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Mi distesi sul pavimento 6a ed ultima parte


di sexitraumer
09.03.2010    |    21.751    |    0 7.7
"Aveva proprio il sapore delicato di una zuppa di pesce, ora dolce, ora salata..."
Salve Amici, ormai ci conosciamo abbastanza bene: sono sempre io Daria. Come va? Tutti bene?! Io sto bene e sono contentissima: Carlo, mio fratello, è assente e ne ho prontamente approfittato per preparare i bagagli senza subire le sue ovvie domande e caricare nella mia piccola automobile la valigia con le cose da portare con me al nord. Mi dispiace per Carlo; ma lui non è previsto che venga con me, per il concreto pericolo che mi faccia da palla al piede economica. Riflettevo su tutto questo dopo aver chiuso la valigia nel portabagagli mentre in ascensore risalivo verso casa nostra. Mancava un’oretta circa al ritorno dei nostri genitori e neppure mio fratello era ancora a casa. Non avevo voglia di accendere la televisione per cui me ne andai in camera mia e mi distesi sul letto. Abbastanza stanca lo ero per il peso che ho dovuto trasportare fino in auto, giù in strada: Ilde con una scusa aveva evitato di venirmi a trovare per non dovermi aiutare. Che stronza! Beh vorrà dire che non le telefonerò una volta arrivata. Un pochinino volevo rilassarmi, e nel silenzio e nell’atmosfera pulita e silenziosa di casa non mi fu difficile. Non appena mi assopii - non erano passati che pochi minuti che già si stavano dilatando nella mia mente - ecco la nota stonata! Era il campanello di casa. Andai ad aprire che ancora sbadigliavo; aprendo la porta accolsi Carlo continuando a sbadigliare. Era il caso che mi svegliassi del tutto se non volevo passare la notte insonne.

“Stanca?”
“Un po’! Mi ero quasi addormentata quando hai suonato.”
“Oh, mi dispiace.”
“Ma no! Dai! Dove sei stato?”
“In profumeria!”
“Dove?!”
“In profumeria! Ho comprato del bagno schiuma aromatico per domani. Immagino che la Bonanno ci tenga alla doccia dopo la prima sco…”
“La prima scopata! Hai ragione! Bella pensata! No, tranquillo siamo soli adesso.”
“Ah!”
“Che hai da guardarmi?”

Carlo mi guardava con la faccia di chi si sta tracciando i contorni del corpo che ha davanti; una faccia, la sua, fin troppo trasparente per me che lo conosco.

“No, niente. Se eravamo soli, insomma dato che mi devo lavare comunque vorrei, volevo, insomma!”
“Tutti stì insomma ?”

Ostentavo indifferenza, ma già intuivo; tant’era che mi ero messa una mano dentro i pantaloncini della mia tuta di cotone grigio come a proteggermi la vulva da chissà quale assalto.

“Io volevo chiederti se…”

Sì avevo capito benissimo per cui lo prevenni, e mossi un po’ le mie dita dentro le mutande ancora sotto i pantaloni della tuta tutt’altro che abbassata. Carlo era un bel viziato e la sottoscritta aveva contribuito non poco a viziarlo. Che volete ? A dirgli di sì improvvisamente, quasi per caso o per capriccio, o magari per autolesionismo della mia dignità, provavo non poco piacere anch’io. Con sufficienza lo interrogai conoscendo la risposta:

“Vuoi leccarmi la patacca per caso?”
“No, cioè sì, non solo però!”
“Ah ! C’è dell’altro vedo, no?! E che cosa vorresti ?”
“Che me la facessi in testa!”

Simulò il gesto dell’urinare:

“La pipì vuoi? Vuoi che ti piscio sul viso?”
“Sì.”

La mia mano era sempre davanti alla vulva come a scaldarla di passività. Non mi scomposi per la sua richiesta. Gli avrei fatto aspettare per lo meno dei lunghi angosciosi secondi d’incertezza anche se personalmente ero già per il sì.

“Come mai questa passione?”
“Mi piace il calore ed il sapore della tua pipì.”
“Carlo! Non lo chiederai mica alla Bonanno?! Credo ci sia un limite alla porconeria! Con quella donna ti consiglio di non travalicarlo, specie con certe richieste! Non si sa mai come potrebbe reagire! Metti che ti giochi lo scambio?!”
“No. Lei me la voglio solo scopare! Senti, ma è veramente per domani?”
“Sì in un bed and breakfast al mare. Ho già preso io gli accordi. Domani alzati alle otto e mezza e per le nove e trenta fatti trovare lì, davanti ai vigili del fuoco, sai dov’è, no?! Che li passerò a prenderti con la Bonanno e Gianluca in macchina.”
“Don Gianluca?!”
“Per me è Gianluca e basta!”
“Beh ma per la pata…”

Lo guardai per godermi la sua faccia speranzosa poi ruppi gli indugi prendendolo per mano:

“Andiamo in bagno. Credo che hai sì e no venti minuti. Poi arrivano loro.”

Preso per mano mio fratello, lo condussi in bagno. Ci chiudemmo la porta dietro poi immediatamente dopo mi calai con naturalezza e rapidità quei pantaloni grigi della tuta davanti a lui. Come vide le mie mutandine coprire il mio culetto non aspettò che i pantaloni arrivassero alle caviglie: s’inginocchiò all’stante davanti o meglio dietro di me: iniziò subito a baciarmi lo spacco delle natiche infilando il naso sotto i risvolti delle mutande che stavano aderendo sempre meno. Ero una specie di bambola erotica per mio fratello Carlo. Dentro di me mi prendeva sempre un incredibile ed indescrivibile brividino mentale interno ad ogni mia trasgressione con lui, mio fratello minore; ma ero anche più o meno segretamente angosciata che col tempo avremmo combinato una sorta di transfert: in parole più povere temevo che col tempo a Carlo finisse per drizzarglisi solo con me: e questo era assolutamente da evitare. E da parte mia non volevo diventare una vera cultrice della trasgressione super porca con mio fratello. Questi erano più o meno i miei pensieri mentre mi leccava dietro le cosce in attesa di togliermi del tutto le mutandine che a tratti mi scostava lui stesso per farsi strada. Ero abituata alla sua lingua da quelle parti. Devo dire che nel mio ano mi piaceva, e non poco. Perché tutta questa mia disponibilità? Beh, Carlo non lo sa, ma è un ottimo linguista e la sua futura donna sarà molto fortunata. Carlo non lo sa, ma gli voglio bene e l’ho accontentato in passato, deviando entrambi, e non poco. Carlo non lo sa, ma la pacchia è finita. Domani parto per il nord e lui resterà suo malgrado da solo. Perché gli ho detto sì adesso? Perché ero seccata che Ilde non fosse venuta ad aiutarmi con le valigie. Ero in tensione perché solo una parte di me sentiva il desiderio di andarsene di casa; l’altra sarebbe rimasta anche se occasionalmente concedeva del sesso, anche sporco, al proprio fratello minore. I pantaloni mi si sono abbassati tutti per terra: tenendo e carezzando la testa del mio fratellino (è grande, ma per me è sempre il piccolo di casa) ho tolto i piedi dai pantaloni muovendo le cosce interne contro le guance calde di mio fratello. Sarebbe ora che mi toccasse un po’ le cosce ed iniziasse a solleticarmi con le mani. Invece lecca, lecca, e lecca… gli stacco la testa, mi volto, e gli offro la patacca depilata visto che le mutandine in questi pochi secondi me le ha praticamente tolte, ed ora sono sgualcite a mezza coscia. Ci si butta a capofitto; un bel salto da sei cm di distanza! Ecco ancora la sua lingua calda, famelica, salivosa ed aderente come una ventosa alla carne dolcemente striata e vellutata della mia vulva. Ormai mi aspetto che sappia cosa deve fare. Ahi! Ecco il suo ditino nel culo! E va bene! Passi, o almeno muovilo! Che lo tieni fermo dentro dietro! Muovo io il culo per farglielo capire. Continuo a carezzargli i capelli e la nuca. Gradisco la sua lingua tra le mie intimità; forse è per questo che fui consenziente alla nostra devianza continuata. Adesso muovo il bacino sincronicamente con la sua bocca che ha catturato la mia vulva insalivata, e la sua mano che mi ha bloccato il culo. E muovilo quel dito Carlo! Sta lì apposta! Ecco finalmente! Ora sì che inizio a godere! Sto apprezzando il suo guizzare sulla clitoride che mi si sta gonfiando e l‘esplorazione rettale. Sento il mio ano reagire dall’interno. Quel particolare muscoletto reagisce al suo intermittente ditare e riditare. Respiro, ecco il mio primo rantolo.
Mio fratello lecca, e lecca bene! Ormai gli premo la testa e mi godo l‘affanno come pure lui. Guai a lui se smette di leccare. Mi si stanno ingrossando le tette! Cazzo che fa? Sale. Mi lecca il basso ventre e ci si preme la guancia. Ecco, no! Riscende: ha ripreso a leccarmi la fica ormai quasi rossa. Nel frattempo ha tolto il dito dal culo. Peccato un piccolo maltrattamento lì lo avrei gradito. Finalmente comincia a prendermi le cosce! Mi fruga e mi tocca tra un leccata e l’altra. Adesso mi introduce due dita nella fica, e mi lecca la clitoride mentre mi scopa con indice e medio. Ha fame: li toglie da dentro, e se li caccia nella propria bocca. Goloso dei miei umori interni. Porco! Ma come lo adoro quando fa il porco!

