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Prime Esperienze

Quella sua gonna scura con lo spacco, 1a p.


di sexitraumer
04.07.2011    |    44.067    |    4 7.6
"Di nome questa bella donna faceva Maria Littoria; di cognome… oh, beh! Mica posso farvela identificare..."
Amici miei, è ormai passato moltissimo tempo da quando eravamo tutti al liceo scientifico. E lì durante i miei primi anni ci fu la mia iniziazione al sesso, quello duro, fin dalla prima volta. Mi capirete, spero, se non voglio dire come mi chiamo. Mi vergogno per quello che successe in classe nostra. Certo, sia io che i miei compagni di classe contribuimmo a farlo accadere, più o meno tutti in egual misura. Era già da un anno che io ed il mio mini-gruppetto di amici avevamo messo gli occhi su una certa professoressa. La professoressa in questione insegnava algebra e geometria. Aveva un viso dolce, abbellito da un trucco leggero, ma spesso accompagnato da uno sguardo gelido durante l’interrogazione; soprattutto durante le difficoltà dei brocchi; un discreto corpo, una buona statura per una donna, una normale coppia di zinne, e per finire un buon lato B. Sì, la nostra professoressa aveva proprio un gran bel culo; le sue forme burrose erano sottolineate anche dal fatto che di tanto in tanto si metteva la gonna scura con lo spacco laterale con gli stivaletti. Tagliata poco sopra alle ginocchia, scura, lateralmente scopriva quattro-cinque centimetri grazie ai quali era possibile intravederle la carne delle cosce, le cosce della professoressa. Chi sedeva nella prima fila di banchi, non necessariamente in quello centrale, poteva, o meglio doveva, far finta di non vedere quegli assaggi di carne femminile che la professoressa usava dispensare ai suoi alunni segaioli (all’epoca nessuno di noi aveva la ragazza). Di nome questa bella donna faceva Maria Littoria; di cognome… oh, beh! Mica posso farvela identificare. Per me, e penso anche per noi tutti però, era semplicemente una professoressa di 30-34 anni che ce lo faceva drizzare a lezione; e mica poco considerando le eiaculazioni precoci “confessate” (ma meglio sarebbe dire estorte con la dovuta ironia) al simpatico Natalato o a quell’irrecuperabile brutto di Del Ton compagni di banco, in quello centrale di prima fila. Quei due avevano un compito abbastanza duro con la professoressa seduta in cattedra: cercare di non guardare tra la formica del tavolone, e la parete frontale lignea della cattedra, dove in alto c’era un rettangolo di aria di venti cm di altezza per tutta la lunghezza del mobile. Guardando in asse, con un po’ di fortuna e di “giusta illuminazione” (=raggi di sole opportunamente inclinati entranti dai finestroni laterali della classe) si poteva intravedere per pochi minuti durante la lezione forse le mutande della professoressa; per noi era sempre e solo la prof. Eravamo in classe ventiquattro metà maschi e metà femmine. E per una ragione che non conosco in classe non si formarono dei legami etero. Il giorno del sesso in aula eravamo rimasti in quattro per via di una mega sega chiamata anche “tre giorni di autogestione” studentesca alla faccia dei regolamenti scolastici. Mediamente di seghe studentesche (niente a che fare con quelle del cazzo) ce n’era una l’anno; più o meno in coincidenza con qualche stupido sciopero contro il militarismo (in Italia inesistente), la guerra in generale, e non ultimi gli Stati Uniti d’America, bersaglio d’obbligo per qualunque studente che volesse contestare qualcosa. Per un giorno di sciopero contro i missili USA, la tensione in mediterraneo, ne seguivano due di autogestione. Quel coglione del Signor Preside non poteva farci niente; non aveva mai avuto le palle; naturalmente anche lui, o meglio il suo ufficio, avrebbe ricevuto la giusta dose di uova da parte del presidente (comunista) del collettivo politico, un organo studentesco a prevalenza di sinistra di vario tipo come ad esempio quella spinellara, ma anche quella dei diritti civili; quella dei centri sociali, o quella pacifista, e così via; nulla proibiva di eleggere studenti di destra o di centro democratico-cristiano nel collettivo politico, ma come spesso accadeva l’ordine non scritto era di non votarli, o fischiarli quando era il loro turno di arringare; in poche parole essendo quei candidati dei centristi filogovernativi, era da fighi non eleggerli.
