi insieme alla notte. Un fresco sollievo per i nostri corpi sudati. Mia sorella Elena restava in piedi in silenzio. Le misi le mani sui fianchi, la voltai facendole dare il viso alle scale che portano al piano superiore, e cominciai a leccarla dietro le orecchie e la nuca. La nuca di mia sorella era salatissima: segno che aveva sudato e quel saporino mi stava eccitando. La leccai dovunque la fantasia mi facesse mettere la lingua sulla schiena del suo corpetto ancora adolescente. Il suo corpo era chiaro come l’innocenza. Appariva leggermente spettrale col topless per le scale. Una bella sensazione insolita: di esplorazione dell’ignoto, anche se era sempre il nostro pianerottolo. A quell’ora non sarebbe mai passato nessuno. Anche a me sembrava la prima volta che passavo di lì. C’era un bel fresco notturno. Elena comprese la situazione, e si tolse subito le mutandine lasciandole cadere in terra sulle fredde scale. Il suo culo era davanti a me pronto per essere preso. Se avesse scostato le natiche il chiarore debole delle lampade neon non mi avrebbe permesso di vedere il colore roseo del suo buchino posteriore non più innocente. Non mi feci ripetere l’invito, mi abbassai e procedetti subito ad insalivarle l’ano. Ormai lo facevo senza bisogno dello yogurt al cioccolato. Adoravo il sapore di mia sorella; quel sapore che aveva lì, proprio lì nell’ano e nell’inguine; se poi non sapeva troppo di sapone o di qualunque altro gusto noto l’adoravo ancora di più. Avevo imparato anche a sopportare i caldi odori di quel pertugio. Le passai la mano destra sotto le cosce e presi a massaggiarle vigorosamente la vulva da dietro durante il leccamento del suo ano e dell’inguine. Elena cominciava a mugolare cercando di fare piano. L’umidità del suo corpo a furia di assaporarla mi aveva reso secca la lingua. Richiamai un po’ di saliva che subito lasciai su quelle intime superfici dalla pelle liscia, ancora delicata. Assaggiavo la mia dolce sorellina in maniera animalesca. Il cazzo finalmente mi si era ingrossato, e smisi di leccare. Forse ad Elena non sarebbe dispiaciuto che continuassi. Elena, senza che glielo chiedessi, si mise alla pecorina, ed appoggiata la cappella contro il suo ano tiepido allargato dalle mie dita, entrai di prepotenza nel suo retto con uno spadone duro di carne che,... non mi veniva duro da un bel pezzo! Di qui la mia “aggressione”...

“Uhi!...cazzo ! Ma ffffai piano! Che si entra così?!”
“Male sorellina?...”- le diedi un tenero bacio sull’orecchio.
“Sì, un po’...cazzo! Ahhhhhhhh!...uhi! E fai piano!...Uhi! Muoviti dai!...grazie del bacio; ora va meglio...scopa!”

Infiocinata analmente mia sorella Elena, potei muovere il bacino con padronanza contro il suo bel culetto che, per l’amore di mia sorella per me, subiva. Che bello scopare senza la telecamera. Ero contento di farlo a due passi dai nostri genitori che, ignari, continuavano a dormire. Ero felice come non mi capitava da tempo. Finalmente un po’ di adrenalina da farsi scorrere in corpo. Quella vecchia impicciona della Greta, la dirimpettaia del giudice al piano sopra il nostro, dormiva della grossa. Eravamo a due-tre metri dalla sua porta. La cappella era grossa e dura, strangolata dalle sue pareti rettali. Mi assalì in punta un pruritino. Era chiaro che avevo toccato un po’ della sua cacca. Non era sgombra mia sorella Elena, ma non me ne importava. Fottevamo felici, fratello e sorella, senza che lei, la vicina impicciona ci potesse fare nulla...ce l’avevo duro, chiuso nell’ano di mia sorella e,... non riuscivo a venire...! Tolsi il cazzo; mia sorella ebbe un respiro di sollievo. Vidi col debole chiarore delle lampade neon che non avevo intercettato solo la cacca con la punta del glande. C’era un grumo di sangue rosso scuro insieme al residuo di cacca: povera sorellina. Cosa sopportava per la mia felicità. Il suo retto continuava a gocciolare sangue e glielo raccolsi con le dita delicatamente. Sussurrammo:

“...lascia stare...non farci caso, capita!...”
“Vorrei leccartelo via...”
“No lascia stare! C’è anche la merda! Guarda bene!...Anzi dammi il cazzo!”