“Leccami lì sul meato! Ahnnnn! Se no come mi stimoli? Ahnnnn! Ihhhhh! Ahnnnn!”

La sua lingua si soffermò sul meato leccandolo leggero da tutte le direzioni, e ci si trattenne tre lunghi minuti di solletico indescrivibile in cambio di qualche piccola goccia di urina. La vescica mi si stava contraendo più e più volte, e la sensazione di piacere scintillava a tratti, inframmezzata da sensazioni di indurimento di tutta la vulva. Quando avessi provato un sollievo sul meato sarebbe stato il momento che Carlo cercava. Intanto in me cresceva l’ansia per il tempo che passava. Cercavo di concentrarmi sulla pipì con Carlo che, esaltato, manganellava il meato con la lingua dura. Geniazzo! Alternava colpi di lingua dura con quali “mi picchiava” quel piccettino di carne con leggeri sfioramenti della punta di quello stesso piccettino, il meato. Sì! Un po’ doloroso, ma era quella la strada da seguire se voleva l’urolagnia. I suoi colpetti di lingua mi facevano trattenere. I capezzoli mi si erano inturgiditi per l’eccitazione. Volevo un po’ di soddisfazione per cui gli chiesi affannando:

“Carlo, penetrami un po’, ahnnnn, almeno un po’ o, ohhhh, o non riesco a fartela! Ahhhh! Devo godere un po’ Carlo! Chiavami! Porco maledetto demonio! Ahnnn! Toccami i seni e lo vedi da solo! Dai! Entra dentro dai! Cazzo!”

Carlo si alzò un attimo e mi strinse i seni deciso, quasi rabbioso; ed io gradivo:
“Sì!”
“Dai! Così! Stringili bene!”
“Ahnnnnn”
“Ahnnnnn, bene così Carlo! Entra, entra!”

Carlo me li strinse più volte sbrigativo facendomi anche un po’ di male, poi si calò i pantaloni e le mutande. Gli afferrai il cazzo che era già turgido, e gli praticai un principio di sega con tutta la delicatezza della mia presa femminile sulla sua asta; un buon minuto di masturbazione al cazzo in cambio dell’interesse per le mie tette. All’improvviso sentii che gli si era intostato e, sedutami per terra nel quadrato doccia del bagno, in pochi istanti allargai le gambe davanti a lui che si abbassò sulle ginocchia per penetrarmi convenientemente. Portai le caviglie fin sulle sue spalle.

“Ahnnnnn”
“Ahnnnnn, bene così Carlo! Entra, entra!”

Debitamente impalata iniziò a stantuffarmi, ed io da vera femmina finalmente a godere sul serio col suo pistolotto di carne dura dispensatore di giusto piacere. Mi feci sbattere pochi, ma rilassanti minuti muovendo poco il mio bacino in suo possesso, finché non ebbe lui il suo orgasmo da sveltina. Venne subito purtroppo; per forza! Arrapato com‘era! La mia fica però aveva goduto almeno un po’ ed adesso, che volevo liberarmi del tutto, pisciargli addosso era più facile. Mi rialzai ed aspettai che si sistemasse sotto di me. Non se lo fece dire due volte: viso a contatto con la vulva. Riprese a leccarmela sporca com’era dei nostri liquami ben poco odorosi, e nonostante ci avesse sborrato pochi istanti prima! Lecca, lecca, lecca, e finalmente cogliendo un istante in cui stavo per scoppiare con un prurito galattico riesco a sparargli contro il getto di urina che tanto aveva cercato. Lo ricevette sullo zigomo e ci si bagnò tutta la faccia. Il resto dello schizzo raggiunse il pavimento dopo aver bagnato tutta la sua faccia e la testa. Lo schizzo vero e proprio durò sei-sette secondi nei quali la mia urina gli colpì le guance, il naso e gli occhi. Voleva esser sporcato e lo stavo accontentando. Continuò a rimanere sotto la mia vulva che gocciolava adesso che il getto si era esaurito. Voleva una bionda pioggerellina e la ebbe. Lo carezzai sulla nuca mentre continuava a baciarmi la vulva bagnata. Slinguazzò per un minuto o due. Finita l’urolagnia gli dissi:

“Ora che mi faccio il bidet approfittane per la doccia! No che fai? Basta! Tra pochi minuti tornano loro, cosa credi?!”
“Dai Daria, ancora un po’…”
“Lasciami Carlo! Insomma! Risparmiati per domani, che potrai scopare la Bonanno.”

Aprii io stessa la manopola della doccia bagnando Carlo che adesso non aveva più scelta. Quando vidi che iniziava a svestirsi e lavarsi mi diressi sul bidet per una rapida lavata alla vulva. Carlo però dopo tre minuti circa, il tempo di sciacquarsi di dosso l’urina, si tolse anche la maglietta e si allontanò nuovamente dalla doccia venendo a piazzarsi dietro di me: si mise a toccare il mio sesso ed il mio ano mentre ero seduta sul sanitario: indice e medio premevano sull’ano ed il pollice strusciava tra inguine e vulva. Carlo si mise a leccare il mio collo. Purtroppo lo avevo attizzato prendendolo per mano quando pochi minuti prima lo portai in bagno per la mia concessione di sesso. Il suo solletico era piacevole ed invadente specie quando puntava dietro l‘orecchio. Muovevo il collo sopra e sotto secondo il solletico stimolatomi dalla sua lingua. Abile nei tocchi e leggera negli sfiori. Mi leccò anche dentro le orecchie e prese a ristringermi le zinnette ancora una volta esercitando una bella presa su entrambe, catturate dalle sue mani esperte sotto la maglietta. Mio fratello si era solo sciacquata la testa, ma sentivo ancora l’odore dell’urina con cui lo avevo schizzato. Anche se era la mia urina, m’infastidiva che me ne facesse sentire quell’odore indisponente. Gli dissi:

“Basta Carlo ! E lavati che puzzi ancora di piscio. Lavati, dai! E lasciami! Sei bravo con la lingua, ma basta così! Ti prego Carlo!”

Macché! Mi afferrò la fica spremacchiandomela ben bene mentre era tutta insaponata. Credo che ben poche immagini siano arrapanti come una ragazza che si fa un bel bidet! Che volete?! Sarei dovuta uscire dal bagno mentre si faceva la doccia e magari lavarmi la patacca in cucina…che però era pur sempre un altro posto scopereccio!

“Uhmmmm! Fammi entrare nel culo Daria! Ce l’ho duro! Lo sento! Piazzati alla pecorina un attimo! Faccio presto!”
“No, ahnnnnnn! No, ahnnnn, no, no!”

I miei no erano fittizi: sollevai un poco il culo dal bidet appoggiandomi con le mani al reggi asciugamano. Quella postura gli restituiva una bella prospettiva ai suoi occhi. Mio fratello Carlo ne approfittò per rimboccarmi la maglietta verso sopra, e scoperto tutto il culo, incularmi. Mi trafisse rapidamente, scostando le mie natiche con disinvoltura, leggerezza, e maestria. Entrò rapido dentro quasi senza dolore. In men che non si dica mi ritrovai l’ano trafitto dal suo cappellone duro. Me lo affondò dentro quasi tutto spingendo deciso, poi iniziò a muoversi smuovendomi tutto il retto. Provai la sensazione dello stomaco che si muove sospinto dall’intestino che, sorpreso, reagiva come poteva all’invasione! Sentii il piacere del retto che cercava una risposta muscolare alla presenza del pisello eretto, e bello duro, e nel suo piccolo, padrone delle mie carni. Ero contenta, stavo godendo rettalmente. Non sentivo nemmeno il bisogno di massaggiarmi la vulva per compensare il dolore. Ma io non provavo dolore! Solo piacere, il piacere di essere presa, trafitta e sconquassata! Ondate di piacere tiepido attraversavano il mio colon. Apprezzavo molto quando il cazzo indietreggiava per poi rimbalzare e riavanzare imperioso, duro, e senza pietà per le carni della mia ultima dignità. All’improvviso un po’ di bruciore si fece strada fino al mio sfintere. Era bene che Carlo godesse o avrebbe finito per farmi del male. Le sue mani si erano impossessate dei miei fianchi esercitando una presa sicura ed imperiosa. Io, sua sorella, trattata come la più sfondata delle puttane! E l’avventore era mio fratello! Ero la sua puttana.