Quel grigio giorno di aprile del 1986, il 15 era una mattina che minacciava pioggia, parzialmente nuvolosa, come tante in attesa di una primavera che ancora non ne voleva sapere di farsi vedere. Secondo i telegiornali della mattina in edizione straordinaria dei cacciabombardieri americani F-111 che entusiasmavano il nostro compagno Ponte, grande appassionato di aviazione militare, avevano compiuto un attacco di rappresaglia su Tripoli e Bengasi, sia per il sostegno libico al terrorismo di marca arabo-palestinese, sia per le gratuite provocazioni di Gheddafi successive ad un attentato a Fiumicino dove erano morti cittadini americani. Ovviamente il Regno Unito di Margaret Thatcher aveva fornito le basi e l’appoggio morale, logisitico, e politico a quei bombardieri. Figurarsi se un’antipatica come la capessa del governo britannico non stava con Reagan! Manco a dirlo noi studenti eravamo
“scesi in campo” a sostegno della pace e del popolo libico, fregandocene al cazzo del sostegno di Gheddafi ai terroristi di una certa spietatezza come Abu Nidal gentilmente ospitato a Tripoli in quegli anni così piacevolmente
“ideologici”. Contestare gli Usa sembrava da fighi. Non ci si compiaceva certo della morte di soldati americani alla discoteca La Belle di Berlino Ovest, e neppure dell’uccisione di un americano ebreo in carrozzella a bordo di una nave da crociera; certo, sapere che una bambina americana era morta a causa di un attentato all’aeroporto della capitale non ci faceva piacere. Semplicemente se il paese più avanzato del mondo, più turbo-capitalista del mondo, più imperialista del mondo, più ricco del mondo, aveva dei lutti ci limitavamo ad ignorarlo, da bravi comunisti falsamente autonomi dall’ URSS…la nostra prof, quella che ci scopammo alla grande approfittando dell’atmosfera molto rilassata nella disciplina che si era venuta a creare, probabilmente era o socialista, o forse socialdemocratica, o al più democristiana di sinistra; ma più di ogni altra cosa era una bella gnocca.
Certo - direte voi- quel suo secondo nome Littoria probabilmente voleva dire che era figlia di fasci… tuttavia la sua dimostrata straficaggine trascendeva dal colore politico.
Erano passate ormai delle ore dall’attacco statunitense (secondo il fuso italiano) ed in una classe vuota del padiglione rosso di un liceo di periferia eravamo rimasti in quattro: Io, Giuriano, Ponte, e Poggi impegnati al cazzeggio più piatto, per niente interessati alla protesta fuori. Ci eravamo diretti in classe in attesa che i nostri compagni ci venissero a chiamare, anche se la maggioranza di noi studenti era tutta fuori in cortile o per strada a protestare; una parte del corpo docente se ne era prudentemente rimasta a casa…protestavano in tanti contro la politica delle bombe, contro l’imperialismo, il militarismo e cazzate varie. Del nostro gruppetto io ero l’unico sfavorevole all’attacco (ma nessuno me l’aveva chiesto); a Giuriano figlio di un colonnello dell’Esercito non gliene poteva fregar di meno; non ha mai seguito il padre nella carriera militare; era il meno schierato di tutti; appassionato al pari di me di pesca; Ponte era un “soggetto”; per lo più sputtanato, e per due buoni motivi: il secondo anno di liceo rifiutò la corte che gli faceva Patrizia; mora, non bella (di viso africanoide per il colorito della pelle), con uno splendido corpo snello color nocciola, comunista, pacifista, chiesaiola, e decisamente non-bionda; purtroppo per Ponte tutte le caratteristiche che ho elencato erano peccati mortali; e questo introduce il secondo motivo della sua soggettaggine: era, credo, l’unico fra 800 studenti che era favorevole all’attacco. per forza! Da appassionato viscerale di aviazione militare, era ritenuto “di destra” poiché da ingenuo, ancora poco edotto di talora opportuno antifascismo, gli piaceva immaginare salvifiche per l’Italia delle inesistenti e fantasiose coalizioni di governo di centro-destra tra DC, PLI, -e tenetevi forte! - MSI, da affiancare al filoatlantico sfegatato PRI di Spadolini (di solida tradizione antifascista! Non solo filoatlantico quindi) in funzione anti comunista…eh sì! Per lui il nemico erano Capanna e la sua DP anti-Tornado, anti Portaerei Garibaldi, anti carri armati, anti politica delle cannoniere, anti missioni all’estero, anti-Nato…poi che la sinistra fosse rappresentata anche dai vari Craxi, Rodotà, e Natta, persone più prudenti, lontanissime anni luce dal mitico sor Capanna, poco gliene fregava a Ponte; complessivamente un coglione in politica giovanile; anzi direi un coglione totale! Fosse dipeso da lui avrebbe trasformato l’Italia in un campo di aviazione! Ovviamente nel suo portafogli, un Invicta rosso floscio, mica c’era la foto di una figona bionda nuda! Invece aveva una foto a mezzo busto del presidente USA Reagan tratta da un articolo di giornale quotidiano, montata su un supporto di cartoncino da album e con scritto “ancora quattro anni presidente!” Era un ammiratore sfegatato di Reagan, e soprattutto della sua politica di riarmo ! Credo che gli F-14 Tomcat della US Navy (dei magnifici caccia imbarcati con le ali a geometria variabile) gli drizzassero il cazzo più di una copia di Le Ore, Caballero, Penthouse, o Playmen. Peccato che avesse queste caratteristiche singolari e al tempo stesso deleterie; perché di viso era carino, anche se purtroppo i capelli spettinati quasi sempre erano una sua costante, unitamente a certe spalle strette che non facevano di lui un individuo prestante; purtroppo pare non si lavasse più di tanto… Poggi: era il compagno di banco di Ponte, e condivideva con lui la passione per l’aeronautica; con una certa polarizzazione per quella civile; politicamente era prudente, e non ha mai dichiarato il suo colore politico…tendeva ad essere più defilato, e per niente attratto dalle contestazioni studentesche. Chiesaiolo e per bene (suonava l’organo in Chiesa ed incassava le relative mancette alle comunioni), orgoglio della sua pseudo-snobistica madre (moglie di un giudice) oggetto delle nostre battute “per le sue attenzioni” a quel figlio telefonando sempre quando era a casa di qualcuno, o facendo fare lunghe telefonate al figlio quando era in gita scolastica…come se quelle telefonate (ehi, attenti! Con i gettoni, mica c’era il cellulare di massa…) lo tenessero lontano dalle sigarette, dai super alcoolici, o dai giornali porno portati in gita (di cui il nostro amico Ponte era sempre ben fornito). In realtà Poggi era saggio: si è sempre tenuto lontano da qualunque sigaretta… non era né bello, né prestante; e la sua pettinatura era da monaco, la sua faccia quella di una melanzana. Ponte e Poggi erano amici abbastanza intimi, (per qualcuno forse anche froci) e nel momento in cui la professoressa, discreta figa, entrò in classe stavano parlando di quale fosse l’equazione della curva cartesiana che approssimava il rialzamento di un noto aereo da trasporto civile gigante, manco a dirlo il famoso 747… la professoressa entrò; non si fermò a notare l’oziosità di quel loro inutile disegno del muso di un aereo nel piano cartesiano x,o,y; - sia chiaro! Dove un segmento chiamato “u” è l’unità di misura! - quella professoressa, come tutti i colleghi e colleghe del corpo docente si limitava ad ignorare la passione per l’aviazione di quei due imbecilli! È chiaro che la professoressa ci chiamava per cognome; la donna ci disse con un tono privo di confidenza:
“E voi che fate qui? Non siete alla manifestazione contro la guerra? È inutile che rimanete, tanto oggi non c’è lezione!”