Mi prese in bocca la cappella, ed iniziò a ripulirmela con dosi abbondanti di saliva che si raffreddava a contatto col mio cazzo. Lasciai stare il suo culo per quella volta, e finito il pompino di ripulitura la baciai teneramente sulla guancia; era il minimo che potessi fare! E le chiesi nell’orecchio di spostarci al piano di sopra; quando vi giungemmo, tre secondi dopo, chiesi a Elena di stendersi per terra di schiena, e le entrai nella fica nella più tradizionale delle posizioni. Mia sorella me la dischiuse senza problemi. Cominciai a caricare, e cominciammo pure a fare un po’ più rumore col nostro respiro. Eravamo più distanti dalla porta (aperta) di casa nostra. Ero esaltato; pochi secondi prima dell’ingresso nel paradiso della carne, mi scappellai il glande con violenza, e la trafissi; con le nostre teste a mezzo metro dalla porta della vecchia. Davamo le spalle alla porta del giudice. L’avevo afferrata ficcandole successivamente anche il medio nel culetto, che lo avevo dimenticato, era ancora sanguinante.

“Ahi...insomma dai! ...su...scopami!”

Mi morse sull’orecchio per farmi capire che le avevo fatto male col dito medio nel suo ano infiammato. Ad ogni modo mi consentì di lasciarglielo dentro il dito. Mordicchiai un paio di volte il suo seno acerbo, e mia sorella di rimando mi leccò il viso mentre mi davo da fare a chiavarle la fica. Quel bagno di lubrica lingua fece effetto. Scopavamo decisi, slinguando tra di noi, ed in pochi secondi, inevitabilmente, le sparai lo sperma dentro la sua appena intiepidita vagina, ma sempre molto più calda, bagnata, scivolosa ed accogliente del suo retto. Restammo abbracciati a goderci quei minuti di fresco nonostante i nostri corpi si stessero raffreddando per il contatto col pavimento dopo l’orgasmo represso. Potevamo raffreddarci realmente, ma non me ne importava. Cercavo di continuare a baciare Elena sulla bocca. Ogni tanto me la dischiudeva facendomi sentire lo stesso alito caldo che il mio cazzo aveva assaggiato qualche minuto prima,... poi all’improvviso mi disse:

“...ora basta! Torniamo a casa a dormire...”
“No! Ancora un po’...ce l’ho ancora duro dentro di te...ti prego, aspettiamo!”
“Senti, domani sai chi arriva?”
“No, chi?...”
“Monica.”
“Monica?”
“Nostra cugina Monica, ...torna dall’erasmus in Francia...”
“Ah! E dorme da noi?”
“Questo dipende anche da te. Non credi?”
“Fammene fare un’altra alla pecorina e torniamo al letto a casa...dai!”
“Togli il dito dal culo però. Stanotte mi faceva malino.”

Tolsi il dito dal culo ed il cazzo ancora grosso dalla sua vagina; gliela leccai insalivandola al massimo che potevo, e attesi qualche secondo che mia sorella si mettesse alla pecorina. S’inginocchiò rimettendosi carponi. Le entrai nella fica nuovamente col cazzo ancora eccitato e, con Elena a quattro zampe a subire, presi a stantuffarla di nuovo.

“Miauuuuuuuuuuu,... miaoooooooo, miaoooooooooooouuuuuu,... ugnauuuuuuuuuuuuuuu...”

Maledizione! Avevamo svegliato Remo, il gatto del giudice. Lui aveva un ben altro udito, ed i nostri mugolii peccaminosi, silenziati alla meglio, li aveva sentiti, mentre Giovanni e la vecchia dirimpettaia dormivano. Tanto valeva finire il lavoro. Mia sorella mi aveva mandato voltandosi uno sguardo di disapprovazione, ma mi stava consentendo di continuare. Sentivo tremarmi le palle, buon segno! Dopo meno di dieci minuti le sborrai dentro nuovamente. Dopo l’ultimo colpo Elena si scostò facendo uscire il mio beato cazzo, e scese a casa di filato. A me avanzava ancora della sborra e decisi di sporcare un po’ la intorno: la lasciai sulla porta della vecchia bacucca avendo cura di sporcare della mia sborra le maniglie ed il legno. Poi scesi anch’io. Elena mi aveva lasciato la porta socchiusa. Entrai in bagno scalzo mi lavai il cazzo, le palle, e i piedi; quindi feci per tornare a letto, quando ecco un rumore provenire dalle altre stanze. Una porta si apriva, dei passi familiarissimi. Cuore a mille! E se ci avesse scoperto? Papà si era alzato e, per fortuna, recato in cucina accendendo le luci. Dopo cinque minuti si alzò anche Elena che, reindossate con decenza le mutande e la sua t-shirt, credo, andò in cucina a raggiungere papà che si stava fumando una sigaretta piano piano in un angolo lontano da tutti. Li sentii confabulare tra di loro parlando a bassa voce:

“...ehi papà!... ma non avevi smesso?”
“Non dirlo alla mamma! Ancora non ci riesco... non fumo mai davanti a lei, tutto qui!”
“Me ne dai una anche a me?”
“No, è proprio così,...accettandone una, che ho iniziato...no, non te la do... non riuscivi a dormire?...”
“No, fa troppo caldo...mi siedo qui.”
“Prego, fa pure...!”

