Racconti Erotici > incesto > Mi distesi sul pavimento 2a par. L'intermezzo
incesto

Mi distesi sul pavimento 2a par. L'intermezzo


di sexitraumer
25.05.2009    |    32.272    |    0 5.3
"Anche Carlo aspettava fiducioso che io gli dessi qualche segnale di disponibilità come andare davanti a lui con le mutandine che cascavano scoprendo le chiappe..."
“ … “
“ … mi scusi, chi è Attilio? Ci sono altre persone qui?”- Volevo assicurarmene io stavolta.
“… Lei chi è?”
“Mi chiamo Daria. Vengo qui ogni tanto col mio … ganzo ! Solo che noi eravamo di sotto in Presidenza. Vi abbiamo sentito; siamo venuti a vedere e …”
”… ci avete spiato ? Siete per caso dei voyeuristi ?”
“No. Abbiamo scopato qui in corridoio … sì e no,… insomma ci siamo eccitati vedendovi …”
Il giovane amante della signora nudo si fece avanti e si presentò garbatamente. Sembrava proprio uno sbarbatello di vent’anni. Le fosse di stanchezza sui suoi occhi chiari e quegli stessi occhi tradivano la sua età che doveva essere per lo meno sopra i 25 anni.
“Beh io, buona sera! … piacere … Gianluca!”
Parlava in maniera delicata come un ometto del nord. La sua voce era gentile, quasi femminile. Comunque la sua componente femminile era minoritaria considerando la foga con la quale si era trombata la Bonanno. Ci presentammo. Mio fratello dopo le strette di mano, vistosi riconosciuto dalla sua ex professoressa di geografia venne guardato da lei di traverso per essersi soffermato a guardarle la fica mentre sotto era ancora al naturale; poi per dignità quella magnifica donna stagionatina pensò di coprirsi la passera coprendola con la gonna. Mio fratello, vistosi non troppo gradito pensò di allontanarsi, ed andò di sotto a vestirsi, poi tornò. Il ghiaccio comunque era rotto. La prof che era stata di mio fratello lo aveva riconosciuto; ma non conosceva me per fortuna. Se non lo diceva lui, nemmeno io.
“Attilio è mio figlio. L’ho lasciato con la bambinaia. L’unica che sa che sono qui! Stia tranquilla … credevo che mi stesse cercando. Dove avete detto che scopavate ?”
"...venga...ecco qui in corridoio..."
"E com'è che non vi abbiamo sentito ?"
"Ci avete coperto voi, con i vostri di rumori...io ho goduto soffocata dal silenzio ! Ci tenevamo a guadarvi !"
"...siete rimasti infastiditi per caso ?"
"...al contrario professoressa ! Ci avete eccitati ! Grazie. Veramente! Ci avete fatto rivenire la voglia."
"Di nulla...e tu che ti guardi ?! Non è con me che stai ?" - Sorprese Gianluca, il giovane che l'aveva scopata a fissarmi le mutandine. Evidentemente era gelosa e ne aveva ben donde, vista la differenza di età. Sdrammatizzai rivolgendomi all’insegnante e dissi:
“Lei era l’insegnante di geografia del mio ragazzo; me l’ha detto lui …”
“E allora …? Ne ho avuti tanti di allievi … è speciale forse il tuo,...cioè mi scusi, il suo ragazzo ?”
“Per me sì. “- Poi la professoressa Bonanno si rivolse a mio fratello-il mio ragazzo rivestito:
"E tu come stai ? Bene ?"
"Sì grazie professoressa ! Molto tempo che non ci vediamo..."
"Perchè mi fissi ? Hai una ragazza così bella e guardi me ?!"
"Lei si è mantenuta bella come ai miei tempi professoressa ...permette che le baci la mano?"-Gli rifiutò la mano con un sorriso ed un cenno di diniego.
"Ma va!Fatti la tua compagna! potrei essere tua madre! Ai miei tempi...non hai un altro modo per farmi sentire vecchia?"
"Scusi ma io..."- Era stato un po’ maltrattato, ma non tanto.
"Ti piacciono le madri forse ?"
"A me lei piaceva un mondo ! Era la più bella della scuola"
"Sì, certo, come no? ciao"
“Bene. Adesso che ci siamo conosciuti allora possiamo anche andarcene … no?!”-Disse il compagnino della prof a disagio.-Lo ignorammo.
“Professoressa?”
“Sì?”
“Lei insegna ancora ?”
“Certo.”
“Beh non le chiedo dove; non è importante in fondo … però se si sapesse che lei se la fa con un … insomma … credo poco più di una seccatura …”
“… e allora ? ... scatterebbe la sospensione momentanea ed un po’ di notorietà, ma non è reato”
“ecco dicevo … sì proprio così”
“Beh scusateci ancora! Arrivederci, e fate buon sesso! Per noi è tardi e dobbiamo andare via...”
Mio fratello Carlo si rifece avanti per stringere la mano alla professoressa. Ero sicura che lo avrebbe respinto anche stavolta; stranamente non accadde. Gli strinse la mano normalmente e senza enfasi; altrettanto feci io con Gianluca, “il pretino” che mi aveva guardata proprio lì. Li lasciammo soli e noi essendo stanchi ci rivestimmo, e ce ne andammo dieci minuti dopo. Mio fratello Carlo si era proprio innamorato della Bonanno: volle passare un’altra volta a spiare la professoressa che aveva ripreso a baciarsi a suon di lingua con il suo Gianluca; “un altro porno” non era il caso di vederlo. Dovevamo proprio andare via anche se Carlo, il mio fratello incestuoso, il mio ritrattista di nudo, il mio inculatore morboso...si era polarizzato verso l’antico oggetto delle sue seghe adolescenziali. Quando stava per toccarsi di nuovo la parte bassa dei pantaloni a guardarli, per evitare che restasse lì di nuovo, lo spintonai verso l’uscita. Ce ne andammo a casa e riprendemmo una vita “normale”. Per le due settimane successive Carlo mi aveva toccata poco, e sempre con i nostri genitori assenti. Cercava di scoparmi e per poco mi concedevo a lui chiedendogli di farmi godere anche la passerina talvolta. Non ero sentimentalmente impegnata, e lui i suoi tentativi con le sue conoscenze esterne li faceva...anche se senza successo. Era fortunato! Non ero più solamente sua sorella maggiore, bensì una donna comprensiva. Quel pomeriggio avevo un colloquio di lavoro con un bar per un posto di cassiera. Ero decisa ad andarci ben vestita. Optai per un tailleur grigio che avevo visto in una bancarella. Aveva la gonna che arrivava alle ginocchia. Mia madre non aveva a ridire che avevo preso l’abitudine di comprarmi i primi vestiti da sola. Era un segno della mia indipendenza ed emancipazione sessuale. Mi stavo provando l’abito dopo aver indossato la camicetta. Avevo sotto solo le mutandine ed i collant. Ero sicuramente una donna provocante. Carlo, indossando una t-shirt mimetica e degli shorts si presentò in camera mia e senza chiedermi il permesso si mise a guardarmi mentre mi esaminavo allo specchio. Mi sovrapponevo la giacca e la gonna. Fino a quel momento non avevo mai avuto il tempo di provami quell’abito comprato un po’ di fretta alle bancarelle dietro il centro e mentre mi chiedevo se ero una buffona, o una donna elegante e curata, vidi attraverso lo specchio che mio fratello Carlo aveva preso a toccarsi dentro i pantaloni in mia presenza. Il ghiaccio tra di noi lo avevamo rotto da tempo. L’atmosfera di complicità tra di noi due però non c’era più. Per lo meno in quel momento non riuscivo a percepirla. Carlo non mi dava alcun fastidio. Avevamo trasgredito le regole del buon vivere sociale e familiare senza curarcene minimamente. Ora cominciavamo a perdere un po’ di quell’interesse reciproco, morboso che ci aveva avvicinato repentinamente. I nostri vecchi non sospettavano nulla ed erano assenti in quel momento. Riposi la giacca e vedendo che Carlo si stava toccando la portai fuori all’appendi-abiti dell’ingresso. Distrattamente lasciai la gonna sul letto. Carlo voleva scopare e si era calati gli shorts. Il suo pisellone cominciava a svolazzare sotto la sua t-shirt mimetica. Lo guardai dallo specchio e dopo avergli fatto un sorriso di rassegnazione acconsentii. Mi tolsi le mutandine lasciandole cadere sul tappeto. Il mio culetto era visibile per metà da sotto la camicetta. Lo specchio gli restituiva l’immagine della mia vulva. I peli castano-biondi catturarono subito l’attenzione dei suoi occhi prima che mi prendesse i fianchi per sbattermi il suo pisellone tra le mie natiche e lì strofinarselo bene. Sapevo che desiderava tanto incularmi, ma io mezz’ora da dedicargli sentendo anche il dolore della sodomia non ce l’avevo proprio. Gli dissi mentre sentivo il suo alito sulla mia nuca ed il suo cazzo che cercava di violarmi dietro:
“Lì dietro no! Devo camminare un po’ oggi, e non ho voglia di sentire dolore! strofinatelo! che poi ci stendiamo sul tappeto e me lo metti davanti...ahi! Fermo! Ho detto lì dietro no! Mi puoi godere dentro nella fica tanto prendo la pillola! forza dai, andiamo giù! Per terra!”