Nessuno di noi seppe cosa rispondere; ci si limitò ad annuire di aver compreso la domanda, ma da parte nostra non si forniva alcuna risposta. La professoressa alta circa 1 metro e sessantacinque, di corporatura falso-snella, ma non ancora tonda all’epoca, aveva la gonna scura (non mini ad ogni modo) con lo spacco che ci piaceva tanto. La sua camicia di seta color bianco sporco (un crema chiarissimo) era sbottonata entro i primi tre bottoni, e lasciava intravedere una piccola parte del suo seno (in quel momento mi sembrò una terza misura o forse anche una quarta)… la professoressa insistette:
“Beh, allora ?! Siete in quattro qui dentro, guardate che qui non c’è più nessuno. Perché volete restare qui ? I vostri coetanei stanno manifestando contro la guerra; una volta tanto che avete ragione a protestare, che fate qui dentro ? Tanto non c’è lezione. Ve l’ho già detto; quante volte devo ripetervelo!”
“Vede professoressa, io con quei…”
Ponte provò a prendere la parola aprendo la bocca, ma alla professoressa Ponte non stava simpatico e voleva, con opportuni atteggiamenti scostanti quando andava male all’interrogazione (una su due, con salvataggio finale a fine quadrimestre), convincerlo a lasciare lo scientifico per un istituto tecnico, o per il classico; secondo quella donna (un po’ presuntuosa e poco buona come insegnante) chi andava male nella sua materia doveva lasciare il liceo scientifico. Ponte prendeva ripetizioni private e noi lo sapevamo perché quella professoressa lo faceva notare (per umiliarlo) a lezione; tuttavia Ponte tenne duro e sopportò quella donna stoicamente, per lo meno fino a quel giorno.
“Beh,… noi adesso in classe pro…”
“…”
Ponte provò di nuovo a parlare, ma la professoressa lo ignorò a bella posta. Era il suo modo di far capire che tra noi e Lei doveva esserci comunque (com’era giusto del resto) un muro; possibilmente da non travalicare. E noi su quel muro virtuale, reso reale dallo sguardaccio freddo agrodolce della professoressa, aprimmo una breccia non da poco; il muro restò in piedi, ma per qualche oretta lo si poté passare nei due sensi, come fosse un Muro di Berlino addomesticato…

Stranamente tutto iniziò da un gesto innocente di Poggi: per un motivo che ignoro tuttora chiuse dolcemente la porta lasciata aperta dalla professoressa. Non ne chiesi mai il motivo, ma improvvisamente come colto da un raptus Giuriano si avvicinò verso la prof, e senza riuscire a trattenersi, le sorrise avvicinandosi a lei, che stava davanti alla lavagna voltando ostentatamente le spalle a Ponte. La professoressa, disorientata, non sapeva né che fare, né dove guardare verso la figura avanzante di Giuriano che era più alto di lei di almeno una decina di centimetri. Le spremette una zinna (eh sì che ce le aveva le zinne!). La prof sopportò la stretta trattenendo rigidamente il respiro, finché Giuriano non mollò la presa, e fulmineamente le portò la mano destra sulla topa protetta dall’esterno dalla gonna. Giuriano le prese la fica attraverso la stoffa e cominciò a massaggiarle la vulva ancora al sicuro sotto la gonna (e le mutande ovviamente).