Parlarono. Elena, da mia brava complice mi stava “coprendo”. Restai incuriosito ad ascoltarli da dietro la porta:

“...Elena, devo dirti una cosa...”
“Cosa papà?”
“Per un po’ vorrei che non saliste più di sopra dal giudice...ditegli di far trovare al gatto le scatolette già aperte...”
“Perché?”
“Perché...?...perché quella vecchia impicciona della Greta, la sua dirimpettaia, sta facendo alcune insinuazioni...su di voi, voi due, i miei figli! Capisci?...”
“Che insinuazioni papà?...che dice quella vecchietta?”
“Dice che tu e Mario in casa del giudice fate cose sporche, dice di sentire i vostri rumori, come se, come se, insomma come scopaste,...capito? Per quella simpatica rincoglionita io avrei due figli incestuosi...è convinta che una volta l’abbiate, ...insomma dice che,...col caffé l’avevate narcotizzata...io non ci credo naturalmente. “
“Papà quella è una vecchietta sola; metti che magari ha pure l’alzheimer...”
“Senti Elena, io di te non dubito sia chiaro! Non è che io credo a quella! Forse Mario, lui sì,... magari ha bisogno di essere seguito, diciamo tra virgolette,... un po’ con molta discrezione...tu sai cosa intendo? Vero? Ormai è un bel po’ che non ha una ragazza...ma devi promettermi che per un po’ non vi recate da Remo...ok? Guarda che a quel giudice non glielo rinnoverò l’affitto; è pieno di giornali pornografici a casa sua...quello è di quelli che mette l’annuncio su Le Ore; sai com’è ?...Un pessimo esempio per Mario. A quanto pare ora sono amici. E intanto la vecchietta dice che vi sorveglia! Tutto questo non mi piace ! Proprio per niente. “
“Dai troppo peso a quella vecchietta papà...vedrai che Mario una ragazza riesce a trovarsela. Comunque per un po’ faremo come vuoi tu ad un patto:...”
“Quale? “
“Non fumi più. Nemmeno la notte. Me lo prometti papà?”
“Te lo prometto Elena!”

Mia sorella gli tolse la sigaretta che ormai era quasi finita e la spense sul posacenere. Tornai al letto anch’io prima che papà vedesse alzato anche me. Dunque, tirando le somme, la vecchietta ci aveva “sputtanato” con i nostri genitori. Maledetta stronza! Tornai a letto e provai a prendere sonno. La mattina dopo andai all’università senza interessarmi all’arrivo di Monica. A prenderla alla stazione dei pullmann ci andò Elena facendosi accompagnare da nostra madre. La cosa più normale del mondo. Nostra cugina Monica veniva da Roma; abitava in un popoloso quartiere del centro non lontano dal Colosseo. Si era recata qui da noi per una breve vacanza da quando era tornata dall’erasmus di lingua e letteratura francese a Parigi. Aveva “studiato” e ora si godeva la quiete dell’Umbria e del nostro piccolo paesello. Io restai all’università fino alle sette di sera. Alle nove quando tornai a casa, mi presentarono nostra cugina che personalmente non vedevo da una decina d’anni. Era una donna fine e longilinea con un viso di una dolcezza ingenua; come intelligenza credo che fosse una gran cretina; era un miracolo se conosceva un po’ di letteratura francese. Perché in tutto il resto era una zero. Certo, sapeva aprire ed inviare le e mail, ma credo non fosse capace di andare oltre. Complessivamente era più alta di mia sorella, anche se con la stessa misura di seno. I suoi capelli erano lunghi e lisci. Un ottimo sembiante che però faceva apparire mia sorella tarchiata. I suoi capelli erano castani e, pensai dentro di me, se era vero che le francesi la fica la pelano regolarmente. Anche il suo viso era pulito, liscio, angelico. Allora chissà come la portava la fica Monica! In un certo senso Elena me l’aveva proposta, ma dentro di me interpretavo la proposta come una “promessa”. Elena lo intuiva, e per sviare ogni possibile curiosità dei nostri genitori a mio carico faceva in modo di portarsi Monica in giro, da sole loro due, escludendomi espressamente. Dopo due giorni ricevetti da Elena un sms in cui mi diceva dove dovevo recarmi; Elena era riuscita a “cooptare Monica alla nostra causa?”. Chissà, pensavo. E Giovanni era stato avvertito? L’appuntamento era nella nostra vecchia casa di campagna. Colà Elena e la cugina Monica erano andate a “mettersi in libertà” onde prendere un po’ del nostro sole in terrazza. Quando arrivai alle sei del pomeriggio il sole era ancora ragionevolmente alto. Del resto siamo in montagna o almeno in collina e il sole va via tardi da noi. Monica era in bikini verde; era di mia sorella; glielo aveva prestato. Elena invece era in topless. La cosa com’ebbi ad appurare parlandole non appena Elena ci lasciò soli non l’aveva scandalizzata. Mi venne incontro non appena salii in terrazza. Strada facendo avevo comprato delle birre fresche ed erano ancora abbastanza fresche...si voltò anche la gentile Monica verso di me. Ci salutammo con un sorriso; informalmente.