Nel frattempo, con le cosce aperte per mio fratello Carlo, pensavo: godi Carlo, godi adesso! Che domani a quest’ora sarò in viaggio sull’autostrada! Sfogati ora sulle mie carni perché da domani torni alle seghe; te ne dovrai fare una ragione che la pacchia è finita. Non rinnego nulla, -uhi! Com’è duro!- lo rifarei, ma da domani ci do un taglio! Spero -ahnnn!- che userai questa tua abilità per far godere, - che dico?! - urlare la Bonanno. - Ahi! - Così magari ti telefona pure per qualche futura - lo spero per te - rimpatriata… con buona pace di Don Gianluca che il prete veramente non lo vuole fare. Una successione di pensieri rapidi e peccaminosi, stimolati dai suoi impegnati colpetti di lancia. Sentivo le sue palle dure sbattere sul mio inguine; le riconoscevo dal calore, - uh che bello! - godi fratellino bello, che stai nel culo di tua sorella Daria! Non farmi sentire il bruciore come quando mi misi per te contro il banco nella nostra vecchia scuola, ricordi?! Ora muovo il culo io stessa, può darsi che funzioni. Mi muovevo anch’io, di lato, senza aspettare tutta la sua affondata ed in quattro e quattr’otto lo feci venire. Un rivoletto di sperma tiepido, sporco, appiccicoso si fece strada sparato letteralmente dentro il mio colon retto dandomi una sensazione di piccolo prurito e di sollievo. Me lo schizzò tre volte stringendo la presa sui miei fianchi, poi con uno scatto deciso uscì e provai il piacere di sentirmelo di nuovo libero il mio pertugio posteriore. Gli diedi degli ordini precisi senza neppure voltarmi mentre tornavo a sedermi sul sanitario per una vera lavata:

“Carlo! Hai avuto quello che volevi! Ora vai sotto la doccia per favore e lavati bene! Che io devo finire qui sul bidet! Sbrighiamoci che mamma e papà tornano da un momento all’altro, accidenti a te!”

Mio fratello Carlo questa volta eseguì senza discutere. Si era sfogato e farsi scoprire era l’ultima cosa che voleva. Anch’io finii di lavarmi, e senza fare caso a lui uscii seminuda, fresca e pulita dal bagno per indossare biancheria pulita nella mia stanza. Dopo qualche minuto che non sentivo più l’acqua della doccia gli portai anche la sua passandogliela da dietro la porta. Per quella sera altre scopate non ce ne sarebbero state; anche se era la mia ultima sera a casa; Carlo tutto ciò lo ignorava. Ora i nostri genitori potevano tornare a casa in qualunque momento: eravamo pronti per la cena, come due fratelli qualunque di un appartamento qualunque, in un condominio qualunque: ecco questa era la nostra “piccola normalità” che non condividevamo con nessuno. Un piccolo “di più” che pur riguardando solo noi due era in realtà io che lo concedevo a quello sfigato di Carlo. La Bonanno non sapeva o non ricordava che eravamo stati studenti nella stessa scuola, non sapeva, né sa tuttora, che siamo fratelli; tanto meno lo sanno Ilde, la mia amica porcella, ed il mio focoso amante Don Gianluca che mi trova senz’altro meglio della sua Bonanno con la quale coabita e, buon per lui, scopa. O “deve” scoparla?! Mah, benché più giovane non penso che si possa lamentare, considerando la “vita ascetica” della maggioranza dei sacerdoti. Di nuovo il campanello! Stavolta sono loro! Andai ad aprire e vidi che erano tornati tutti e due; c’era mancato poco! Hanno suonato per correttezza, anche se avevano le chiavi. Salutai i miei genitori con tutta la naturalezza di cui ero capace e non feci nulla per tenerli lontani da quel bagno dove io e mio fratello avevamo stra consumato. Certo, speravo che la puzza di urina se ne fosse andata, se no voleva dire che Carlo aveva pisciato nella doccia. Mamma mi chiese:

“Hai già preparato i bagagli? Hai caricato la macchina?!”

Sussurrando le risposi di sì e di non dire niente a Carlo. Non chiedevo ai miei genitori dei soldi per partire come pure sarebbe stato naturale; chiedevo solo il loro silenzio, quello vero, del non accenno per nessun motivo, con Carlo.
“A papà gliel’ho detto però!”
“Glielo avevo detto anch’io, stai tranquilla! Ma con Carlo niente! Nemmeno una sillaba!”
“Ieri siamo stati in banca ! Non ti serve un po’ di denaro quando si fanno queste avventure?!”
“Sì, ma l’ho messo da parte tempo prima. Non dovevate!”
“Ha insistito papà: questo è l’assegno; dovrai incassarlo qui, prima di partire lunedì…”

Da perfetta figlia innocentina abbracciai mia madre ignara della tresca con mio fratello Carlo.

“Oh, mamma, io vi ringrazio! Siete veramente due bravi genitori!”

Quell’assegno era un bel problema! Io contavo di partire domani stesso dopo lo scambio di coppia con la Bonanno! Così invece mi toccava rimanere fino al lunedì mattina, cioè il giorno dopo. Dentro di me decisi che sarei partita lo stesso domenica sera; poi una volta lì al nord avrei provato ad incassarlo lo stesso fingendo un certo disagio. Ogni tanto anche così, se il conto è cospicuo le banche ti danno retta. Poi mi venne un’idea: sarei andata alla cassa continua del bancomat e me lo sarei versato sul conto; tanto nell’immediato non mi serviva quel denaro che i miei avevano messo da parte per me. Scoprii che Carlo stasera usciva con gli amici a mangiare una pizza, quindi tenere il segreto a cena era relativamente facile. Cenai infatti con i miei genitori felicissima di parlare con loro liberamente del mio futuro al nord senza l’imbarazzante presenza di Carlo: lui non avrebbe mai accettato la cosa. Ed io quella dipendenza da me dovevo stroncarla prima che divenisse inevitabile. Andai a letto verso mezzanotte pianificando la giornata del mattino e pomeriggio dopo. Verso le diciotto contavo di essere sull’autostrada. Sarei uscita dalla vita di Carlo e di Gianluca mantenendo la mia parola che avevo dovuto dare alla Bonanno. L’ultimo pensiero cosciente prima di addormentarmi fu per Don Gianluca: quasi quasi gli propongo se vuole scappare con me, su al nord. Ma no! Qui da noi per sole e clima sembra trovarsi veramente più che bene. Poi non è escluso che la Bonanno piaccia anche a lui. Dormii.


Ed il mattino dopo lo iniziai ovviamente con una bella doccia di prammatica. Erano le sette e mezzo e Carlo da bravo pigrone dormiva ancora mentre facendo un certo rumore finivo di asciugarmi i capelli. Certo lui poteva svegliarsi dopo. Nel vestirmi volli imitare lo stile della Bonanno professoressa. Scelsi un elegante tailleur grigio chiaro. Volevo apparire con le gambe scoperte per dare la sveglia a Gianluca che questa mattina avrebbe lasciato la sua parte Don a casa. Alle otto e mezza in lieve ritardo sulla tabella di marcia uscii di casa che Carlo stava ancora a letto. Mò che arrivo dalla Bonanno - pensai - gli mando un paio di squilli così inizia a sloggiare. Accesi la macchina dopo aver ricontrollato il portabagagli che ci fosse tutto e andai dalla professoressa a prenderla a casa sua. Mentre passavo tra le vie ed i vicoli della mia città non credevo minimamente che non l’avrei rivista per otto anni a venire fino al punto di non scendere neppure per la festa del Santo Patrono! Dopo una quindicina di minuti arrivai sotto casa della Bonanno e scesa dalla macchina andai a citofonarle.

“Bzzzzzzz!”
“Sì?! É lei signorina?”
“Sono Daria professoressa! Volevo dirle che sono qui sotto.”
“Vada a parcheggiare e poi salga che le devo parlare!”
“Va bene.”