La professoressa, tenendo le gambe normali non chiuse, divenne scura in volto nel volgere di quei pochi, brevi istanti; il mio tempo, quello mentale, si stava dilatando senza scomodare Einstein; mi sembrò un’eternità. Ma a Giuriano che gli era preso? Certo la professoressa fin dal primo giorno vedemmo che era un bel pezzo di gnocca; ma sempre una professoressa, e adesso che aspettava a reagire? La professoressa sembrava aver dimenticato il cognome di Giuriano che ormai era imbarazzato essendosi reso conto della gravità estrema del suo gestaccio, e forse anche della sua gratuità; del resto Poggi poteva aver accostato la porta per un riflesso abitudinario. Purtroppo la professoressa negli sguardi da inchiodamento era abile; per riflesso condizionato aveva rifatto lo stesso sguardo a Giuriano che ebbe di risposta una smorfia del suo volto; Ponte non osava fiatare, ma aveva visto il volto esaltato di Giuriano, non quello di glaciale disagio della professoressa. Poggi rimase sospeso a bocca aperta come se per lui il tempo si fosse fermato nell’istante della stretta (che coraggio Giuriano! Da compagno
“soprammobile”, di solito ininfluente e taciturno, a macho molestatore-dominatore di Sua Maestà Madame la Gran Figona della Scuola; professoressa di matematica Maria Littoria... Quattro di noi ed una gran figona formato prof in un’aula ormai isolata dal resto del liceo. In classe c’era un’aria viziata con un pungente odore di polvere di gessetto vicino la cattedra e la lavagna. Le finestre che davano sul prato della scuola erano chiuse. Solo della grigia luce diurna filtrata dalle vetrate. Non so in che modo, ma i secondi dovevano essere trascorsi perché la professoressa finalmente disse:
“Co-co- c-ome ti permetti ?! Stupido! Mi hai preso mica per tua madre ?! Ehi dico ! La togli stà mano ?! Ti sei fatto con qualcosa ?”
Giuriano, riavutosi dal raptus, come se si fosse svegliato in quel momento, raziocinando, cercò di giustificarsi goffamente:
“Pro-profes-profes-sores-sa io non so…”
La professoressa alzò la voce, ma nonostante il tono alto, non era ancora udibile per la gente là fuori; solo dal corridoio fuori si sarebbe potuto udire qualcosa; evidentemente fuori- in corridoio ben inteso!- non c’era nessuno; la professoressa stava chiedendo conto a Giuriano del suo gesto:
“Non sai cosa imbecille?!”
“Io, io, non so come sia potuto su-su-suc-succedere, io professoressa non…”
“Ma cosa sei? Un ritardato? dico ti rendi conto? Fatti curare deficiente!”
Chissà se quel raptus non avesse avuto origine in qualche tempo prima, quando quel nostro Preside coglionazzo interruppe una lezione di lettere per consegnare personalmente le pagelle del primo quadrimestre cinque o sei giorni prima delle vacanzette di Natale…orbene l’anziana professoressa per rispetto al Preside, piombato in classe senza farsi annunciare, interruppe la lezione affinché quest’ultimo potesse procedere alla consegna. Venimmo chiamati tutti, uno per uno: ad alcuni dopo aver aperto la pagella, dava un rapido sguardo ai voti, li commentava, consegnava l’atto, e stringeva la mano; poi si ritornava al posto. Per gli auguri era troppo presto. Ad altri però commentava, e basta; il che voleva dire niente stretta di mano! Condizione per farsi stringere la mano da quel coglione di merda era, o avere buonissimi voti, o essere di un certo qual censo; esemplificando: Poggi: buoni voti e figlio di giudice ebbe la stretta di mano ed anche gli auguri di Natale; io pure la ebbi, nonostante una stranissima coppia di voti: media del 7 allo scritto, e del 5 all’orale; proprio in matematica, la materia della professoressa Maria Littoria. Non se ne raccapezzò troppo neanche quell’imbecille del Preside pur stringendomi la mano (mio padre era notaio; mia madre architetto…) Diversamente Giuriano o Ponte, figli di militari, voti non ottimi, (ma niente insufficienze) erano delle “pecore” se non nere, certo grigio scure…a tanto arrivava la stupidità comportamentale di quel coglione del Preside. Perdonate questa chiosa miei cari lettori; dove non aveva potuto abbastanza il comportamento di quel mediocre funzionario poterono forse i tre giorni del servizio militare nei quali il mio amico Giuriano (strano alle volte, ma innocuo) lo riformarono alla seconda visita dopo averlo dichiarato rivedibile la prima volta; con la sua statura avrebbe potuto andare nei parà…ma non era certo il tipo da truppe speciali. Improvvisamente usava perdere il contatto con la realtà distraendosi mentalmente. Ogni tanto doveva risintonizzarsi. La donna, che avrebbe fatto meglio ad andarsene senza una parola, ripresa la situazione in mano, continuò ad interrogarlo indispettita:
“Allora?!”
Stavolta era Giuriano ad essere diventato rosso in volto. La professoressa gli diede un sonoro ceffone di dritto; un po’ era per punirlo, ma in quel momento, per come ricordo io almeno, voleva dargli pure una (sonora) sveglia. Ecco, finalmente qualcosa che aveva un senso! Giuriano si portò la mano alla guancia colpita e, non avendo il coraggio d’incrociare lo sguardo della professoressa (ed i suoi gelidi occhi azzurri), guardava verso il pavimento in diagonale. La professoressa si voltò verso Poggi che attendeva imbambolato un ordine da parte di quella donna; un ordine che non venne pronunciato. La porta restò chiusa. Ponte si avvicinò in punta di piedi e – incredibile! Di solito era timido – allungò le mani sul culo ben fatto della donna. La professoressa fece appena in tempo a voltarsi, che venne raggiunta dalla mano di Ponte che le palpeggiò la natica sinistra cercando di sentirne il contatto il più possibile. Probabilmente la professoressa dovette pensare che eravamo impazziti tutti. Dovette solo pensarlo, poiché non fece in tempo a profferire parola; come la donna si voltò verso quell’alunno che più o meno cordialmente disprezzava (beh, neanche lui in fondo era molto curato nel vestire e nell’aspetto in generale), questi affondò le dita della propria mano nell’incavo delle natiche di lei appena debolmente evidenziato dall’aderenza della gonna, e le schioccò direttamente un goffo bacio sulle labbra. Ponte era un timido, e si limitò, per come potevo vedere, a cercare la congiunzione a labbra chiuse con quella donna nei confronti della quale aveva sempre avuto del normale timore reverenziale. Complice l’assordante improvviso rumore del passaggio a bassa quota di un elicottero della Polizia di Stato che stava sorvegliando la situazione dall’alto (ma che certo non vedeva noi al sicuro in classe) il mio compagno di classe ebbe i suoi secondi d’intimità con quella professoressa che usava tenerlo a distanza, poi allontanatosi l’elicottero il breve “idillio” ebbe termine.