“Oh...bravo! Guarda Elena, tuo fratello ha portato da bere!”

Elena si preoccupò di alzarsi e scendere dabbasso a prendere un vassoio, tre bicchieri puliti dato che non voleva bere in quelli di carta che mi ero fatti dare io ed un apribottiglie; in un minuto tornò da noi. Io nel frattempo mi ero seduto evitando di guardare Monica troppo da vicino. Ce l’avevo in bikini davanti a me. Come vi avevo anticipato le chiesi:

“Che effetto ti fa mia sorella in topless?”

“A me nessuno! Semmai potrei chiederlo io a te, non credi?”

Non risposi alcunché limitandomi a sorriderle. Elena stava ignorando la nostra futile conversazione dato che sapeva che dal mio lato era sicuramente ipocrita. Aprì tutte e tre le birre e servì per prima Monica versandogliela nel bicchiere di vetro. Poi mi diede la mia bottiglia ed il bicchiere anche se per quanto ci concerneva potevamo bere anche dalla bottiglia. Infatti mia sorella Elena preferì sorseggiare dalla bottiglia direttamente.

“Ecco, prego! A te cugina!”

“Dai mettiti comodo pure te, come abbiamo fatto noi due...simpatica tua sorella, Mario!”
Finita la pausa della birra fresca restammo tutti e tre a prendere il poco sole rimasto stese sulle sdraio loro due e più dietro a sorseggiare lentamente la birra io. Quella strana quiete durò sui trenta minuti, poi l’umidità pomeridiana ci spinse a tornare dentro intontiti dal sole e dalla birra. La più stanca di tutti sembrava proprio Monica. Mia sorella notò che era come intorpidita per cui le propose:

“Lo prenderesti un caffè Monica?”
“Sì, volentieri grazie, penso proprio che ci voglia! Se lo fai anche per Mario magari sì! ”
“Sì lo prendo anch’io. Fallo anche per me Elena!”
“Allora per tutti! Prendo la moca grande!”
“Elena!”
“Sì?”
“Dove avete il bagno?”

Intervenni io. Glielo indicai, e Monica vi si avviò. Elena mi fece cenno di raggiungerla e avvicinatomi a lei ancora in topless mi sussurrò:

“il caffè l’ho messo decaffeinato. Non le farà alcun effetto.”
“E allora?!”
“Sono andata a prendere i bicchieri di vetro prima perché nel suo ho sciolto mezza pillola di tavor, di quelle che prende mamma per la tensione. Agiscono sulla volontà. Ne ho presa una una volta, di nascosto, fanno passare la voglia di reagire male! Lascia fare a me e te la scopi! Senza forzare, ok?! ”
“Hai drogato Monica?”
“Ma che cazzo dici?! Solo mezza pillola insieme alla birra; era nella schiuma. Tu quando le darò lo zucchero prendi il caffè amaro! Metto l’altra metà spezzata nello zucchero, mò la rompo in due o tre pezzettini, guarda! Glielo servirò io, è meglio. Se non fai lo stronzo andrà tutto bene!”