Andai a parcheggiare la macchina prima di salire dalla Bonanno dietro suo invito. In fondo non l’avevo previsto quest’invito. Strada facendo dalla macchina a casa mi chiedevo chissà cosa volesse dirmi. Il cuore mi batteva quando mi presentai davanti alla porta di casa. Sentii dei passi; venne lei stessa ad aprirmi. Indossava una vestaglia da camera e presumo che avesse le cosce ancora nude sotto la vestaglia:

“Salve signorina, entri prego!”
“Buon giorno professoressa! Complimenti, bell’ingresso! Bella la sua casa!”
“Grazie, mi segua qui in soggiorno e accomodiamoci che io non sono ancora pronta. Lo gradirebbe un caffè?”
“Vada per il caffè, grazie!”
“Questione d’istanti ho una bella macchina elettrica…”

Pochi minuti per acclimatarsi, guardarsi intorno nel soggiorno e la Bonanno, ancora in vestaglia, tornò con un vassoio che conteneva un paio di caffè fumanti e odorosi. I suoi seni erano orgogliosamente su, anche se coperti dall’indumento da camera; i suoi capelli raccolti alla meglio. Mi passò la tazzina e ci sedemmo sul divano davanti ad un tavolinetto. Lei si sedette sulla poltrona accanto. Sorseggiammo il nostro caffè, e tra un sorso e l’altro ci fu una certa franca conversazione:

“Senta, parliamoci chiaro signorina Daria: per caso è solo il suo ragazzo che ha una passione per le vecchie? Od anche lei?!”
“Ma lei non è mica vecchia!”
“No, non ancora. Ma per il suo ragazzo è come se lo fossi!”
“No, professoressa, le assicuro di no.”
“Perché sa, ho come l’impressione che a quest’incontro ci tenga tanto lui quanto lei signorina, o sbaglio ?! Insomma com‘è tutto quest‘interesse?”
“Il mio ragazzo era innamorato di lei quando era uno dei suoi alunni! Tutto qui!”
“Non mi dica! Io nemmeno me lo ricordo!”
“Naturale! Sono passati degli anni e lei ne avrà visti passare a centinaia, di alunni!”
“Gli manca così tanto la figura materna?”
“No, anzi per come si mostra a me è un fior di viziato!”
“Ma a questa cosa chi ci tiene di più?! Questo, sa, ancora non lo capisco.”
“Ci teniamo tutti e due professoressa; quanto al mio ragazzo vuole solo trombarsi la donna che lo attizzava una decina d’anni prima, durante l’insegnamento quando da alunno non poteva!”

La Bonanno mi guardò pensosa, poi con indifferenza mormorò:

“Sarà.”
“Non sarà: è così!”
“Guardi, se acconsento è perché voglio, - anzi mi ascolti bene! - desidero che il mio Gianluca possa farsi oggi, e solo oggi, una sorta di scappatella autorizzata; l’ultimissima! Tanto lo so che ce ne sono già state! Poi lei scomparirà come ha promesso signorina. Il suo ragazzo non dovrà più cercarmi dopo oggi: semplicemente finito il sesso tutto dovrà tornare come prima del nostro incontro fortuito in quella scuola! Il suo ragazzo è appassionato di qualche cosa in particolare?”
“Tipo? Ottimo questo caffé, sa.”
“Che tipo è insomma? Salta subito a leccare la patacca, o gli piace fare le cose a regola d’arte? Gli piace infilarlo anche dietro? Si aspetta che lo faccia venire in bocca?!”
“Sì, lo mette anche dietro e vi introduce anche la lingua talvolta. Quanto al leccamento della vulva non ricordo che gli piaccia farlo da subito, certo però che - questo glielo giuro professoressa - è un abile linguista. Quando s’impegna con la lingua ti fa volare. Mi creda! Se gli piace venire in bocca?! Non saprei professoressa, provi a lasciarglielo fare, sempre se può.”
“A me sembrerà di trombarmi mio figlio. Se ne rende conto?! Il mio Attilio oggi l’ho affidato ai nonni. Cerchi di capire: non so se ne sarò capace; comunque se potesse apprezzare la passività mi lascerò scopare come vorrà lui, se sarà educato e gentile e non offendetevi se vi dico che pretendo che sia pulito. Preferirei non usasse troppa volgarità anche se sono comprensiva con l‘eccitazione.”
“Non vedo il problema: Carlo non è suo figlio. No, non è un volgare ed è pulito, stia tranquilla!”

Davanti alle mie puntualizzazioni che avrebbero dovuto tranquillizzarla cambiò umore in un istante; si vedeva, era inutile nasconderselo, che mi odiava:

“Signorina, lei da tante cose per scontate! Sicura di non essere un tantino arrogante?! Così sicura di sé, tuttavia volevo chiederle allora: scoperemo in quattro, o due a due in stanze differenti? Personalmente preferirei due a due senza vederci reciprocamente.”

Stavolta mi aveva presa in contropiede. In effetti non avevo mai pensato, né mi ero mai raffigurata la nostra scopata. Ero abituata ai fugaci incontri clandestini con Don Gianluca, o all’altrettanto fugace sesso con mio fratello Carlo; certo però che un interrogatorio diretto della Bonanno, una domanda così perfettamente legittima, non me l’aspettavo proprio. Provai a salvarmi con la “democrazia” e venni presa in contropiede la seconda volta:

“Professoressa, non saprei, e poi qui ora mancano sia Carlo che Gianluca, non sarà il caso di sentire anche loro?!”

Il suo tono fu fermo e cortese per quanto poteva, ma doveva significarmi il concetto:

“Signorina, in questa cosa le danze le meneremo noi due e basta! Ah, e niente fotografie!”

Non potevo non essere d’accordo con quella donna con me così ostile (e ne aveva ben donde). Ci fissammo degli istanti, poi dopo il mio annuire, la Bonanno portò via le tazzine vuote del caffé unitamente al vassoio. Avrei voluto non esser mai salita, ma ovviamente quella donna aveva il diritto di mettere prima alcune cose in chiaro. Ripresi la conversazione parlando del posto al mare dove avevo affittato la casa per una mezza giornata. Un bed & breakfast, una casa di due stanze e servizi, tutta per noi. Dissi alla Bonanno che avevo già pagato tutto io, a mie spese, dato che lei stessa mi aveva staccato un assegno perché lasciassi in pace il suo Gianluca. Insistette per pagare la sua parte. Non gradiva affatto essere mia ospite. E di offendermi non gliene importava. Posi fine all’incontro dicendo a quella donna dove avrebbe dovuto raggiungerci; le diedi l’indirizzo completo lasciandole il biglietto da visita che mi aveva dato il locatore incontrato in agenzia giorni prima. Lei sarebbe venuta con Gianluca, verso le undici, e se mio fratello pazientava per mezzogiorno avrebbe potuto “infilare” la sua insegnante di geografia, prenderla e scoparsela. Io invece speravo che con una scusa non ci venissero più… ma per mio fratello avrei fatto di tutto per non urtare troppo quella donna; il che voleva dire trombare separatamente col due a due. Il guaio era che Don Gianluca, il suo amante, non era affatto male: tutt’altro! Mah, si erano fatte le dieci e per la stessa ora di sera sarei stata già lontana da tutti loro. Prima però mi sarei fatta chiavare ben bene dai miei amanti. Per parte mia sarei partita solo con la vagina ben riempita; oh che sbadata! Era ora della pillola ! Altrimenti rischiavo un’inopportuna gravidanza. Non avrei mai chiesto alla Bonanno dell’acqua. Sulla strada c’era un fontana ed avrei bevuto ed ingurgitato la pillola lì. Alle dieci e dieci ripresi la macchina per andare a prendere mio fratello, che con la Bonanno divertendomi a prenderla per il culo, chiamavo il mio ragazzo. Mezz’ora dopo ero pronta a raccogliere Carlo che mi stava aspettando nel posto convenuto con una borsa da palestra, i jeans ed una maglietta di mezza stagione. Lo feci accomodare in macchina e gli parlai dell’ostilità di quella donna e delle cautele che a mio giudizio avrebbe dovuto usarle se ci si voleva veramente congiungere. Gli dissi che per quanto potevo saperne dopo quel freddo incontro il sesso si sarebbe potuto pure ridurre a ‘na botta e via! - come dicono a Roma - eh sì! Il rischio era proprio quello.

“Comunque Carlo ricordati! Dignità! Falle credere che non è così bella, e poi quando si arrenderà acchiappala, e se ti da la possibilità approfitta! Se senti che stai venendo mentre ha la bocca aperta davanti a te sparaglielo dentro! Non preoccuparti!”
“Ma dici sul serio?!”
“Sì! É una donna determinata a fare in modo che io mi allontani da Gianluca! Comprerà letteralmente il mio lascito di lui. É disposta a pagare qualunque prezzo per quello!”
“Ma stamattina come l’hai trovata?”
“Dapprima gentile, poi brusca! Il tempo di un caffè! A proposito! Non vuole si prendano fotografie! Mi sono dichiarata d’accordo. Capito ?! La digitale la lasci in macchina!”
“Sì! Che palle però!”
“Cosa sono ste’ palle?! Te la scopi, di che ti lamenti?! - che fai ?! - Lasciami, che devo guidare!”
“Un’altra, ahnnnnn, cosa: dopo oggi la Bonanno non dovrai più cercarla! Dovrai lasciarla in pace assolutamente.”