La professoressa non ci riuscì questa volta a gelarlo; non poté trattenere al contrario un imbarazzato sorriso; bah, valli a capire i prof! Se poi sono professoresse… ero convinto che col puzzolosetto Ponte fosse scostante anche per motivi igienici… insomma nemmeno il tempo di tornare seria, e replicare con Ponte quello che aveva fatto a Giuriano, che lo stesso Giuriano tornò alla carica; disse:
“E dai! Ce la faccia sentire! Lei è una gran figona, professoressa!”
“Tieni!”
“Sciaaffff!”
Giuriano ricevette un altro ceffone, che incassò; la prof commise l’errore di restargli davanti. Giuriano ormai sverginato alle reazioni della sua professoressa, avendo le braccia lunghe (era alto un metro e novantadue) le passò la mano destra sotto la gonna, e le prese ovviamente la fica a colpo sicuro, presumibilmente massaggiandogliela dopo aver messo la mano sotto le mutande. Ponte prontamente, vedendo la professoressa disorientata dall’intraprendenza del più alto le strinse entrambe le zinne dalla camicetta di seta, e cominciò a slinguarle la nuca. La nostra professoressa non se la sentì di sgomitare; mosse le pupille verso l’alto, e subiva inspiegabilmente quelle loro avances imbarazzata (stavolta più da quel coglionazzo di Ponte, che da Giuriano che la frugava voglioso). Ponte le strappava dei piccoli rantoli d’affanno usando la propria lingua sulla nuca, e fin dentro le orecchie di lei, facendosi solleticare il naso dai capelli freschi di parrucchiere della donna. La professoressa era come se fosse in uno stato di semi incoscienza, incapace di sganciarsi, di muoversi e scappare:
“ahn! Ma che fate insomma? Ehi pure te! Ce l’ho, sì ce l’ho ma non è per voi, ahn, ahn!”
“Sluuerr, uhmmf, che bona che è prof!”
“Sì? Basta su ragazzi! Ahn! D’accordo abbiamo scherzato, ma basta orahhh!”
Ponte chiudeva gli occhi beandosi del profumo di quella donna finalmente sua, almeno per la metà di sopra, che si faceva baciare inspiegabilmente. Giuriano le aprì la gonna mentre Maria Littoria affannava e respirava facendo aumentare il loro arrapamento. La gonna scivolò in terra, e la donna rimase in camicetta e mutande e collant neri; Giuriano, sapendo ormai di poter contare sulla passività di lei, s’inginocchiò davanti al suo bacino, e subito si precipitò a baciare e leccare le cosce interne della professoressa non ancora quarantenne; tutta carne calda, e soprattutto nuda, con qualche cuscino e qualche varice, ma in quel momento che importava? Tutta carne vellutata, da toccare, e slinguare mantenendo la presa sulle auto-reggenti; dopo due o tre minuti a leccarle le cosce, le tolse finalmente le mutande abbassandogliele con forza. Finirono in terra, ed il pavimento non era certo pulito. La sua figa pelosissima, castana, con i peli curati non troppo lunghi era finalmente fuori, en plen air; quante volte avevamo solo potuto immaginarla quella figa, la figa della professoressa, ed ora Giuriano si apprestava a leccarla; con le sue insistenti avances ebbe, se non altro il privilegio di coglierne per primo il primo vero sapore di quella “sorca mito” che adesso era una pelosa sorca di carne timidamente investita, ed esplorata dalla lingua di Giuriano. Per come potevo vedere io Giuriano non riusciva a trovarle le labbra-alette della clitoride in mezzo a tutto quel bellissimo pelo castano scuro che faceva il paio con i collant neri. Con la testa coperta dai lembi liberi della sua camicetta gliela leccava da cagnolino contento attraverso lo spacco; la nostra professoressa non ne godeva poi tanto, almeno fino a quando Giuriano non le avesse lambito la clitoride più alto, proprio lì, dove qualche minuto dopo, potei anch’io stesso percepire la dolcezza di quella delicata intima carne. Mentre Ponte le sbottonava la camicetta Poggi bloccò la porta con un banco, e calatosi i pantaloni della tuta, cominciò a menarselo. Poggi, di aspetto tarchiato dato che non superava 1 metro e 70 di statura era abbastanza peloso. Anche io cominciavo ad eccitarmi, e mi allentai i miei jeans bianchi. Ponte le sbottonò del tutto la camicetta, e una volta aperta dal bordo con le asole, le staccò veloce il gancetto del reggiseno; ora avevamo la prova: di seno era una terza e mezzo. Maria Littoria era nuda sotto con la camicetta di seta aperta davanti, ancora