Mi distesi sul tappeto della mia stanza offrendogli le mie gambe aperte. Il mio pube era tutto per lui nel tranquillo calore di casa nostra. Eravamo distesi seminudi ( tenevamo scoperti solo i nostri sessi) ed io mi ero lasciata aprire la camicetta senza che lui mi togliesse il reggiseno per succhiarmi il capezzolo. Evidentemente pensava ad altro: se ne era proprio dimenticato; e dire che il succhio del mio capezzolo per me è un punto critico verso l’orgasmo! Mi stava scopando in maniera tradizionale ed era anche libero di godermi dentro visto che ero sotto pillola. Non poteva pretendere che gli dessi il retto ad nutum. Il dolore è sempre dolore, anche se Carlo non era un fustacchione col missilone nucleare! I nostri ventri si trasmettevano calore sfiorandosi solo a tratti a causa della presenza del vestiario. Mio fratello Carlo mi stava leccando collo e orecchie freneticamente, ma non riusciva a muovere il cazzo come avrebbe dovuto. Chiudendo gli occhi mi leccò più volte il viso. Dopo il suo ennesimo tentativo di ottenere quelle superbe erezioni di quando gli diedi la prima volta la mia dignità proibita gli dissi:
“Ma si può sapere che ti prende? ti concentri o no? Metti dentro stà cappella dai! Che almeno questa è grossa...dentro su! Sentirai un bel caldo!”
Mi ero alzata un pochino per riafferargli il pisello con un po’ di decisione; il mio era stato un gesto a bella posta per restituirgli un po’ di fiducia in sé stesso. Carlo allontanò la mia mano, mi massaggiò la passerina un pochino, quindi mi sciabolò il suo pisellone grosso, ma non duro, davanti; mentre io guardavo verso i miei poster sui muri della mia stanza sentii attraverso il contatto strisciato che me lo stava reintroducendo di nuovo. Evitai di guardarlo negli occhi per non causargli disagio visto che lo avevo pure rimproverato. Forse se gli avessi guardato il pisello l’occhio della padrona avrebbe ingr...ossato il cavallo...Quando fu di nuovo sicuro di essere dentro di me mi disse:
“Io,...dai continuiamo”
Provai ad abbracciarlo, ma me ne pentii presto. La sua maglietta odorava di sudore e rischiava di sporcare la mia. Avevo solo quella di camicetta pulita! Maledizione! Mio fratello Carlo muoveva coscienziosamente il bacino dopo avermi ripenetrata. La mia vulva lo sentiva, ma non era duro...e non lo sentivo nemmeno andare a fondo come avrei desiderato. Cercava di respirare profondo e regolare, ma di indurirsi non ne voleva sapere. Cominciai a baciarlo sulle guance. Un po’ funzionò, se ne accorse pure la mia fica che iniziò a bagnarsi e a colare solo un pochino notai -e non come quando mi metto dentro da sola il mio dildo -, poi però il suo pisello tornò ad ammorbidirsi di un bel po’. Carlo non riusciva a restare dentro, ed io dovevo uscire per il mio colloquio di lavoro. Quel cazzo non mi avrebbe chiavata, per cui lo feci uscire da dentro di me, e gli dissi di stendersi lui; era meglio che passassi di sopra io. Cambiammo posizione.
“Tranquillo, tutto bene, proviamo così, dai!”
Gli offrii un 69; la mia passera umidiccia lo era già; era il mio senso della trasgressione a rendermela tale. Al suo cazzo gli restava un po’ di turgidità, per cui sentivo la lingua di mio fratello Carlo slinguarmi famelica le intimità avanti e dietro, e ben addentro a giudicare dal mio solletico, che mi faceva variare il respiro repentinamente; il pensiero mi andò a quella sua grassa passione per il mio ano non senza una visitina all’inguine...fortuna che la lingua non ha attacchi di impotenza! Non ebbi il tempo di fare mente locale: gli spippai velocemente il cazzo. Un paio di scappellamenti imperiosi, e si drizzò di nuovo; ma tempo per la congiunzione non ce ne era. Provai a mordicchiarli con gentilezza la base del glande, ma per timore di dargli del dolore mi limitai a leccarlo un po’ tutto. Lo muovevo nella mia bocca usando le mani. Destra sull’asta e la sinistra sulle sue pallette indurite (purtroppo solo quelle). La sua cappella mi sbatteva sulla lingua che passivamente la insalivava. Stavo anche sudando nella camicetta pulita (cazzo! Che stupida!...) e quando allontanai la bocca per prendere un po’ di fiato.

... mio fratello Carlo venne sulla mia mano. Tre o quattro fiotti caldi; abbondante solo il primo. Continuai a carezzargli le palle con la sinistra. Poggiai la mia guancia sulla sua cappella buttante per “carezzare” anche quella. Lui mi disse:
“ehi! ahnnn! Dai, non me lo bevi?!”
Per dimostrargli il mio affetto mi ero fatta sporcare le guance dalla sua cappella violacea che stava rimpicciolendo. Gliela presi un po’ in bocca per ripulirgliela con la lingua e la saliva (non aveva cacciato molto seme) quando sentii il sapore dell’alcool. Come si sente lì sotto un uomo che ha bevuto!...
“Sei tu che hai bevuto! Per forza non ti si drizzava...! Birra, caffè, il whisky dall’armadietto di papà! Oh ti sei fatto grande vero? continua coglione! Continua!”
“Lo reggo l’alcool!”
“Sì,...uhmmmmm! Sì, tu lo reggi l’alcool! il tuo pisello no! Comunque quando vuoi venirmi in bocca impara a mangiare meglio! E niente alcool se vuoi che ti assaggio lo sperma!”