Carlo non sembrava dare troppo credito alle mie raccomandazioni e continuava a palpeggiarmi mentre facevamo la provinciale verso il mare:

“Che zinne che tieni sorella! S’intostano pure quando parli Daria!”

Era il mio respiro imbarazzato, non l’eccitazione.

“Lasciami che facciamo, ahnnnnnn, l’incidente, lasciami!”
“Non è meglio che Gianluca ti trovi già bagnata?!”
“Ma va, lasciami testa di cazzo!”
“Un po’ qui! Non ti ho ancora toccata, un po’ qui!”

Carlo mi toccò tra le cosce cercando la mia fica; ora mi stava compromettendo anche la guida, non appena mi avesse abbassato la patta dei pantaloni ero decisa a colpirlo. No, non lo fece, continuò a massaggiarmi nonostante i pantaloni, poi come aveva iniziato, smise. Forse non voleva mi bagnassi sul serio. Povero Carlo, credeva che mi avrebbe comunque trovato a casa stasera ed invece…
Invece eravamo quasi arrivati, ma gli agenti della municipale ci costringevano ad una deviazione: direttamente non potevamo entrare. Toccava fare il giro intorno a tutto il paese ed entrare dalla litoranea. Venti minuti in più e quando fosse arrivata la Bonanno con Gianluca di lì ad un’ora avrebbero dovuto fare la stessa deviazione; solo che loro sarebbero capitati nell’ora di punta. Ecco un bell’imprevisto! Presi il cellulare e chiamai Cristiano, il ragazzo del bed and breakfast che ci stava aspettando per darci le chiavi della casetta che dava sulla costa. Per mezza giornata ci saremmo trattati da signori.

“Senti Cristiano, volevo dirti che facciamo un po’ di ritardo, abbiamo dovuto fare una deviazione! Ah, ci aspetti?! Bene, senti contiamo di arrivare tra una ventina di minuti. Abbiamo il posto macchina, dici?!”
“Sì ve lo sto tenendo io con la mia, ma sbrigatevi che ho anche un altro appuntamento.”
“Arriviamo Cristiano, stiamo arrivando grazie, sei molto gentile!”

Quando arrivammo Cristiano ci stava aspettando con la sua auto, una vecchia Ka per tenerci il posto. Gli segnalai con le doppie frecce che eravamo arrivati e subito spostò la Ka per cederci il posto. Neanche un secondo che una Opel Corsa grigio scura cercò di prendersi quel nostro posto: gli dovetti segnalare che era per noi, ed i due occupanti, un uomo ed una donna, se ne andarono in cerca di un altro posto auto. Ci mancava solo quella! Finalmente potemmo scendere e salutare Cristiano.

“Salve Cristiano, siamo arrivati.”
“Ecco le chiavi Daria. Per oggi l’appartamento al secondo piano è vostro. Quando andate via lasciate la chiave all’interno due. Se sono assenti infilatela nella buchetta postale. Allora Daria, volevi regolare adesso?! Possiamo farlo anche dopo.”
“Sì, adesso Cristiano. Ecco sono duecento come pattuito. I nostri amici ci raggiungeranno all’ora di pranzo.”
“Nessun problema Daria, mi fido. Si vede che sei una donna seria!”

Mio fratello Carlo era rimasto in macchina non ritenendo necessario assistere ai convenevoli. Cristiano non diede importanza alla cosa, dato che i soldi li aveva comunque avuti. Ovviamente avevo pagato in anticipo per essere libera di partire dopo. In quel dopo nel quale Carlo non era previsto. Preso io congedo da Cristiano, Carlo il timido scese dall’auto, ed insieme andammo nell’appartamento al secondo piano. Era un bell’appartamentino; non c’era che dire, per quanto fosse arredato con molta semplicità. Camera da letto e lenzuola erano puliti; la donna delle pulizie era passata di lì e si sentiva anche dal profumo dell’antipolvere sui mobili. Per la camera da letto nessun problema. Carlo si stese subito sul letto con tutte le scarpe! Bel cafone, maschietto tipico, programmato per sporcare. Non volevo vedere quello scempio per cui me ne andai in soggiorno: lo spazio per trombare vidi che c’era; - e meno male! - poiché la camera da letto l’avrei ceduta a mio fratello con la professoressa. Poi solo per accordo di tutti avremmo potuto trasferirci tutti e quattro sul lettone. Eventualità questa del tutto remota due ore fa. Anche il bagno era ok. Si proprio un bell’appartamento! Eravamo assorti nei nostri pensieri personali, di tempo ne era passato parecchio dalla conoscenza con i nostri ospiti, ed eravamo anche un po’ tesi; sì, perchè quando suonò il citofono trasalimmo, ma non erano loro. Era il garzone del bar che ci portava il breakfast come da contratto. Quattro cornetti e quattro cappuccini. Li lasciò sul tavolo del soggiorno, poi se ne andò. Rimasti di nuovo soli una piccola cappa di noia scese sul noi due. Carlo si era tolto le scarpe e si era steso sul letto e fissava il soffitto. Poi si addormentò. La “levataccia ritardata” della fatidica mattina si fece sentire. La mattina trascorse quasi del tutto. Lasciai Carlo a dormire, e me ne andai un po’ in giro per il posto di mare che era anche un porto per pescherecci e diportisti. Il mare era calmo ed azzurro, piatto e piacevole a vedersi. Lo contemplavo perché dentro di me sapevo che non lo avrei visto per molto tempo essendomi impegnata con me stessa a fare fortuna al nord. Mi venne un’idea per rompere almeno un po’ il ghiaccio con la Bonanno: un bel pranzo al ristorante, magari a base di pesce! Tanto i soldi c’erano e sarebbe stato un peccato non approfittarne. Decisi di svegliare Carlo chiamandolo al cellulare. Ci mise parecchi secondi poi rispose:

“Pronto…”
“Senti, mi è venuta un’idea! Loro sono arrivati?”
“No, non ha suonato nessuno.”
“Allora quando arrivano apri loro la porta e poi venite tutti e tre qui al ristorante, quello vicino la scogliera! Sai qual è, no?!”
“Vicino la scogliera?”
“Sì, quello che si parcheggia dentro, poco prima di lasciare il porto quando si va verso la città!”
“Sì, ora ce l’ho presente!”
“Bene, raggiungetemi lì! Offro io naturalmente. Mi raccomando diglielo alla Bonanno e a Gianluca! Vi voglio tutti qui! E smettila di dormire una buona volta!”