Carezzai mia sorella dopo che affondò i frammenti di quelle pillole nella zuccheriera con delicatezza nel punto che lei aveva scelto per ri-coglierle col cucchiaino; le diedi un bacio sincero che lei accolse sulle labbra per un secondo o due; fui tentato di stringerle anche il seno acerbo ma con Monica, teoricamente a cinque metri da noi, prudentemente desistetti; poi venimmo interrotti dal rumore della porta del bagno nell’altra stanza. Monica aveva finito col bagno. Nostra cugina si sistemò sul tavolo. Poi si alzò perché aveva visto che Elena era ancora seminuda. Andò nella stanzetta di Elena a cambiarsi e portò in cucina anche i jeans e la camicetta di mia sorella. Mia sorella si mise solo la t-shirt lasciando i jeans debitamente ben ripiegati sulla spalliera della sua sedia. Monica invece aveva re indossato la propria maglietta ed i propri pantaloni. Non appena mi andò lo sguardo su uno strano soprammobile, per la precisione un computer portatile in posizione di chiuso e spento sul mobile al lato di fronte della stanza Elena mi prevenne all’istante dicendomi:

“É di Giovanni! Poi se lo viene a riprendere.”
Ed io di rimando:
“E com’è finito qui?!”
“L’ultima volta che ci siamo stati noi due, abbiamo aggiustato noi due da soli i nostri video prima di postarli.”
“Ma allora tu con lui…”

Mia sorella Elena mi manifestò uno sbuffo d’insofferenza. Capii immediatamente che non aveva voglia di affrontare l’argomento in presenza di Monica, nostra cugina Monica.

“Comunque vieni qui da sola con lui!”
“E allora ?”

Monica che era rimasta zitta interloquì divertita e curiosa:

“Sei mica geloso Mario?”
“Mario non fare lo stronzo! Te l’ho già detto! Anzi! Prendi il motorino e vai in paese a fare un po’ di spesa per stasera: ho già avvertito casa che ceniamo qui!”

La moca ci avvertì che il caffè stava zampillando dentro. Elena si mise a predisporre le tazzine sullo stesso vassoio che era servito per le birre lì di sopra in terrazza. Non mi impicciai, ma mi misi quasi davanti dando le spalle a Monica onde permettere a mia sorella di predisporre la zuccheriera nella giusta posizione. Elena versò il caffè nelle tazzine. Io accettai la mia in silenzio. Mia sorella chiese ad Elena:

“Quanto zucchero Elena?”
“Uno grazie. Non di più!”

Io feci cenno di no come convenuto con Elena che mi teneva un po’ di muso per dimostrare a Monica che era innamorata di Giovanni. Stetti al gioco. Mi finsi remissivo. Mia sorella si era arrabbiata; sì ma solo per metà! Lo sapevo, era in buona parte finzione per predisporre l’ignara Monica. Finii il mio caffè poi andai dabbasso in cortile a prendere il motorino per recarmi in paese al discount, e acquistare il necessario per una cena in tre; un sms di Elena mi fece capire che saremmo stati in quattro, e che non dovevo fare lo stronzo. Traduzione: sarebbe venuto a cena anche Giovanni. Il giudice, il nostro vicino voyeur, e da qualche tempo amante secondario di mia sorella Elena. Elena ebbe poi a raccontarmi della conversazione con Monica una volta rimaste da sole; fate conto nel rappresentarvi la scena che la loro conversazione si fosse svolta più o meno così:

“Monica, hai visto mio fratello che faccia ha fatto quando ha visto quel computer?”
“Sì, chiaramente è geloso; è protettivo, sei fortunata! Dimmi, quanti anni ha Giovanni?”
“É più grande di me. Lo conoscerai stasera, se viene.”
“Va bene ma quanti anni ha?”
“Non gliel’ho mai chiesto. Se me li dice lo lascio!”
“Ma pensa te! Allora?”
“Allora che?”
“Va bene, non chiedo più! E che fa di mestiere?”
“Il magistrato!”
“Il magistrato?!”
“Sì, è un giudice monocratico!”
“Monocratico? Che vuol dire? Severo, quadrato?!”
“No, si vede che non studi giurisprudenza! Vuol dire che è chiamato a decidere da solo! Niente giudici a latere ad aiutarlo quando decide colpevole o innocente.”
“Civile o penale?”
“Penale. Manda dentro le persone!”
“Hai trovato un bel pollo! Quelli sì che guadagnano bene!”

Mia sorella le sorrise per l’ovvietà delle sue affermazioni. Poi insistendo sulla mia neanche tanto
nascosta antipatia per Giovanni l’amante di mia sorella le disse:

“Mario si è ingelosito per il portatile! Se vedesse cosa mi ha regalato l’ultima volta che abbiamo scopato…”
“Cosa?”
“Vado a prenderlo; in casa non lo posso tenere. I miei, che non lo sanno, farebbero troppe domande.”
“E cos’era ? Un vibratore gigante?”
“No. Ora vedrai cos’era! Aspetta vado a prenderlo! L’ho nascosto nella mia stanza! L‘ho nascosto bene!”