indossata sulle maniche. Le sue natiche di aspetto burroso erano belle da vedere seminascoste dalla camicetta. I due fecero sedere la loro femmina sulla cattedra, e questa prontamente allargò le cosce per consentire a Giuriano la continuazione delle sue incursioni linguali sul sesso peloso curato di lei, che adesso cominciava a bagnarsi. Ponte sedendo in cattedra accanto alla sua sinistra le baciava la zinna sinistra, e ne succhiava il capezzolo avidamente, brevemente, più e più volte. Ormai la professoressa non era più la professoressa; era una figona da far godere; e con noi quattro l’occasione di farle godere il sesso non sarebbe mancata. Poggi si era sistemato simmetricamente rispetto ad Ponte, e le baciava con delicatezza il seno destro. Lei ormai era nostra: ne ebbi la prova quando prese in mano il pisello a Poggi iniziando a spipparglielo. Ponte cavallerescamente verso il suo amico Poggi (quel coglionazzo di Ponte non era obbligato, ma con Poggi era generoso…fin troppo! - Temeva di perderne la compagnia ?-) le lasciò anche la zinna sinistra, e spostandosi di poco, passò a baciarle la schiena cercandole senza successo anche l’ano, che però era protetto dalla posizione seduta. Finito di baciarle la schiena Ponte la adagiò sulla superficie della cattedra per lungo. Giuriano rimase a lingua all’aria, poi si riprecipitò a rileccargliela. La nostra donna allargò spontaneamente le cosce per gradire l’abnegazione linguale del mio amico. Beh, ormai mi ero arrapato anch’io, e feci cenno ad Giuriano che era ormai arrivato il mio turno. A malincuore Giuriano mi cedette il posto, e si andò a piazzare ad uno dei capi della cattedra dove c’era la testa in godimento della donna. Lei seguì con gli occhi il volto non bello di Giuriano. Abbassò il viso, e si mise a baciare delicatamente le guance, con labbra e lingua, le insalivò tutto il viso, quello stesso viso che ormai non ci avrebbe gelato più. Eravamo come avvoltoi; Poggi si appropriò delle zinne eccitate di lei; i capezzoli erano dritti ed i seni bianchi ben gonfi secondo il respiro di lei. Ponte si abbassò sul ventre provocandole contrazioni e rilassamenti con sapienti ed istintivi tocchi della lingua nell’ombelico e più in basso, ma senza incontrare i miei capelli ovviamente; io scelsi di leccarle la vulva ormai aperta, dove aveva già leccato il mio amico, ma decisi all’improvviso di leccarle l’inguine e l’ano ormai in asse rispetto al mio naso. Quei due possibili obiettivi Giuriano li aveva ignorati. Il mio naso era un tantino prominente, e ciò mi consentiva di carezzarle la vulva con esso mentre le cercavo l’inguine.
“Uh, ahn! Uhhhnnnnn! Uhmmmf! Ahn!”
Le mie puntate sull’inguine le provocarono un tremorino accompagnato da un respiro, e da quella vulva improvvisamente uscì una sottile bava trasparente non tanto lunga, forse saranno stati due centimetri. Scese fino all’inguine naturalmente. Un vago odore di spigola calda mi solleticava le narici; la punta del mio naso era divenuta un recettore del calore emanato dalla vulva della professoressa. La punta della mia lingua sentì il sapore del bianco d’uovo crudo, e un attimo dopo uno più delicato quasi fosse stato un roast-beef… Veramente a malincuore arretrai col volto, e vidi quella sua figa ormai gonfia, a tratti rossa, col pelo arruffato; assaggiai d’istinto quell’unico sottile filino di godimento. Quella secrezione era stata stimolata da Giuriano, o meglio sarebbe dire dalla lingua di tutti noi sul suo corpo; ebbi la mia parte di bottino: la punta della mia lingua sentì la delicatezza ed il sapore salato del suo pre-godere femminile. Giuriano dopo essersi tolti i pantaloni e le mutande, salendo in piedi sulla cattedra si era abbassato a mò di bidet sulla testa della professoressa, e le offrì il proprio cazzo pendente. Rimanemmo sorpresi, perché Giuriano la mazza ce l’aveva grossa; circa il doppio della nostra in larghezza, e una volta e un quarto in lunghezza. La professoressa capì cosa voleva Giuriano, e lo invitò ad abbassarsi di più: le passò la lingua sui coglioni per due o tre minuti poi, finalmente, schiuse quelle sue labbra, e accolse il cappellone di Giuriano in bocca, dolcemente, lasciandolo entrare per quanto poteva senza soffocare.
“Gluuuuuummmm, mhm, ahn, mhm!”