Riattaccai. Speravo che anche i nostri ospiti volessero condividere con noi questa bellissima giornata al porto. Intanto andai a prenotare e non mi fu difficile ottenere un tavolo per quattro per le tredici e trenta. Dovetti attendere una buona mezzora, poi Carlo, Gianluca, e la professoressa mi raggiunsero al ristorante. Quest’ultima, pur non rivolgendomi la parola, non disprezzò affatto la mia idea, e da parte mia una bella scorpacciata di pesce accompagnata da vino bianco nella dovuta quantità avrebbero contribuito a farci fare quella cosa che avevamo programmato. Al tavolo ci sistemammo gli uni di fronte agli altri di modo che Carlo avesse di fronte la Bonanno ed io Gianluca. Quest’ultimo pur essendo attratto da me non osava mantenere troppo oltre le parole di convenienza la conversazione, sia per non tradirsi circa il passato sesso con me, sia per non indispettire la sua compagna Federica Bonanno, professoressa di mio fratello (ed anche mia, ma non se lo ricordava). In un certo senso mio fratello comprendeva il rapporto di complicità con me e mai una volta accennò al fatto che realmente eravamo fratelli. Carlo guardava spesso la sua futura preda pregustandone le forme e più che altro ricordando (glielo si leggeva negli occhi) com’era senza troppo avvedersi di com’era adesso. La Bonanno da parte sua lo guardava con sufficienza immaginando (ma era una mia sensazione) come farlo sentire un cretino durante il sesso (al quale mancava ancora qualche oretta). Da parte mia mi assicurai che il vino bianco scorresse abbondante; l’alcool era un ottimo ammorbidente sia dei complessi inibitori, sia dell’ostilità che quella donna provava (ed era normale) per me che gli avevo “stregato” Gianluca. Era una donna dalla pronta intelligenza, e lo aveva capito che il suo pretino era pronto alla fuga per una buona causa, e quella causa ero indubbiamente io, che continuavo a versarle il vino e ad ordinare frittura mista ad nutum per tutti visto che tranne gli sguardi di approvazione di Gianluca, dalla Bonanno non ricevevo conferme; tuttavia si rivelò una buona forchetta. Era molto divertente durante quel nostro quasi silenzioso pranzo che Don Gianluca indossasse una camicia grigia col colletto da prete. Chi mai poteva immaginare che entro un’ora al massimo avremmo fatto sesso in abbondanza di assaggi e di posizioni, con tutta l’intenzione di non soddisfare altri che noi stessi ed i nostri più egoistici e nascosti sensi. Di tanto in tanto provocavo la Bonanno facendo piedino a Gianluca che si limitava a sorridermi. Lei da donna superiore quale si riteneva non raccoglieva mai limitandosi a guardare il piatto prima di usare la posata. Nonostante il mio servilismo a tavola, la professoressa continuava ostentatamente a non fare conversazione con me scambiando solo qualche parola con Gianluca e qualche ironia con Carlo, che secondo me, avrebbe dovuto ben guardarsi dal fare troppo il disinvolto con quella donna anche se io mi auguravo che la sborrasse ben bene. Io mi sarei fatta fare altrettanto da Gianluca. Alla fine del pranzo proposi il caffé e ottenni la tacita approvazione di tutti. La Bonanno povera cornuta fece di tutto per invelenire il clima; ed in parte ci riuscì. Io ero determinata ormai ad umiliarla conquistando quel tranquillo pretino alle mie peccaminose carni. Avrei sfidato quella donna dalla penosa alterigia sul piano più estremo: quello del sesso sfrenato. Ero assorta nei miei pensieri quando venne pochi minuti dopo il momento del conto, e mi vendicai dell’atteggiamento distaccato della Bonanno disprezzando i suoi soldi, quelli che voleva mettere sul tavolo; presi il conto e, lasciato il tavolo, andai a regolare alla cassa. Se voleva lasciarli lì sarebbero stati solo la mancia per i camerieri. Quindi uscimmo. Strada facendo nessuno di noi parlò. Non c’era sole (e ce n’era) che potesse scaldare il clima gelido che l’altera professoressa aveva instaurato a tavola. Forse era solo la tensione per il pomeriggio di sesso caldeggiato solo da me e Carlo palesemente, e da Gianluca in maniera più dimessa, ma non per questo meno evidente. Carlo guardava il culo della professoressa immaginando già da adesso dove l’avrebbe messo il pisello. Lei invece se ne fregava continuando a parlare con Gianluca escludendo noi. Io avevo già deciso: più gelida lei, più troia io col suo Gianluca. Pensai: tra pochi minuti ti faccio vedere di cosa sono capace professoressa! Vedrai,- o non lo so se vorrai assistere !- cosa è una vulva con meno di trent’anni. Per cui raggiungemmo la casa al primo piano con vista mare. La professoressa se la guardò bene, stanza per stanza poi finalmente disse:

“La camera col lettone chi se la prende?!”

Le risposi immediatamente:

“Lei ed il mio ragazzo, io e Gianluca faremo qui in soggiorno.”
“Sta bene! Vado prima al bagno però!”
“Prego, nessun problema.”

Dissi a Carlo di entrare nella stanza da letto intanto e di aspettare lì la sua “amante”. Io e Gianluca intanto ci sistemammo in soggiorno; feci cenno al pretino di aspettare a spogliarsi. Avevo la sensazione che la Bonanno volesse avere il privilegio di dargli il “giusto viatico“. Qualche decina d’istanti dopo quando il rumore dello scarico annunciò che la Bonanno con il bagno aveva finito ne ebbi la conferma. Prese da parte Gianluca e si appartarono verso la finestra sussurrandosi qualcosa. Il loro conciliabolo durò un paio di minuti abbondanti nei quali la Bonanno insistette a sussurrare senza mai farsi sentire poi baciando Gianluca sulla bocca gli diede il permesso di venire da me. Lei si recò in camera da letto senza uno sguardo per la sottoscritta e si chiuse la porta dietro di noi. Io ne approfittai per iniziare a spogliarmi immaginando che anche la Bonanno lo stesse più o meno facendo con mio fratello. Cazzo com’ero curiosa! Anche Gianluca si stava già spogliando; tutto sommato non se l’era fatto dire due volte! Era già a torso nudo, mentre io avevo ancora il reggiseno ed i pantaloni ed il pretino mi stava guardando sorridendo compiaciuto della situazione. Mi calai anche i pantaloni e mi tolsi le scarpe sembrando una discreta fighetta in lingerie. Chiesi a Gianluca maliziosa:

“Ma sei sicuro di continuare a fare il prete?!”
“No, questa presa in giro ha stufato anche me! Chiederò di essere dispensato dal voto di castità. Voglio una relazione alla luce del sole. Basta con i sotterfugi!”
“Hai ragione! Meglio non nascondersi…”

Andai verso di lui per baciarlo in bocca e subito Gianluca afferrò i miei seni per stringerne almeno uno mentre mi baciava con la bocca, appassionatamente. Ci avesse visti la Bonanno in quel momento ci avrebbe uccisi tutti e due. Gianluca aveva preso a toccarmi dappertutto infilando spesso la mano sotto il tanga per saggiare il bagnarsi della mia topina. Non riuscivo a concentrarmi perché avevo un pensiero fisso: la professoressa con mio fratello. Si era chiusa la porta dietro ma senza far scattare la chiave. Mentre Gianluca mi baciava sul collo vidi che bastava avere il coraggio di muovere la maniglia della serratura per vedere che stava succedendo. Mi spostai di lato seguita da Gianluca che ovviamente non mi avrebbe mai lasciato andare. Provai a spiare la Bonanno dal buco della serratura, ma non vedevo granché. Chissà se scostando un po’ la porta … provai a spingerla lentamente, molto lentamente agendo sulla maniglia correndo il rischio di farmi scoprire dalla professoressa - chissà se era già nuda!- ecco qualcosa intravedo: la professoressa che si sbottona la camicia mentre mio fratello già si smanetta il pisello per intostarlo. Chissà quanto l’aveva desiderata da ragazzino fresco delle prime seghe (compresa quella che gli feci inaspettatamente io in terrazza al paese) ! Un gran bel pezzo di donna, alla quale del pistolino di mio fratello non fregava granché. Ora era in reggiseno nero, adesso ecco che si sbottona la gonna, -finalmente!- che tiene pure un bel figone peloso al punto giusto. Mio fratello continuava a toccarselo con una certa soddisfazione. Che aspettava a spogliarsi anche lui?! Intanto venivo frugata sotto le mutande dalla mano di Don Gianluca, o meglio di Gianluca poco convinto pretino in aspettativa sui generis. Ecco, finalmente la Bonanno che si smutanda e manco un paio di secondi dopo via pure il reggipetto, mentre quel minchione di mio fratello era rimasto in gran parte vestito e steso sul letto. No, ora si spoglia anche lui finalmente, via maglietta e pantaloni ed abbassa un po’ gli slippini. I due ormai sono completamente nudi. Bah, tutto avrei sospettato meno che mio fratello rimanesse imbambolato senza sapere cosa fare: ormai la Bonanno era nuda e presumibilmente (dato che mi dava le spalle) guardava mio fratello con quella sua aria di sufficienza. Certo pur di comprarsi il mio abbandono di Gianluca avrebbe ceduto temporaneamente a mio fratello il suo corpo. Io avrei consumato l’ultima scappatella con il pretino e contenti tutti! Lei rimaneva ferma in piedi mentre mio fratello si smanettava il pisello in cerca di un’erezione. A vederla era ancora una donna eretta e un pochino statuaria nonostante l’età. Io che sono magra di seno e di culo tendo a sentire di più questa differenza di corporatura. Gianluca ormai mi stava massaggiando dentro le mutande; sentivo le sue dita sul mio inguine piacevolmente disturbato dal suo lento sfrucugliare e muovevo un pochino il bacino per favorire il suo sfrucuglio. La Bonanno vedendo che a mio fratello stava diventando grosso gli disse:

“Allora giovanotto siamo pronti?!”
“Quasi, prof! Quasi…come è bella!”
“Uhmmmm, vuole che continui io?! Così magari mi tocca pure un po’ qua e la?”
“Oh, certo, uhmmm, non osavo chiederlo…”
“Lei è uno sciocco ragazzo mio, dia qua, che ci penso io adesso!”