Elena tornò dopo mezzo minuto con una confezione di cartone contenente un prodotto costoso di un noto operatore di telefonia mobile dal colore rosso. Lo presentò con calma a Monica dicendole:

“Guarda! Un i-phone da 8 giga, sistema touchscreen; mi ha regalato anche la sim! Posso scaricare 2 giga al mese. ”
“Caz…oh scusa!”
“Ma figurati, puoi dire tutte le parolacce che vuoi con noi!”
“Insomma, questo gioiello è tuo.”
“Ti piace?!”
“Sì, a Parigi i miei amici dell’erasmus già lo avevano.”
“Senti, per me il telefonino serve solo per telefonare. Io di questo catafalco con lo schermo supertecnokazzuto non saprei che farmene. Tra l’altro quando lo sfiori parte ’na chiamata come niente!”

Mia sorella Elena fece una pausa per dar modo a nostra cugina di abituarsi all’idea di poter toccare quel “coso” tecnologico. All’improvviso e garbatamente le chiese:

“ A te piace?”
“Beh, che vuoi che ti dica? Sì! Che fortuna ad avere un uomo così generoso!”
“Mah, ha anche altre qualità!”
“Ma sposatelo no?! Se ti fa questi regali…”
“No. E poi papà non approverebbe.”
“A proposito lo zio lo sa? Del regalo, e del tuo Giovanni, intendo.”
“Forse intuisce. Comunque io non me ne vanto davanti a loro, e lui non me lo chiede! Tutto qui!”
“E Mario non vi sbugiarda?”
“Se lo fa peggio per lui! Per cui non lo fa!”
Monica si rigirò il gioiello tecnologico tra le mani.
“Certo è un bel cellulare!”
“Lo vorresti? Te lo porti via, e Mario non lo saprà, papà non lo saprà…”
“Come ? Me lo porto via?! Me lo stai regalando?”
“No. Non te lo sto regalando. Diciamo ti sto proponendo l’acquisto. Te lo vendo come si dice ?! - a gratis - a tre condizioni:”
“Condizioni?!”
“Sì! La prima: scopi con mio fratello che mi ha confessato una certa attrazione per te. E da tempo che mi chiede quando viene Monica ? Insomma se puoi, se vuoi, ecco diciamo che “graziosamente” gliela dai.”
“Seconda?!”
“Seconda: il mio amico Giovanni ed io vi riprendiamo con la videocam di Giovanni…non sarà un orgia. Giovanni se gliene verrà voglia, - di trombare voglio dire- lo farà con me! Non ti toccherà!”
Questa in verità era la condizione più difficile da accettare soprattutto per la nostra dimessa cugina che, dal canto suo, è sempre sembrata vivere in un mondo di estrema semplicità, tutto suo. Intellettualmente è una donna mediocre, ma non del tutto stupida. L’eventualità che rinunciasse a quel costoso gingillo c’era.
“Ecco io…”

Elena non tenne conto delle timide remore di Monica, tanto la terza condizione dipendeva dalla seconda sulla quale Monica non riusciva, mercé il nostro tavor, a focalizzare del tutto:

“E terza: siccome io e Giovanni censureremo i volti elettronicamente con l’ovale grigio tu darai l’autorizzazione a postarlo sul nostro sito web. Io e Giovanni, Mario non lo sa ancora, abbiamo un nostro sito dove mettiamo le nostre acrobazie sessuali con i volti coperti.”
“Volti coperti? Beh io non so se… Insomma scopare con tuo fratello va benissimo, gliela avrei data anche senza il tuo regalo, che mi vendi dici tu a gratis…, però accidenti, la videocamera che ci riprende è un’altra cosa! Insomma m’imbarazza! Non so tu come fai…ma per me è come tornare a scopare la prima volta!”
“Hai ragione. Che ti devo dire?! Pensaci un po’ finché Mario non torna dalla spesa! E intanto gioca un po’ con l’i-phone! Guarda cosa puoi farci col dito e basta! Vedrai che ti piacerà. Beh io lavo queste tazzine che poi scaldo l’acqua per una doccetta calda. Tu la vuoi fare la doccia calda? Guarda che lo scaldabagno è vecchio, e in due ore non carica…”

Monica sembrava non aver sentito la domanda. Il tavor stava facendo effetto evidentemente. Tuttavia Elena non gliela ripeté limitandosi a lasciarla navigare con l’i-phone. Ebbe la conferma che a Monica il giocattolo piaceva. Stava infatti cedendo:

“Elena!”
“Sì…”
“Non è che poi tuo fratello mostra il video agli amici?”
“E allora? Siete maggiorenni. I volti saranno coperti comunque! Sennò il sito non li accetta. E poi se mio fratello ti starà di sopra vedranno più lui che te! Senti, ora Giovanni non c‘è. Qui c‘è il suo computer, se vuoi mi connetto al sito e ti faccio vedere come censurano obbligatoriamente i volti. Non si può proprio apparire de visu…anzi dammi l‘i-phone!”