Mi ero alzata. Lui si era limitato a delle leccatine da dietro. Se non fosse lui il maschietto sporcaccione direi che mi aveva fatto un discreto bidet. Quel pomeriggio era proprio impigrito...in realtà doveva smaltire le schifezze mangiate e bevute a pranzo, ancora nel suo circolo sanguigno. Tra salsette di fast food e birre di casa fate un po’ voi! Mi diressi verso il bagno e subito mi sedetti sul bidet, quello vero, pulito, di porcellana. Bagnai anche la camicetta per la fretta. Carlo invece, senza troppo rispettare al mia privacy dato che lo avevo viziato io stessa, da maschietto maleducato prendeva acqua dal lavabo e se la portava al cazzo. Tutto faceva tranne lavarselo. Non mi curai di lui, non avevo tempo, e quando gli lasciai libero il bidet per lavarmi la faccia cercò di prendermi di nuovo. Cercò la penetrazione cinque o sei volte strusciando di nuovo il suo bacino “maschiettamente pulito” contro il mio culo; io però dovevo andarmene. Avevo tollerato passivamente pochi secondi mentre mi lavavo le guance: un piccolo contentino finale al quale posi fine, per pulito che fosse il suo cazzo. Dovetti sgomitare energicamente per liberarmi. Uscii e chiusi la porta dietro di me. Carlo, rassegnato, si stava lavando nel bidet a giudicare dal rumore ancora udibile dell’acqua. Mi tolsi la camicetta sudata e bagnata sotto e afferrai una maglietta di seta blu scura che avevo lasciata sulla spalliera del letto. La indossai al posto della camicetta. Freneticamente raccolsi le mutandine dal mio letto che mi ero tolte subito per non sporcarle dandogliela, e reindossatele velocemente, cercai in corridoio la giacca del tailleur; tornai di fretta nella stanza a prendere ed indossare la gonna; una rapida pettinata allo specchio dell’ingresso; e finalmente me ne andai a quel colloquio di lavoro. Mentre aprivo la porta di casa sentii con la coda dell’orecchio che Carlo aveva lasciato il bagno. Sarei mancata tutto il pomeriggio. Non avevo goduto se non marginalmente. A lui avevo dato ciò che chiedeva. Di più non avrei potuto fare. Un’oretta dopo, finalmente, il colloquio si svolse. Diedi la disponibilità per un part time: solo il pomeriggio-sera. Alle sei del pomeriggio prima di tornare a casa per non rifiutare a mio fratello un’altra richiesta di scopata prolungai la passeggiata guardando le vetrine del centro. Nel corso della mia passeggiata notai nientemeno che la professoressa Bonanno con il figlioletto Attilio ed una donna più vecchia. Probabilmente sua madre, nonna del bambino. Stavano consumando un gelato in coppetta durante la passeggiata al corso. La Bonanno mi notò, e fece finta di non riconoscermi. Comprendevo perfettamente, visto che incontro avevamo avuto. Davanti al figlio era chiaro che non ci saremmo mai riconosciute. mi allontanai di un centinaio di metri, poi furtivamente, confusa tra la folla passeggiante, tornai indietro: ero incuriosita da quell’apparentemente magnifica cinquantenne che avevo vista con un pretino sui 20-25 appena. La donna anziana non c’era più e a quanto pare nemmeno il piccolo Attilio. Era chiaro che la nonna glielo guardava quando non poteva pagare la bambinaia. La cosa più normale di questo mondo. Sembrava che aspettasse qualcuno anche se fingeva di guardare una vetrina di orologi preziosi. Chiaramente aspettava il suo Gianluca. La pedinai per una mezz’oretta, ma del suo amante neanche l’ombra. Ero anche riuscita ad avvicinarmi senza che la signora mi notasse. Si mosse e di addentrò nel corso. Secondo me andava a trovare il pretino “sul suo posto di lavoro”. Di chiese barocche ce ne erano almeno un paio grandi lungo il corso che invece era per lo più cinquecentesco. Io pedinandola da curiosa infantile quale ero diventata, per la prima volta in vita mia ne notai una piccola di chiesa con la facciata in restauro. La signora scelse un’entrata laterale subito dopo le impalcature. Entrò e non vidi quando uscì. Ero rimasta lì un’oretta tenendomi nelle vicinanze, e non notai alcun movimento. Vi dico queste cose perché con il mio fratellino sfigatello ne avevo parlato: una settimana prima mentre gli consentivo di riposarsi con le sue guance poggiate sul mio basso ventre, gli chiesi a difese emotive abbassate, se per caso fosse stato mai attratto da quella donna. Naturalmente sì, fu la sua risposta. Ovviamente se la sarebbe scopata quel pomeriggio stesso del nostro fortuito incontro se avesse potuto...come non capirlo?! Quella donna era rimasta una bella manza! Da complesso edipico. Ovviamente non malignavo sul piccolo Attilio, troppo piccolo per pensare a sua madre in quel modo. Cercai di fare un po’ di mente locale. Ciò che volevo era procurare un incontro tra mio fratello Carlo, e quella donna ben conservata. Io stessa progettavo di prestarmi contemporaneamente al pretino (che troppo bello non era) e provare come trombano i religiosi, che in teoria al sesso dovevano rinunciare ma sì!- pensavo- forse l’unico sistema era di provocarli tutti e due quando, naturalmente, si fosse presentata l’occasione giusta. Non sarebbe stata certo quel giorno in cui l’avevo notata passeggiando. Passarono dei giorni da quell’episodio. L’occasione si presentò quando notai un pomeriggio che andavo a lavoro, Don Gianluca che camminava da solo. La Bonanno non c’era. Lo avvicinai per salutarlo. In pochi secondi lo convinsi a prendere un caffè con me allo stesso bar dove mi apprestavo a prendere servizio presso la cassa. Conversammo amabilmente solo una ventina di minuti durante i quali lui mi confidò che conobbe quella donna in confessione. Per delicatezza non gli chiesi cosa era venuta a confessargli. In lui però quella peccatrice non ci mise molto a diventare oggetto di peccato. Lui stesso chiese di poterla ascoltare meglio in un ambiente diverso dal confessionale portandosela in sagrestia; più o meno, mi disse, che andò così: da confessore divenne confidente, e da confidente dopo un paio di baci a quella donna che lo aveva stregato, amante. Non escludo che possa averlo provocato lei a bella posta. Tra di loro un’intesa sessuale si creò. Io non gli dissi mai che Carlo era mio fratello. Nemmeno io riesco a capire cosa mi spinse a dargliela; stava di fatto che fare sesso proibito con un mio congiunto mi piaceva; questa è una cosa che scoprii molto presto e della quale non saprei dar conto. Mi congedai da Don Gianluca raccomandandogli di parlare del nostro nuovo incontro innocente alla sua donna. Avevo l’impressione che molto presto l’avrei avuta come cliente al locale. Nel frattempo avevo realizzato che se volevo che la Bonanno facesse quello che voleva mio fratello, tutto quello che dovevo fare era crearle una crisi di gelosia addomesticata. Le successive due domeniche andai a Messa da Don Gianluca ascoltandolo come prete; un prete umile, coscienzioso e devoto ai Paramenti Sacri, secondo me complessivamente sereno. Sapete perché? Perché scopava con una donna, una signora donna! Spero di restare io ben conservata come lei quando sarà il momento della mia cinquantina! Dopo la Messa gli chiedevo di confessarmi, poi dopo avergli mostrato le mie sole forme (lo so cosa è un luogo Sacro) tramite gonne lunghe ma leggere e scollature appena evidenti (volevo che lavorasse la sua immaginazione visto che nuda all’80% mi aveva già vista) lo salutavo con un bacio sulla guancia stringendogli la mano, e dandogli sempre appuntamento al bar, anche se lui non sempre si poteva far vedere. Ci vollero quattro Messe, comprese 2 infrasettimanali, per fare in modo che la Bonanno prendesse interesse per le mie “visite in chiesa” nelle quali non c’era niente di sessuale, neppure il più piccolo richiamo da parte mia. La Chiesa può legiferare sull’abbigliamento e la lunghezza delle gambe scoperte, ma non può proibire sorrisi, voci suadenti, o profumi provocanti...niente minigonne allora! Approvo di sicuro! Jeans ben lunghi ed allacciati, gonne lunghe ma attillate, questo sì, e niente sculettamento; nessuno però poteva proibirmi un certo contatto fisico fatto di sforamenti. Ed ecco che la Bonanno tre giorni dopo l’ultima messa venne a trovarmi al bar per parlare, disse lei, da buone amiche. Quando vide che clienti non ce n’erano prese la parola rivolgendosi a me con un rigoroso lei. Non si perse in preamboli; venne subito al dunque. Mi chiese, cercando anche di minacciarmi, di stare lontana da Don Gianluca, il suo uomo! Era gelosa e non voleva perderlo. Arrivò ad offrirmi dei soldi che rifiutai. Non negai nulla, e per disorientarla ammisi il mio interesse per Don Gianluca (invero più giovane di me). Le proposi schiettamente di incontrarci di nuovo tutti e quattro, e per una sola volta. Un vero e proprio scambio di coppia. Naturalmente la professoressa credeva che Carlo fosse il mio uomo. Io stessa non precisai intenzionalmente che era soprattutto mio fratello se avesse acconsentito ad un incontro a quattro avrei lasciato in pace il suo compagno prete senza cercarlo più. Almeno una volta però anche lei doveva cedere, altrimenti Don Gianluca la mia amicizia se la sarebbe coltivata da sé ed io avrei subìto qualche ovvia vendetta. Lei, la professoressa, si sarebbe fatta scopare da Carlo, “il mio ragazzo”; ed io dal pretino che mi aveva notata quel pomeriggio sera, e molto bene, dalle parti delle mutandine.