Pensai che con lingua ormai avesse goduto, per cui prima che qualcuno mi chiedesse di togliermi (magari voleva leccarle il sesso anche Poggi) salii in quell’ampia cattedra, ed inginocchiandomi fra le sue cosce ormai aperte, le misi dentro il mio cazzo dritto dopo essermelo scappellato; tra quelle morbide e calde pareti iniziò ad indurire; una delle più belle fighe che ho mai provato. Ponte e Poggi, lungo gli opposti lati lunghi della cattedra, si alternavano a succhiarle seni, e leccarle la pancia calda e morbida di lei, che maternamente gradiva quell’interesse per il suo ventre molle, caldo e profumato dal bagnoschiuma. Mentre io chiavavo la nostra professoressa, Giuriano tirò fuori il cannone dalla bocca di lei, e dando le spalle (o meglio il suo culo piatto e peloso) a Ponte di nuovo interessato ai capezzoli della donna, glielo introdusse in bocca di nuovo per una fellatio più piena. Incredibile come la professoressa cercava di soddisfare quella cappella; e se Giuriano le avesse eiaculato precocemente in bocca ? Cazzo, eravamo in troppi su quel corpo! Dissi a Poggi e Ponte di togliersi, e di menarselo alla meglio per conto loro, che poi ci saremmo scambiati di posto.
“Cazzo, dai ! Due per volta ! Che se no, non ci capiamo niente!...prima noi, e poi voi, su!”
La professoressa masticando un po’ le parole disse:
“Gloooom, uhmmm, anche tre ci vanno…uhmmf, dai su! Continua, te ! Ahnnnnnn!”
Poggi le introdusse la lingua nell’ombelico; Ponte in piedi se lo menava alla meglio tenendo una mano sulla zinna calda di lei. Ringraziando Poggi che aveva bloccato la porta ci godevamo il sesso con la beniamina delle nostre seghe passate. Nessuno passava in quel momento a disturbare. La sua figa ed il suo corpo erano sempre più caldi; ero stato fortunato: la preparazione linguale di Giuriano le aveva reso la figa bollente, e la cappella che coglieva quel calore ad ogni affondo di mazza di carne era la mia. Feci con lei della garbata conversazione chiavandola lentamente, ma a mano a mano che insistevo non potevo non aumentare un po’ la velocità; eh sì, che mi si stavano anche indurendo le palle.
“Professoressa, ahn, ahn, che bella la sua vagina! Uh ! Uh! Uh!”
“Ahnnnn, uhmmmml, uhlmmmm, slummmm, ahn ! Ahn!”
“Ahn! Lo sapeva ? Neanche il Preside capì perché mi mise in pagella, ahn, quel 7 e 5…ahn!”
“Li scri-ahn!-tti li avevi fatti bene, ahn! Chiava! Ahn! Ti avevo gua-r-ahn!-dato durante il –uhmmmh-compitooooo, ahn! Non avevi copiatohh! Però all’orale sei andato-ahn-maaaa-ahn-le!”
“Ah! Prego, ecco ! Si prenda questi colpi! Ahn! Che all’orale mi ha dato 5 ! Ahn! Ahn!”
“Ma che cazzo, parli ahnnn! Muovilo ! Ahn! Ahn! Ahn! Ohhhhhhh !Mmmmmmm, sluup!”
La professoressa era già in goduria, ma si sforzava di tenere in bocca la cappella grossa di Giuriano, che ne usciva quando parlava e deglutiva, però cercava sempre di tenerla in bocca muovendo la lingua rumorosamente; in qualche modo doveva essersene innamorata. Mica voleva mollarla! Gliela stava insalivando e slinguando alla grande. Il cazzo di Giuriano era grosso, e quella donna lo stava assaggiando nel farsi chiavare a dovere. Oramai, come donna era sedotta, ed i liquamini caldi che lambivano il mio cazzo me lo stavano dimostrando. La sua figona aperta dalla mia lancia di carne dentro era tutta un bagno, ed io per non suscitare l’invidia degli altri me la stavo godendo con calma, sperando di prolungare il più possibile quel fortunoso coito. Sentivo il mio inguine caricare delle onde attraverso la mia pelle fino alle palle gonfie. Quella donna mi stava facendo venire troppo presto; tanto era bollente e ben bagnata quella sua figona rosea dai peli ormai disordinati. Giuriano le tolse il cazzo dalla bocca, e glielo passò sulla pelle del collo, quindi sulla sua morbida zinna; sembrava dopo così tanta lingua (e saliva) desideroso della dolce carezza della pelle del seno caldo di lei. La professoressa sembrò aver gradito di poter di nuovo respirare. Stavo per sborrare, ma presi un respiro, e poi un altro, ed un altro ancora per trattenermi; quindi le chiesi:
“Non le posso venire dentro, vero?”
“No, ahn, no, dentro no! Ahn ! Sborrami la pancia o i peli! Ahn! Che mazza che hai! Vieni sul mio corpo! Ahn! Ma dentro no! Voglio che sia mio marito a mettermi incinta!”
“Va, b, ahn! Va bene ! Ahn ! Eccolo! Ahnnnnnnnn ! Ahhhhnnnnn! Ahnnnnnn!”
Tolsi il cazzo da dentro quell’infernetto solleticante a malincuore, e dopo un paio di manate le sborrai il ventre, e qualche goccia le finì tra i peli sopra. Contai otto colpi di generosa sborra bianca che la nostra professoressa si spalmò con la mano destra per tutta la sua pancia materna a mano a mano che glielo davo. In un minuto la sua mano lo aveva fatto sparire e seccare per attrito della pelle del palmo sulla pelle della pancia. Giuriano mi fece cenno di togliermi, e venne col suo cazzone tenuto in tiro dall’autosmanettamento contro le zinne di lei a chiavarla dove prima ero io. Dopo un istante di esitazione le introdusse il membro nel soffice pertugio umido aperto e voglioso di un’altra penetrazione. La professoressa ne ebbe un rantolo rumoroso dato che il cazzo di Giuriano aveva un diametro doppio del mio, ed era pure più lungo.