Monica le restituì l’i-phone e mia sorella Elena richiedendo la connessione al browser del cell dopo cinque o sei sfioramenti ottenne la connessione col sito porno: poté mostrarle solo video generici, precisò giustificandosi con la cugina, poiché la password dei loro, la controllava solo Giovanni. Monica prese l’i-phone e scegliendo un paio di video si rassicurò vedendo gli ovali grigi nei video proposti; poi poco interessata al sesso voyeuristico chiuse il collegamento col sito porno. Mia sorella Elena notò che a sua cugina le piaceva di più controllare la propria mail o scaricarsi musica. Monica continuava a rigirarsi il gioiello della telefonia mobile pensosa. L’offerta era vantaggiosa: le costava solo una scopata con me; povera Monica che conflitto d’interessi! Una parte di lei voleva di sicuro dire già di sì!

“Sì ho capito, va bene! E, senti un‘altra cosa: un problema c‘è lo stesso.”
“Cosa?!”
“Io il sesso duro non lo so fare. Se mi vuole in qualche posizione mi ci metto! Ma il mio timore è che non vorrei che lui me lo mettesse nel didietro…lì fa male! Al mio ragazzo di Parigi gli permettevo solo di metterci dentro il dito e di muoverlo piano, non il batacchio! Facevo sesso solo con la vulva insomma. Poi se mi voleva esplorare dietro, l‘importante era che facesse piano! Ma un dito non è mai un cazzo!”
“Monica! Mario è una persona gentile, mica un violentatore! Lo conosco.”
“E tu come lo sai?”
“Mi capita di parlare con le sue amiche.”
“ Mah, l’idea della telecamera, e se poi si prende il culo?…io non…”

Elena continuava a far tenere il cellulare in mano a Monica che glielo stava restituendo.

“Credo tu debba solo pensarci con più calma Monica!”
Tra loro due calò un lungo silenzio. Evidentemente Monica a quell’i-phone non sapeva dire di no. Lei stessa a quel punto aprì uno spiraglio con una sua proposta:
“Tu sai mica se Mario apprezza la spagnola? Io ho le zinne piccole, ma mi viene bene! Poi se mi vuole venire in viso o sul collo a me così piace lo stesso! Non mi sento sporcata, insomma - come te lo devo dire?- mi piace!”
“Bah, che ne so! Che io sappia le zinne oggi te le ha guardate! Comunque per il culo ti capisco! Io a Giovanni l’ho dato ! Anche a me ha fatto male all‘inizio, sopporti due o tre minuti, ma poi godi, fidati Monica, si può godere anche rettalmente; certo, capisco, può anche bruciare; non ci deve mettere una vita a venire…”
“La fai facile tu! Ma il mio culetto l‘hai visto in terrazza, no?! É piccolo il mio culo.”
“Dì a mio fratello che col culo non lo fai! Non vedo il problema! E se vedi che lui cerca di prendertelo lo stesso, sgomita, scostati, dì di no! Mica ti può obbligare! Anzi ti dirò di più: diglielo chiaro! Il culo non te lo do! ”

Monica era dell’idea di farlo l’accordo. Le parole d’appoggio contro la sodomia di mia sorella Elena (una cultrice del rapporto anale) la convinsero a pronunciare un sì parziale:

“Sì allora faremo così. In cambio dell’i-phone!”

Elena però le ricordò quali erano i veri termini della proposta:

“No! Cugina mia ! In cambio del sesso con Mario, del servizio video, e della tua quietanza a postarlo! Questi erano i patti! Anzi gioca pure con quell‘i-phone tutta la sera se ti piace! Però se vuoi che diventi tuo, se te lo vuoi portare via, sai qual è il prezzo!”