“Sa, il mio ragazzo, sì quello di quel giorno signora, mi ha confidato che quando si faceva le seghe da ragazzo pensava sempre a lei, insomma ne abbiamo parlato, e vorrebbe tanto scoparla; lei era una sorta di ossessione da quando ci fu quel nostro incontro nella scuola abbandonata, fosse dipeso da lui sarebbe rimasto a spiarvi!”
Mi guardò con la faccia inespressiva, peggio che una sfinge; non le sembrava vero che ero stata così diretta. Dopo un lungo minuto nel quale si chiedeva se stavo bluffando si decise a parlarmi:
“Non le prometto nulla signorina...ad ogni modo se mi lascia il suo cellulare vedrò di chiamarla...non mi metta fretta però! Soprattutto stia lontana da Gianluca, che di preti se li vuole, ce ne sono tanti!”
Le dettai il mio numero.
Lasciai la cassa per andare al banco a servirle qualcosa da bere; era da molto che parlavamo.
“D’accordo professoressa, aspetteremo la sua telefonata”
“Aspetterà signorina! non una parola col suo ragazzo! Non le sto promettendo niente adesso.”
“Va bene. Gradisce prendere qualcosa?”
“Sì mi dia un Martini bianco, senza ghiaccio!”
Offrii il Martini alla donna pagandolo dal mio stipendio; il gestore del bar, che era rimasto fuori a fingere di scopare il pavimento davanti alla serranda, rientrando non ebbe a ridire. Non saprei dire se ci avesse ascoltato. Sta di fatto che si guardò bene quella donna quando questa se ne andò. Io a Carlo non dissi nulla per non dargli un’inutile illusione. Non ero nemmeno gelosa; anzi sarei stata felicissima se se la fosse trovata una ragazza tutta sua. Il vantaggio della nostra relazione intima alle spalle di genitori, parenti, amici, ci rendeva complici. Ma eravamo anche liberi. Mio fratello proponeva, ma non forzava; era abbastanza intelligente da capire che era controproducente. Il cazzo di Carlo aveva finito per piacermi, ma chiaramente non potevo entrarmelo dentro tutti i giorni. Anche Carlo aspettava fiducioso che io gli dessi qualche segnale di disponibilità come andare davanti a lui con le mutandine che cascavano scoprendo le chiappe o accavallare le gambe nude seduta fingendo di non accorgermi che non avevo messo le mutandine. Tutte cose che facevo con i nostri genitori fuori di casa. Era solo scena che facevo per fargli capire che ero disposta a chiavare un po’ se voleva. Una mattina mentre ero ancora al letto mi arrivò un sms col numero che mi aveva dato la Bonanno. Non ce l’avevo in rubrica perché le diedi solo il mio; dal testo però avevo dedotto che doveva avermelo inviato lei. Ci dava appuntamento per domenica prossima alle 14,30. Quel giorno me ne avrebbe inviato un altro per darmi l’indicazione del posto del nostro incontro. Immaginai cosa avremmo potuto fare come ad esempio un due più due o un’unica orgetta tutti e quattro. Cominciai a toccarmi la topina e provavo ad immaginare se potevo essere capace di leccare una fica. Una fica che tra l’altro sarebbe stata il doppio della mia come età...da quando scoprii il sesso da sola di strada ne avevo fatta molta; ricordavo il dildo di lattice che mi ero fatta comprare da una mia amica. L’idea di una cosa in quattro mi stava stimolando. Decisi di telefonare ad una mia amica di nome Ilde che già conoscevo come ragazza bisex. La chiamai col cellulare:
“Senti Ilde, posso venire da te...diciamo fra un’ora?”
“Perché? ma certo comunque...sì, dai che ci vediamo...è tanto tempo che non ti vedo”
“Allora ci vediamo...vengo?”
“Sì vieni...”
Mi lavai e mi vestii; in borsetta misi pure il colluttorio per un’idea che mi stava stuzzicando da quando pensavo alla Bonanno ed a quello che avremmo fatto con loro. Mia viveva a due palazzi da casa mia; avevamo fatto le medie assieme ed a lei per esempio confessai che una volta, l’unica volta in cui gliela mostrai, da ragazzi, a Carlo, e feci una pippa a mio fratello. Non so se Ilde tenne il segreto; ad ogni modo non ebbi problemi interpersonali con gli altri quando parlavo di Carlo. Io e Ilde ci confidavamo e custodivamo i nostri rispettivi segreti. Lei a 14 anni ad esempio la diede ad una persona che le aveva trovato troppi spinelli in tasca durante un controllo e questi non la denunciò. Io mi confidavo con lei quando iniziai le mie prime scopate regolari col mio ragazzo delle medie. Non ci frequentavamo molto e questo aiutava la nostra conoscenza. Ilde non l’avrebbe mai data a mio fratello. Io sapevo che idee aveva in fatto di uomini. Il sesso lo praticava duro da tempo, e con persone che io non farei entrare a casa nostra. Viveva sola in una mansarda al quarto piano con due sole stanze, di cui una adattata a cucina più il bagno, mansardato anche quello. Era una bella donnina mora con due belle boccette che stavano in una mano ed un culetto da 14nne che era il suo piatto forte. I capelli castani li portava lunghi e fluenti. Il suo corpicino non superava 1,64 ed era ancora per sua fortuna adolescenziale. Adesso aveva più o meno la mia età, e non era cambiata molto tranne per le occhiaie che tradivano la sua abitudine di certi “fumi” a qualunque ora del giorno. Quando lei in casa mi offrì una coca in lattina, che accettai, le dissi la ragione della mia visita; era una “consulenza” dato che lei era bisex. Ci sedemmo l’una di fronte all’altra sulla moquette del soggiornino. La mia gonna era abbastanza lunga e non mi scoprii affatto dato che non era mia intenzione provocare la mia amica. Non le dissi della mia relazione sotterranea con mio fratello; le dissi però (mentendo anche a lei) che ero stata invitata ad una cosa in quattro con persone di cui non potevo parlare (e qui ero più credibile: Ilde stessa non era nuova a qualche frequentazione discutibile dove i nomi si devono negare persino a sé stessi) e che volevo sapere se:
“insomma che provi quando una donna ti lecca la patacca?”- Lei la chiamava così. Non si sbilanciò per la mia domanda. Con naturalezza rispose:
“Mah, si provano le stesse cose di quando te la lecca un uomo, le stesse sensazioni più o meno”
“Dici?”
Ilde ironizzò:
“Una mano di maschio ed una di femmina si riconoscono alla presa forse! Ma una lingua resta dentro la bocca. Di uomo o di donna, per esempio al buio, mentre ti insaliva non fa alcuna differenza”
“Ne sei sicura?”
“Sì ti assicuro che è così...farsela leccare da una donna non fa alcun effetto particolare...a me personalmente non dispiace, la considero una carineria!”
“che una femmina te la lecchi ?!”