La professoressa si avvicinò al letto dal lato di Carlo e maternamente con quella che mi sembrava dolcezza gli afferrò il pisello in tiro per fargli una sega femminile e scappellarglielo meglio, con più metodo. Quella donna cercava la sua cappella ed ottenutala si precipitò con la sua bocca carnosa su di essa. Chissà, forse aveva intuito che la stessi spiando e sperando di farmi provare la sua stessa gelosia cominciò a farmi vedere com’era brava. Beh, che dirvi?! Ero contenta: quella donna che poi non era così antipatica sapeva anche essere accomodante, ed il fatto d’ignorare che Carlo fosse in realtà mio fratello giocava a nostro favore. La sua testa andava avanti ed indietro, sopra e sotto spedendo in paradiso mio fratello. Quella donna alternava l’uso dei denti sulla carne dura dell’asta con l’uso improvviso della lingua sulla parte centrale, la più sensibile del glande di mio fratello Carlo, il quale serrava i pugni steso sul letto a gambe larghe. La Bonanno faceva sul serio: prese a leccargli anche i coglioni con una certa famelicità fino a succhiarglieli con tutto lo scroto. Devo confessare che avevo sottovalutato quella donna. Quella ci sapeva fare eccome! Ed a guadagnarci era soprattutto quel Gianluca che io amavo credere di portargli via di tanto in tanto. Che ingenua che ero stata! Quella donna era una signora scopona! E adesso la vedevo mettere il suo cespuglio nero sotto la bocca di mio fratello, che iniziava a leccarla proprio là in un sessantanove che aveva tutta l’aria di voler essere reciprocamente lubrico ed abbondantemente salivoso. La testa di mio fratello Carlo ormai apparteneva alla fica di quella donna che l’aveva sovrastata quasi del tutto; a malapena gli vedevo muovere la bocca per baciargliela e leccargliene le pieghe. La testa della Bonanno si stava dando da fare con quella sua fellatio sul “povero” pisello di mio fratello teso fino allo spasmo. Con le sue mani di donna, ma con la presa decisamente maschia aveva afferrato il cazzo di Carlo e con l’altra mano stringeva bene le sue palle tenendole per la base per non indurgli dolore. Anche Carlo muoveva la testa velocemente sbattendola da bravo vassallo contro le intimità della sua “amata” professoressa. Ormai Gianluca mi aveva abbassato tutte le mutandine ed aveva preso a leccarmi la patacca da dietro. Godendomi la scopata di mio fratello mi godevo anche il singolare bidet di Gianluca che si deliziava con i miei sapori intimi. Guardando quella donna ben conservata farsi mio fratello ero stata nientemeno che io a bagnarmi, mentre Gianluca se ne assaporava i miei rilasci di piacere. Continuando a spiarli mi ero chinata perché Gianluca potesse leccarmi ed insalivarmi con più comodità; e se voleva, in fondo avevo pure un ano pulito da leccare, se solo lo avesse voluto. La Bonanno smise col pompino sculando un paio di volte sulla bocca di Carlo che da parte sua poté letteralmente riprendere fiato tornando a riassumere ossigeno e non solo odore di passera boscosa. La donna allargò un po’ le cosce per dar modo a Carlo di valutare le sue aperture, ed infatti Carlo iniziò, dopo averle rapidamente scostato le natiche a valutarle il fiore dell’ano, per le cui striature aveva sempre manifestato un certo interesse (nel mio caso con i suoi disegni). Mentre Gianluca da dietro la porta aveva preso a sfregare il cazzo contro di me, Carlo decise di metterlo nella fica di quella donna: evidentemente voleva riservarsi l’amore anale per il dopo. Entrò con naturalezza e la Bonanno, burrosa, si lasciava prendere per le natiche mentre mio fratello le “timbrava la pratica”. Le batteva il bacino con regolarità e dal volto della professoressa si vedeva che iniziava a godere dei suoi colpi. Carlo la sbatteva con passione come se sfogasse anni ed anni di astinenza o meglio di sola immaginazione mentre non poteva averla da semplice alunno quale era stato tempo prima. Ecco Gianluca che cerca di infilarmi, - e ci riesce ! - mentre io da brava vacca mi ero messa alla pecorina per favorirlo. La mia fica stava godendo al pari di quella della professoressa accovacciata comoda sul letto; quel letto che io stessa - che scema ! - le avevo ceduto. Non riuscivo a chiudere gli occhi per godermi il mio di amplesso; ero desiderosa di spiare mio fratello; invidiosa delle forme di quella donna che stava, per assurdo, attraendo più me di lui. La mia vulva era completamente depilata e mi ritrovavo ad invidiare una donna che ce l’aveva ben boscosa! Tutto mi era relativo in quei momenti di felice sesso. Ero felice io per mio fratello; ero felice perché interessavo a Gianluca il quale credevo considerasse la Bonanno una minestra riscaldata ed invece era un piatto di prima scelta! Non avrei mai sospettato che avrei, non dico invidiato, ma debitamente apprezzato la cellulite delle natiche della Bonanno, che al contrario di tante troie porno corrette col digitale sulle riviste, era così vera, carnale, con un gran bel culo, del quale mio fratello inspiegabilmente non stava approfittando; eh, sì che avrebbe potuto! Glielo aveva presentato lei stessa in attesa che mio fratello Carlo scegliesse il pertugio. Mentre la mia vagina aveva ingoiato quasi del tutto il cazzo di Gianluca la professoressa si era stancata di stare alla pecorina ed era riuscita a stendersi di fianco senza interrompere il coito con mio fratello che la sbatteva di fianco leccandole il collo e le guance quando riusciva a raggiungerle. Gianluca era felice: mi stava stringendo le zinne durante il nostro precario amplesso dietro la loro porta. Cominciavo a stufarmi di quella postura disagiata ma volevo lo stesso “partecipare” della gioia di mio fratello. Gianluca strinse la presa anche sui miei capezzoli strappandomi un urletto di autentico piacere:

“Ahnnnnn! Uhhhhhh! Sì! Ahnnnn!”

Inavvertitamente aprii la porta che fino a quel momento era stata solo accostata quel tanto che bastava per permettermi di spiare mio fratello con la donna dei suoi sogni giovanili. Per la prima volta ero in vero imbarazzo: come avrebbe reagito quella donna che mi aveva trattato con tanta freddezza al pranzo da me offerto per tutti?! Gianluca intervenne mentre mi scopava per dire:

“Non possiamo venire sul letto anche noi a questo punto? Tanto direi che ormai il ghiaccio è rotto, no?!”

La Bonanno si spostò un po’ di lato; segno questo che era disposta a farci posto. Curiosamente Gianluca mi sospinse contro il letto con il cazzo ancora dentro di me. Arrivati davanti al lettone mi schiacciò quasi contro il materasso per cui dovetti appoggiare pancia e torace alla superficie del letto onde dar modo a Gianluca di continuare a chiavarmi più comodamente in piedi. Ero impegnata a godere quando all’improvviso vidi il cazzo svettante di mio fratello uscire ben bagnato dalla fica di quella donna. Il coraggio di leccare quella vulva pelosa non ce l’avevo (però la curiosità di farlo sì…). Sul momento decisi di prendere in bocca il pisello di mio fratello: sì , dal sapore mi ero accorto del nuovo sapore della fica di quella donna. Praticai a mio fratello un piccolo pompino lì sul momento, ben sapendo cosa si accingeva a fare. Un misto di tiepidi umori dolci ed amari, talora irritanti e pruriginosi, impossibili a focalizzarsi avevano permeato tutto il cazzo di mio fratello Carlo. Dopo la mia insalivatura puntò la cappella violacea sull’ano della professoressa, passivamente stesa di fianco, e glielo trafisse. La Bonanno fece:

“Uh!”

Quell’uh eccitò mio fratello: unico, spontaneo, e foriero di certo qual godimento rettale. Carlo era certo che la professoressa stesse apprezzando la trafittura posteriore. Il cazzo di Carlo scivolò dentro con facilità; il retto della professoressa Bonanno era allenato per certi amplessi. Purtroppo quel gesto di mio fratello non fu esattamente piacevole per me: Gianluca che tanto piacere stava dispensando alla mia vagina ebbe la pessima idea di copiare mio fratello. Uscì con mio grande disappunto (da parte mia ero già in un mezzo sbrodolamento andante) e m’infiocinò il retto che mi ero appena voltata in cerca di spiegazioni. Ahi! Che male! Eh sì che Gianluca ce l’aveva più grosso di quello di mio fratello che invece si muoveva con tutto l’agio del mondo nel retto della Bonanno, che da parte sua godeva di quella sodomia comodamente subita nella posizione che dava meno dolore. Io invece provavo il bruciore per il cazzone duro e cafone di Gianluca che mi sembrava di averlo dentro lo stomaco. Pensai: “Ora faccio una bella pazzia, se riesco a muovere la testa…”
Mentre Carlo inculava la professoressa io avvicinai il volto alla vulva pelosa di quella donna e mi misi a respirare per coglierne l’odore e vedere se gradiva la cosa. Poi, in assenza dei suoi respingimenti, memore degli insegnamenti di quella lesbicona bisex di Ilde leccai la vulva della professoressa. A malapena riuscivo ad umettarle la clitoride. La Bonanno sembrava gradire quel doppio interesse per lei. A parole diceva una cosa:

“Ahnnnn, Uhhhhhh, Ahi! Uh, ma che fa signorina?! Uhhhnnnn, ehi, dico! Si rende conto?!”
“Uhmmmmfff, sluuuurp, uhmmmmmm, sluuuuuuur, uhmmmm!”