Monica era rimasta ben impressionata dall’i-phone nuovo di cui neppure io, in verità, sapevo. Avendo poi la volontà scemata dalla birra e dal tavor non le fu difficile dire di sì arrendendosi alle tre condizioni di Elena. Elena era stata una fine psicologa: infatti dapprima abituò Monica al suo corpo in topless prendendo il sole assieme in terrazza aumentando così il loro livello di confidenza; poi servendole il caffè con la sola maglietta e tanga le raccontò la bufala del suo innamoramento per Giovanni, ed il falso disagio per i suoi regali; e da ultimo si fece assistere da Monica chiedendole di lavarle la schiena e buttarle l’acqua riscaldata ed intiepidita con la bacinella durante la sua doccia. Poi le ricambiò la cortesia lavandole la sua, ed assistendola a risciacquarsi. E senza togliersi le mutande né lei né Monica ebbe a precisarmi. Elena era stata un modello di discrezione con nostra cugina Monica senza mai farle sospettare il minimo interesse per il suo corpo adolescentissimo o per i suoi seni magnificamente acerbi. Mai cercò di toccarla nelle parti intime. Mi venne in mente che c’era il pericolo che la doccia “ridestasse” Monica dall’effetto del tavor; tuttavia questo ormai era irrilevante: Monica aveva sostanzialmente accettato il patto delle tre condizioni. Ecco come presi conoscenza della sua vagina e del suo (Elena mi perdoni!) bel corpo longilineo: verso le otto di sera tornai con le buste della spesa contenenti il necessario per quattro. Monica ed Elena si misero a lavorare in cucina onde preparare la cena; dopodiché Elena mi disse, o meglio mi ordinò, di andarmi a lavare tutto che mi aveva lasciato un po’ di acqua calda. Mi disse, arrivati al bagno su, che avrei potuto scopare Monica, ma senza rapporto anale, dato che non lo gradiva. Mi disse pure a bassa voce mentre mi accompagnava in bagno per farmi vedere le bacinelle d’acqua che potevo usare:

“Dopo cena si scopa.”
“Ma per cenare aspettiamo Giovanni?”
“No! Ha detto di cenare noi tre intanto; poi voi due scopate, lui arriva e avvieremo il tutto. Io e Giovanni poi finiremo di cenare dopo tra di noi, a parte. Gli terrò in caldo la pasta. Tu riaccompagnerai Monica in città o a casa nostra, vedi tu. Io rientro con Giovanni che poi restiamo al computer ancora un pochino! Con mamma e papà inventa tu qualcosa!”
“Insomma iniziamo io e Monica…”
“Sì. Trattala con dolcezza, amala! Niente culo subito. Almeno all’inizio. Vi lasceremo fare da soli una ventina di minuti o poco meno, poi quando sarete belli caldi caldi tutti e due, verremo io e Giovanni con la sua handycam. Dapprima farò solo da aiutante a Giovanni, poi mi toglierò le mutandine e salirò nel letto, cerca di stare di sotto mentre ti fai cavalcare da lei, e più di ogni altra cosa tienila salda a te! Vedendo me potrebbe pure scappare!”
“Perché dovrebbe scappare?”
“Che ne so? Magari l’incesto le fa schifo; magari ha paura che io le lecchi la fica; che ne sappiamo come reagisce? Io non l‘ho mai toccata finora. Toccarla è qualcosa che devi fare tu! E lasciami! Potrebbe vederci!”

Avevo preso a massaggiare la fica a mia sorella attraverso le mutande mentre mi parlava a bassa voce. Mi aveva scostato la mano un po’ seccata delle mie avances. Le chiesi incuriosito di tutti questi preparativi, cautele, e quant‘altro:

“Ma tutto questo perché?”
“Ascolta: il sito di Giovanni offre due settimane a Sharm el Sheik alla coppia più votata. Metti che votano i vostri-nostri video! Poi la bassa statura di me e Monica gioca a nostro favore! Sembriamo delle quindicenni ed invece siamo maggiorenni.”
“Sharm el Sheik…”
“Ah! Vedo che ora t’interessa! Bah! Ascolta, inizieremo così: io ad un certo punto smetterò di assistere Giovanni nelle riprese, salirò sul letto, e ti offrirò la mia vulva sopra la tua testa, ti darai da fare con la lingua, tirala fuori bene! Ed io muoverò il bacino, così verrà duro a te e a Giovanni. Quando anche lui ce lo avrà dritto si farà me, e tu senza scene di gelosia o sguardacci contro di lui, continuerai a scopare con lei poi magari faremo anche lo scambio delle passerine se Monica ci starà… questo però mi sembra prematuro. Tutto dipende da quanto sarai capace di eccitarla veramente. Anche lei avrà la sua componente animalesca nel fondo del suo carattere! Proviamo a farla venire fuori! Inizieremo scambiandoci favori orali tra noi due mentre ti scopi lei; poi vedremo cosa è disposta a sopportare… va bene?!”


- continua -
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