“Ehi ! Vacci piano! Ahn! Questo è un colpo -ahn!- proibito! Ahn! Che cazzo! Mi hai tolto il –ahnnnn-respiro! Mica mi ci puoi entrare così! Ahn! Ahn! Muoviti, ahn!”
“Male professoressa ? Lo tolgo subito…”
Quello scemo di Giuriano fece per uscire dalla figa di lei che, essendo una donna giovane, ce l’aveva elastica, e si era già adattata alle dimensioni del secondo cazzo, più grosso del mio.
“Ahn! Ma che hai capito, imbecille! Ahn! Ahn! Chiava, chiava! Ahn! Pensa a quegli schiaffi ! Puniscimi! Bastonala ben bene! Ahn! Ahn! Ahn! Dai che non ti ricapiterà piùuuuuuuu! Ahn! ”
Giuriano capì che poteva restare congiunto. Quella donna apprezzava il cazzo grosso di Giuriano, e chiudeva gli occhi ad ogni suo affondo. Certo, a chiavarla d’affondo infilandolo all’improvviso, non era stato granché garbato, ma la sua figona doveva averlo già perdonato, poiché quel membro le stava inviando al cervello delle piacevolissime sensazioni, ed in buona quantità vidi guardandole il volto. La donna stava godendo intensamente; era vicina al suo di orgasmo. Si rivolse al suo amatore del momento, e riuscì a dirgli tra i suoi affannosi rantoli:
“Ahhhhhnnnn! Fra poco ti bagnerò bene ! Ahn! Ahn! Mi raccomando, ahn! Adesso devo godere io ! Ahn! Chiava Giuriano, chiava che ce l’hai grosso! Ahn! Ahn! Mi raccomando, ahn! Non sborrarmi dentro! Neppure tu! Ahnnn! Ho un marito a casa! Ahn!”
Giuriano era passato dal lei al tu; per lo meno finché durava il coito…
“Ahn! Ahn! Ahn! Ahò sei proprio una gran figona prof!”
“Sì ! Ahn! Dai, ahn! Puniscimi per i due ceffoni ! Ahn! Fammelo sentire! Ahn! Rompi tutto ! Dai!”
Ponte e Poggi si riavvicinarono a quel corpo di donna in voluttuoso pre orgasmo in monta. Lei lo prese in mano ad entrambi, poi distogliendo lo sguardo verso il pisello di Poggi lo invitò con lo sguardo al pompino. Poggi le chiese:
“Mi leccherebbe lì sul frenulo ? Sa dov’è ? Lì, oh, oh, alla base del, ahn, del prepuzioohhhhh!”
“Ahn! Tranquillo! Dai qua, vieni! Uahhmmmm, gloooom, uhmmmf!”
La professoressa lo accontentò muovendo la lingua dove voleva lui e lo fece godere per molti secondi. Guardando il cappellone di Poggi che ingrandiva con una sfera biancastra al centro dei lobi, una sfera densa che sembrava non voler uscire, la donna (avendo esperienza) disse:
“Ahn! Datti da fare lì davanti Giuriano ! Ehi ahn! Jam…ahn! Poggi ! Ahn, uhmm, glooooom, uhm, ahn!”
“Ahhhhhhhhhhhhh, ahn!”
“Poggi ! Direi che qui ci siamo quasi…”
“Ah ! No! La prego prof! Continui, ancora! Ohhhhhhh!”
La nostra professoressa di matematica (e sesso) continuò a slinguare il cazzo a Poggi dove voleva lui; poi dopo avergli indotto altro godimento lento, gli carezzò i coglioni sfiorando il centro della cappella con la sferetta bianca con la sua lingua calda e salivosa. Un succhio di lei tolse il respiro a Poggi poiché venne accompagnato da tre sfiori di punta-lingua tra i lobi del glande. Un’altra sapiente carezza sfiorata alle palle, e Poggi dopo un muto istante di spazio-tempo vuoto, le venne in bocca. Nel momento in cui il cazzo di Poggi sparò il primo bianco fiotto la bocca di lei era aperta, per cui alla ex signora occhi gelidi toccò assaggiare il caldo seme amaro del bravo secchioncino Poggi sul palato superiore. Per le altre buttate (saranno state una decina) si lasciò bagnare la guancia sinistra a labbra chiuse, anche se a tratti le si sporcò la lingua. All’improvviso divenne più arrendevole; aveva goduto anche lei pochi istanti dopo Poggi grazie agli affondi di Giuriano lì davanti. Per tutto il tempo aveva ignorato i succhi di capezzolo di Ponte, che si era piazzato dalla parte opposta a Poggi alla destra della prof a succhiarle e baciarle il relativo seno senza disturbarlo mentre riceveva il pompino. La prof mentre Giuriano le giustiziava la figa fece delle carezze anche alla testa e alla nuca di Ponte, poi avendola fatta godere, anche Giuriano disciplinatamente uscì, e le innaffiò le cosce interne del suo sperma. I collant autoreggenti neri le si erano abbassati, per cui non vennero colpiti dagli schizzi. Sorrise a tutti stanca, poi disse:
“Ahn, ahn, uhmmmm, ahn, c’è ancora un fedelissimo da soddisfare, vedo! Oh!”

-continua-

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