“Sì ! E non mi dispiace nemmeno assaggiarla. La prima volta, sai, credevo di avertelo già raccontato,...comunque ascolta! mi ricordo, cercai di leccarla solo per una curiosità che avevo dentro, ad una mia amica che mi piaceva molto, sai, eravamo tutte e due del doposcuola. La convinsi offrendole ventimila lire che avevo sottratto a papà...andammo al bagno non proprio assieme; ci demmo appuntamento lì però; la mia amica prese le ventimila lire, che le diedi cash, sai anticipatamente, e lei alzandosi la divisa del collegio, una specie di grembiule rosa chiaro, mi fece vedere le mutandine dicendomi che quelle le potevo togliere io...non so, ma forse un’altra compagna o no, forse non era nemmeno della stessa classe doveva averci spiato; io sentii dei passi come di allontanamento, avremmo dovuto interrompere subito, ed invece volli correre egualmente il rischio! Le abbassai le mutandine e vidi la sua patata...fu un attimo di smarrimento; non persi tempo e avvicinai il mio viso e quando stavo per poggiare la lingua sullo spacco cominciai a sentire un odore che mi attraeva e sai, eravamo tutte e due ancora con le paperine poco pelose, glabre decisamente no però...eravamo già delle adolescenti! La suora della scuola ci vide e ci separò subito! Credo che la suora si era insospettita quando ci aveva visto chiedere quasi assieme di andare in bagno. La suora, manco a dirlo, fece solo il suo dovere, ma io la odiai! Ero giunta a meno di un passo di ciò che cercavo. Io andai in punizione tutto il pomeriggio. Poi mamma mi venne a prendere e non mi disse nulla; per un po’ restai a casa col certificato medico. , l’amichetta, non la rividi più, perché i genitori la tolsero dal collegio. A me mi ci lasciarono purtroppo...con tutte quelle preghiere che mi facevano dire ! Giurai a me stessa che se avessi potuto mi sarei fatta deflorare ancora dentro quel maledetto istituto! Ma venivo sorvegliata ! E quando mi tolsero dal doposcuola, a fare i compiti a casa mia non ci venivano mai...chissà, qualche voce si era sparsa comunque immagino; per cui aspettai la terza media. Fortuna che cambiammo casa e mi mandarono alla scuola statale dove se non erro ci siamo conosciute...quella maledetta suora però in quel momento mi tolse il piacere che si provava ad odorarla prima ed a leccarla poi...”
“Senti. ma tu allora, insomma ammettilo! La figa l’hai sempre voluta provare”
“Sì, forse, ma ti assicuro che un bel cazzo duro dentro di me lo so apprezzare!...Mi piacciono gli uomini ben armati! Mi dispiace ma non è il caso di tuo fratello...”
La mia amica era sempre stata bisex; ma alla sbruffonata del doposcuola non crederò mai. Questo per non ferirla non glielo dissi lì sul momento. Mi limitai ad annuire sorridendo. Spero solo che questo mio annuire non lo abbia scambiato per un’approvazione...
“Sai mi è stata offerta una possibilità col mio ragazzo...potremmo fare una cosa in quattro: io, la lei, il mio lui e l’altro lui di lei...”
“Due femmine e due maschi...uhm...”
“Sì, il mio ragazzo si fa l’altra, quella stagionata, ed io dovrei farmi sbattere dall’altro che da parte sua è...”
“...è frocio?!”
“No! Anzi, mi ha guardato bene qui sotto! È un prete!”
“Un prete ?...con la donna?!”
“Lei qualche anno ce l’ha! Lui è più piccolo di me, ma diciamo è come se si trombasse sua madre...oh! Non ti credere! Una bella gnocca !Anche se stagionata!”
“Forse ho capito. Altre volte ho partecipato a cose a tre, con mogli stagionate, Dai Daria, perché non inviti pure me? magari ci sbilanciamo in cinque?!”
Cercò un abbraccio con me per implorarmi, ma ritraendomi un poco (ero sempre sua amica) le dissi:
“No, ti prego! Un’altra volta! Magari organizza qualcosa tu, e se non mi fai pippare o bucare come certi amici tuoi, io ci vengo di sicuro”
“Grazie sei proprio un’amica!”
“Non avercela a male! È una cosa già difficile così se poi vieni tu con la tua roba, poi diventa ingestibile!”
Feci male a nominare le sostanze che Ilde amava fumare. Con un gesto rapido estrasse da sotto il pigiama uno spinello già preparato, e se lo accese davanti a me. Ora mi toccava anche subirne la puzza. Dopo tre boccate disinvolte ed un po’ di “poco nuvoloso domestico con puzza” intorno al mio naso mi chiese di riassumere la situazione. Il motivo della mia visita lo dovevo ancora dire:
“E tu?”
“Insomma! Io, forse, me la farei anche leccare, ma non so se potrei essere capace di contraccambiare”
“Tutto qui? Nessuno ti obbliga, il sesso è un atto libero!”
“Quanti esami ti mancano?”- Le diedi una battuta ironica che un po’ dovette ferirla. Lei a giurisprudenza se la prendeva comoda, nel frattempo era diventata Scienze giuridiche
“Fanculo agli esami! Circa tredici comunque!stavo dicendo...non sei obbligata a leccarla, mica fate la cosa in quattro con un contratto del cazzo”
“No, naturalmente no, ma vorrei che per il mio ragazzo fosse indimenticabile e pensavo se tu...no! Non devi partecipare...mi dovresti...insomma io...non so...ecco...”
“Mi stai per caso chiedendo qualcosa? Mi hai appena chiesto di non partecipare”
“Ecco: mi...mi aiuti ad... assaggiarla? non sono lesbica e non voglio diventarlo; a me piace il cazzo!”
“Insomma vuoi sapere se riesci almeno a provare...”
“Sì, per dirla così, sì...”
“Con me? Che fumo tutte quelle cose che non ti piacciono...con me che frequento persone innominabili, con me che scopo con maschi che non faresti entrare in casa tua...?”
“Sì con te, che a parte tutte queste cose, mi sei sempre stata amica quando mi confidavo...dentro lo so, sei incapace di essere cattiva, di te mi fido!”
“...uhm...senti, se ti insegno come si fa...intendo dire a mettere il viso davanti a delle cosce femminili tu poi mi fai fare una cosa?”
“Sarebbe?”
“Vorrei introdurti dentro una carota, e dopo aver pescato i tuoi umori interni mangiarla...”
“Carota dentro di me e poi te la mangi? Non devo mettermela in bocca io dopo che me la cacci dentro, vero?”
“No. La mangio solo io...Affare fatto?”
“...”
Ci pensai degli istanti poi le confermai la cosa.
“D’accordo! Affare fatto!”
Lei si alzò e si tolse i pantaloncini del pigiama e rimase con le sole mutandine a cosce scoperte. Mentre senza dare alcuna importanza alla parte migliore di sé che era il seno si teneva il sopra del pigiama giallo. Depose lo spinello che le si era consumato tra le dita in un posacenere e mi prese per mano per farmi alzare dicendomi:
“Andiamo in bagno, mi siedo sul bidet e tu con la tua mano nuda me la insaponi, e me la lavi; poi me la asciughi con calma, e a patacca asciutta ci avvicini la testa,...il resto verrà da sé...vedrai...”
“Perché?”
“Perché ci devi entrare in confidenza con gentilezza, piano, insomma con dolcezza. Se sarai educata con le mani, anche la tua lingua saprà cosa deve fare,...fidati. Prima me la lavi e me l’asciughi, poi me la lecchi...e secondo me ti piacerà...è solo una scaletta: tatto, palpeggiamento, assaggio...tutto qui!”
“Proprio no! A me piace il cazzo!... fino a bermi lo sperma!...ma voglio provare lo stesso. Una sola volta oggi! Poi non te la lecco più! Intesi ?...”
Mi sorrise, ma io aspettavo decisa la sua controrisposta a mo’ di conferma...alzò due dita come se stesse giurando dicendo:
“Intesi! Allora?...iniziamo?”
“Iniziamo!”