Ma nei fatti allargò un pochino l’apertura delle cosce per facilitare la mia leccata. Aveva proprio il sapore delicato di una zuppa di pesce, ora dolce, ora salata. Leccai a quella donna anche il ventre introducendole la lingua nell’ombelico, gesto questo che lei apprezzò particolarmente contraendo lo stomaco secondo i guizzi della mia lingua. Gianluca venne all’improvviso nel mio culo, ed io per tutta risposta mentre la Bonanno veniva inculata di fianco presi in mano le sue pere stringendole ben bene! Più sentivo l’ano sporco di quello sperma, più gli stringevo le pere. Che bello sentirsi ben sporcata! Poi avvicinai il volto succhiandole i capezzoli. La professoressa me le lasciò assaggiare, e succhiare. Ero stata una fior d’ingenua a credere che sarei stata io la più troia. Quella donna sapeva tantissimo di come si godeva. Ero diventata la sua serva, procurato godimento a lei, e fatto godere il suo Gianluca. Intanto mio fratello lanciava i suoi colpi contro quel retto comodamente piazzato di fianco. Ero arrapatissima, tanto che proposi chiudendo gli occhi un lingua-lingua a quella donna che tanto mi detestava. Le incrociammo eccitate come eravamo solo per due secondi, poi ognuna si riprese la propria dignità. Io che avevo stupidamente subito il fascino di quella donna mi alzai sul letto, ed introdottimi nel retto con le dita tutte le gocce di sperma di Gianluca spalmando sulle natiche quelle che restavano fuori, andai sopra la testa di mio fratello e gli offrii la mia vulva sudata. Carlo sporgendosi un po’ cercò di leccarmela nonostante ci avesse quasi goduto Gianluca che ora succhiava i seni alla sua Bonanno baciandole la bocca con trasporto di entrambi. Mi misi nella posizione della rana per dare a mio fratello il sapore del mio sesso ancora insoddisfatto. Me la leccò con la consueta abilità mandandomi in paradiso tre o quattro minuti nei quali sbrodolai il mio piacere sul suo volto dopo essermela però massaggiata freneticamente. Feci bene perché Carlo così ben bagnato accelerò il ritmo dei suoi colpi godendo abbondantemente dentro il retto di quella donna. E così grazie alla generosa spontaneità di tutti e tre avevamo goduto tutti; anche se troppo rapidamente. La più delusa ero io avendo goduto solo di mano (la mia). Mio fratello Carlo era il più esaltato convinto com’era di aver dominato la sua insegnante di geografia e non voleva saperne di uscirle dal culo, tanto che dovette scostarsi lei stessa. Scese dal letto e si diresse in bagno per una doccetta rinfrescante. Dovetti fermare mio fratello che voleva andarci con la sua professoressa. Guardai Gianluca delusa visto che col suo arnese volevo far godere la vagina, ed invece ero rimasta sodomizzata. Non gli serbavo rancore: Gianluca mi piaceva; gli presi in mano il cazzo per fargli una sega e vederglielo di nuovo dritto e duro in capo ad un quarto d‘ora. Stavolta me lo sarei chiavato io essendo decisa a godermi un secondo orgasmo in passera. Al ritorno la Bonanno tornò sul letto e si stese alla missionaria. Mio fratello fece per andarle sopra ma con un gesto la Bonanno lo mandò in bagno a lavarsi. Nel frattempo mi ero inginocchiata sul davanti nel letto per fare un pompino a Gianluca e mostrare alla professoressa quanto ero troia anch’io. Il pompino mi portò via un quarto d’ora nel quale dando le spalle alla prof non sapevo se la stavo ingelosendo o meno. Certo che quella cappella me la stavo leccando bene senza dimenticare d’insalivarla ben bene. Una bella mazza di carne deliziata dalla mia bocca con la prof che ostentava indifferenza. Rincarai la dose inarcando il corpo per un bel sessantanove con Gianluca che servizievole ricambiava ogni mio leccamento. Era la mia fica che stavo mostrando alla Bonanno, non certo il semplice “pompino della gelosia”. Muovevo la fica sulla bocca di Gianluca per aiutare i suoi lappamenti. Che avrei dato per una parolaccia di odio, mentre al contrario la professoressa stava facendo la superiore. Penso stesse fissando il plafond del soffitto mentre io a pochi cm di distanza da lei stavo prendendo in bocca anche le palle del mio amante. Nel frattempo era tornato anche Carlo che preso dalla passione si piazzò sopra la sua prof cercando d’introdurglielo subito nella fica. La professoressa se la prese comoda limitandosi a lasciarsi amare da mio fratello che ci si mise d’impegno una volta dentro di lei. Finito il mio pompino ed ottenuto il palo che volevo mi ci lasciai cadere sopra autopenetrandomi. Ora mi sarei cavalcato Gianluca decisa a godere di fica. In fondo, dentro di me non c’era un solo cm del suo cazzone che non sentissi. Finalmente una vera chiavata! Poi i miei maschietti perché abbiano preso a passione il mio culetto quasi piatto resterà sempre un mistero. Ebbi il mio orgasmo bagnando bene il cazzo al mio amante e pochi minuti dopo venne anche mio fratello dentro “la sua donna”. Dopo quest’altro altro paio di orgasmi l’imprevisto: il sesso ci venne a noia. La Bonanno ci era riuscita a spompare mio fratello, mentre io ero riuscita durante il momento culmine con un abbraccio e degli insalivatissimi baci lingua-lingua con Gianluca a farmi guardare male dalla prof! Mi ero rifatta del suo comportamento al ristorante e ne fui soddisfatta. Appena due orette scarse di sesso in tutto. Poi decidemmo di porre fine alla cosa non riuscendo a farla diventare un’orgia. La prof non accennò al mio assaltino alla sua patacca: semplicemente non gliene importava. Fui io a commettere un errore: non avrei dovuto spiare mio fratello insieme a Gianluca; semplicemente avremmo dovuto scopare separatamente e non affiancati sullo stesso letto. La Bonanno mi ricordò il nostro patto e fece cenno a Gianluca di allontanarsi dalla stanza. Non appena la prof fu quasi pronta per andarsene insieme a Gianluca là fuori mi avvicinai seminuda per chiederle un favore dato che mio fratello Carlo stancatosi dormiva:

“Tornate in città, vero?!”
“Sì.”
“Lo aspettereste qualche minuto? Diciamo dieci minuti!”
“Aspettare chi?”
“Mio fratello!”
“Suo fratello?!”
“Mò che si sveglia dareste un passaggio a mio fratello ? Lo aspettereste per cortesia? Lo sveglio subito; è inutile che dorma! Io non posso riaccompagnarlo, devo andare da un’altra parte…tutt‘altra parte!”
“Signorina noi, ma insomma che sta dicendo?! E poi dove sarebbe suo fratello?!”
“Qui che dorme, no?! Ma se lo aspettate, lo sveglio.”
“Carlo?!”
“Carlo, Carlo!”- Poi dopo una piccola pausa, le dissi:
“Carlo è mio fratello professoressa.”

Non saprei come descrivervi il suo volto in quel momento. Me la lasciai alle spalle, uscii in quel momento dalle loro vite come le avevo promesso, sia pure con qualche rimpianto per Gianluca che a me piaceva e non poco, ma dovevo lasciarmi alle spalle Carlo il quale nel momento in cui si svegliava non sapeva che sua sorella Daria aveva avviato la macchina per raggiungere l’autostrada. Mi sentivo finalmente più leggera. Mi ero liberata dell’ansia che mi dava l’odio della Bonanno, mi ero liberata del sesso galeotto e trasgressivo con mio fratello prima che mi prendesse del tutto e felice puntavo verso nord, verso una nuova vita di cui io sola avrei deciso i particolari. Non rinnego nulla del passato ed al tempo stesso gli ho voltato le spalle al passato, definitivamente. Tutto nacque perché vidi per caso i disegni di quel porcellino di mio fratello. Un gesto tutto sommato banale scorgere quei disegni più o meno malamente nascosti, e con un gesto banale come dirottare un passaggio a Carlo stanco per il sesso con la Bonanno la mia storia doveva finire. Sovrappensiero guidavo ed immaginavo che in quel momento la professoressa stava lasciando mio fratello vicino casa, per non rivederlo mai più.


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