Si tolse le sue mutandine davanti a me e con il culetto da elfo in aria ben in vista mi disse di mettermi accanto alla sua destra. Il rosa pallido della sua pelle e il sopra del pigiama facevano un attraente contrasto con il pelo castano della sua fica. Anche le sue cosce non ancora abbronzate non differivano troppo dalla pelle quasi bianca delle parti intime. Lei si sedette ed aprì l’acqua alla temperatura desiderata. Io guardavo, e lei aspettava che iniziassi a...toccarla...Presi il sapone liquido intimo, e dopo essermi bagnata la mano ci misi il sapone; esitai diversi secondi, quasi un minuto buono forse, e lei mai si permise di forzarmi. Teneva le cosce abbastanza divaricate, e potevo apprezzare il suo pube dal pelo castano corto. Esitai ancora qualche secondo, poi poggiai il palmo della mano contro la passera della mia amica delle medie. Era tiepida e morbida, piacevole a toccarsi. Mossi la mano ed iniziai a massaggiare ritmicamente tutto intorno per spargere il sapone che iniziava già a schiumare. Volli lavargliela e basta. Se le si fosse ingrossata la clitoride, non gliel’avrei sfiorata. Lo spacco però lo sentivo andando avanti ed indietro con le mie dita lungo quella passera. Sentivo il respiro di Ilde sul collo, cominciava a godere, anche se massaggiavo con mano leggera, senza far aderire tutto il mio palmo. Quando i rantoli di Ilde aumentarono di intensità decisi di risciacquare. Ilde emise un suono di malinconia, e la sua fica sciacquata da me che vi avevo convogliato tutta l’acqua senza toccarla troppo, cambiò di posizione alzandosi, e colando un po’ d’acqua del lavaggio che le scendeva lungo le cosce interne. Ilde afferrò un asciugamano di panno, e me lo mise in mano. Tenne le cosce ancora un po’ larghe per invitarmi a poggiarvi l’asciugamano pulito, cosa che feci immediatamente senza premere troppo. La massaggiai ancora per asciugarla, poi quando tolsi l’asciugamano Ilde mi avvicinò le labbra e mi baciò fuggevolmente sulle mie. Era stato un bacetto leggero. Mi disse:
“Grazie sei stata bravissima anche se hai voluto fare subito...ora viene il difficile...abbassa la testa fino alla mia passera, e guardala !dai, è pulita!”
Avevo la sua vulva davanti a me. Guardandola provavo tenerezza. Ilde cercava di avvicinare la mia testa senza premere troppo. Io il tentativo ero decisa a farlo, e non opposi resistenza. Sentivo il calore che emetteva sulle mie guance, non so come sensibilizzate, poi anche l’odore del sapone entrò nelle mie narici, e cominciai a sentire il mio respiro di rimbalzo. La sua vulva era ad un paio di cm dalle mie labbra, ed Ilde cominciava a carezzarmi la testa. Il suo pelo solleticava il mio naso. La baciavo un paio di secondi per poi allontanare le labbra, e non provavo niente. Poi timidissimamente feci avanzare la lingua fino allo spacco e provai ad andare avanti ed indietro. Per la prima volta in vita mia mi sentivo sacrilega. La pelle della sua vulva, profumata, morbida e vellutata mi sapeva di pesce, direi di spigola lessa, allora era vero! Sapeva di pesce la passera! La punta della mia lingua arrivò sotto nell’ingresso del canale. Quello però non mi riguardava, per cui tornai su verso i lembi della clitoride che cominciai a prendere tra le mie labbra spontaneamente. Era dolce, e poco acido, piacevole a suggerlo. Colpii con la punta della lingua anche il suo meato e lei mandò un urletto di piacere:
“Ahhhhnnnnnn!”
“Ti sta piacendo?...”
“Da matti! Tu sì che la sai leccare! Devi venirmi a trovare più spesso...”
Continuai a leccargliela per prendere un po’ di fiducia in me stessa; di darle del piacere non me ne importava nulla. Apprezzavo molto il fatto che mi avesse chiesto di lavargliela. Le leccai tutta la sorca, per lo più all’esterno, e lei soddisfatta mi profferiva rantolando frasi amorose. Le vidi all’improvviso scendere una sorta di lacrima trasparente per cui a quel punto, con grande disappunto di Ilde, smisi. Non volevo assaggiarle i suoi liquami intimi. Quelli erano cosa sua, o del suo uomo! Smisi di leccare e mi allontanai per non diventare lesbica. Lei mi implorò:
“Non andartene ti prego! Resta! Dai guardamela! Finisco io...”
Si masturbò davanti a me per due lunghi minuti, con dei rapidi massaggini circolari, poi mi prese la mano e se la mise sulla vulva; le feci la cortesia di spremergliela con gentilezza cinque o sei volte e la sua fica mi bagnò tra le dita mentre spremevo con tutto il palmo della mia mano; Ilde mi disse:
“Mi avevi promesso la carota, ricordi?”
“Sì mi ricordo...”
Si passò sul suo ventre la mia mano sporca, e mi diede un po’ del suo calore corporeo. Accidenti quanto era facile diventare lesbica! Dovevo starci parecchio attenta con Ilde!
“Allora, dai...”
E mi baciò più volte sul viso; soprattutto le guance; scese anche sul collo ed io prima di godere mi staccai e andai rapida sul suo letto; senza togliermi gonna e mutande misi le gambe a formare una piccola X; restai ferma stesa a guardare il soffitto inclinato senza guardare in faccia la mia amica aspettando che fosse lei a togliermi le mutandine. Non l’avrei ostacolata, ma non avrei nemmeno partecipato. Le mani me le tenevo sotto il cuscino per non carezzarle la testa quando mi avrebbe leccata sotto. Ero sicura che l’avrebbe fatto! Una carota non si ficca certo a secco. A me poi, una carota nella fica non dispiace. Se poi lei vuole bere i miei godimenti va bene pure! Chi se ne frega! Ma lesbica proprio no. Ilde fu rapidissima, e tornò subito con una carota. Mi sollevò la gonna e mi strappò via le mutandine. Speravo solo non mi succhiasse le zinne. Perché col succhio del capezzolo, lì sì avrei ceduto! Leccò come un kamikaze in picchiata la mia vulva e vidi che aveva ragione lei. Sciabolate velocissime e fameliche. Forse la figa a qualche sua compagna di scuola aveva veramente cercato di leccarla... Una lingua nella fica fa sempre piacere, anche se proviene da una donna. E noi due donne lo eravamo da tempo. Me la leccò per parecchi minuti e me la trovò già abbondantemente bagnata. Si era bagnata prima, mentre cercavo di leccare goffamente e lentamente la sua. Mi ero bagnata inconsciamente, si era bagnato il mio sesso. La mia mente combatteva per non lesbicare. Era singolare che non mi ero mai sentita tanti liquidi dentro. Sentivo però, senza essere troppo combattuta, il bisogno di non cedere; di irrigidirmi. Permettevo; ma senza contraccambiare, e soffocavo anche i miei rantoli, per non eccitarla troppo. Il caldo che sentivo nel petto era sempre più intenso ed un po’ dovevo liberare il mio respiro affannoso. Accidenti! Tutto remava contro la mia volontà! Lesbica non volevo proprio diventare. All’improvviso sentii un’intrusione dentro di me, fin dentro il ventre! Mi aveva ficcato dentro la carota e quasi tutta quanta...e sentii anche tanto piacere. Ora soffocare i rantoli sarebbe stato più difficile. Una donna deve pur sfogarsi! Quel cazzo vegetale mi veniva mosso lentamente e ciò mi prolungava gli attimi di piacere. Nella mia testa intontita dal preorgasmo immaginavo che Ilde avrebbe bevuto piacere vaginale a litri! In realtà al massimo due dita di un comune bicchiere...avanti ed indietro con la carota dentro di me. Cominciai ad esaltarmi. Mannaggia Ilde, era riuscita a farmi infoiare, ed ancora la muoveva quella carota! le proposi all’improvviso:
“...ahnnnnn, uhmmmm, ahnnnn...Ilde?!”
“Sì, che c’è Daria? ”- Mi stava anche leccando le cosce interne; sapeva come farmi venire...dovevo distoglierla un po’ dalla fica o mi sarebbe esploso anche il petto. A quel punto lei si sarebbe presa tutto il mio corpo, che chiedeva giusta soddisfazione.
“Ne avresti un’altra? Magari più piccola?”
“Uhmm, che c’è amorina mia! Ti fa troppo male questa?”
“Ohhhhh,ahnnnn, no, va bene! Se me ne piazzi un’altra lì dietro”
Allargai le cosce mettendo le ginocchia in alto come se dovessi partorire. Davanti alla sua lingua si stagliava tra i miei glutei poggiati sul lenzuolo anche il mio roseo ano che tanto aveva appassionato mio fratello. Lo vide come fosse la prima volta che lo vedeva, e mi fece:
“Nel culetto, eh?! Cattivona!”
“Sì proprio nel culo Ilde! Uhmmmm, Dai che la voglio!...Tappameli bene i buchini , uhhhhhh, che voglio esplodere!”
Mentre io continuavo a tenermi alla spalliera del letto Ilde ci affondò la sua lingua dura per un uno o due secondi, poi si staccò e disse:
“Uhmmm, buono! Aspettami un attimo!”
Corse verso l’altro capo della stanza e tornò con una carota più piccola di quella che già avevo nella fica e che muovevo godendo con i movimenti involontari interni della mia vagina. Ne insalivò la punta, poi dopo un ulteriore ripassino della lingua nel mio ano, me la introdusse dentro spingendo un poco, ma senza farmi male. Doppiamente penetrata, come avevo chiesto io stessa... inaspettatamente! Ilde si alzò, prese dal comodino un oggetto alla mia sinistra che si rivelò essere una piccola fotocamera digitale, e mi fece la foto ricordo al mio bacino avendo cura di non inquadrare la mia faccia. Poi depose la macchinetta. Mi disse:
“Senti ora che ti devo muovere due carote vengo sopra a te! Facciamo un 69! Se non ti va di leccarmela, guardamela e basta, oppure chiudi gli occhi! Io te la muovo in topa con la sinistra, e nel culetto con la mano destra,...d’accordo?”
Annuii. Ilde si piazzò sopra di me con la sua sorchetta castana già gonfia per la sua eccitazione dieci cm davanti alla mia faccia. Mi ero rassegnata a parare qualche schizzetto, quando Ilde stessa riprese a masturbarmi doppiamente. Godevo e non mi importava di niente, che mi sporcasse pure! Tanto a chi dovevo dirlo? A Don Gianluca?...Ecco un’idea da demonietta! Raccontargli questa cosa in confessione!...Nemmeno la Bonanno ultra introiata avrebbe potuto tenerselo a sé un altro secondo! Ma io non ho mai desiderato Don Gianluca, semmai vorrei che mio fratello Carlo si trombasse l’oggetto delle sue passioni giovanili...godere, godere, godere; la società, se contava qualcosa, era fuori da quella mansarda! La vista dello spacco roseo innocente ed aperto della mia amica delle medie mi stimolò di nuovo. Ripresi a leccarla non so perché tanto attratta. La fica di Ilde era amara, sapeva di birra, come lo sperma di Carlo; certo anche lei forse beveva la mattina, e molto più di Carlo a giudicare dall’intensità di quel sapore catturato involontariamente dalla punta della mia lingua ingenua. La mia lingua aveva preso a muoversi comandata e sincronizzata con il bacino di lei che a sua volta aveva sincronizzato le sue movenze delle carote dentro di me. Ero tutta uno sciacquettìo dentro il mio ventre dove dovevano esserci ben più di 41 gradi...ero nelle mani di Ilde e del mio stesso piacere che non potevo più comandare. Il mio seno sotto la camicetta era caldo e gonfio e mi sentivo anche i capezzoli durissimi, stavo esplodendo per il caldo. Il mio seno compresso sotto il vestiario non trovava sollievo alcuno. Rimpiangevo di non essermi slacciata un po’ la camicetta. Credevo che sarebbe finito tutto in pochi minuti. L’unica parte del mio corpo, benché calda e bagnata, che trovava un po’ di sollievo erano le mie gambe libere di muoversi secondo i colpi di lingua di Ilde, e delle carote dentro. Non riuscivo a capire se mi contraevo, o mi rilassavo dal basso ventre in poi. Mi sentivo la vulva gonfia, per un attimo era come se volessi aprirmi da sola, tanto era lo spasmo!- ed un istante dopo ecco! Una sensazione di enorme piacere dal meato urinario. Uno schizzo che finì solo in parte sulla faccia di Ilde che estrasse la carota bagnata e se la leccò via tutta. Ilde era una fior di lesbica! Altro che bisex. La mia passera mandò altri quattro o cinque schizzetti più piccoli. Ilde ci si lavò la faccia. Poi iniziò a mordere la carota che avevo davanti. La mia fica tornò libera, oltre che aperta. Estrasse dal culo quella più piccola, dandomi altro piacere, e me la reinfilò nella topina stressata, ma sempre pronta a restituire del piacere; catturò così anche le ultime gocce argentee del mio piacere di femmina. Dopo essersi mangiata la metà che era entrata di ogni carota mentre masticava mi baciava la vulva e l’inguine ben inzuppati. Ero tutta sporca e felice, ma avevo ceduto! Il piacere lesbico mi era piaciuto, e molto. Forse mi era piaciuta soprattutto lei. Volevo liberarmi. Scoprii che mi erano venuti i crampi alle braccia a furia di tenermi duramente alla spalliera del letto. Ilde se ne accorse e mi afferrò le braccia per distendermele massaggiandole prontamente. Piansi per il sollievo. Era tutto finito. Mi arresi e le dissi:
“Ilde...! Grazie!...non so se lo rifaremo...ma la prossima volta, ti prego, la prossima volta, non dimenticare il seno! Succhiami i capezzoli, e mi farai venire... venire il doppio di oggi!”
Mi baciò più volte sotto il collo e dopo due baci sulle labbra mi abbracciò stendendosi sopra di me, guancia a guancia, finché non smisi di piangere per lo stress. Rimanemmo abbracciate solo 30 minuti che a me erano sembrate due ore. Poi ancora sudata con la camicetta appiccicosa sulla pelle tornai a casa. Avevo usato il bagno della mia amica solo per fare la pipì. Ripresi i sensi normali, avevo fatto mente locale. Volevo andarmene. Per un po’ non sarei passata a trovare Ilde. Sul momento le dissi “non so se lo rifaremo”. Una seconda volta non la escludevo a priori. Il mio corpo aveva parlato al mio posto, tuttavia proiettavo la cosa nel futuro. Feci il tragitto fino a casa senza le mutandine, del tutto sporche dopo quel bordello. Era sudata anche la camicetta; infatti giunta a casa me la tolsi. Mi tolsi tutto. Avevo voglia di lavarmi. Non immaginavo che mi ero sporcata tanto. Guardai per le stanze. Mi spogliai nuda in cucina dove ero andata a prendermi qualcosa da bere; trovai solo dei crodino e me ne aprii freneticamente due. Li avevo bevuti tutti di un fiato. Poi mi attaccai al rubinetto dell’acqua. Sia benedetta l’acqua! L’unica cosa che volevo togliermi era il sapore della fica di Ilde che in certi momenti sentivo ancora sotto le narici. Quindi girando nuda per casa andai in bagno a fare una doccia. L’avrei fatta anche fredda. Sentivo il bisogno di purificarmi e di indossare qualcosa di pulito. Restai sotto l’acqua finché non cominciò a scendere quella fredda. Uscii bagnata dal bagno. Faceva caldo, e mi sarei asciugata nella mia stanza mentre cercavo la biancheria. Ero sola. Carlo non c’era. Peccato. La prima volta in vita mia che desideravo un cazzo, anche molestatore! Con una bella bevuta di sperma da quel suo pisello che avevo imparato ad “armare” e ad amare sarei stata felice di tornare tra gli etero. A distanza di anni dico che non avevo metabolizzato del tutto la piacevole esperienza deviante. Ero andata vicinissimo a diventare lesbica. Ci credo che le suore le separarono! Sempre che quella storia della “leccata mancata per ventimila lire” non se la sia inventata di sana pianta! Quando si assumono le cose che assumeva lei i ricordi possono anche venire creati artificialmente, di condimento, sviluppando anche una certa schizofrenia...tutto sommato ero contenta che non gradisse mio fratello Carlo se no chissà cosa sarebbe capace di offrirgli per provare...poi io non ricordo per averla incontrata alle medie che fosse così “intrigante”. A me al bagno, e ci eravamo dato appuntamento lì una decine di volte, mai si permise di toccarmi là sotto. Per noi il bagno era il luogo dove sparlavamo dei maschietti. Comunque Ilde mi aveva “risverginata”.Ora sì ero pronta ad incontrare anche la Bonanno. Chissà se anche quella donna non avesse anche lei il suo lato bisex. In tal caso chi avrebbe eccitato di più? Gianluca? Mio fratello Carlo? O...me alla fine? Ammiravo quella Bonanno per come si era conservata, oppure forse le invidiavo il fatto che si fosse trovato un ometto più giovane...Mi chiedevo mentre immaginavo un processo immaginario a mio carico con me stessa come severa giudice, ma anche convinta pubblica accusatrice, nonché “avvocata difensora” e- mi chiedevo masturbandomi la mente- se fossi stata io stessa a cercare Ilde ?...come avevo maturato quella cosa? Per un senso di libertà ?...Come quando mi svegliai una mattina, e chiesi ad una mia amica più grande (ero ancora minorenne) di comprarmi un dildo nodoso in un sexy shop? Mi sentivo come aggredita da un senso di colpa. Quando mai la Bonanno mi ha mai chiesto di leccarle le parti intime. Da quando provavo tutta quest’attrazione per quella donna? Che c’entrava Ilde con la Bonanno? Ilde l’avevo cercata io sola. Nemmeno Carlo, che sapevo di non venire da questa calcolato, me lo aveva chiesto. Decisi, mentre mi stavo addormentando sul mio letto per un sonno pomeridiano ristoratore, che sarei andata più in fondo alla faccenda. Anche Carlo mi avrebbe dovuto dire cosa veramente provava per quella donna. Mi sentivo ancora un’imputata!


Finito il sonno senza sogni scoprii che Carlo era tornato a casa e come già aveva fatto la nostra prima volta si era approfittato di me che dormivo per guardarmi le parti intime. Che bisogno ne aveva? Tanto da svegli gliela davo...assicuratami che ci fosse solo lui mi recai nella stanza di mio fratello vestita. Niente sesso per adesso. Dovevamo parlare. Lo trovai che si stava sistemando nel suo portatile le foto della mia passera a mutandine lievemente abbassate. Naturalmente il mio viso non si vedeva. Erano foto intriganti, devo ammetterlo. Peccato che, dormendo, non fossi consenziente agli scatti. Comunque avendo permesso alla mia amica Ilde di fotografarmi con due carote nei miei pertugi questa volta non dissi niente a mio fratello. Carlo finse di avermi appena notata. Si stava dando arie tecnologiche con il programma che gestiva le foto. Scontornava, schiariva, re-inquadrava e dava il nome alle foto che poi ordinava in cartelline (come la maggioranza dei maniaci...). Ruppi io il ghiaccio:
“Carlo!...”
“Che c’è?”
“Carlo, ascoltami!non puoi lasciare un momento?!”
“Ho quasi finito. Aspettami in cucina”
“Dico non le posterai sul web spero”
“No. Sono solo una mia collezione...non ti metto in pericolo sul web, sei sempre mia sorella!”
Me ne andai in cucina a fissare il tavolo seduta con la vestaglietta a gonnellino metà cosce semislacciata. Forse di mio un po’ puttanesca lo ero. Carlo che indossava i jeans ed una maglietta verde venne e si sedette di fianco. Io esordii:
“La Bonanno mi ha contattato, te la ricordi?”
“Sì!”
“Quel pomeriggio nonostante tutto il sesso trasgressivo con me te la saresti scopata, vero?”
“Sì e sarei anche restato a vedere...”
“E chi ti dice che non ti cacciavano? Poi come tornavi, che la macchina non la guidi?”
“Ti ha contattato?”
Mentre me lo chiedeva Carlo mi spremette una zinna. Lo tollerai ma senza partecipare e dopo due o tre secondi gli tolsi la mano.
“Si mi ha contattato. Uno scambio lo farebbe, tu te la scoperesti come volevi fare a scuola, anche se adesso è più stagionata...io mi farei scopare dal suo ganzo il pretino! Saresti geloso del pretino?”
“Boh, non lo so, non ti ho mai vista tra le braccia di un altro...”
“Mi farebbe le stesse cose che mi fai tu...e che tu dovrai fare con la Bonanno...”
“È una cosa due più due in stanze diverse o a quattro tipo orgia?”
“Che ne so ? Credevo che te ne intendevi..., ma a te come piacerebbe fare?”
“...”- Carlo, spiazzato, restò turbato dalla domanda diretta guardandomi senza profferire parola. Io ripresi:
“Vuoi fare una cosa in quattro nel lettone tutti ?”
“Beh, magari, sì...”
“Se la facciamo promettimi una cosa!”
“Quale?”
“Se mi vedi leccargliela a lei, la Bonanno, tu non lo prendi in bocca a lui, il pretino amante!”
“Ma che dici? Non sono mica frocio...”
“...tanto, se gliela leccherò, lo farò solo per eccitare te! Poi tu la infiocini come si deve, chiaro?!”
“Ma che ti succede Daria?”
“Io, non ti posso dire con chi, ti prego non me lo chiedere!...Insomma ad una donna come me l’ho leccata,...anzi ce la siamo leccata! Tutte e due comode sul letto! È più facile di quanto immagini nella foia del rapporto intimo...non è che poi ne esci frocio? Che a me i pretini non mi convincono mica”
“Va bene, te lo prometto!”
“Il giorno ancora non lo so ma tu quel giorno lavati bene! Non voglio sfigurare, quella è una donna curata.”
“Allora vogliono anche loro...”
“Il pretino mi ha notato qui sotto...”- Indicai a mio fratello le mutandine scostando un poco la vestaglietta.
“Ah....”
“Allora adesso abbassati i pantaloni! Te lo prendo in bocca io, che ho voglia di gustare qualcosa di maschio...”
Feci un pompino a mio fratello che richiese una decina di minuti. Fui meticolosa nel passarmi sulla lingua ogni cm del suo cazzo. Volevo sopra la mia lingua qualcosa di maschile. Puzzava un pochino, ma quell’odore mi eccitò solo di più. Volevo la conferma che ero ancora una donna etero, anche se tempo per una penetrazione non ce n’era. Facevo avanti e indietro con la testa e, ad ogni colpo facevo sussultare Carlo con una gitarella improvvisa della lingua al centro della sua cappella gonfia, amorevolmente custodita nella mia calda bocca. Quando ottenni la rigidità necessaria dell’asta mandai veloce i miei colpi di bocca. Il mio mento lo sentivo sbattere contro le sue pallette gonfie. Carlo non resistette molto. Ma io volevo che venisse, non che mi penetrasse. E come un automa venne. Che gioia sentire il sapore amaro e appiccicoso, ma tanto caldo del suo sperma nella mia lingua, nel mio palato, nella mia gola! Me lo sentii all’improvviso sparato caldo e veloce contro le pareti del palato. Poi lo raccolsi con la lingua. Mi ingoiai tutto lo sperma che quelle pallette potevano umanamente mandarmi carezzandole con amorosa leggerezza. Mentre ripulivo il cazzo a mio fratello suonò il campanello della porta. Era nostra madre che tornava a casa. Mi staccai da mio fratello e andai a chiudermi in bagno per lavarmi bocca e denti. A lui il compito di aprire, tanto il pisello glielo avevo ripulito, e sui vestiti non c’era finito seme. Lui certo era molto sudato. Tutt’al più mamma avrebbe creduto di essere arrivata in un momento in cui Carlo aveva appena finito con una sega. Di momenti come quelli ce ne erano stati tanti nella vita di casa. Uno più uno meno...



-continua.



Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 5.3
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Mi distesi sul pavimento 2a par. L'intermezzo:

Altri Racconti Erotici in incesto:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni