Gay & Bisex
Carne Pensante 4

11.05.2025 |
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"Giò lo accarezzò dappertutto: l’addome, i fianchi, la parte bassa della schiena, le natiche ancora arrossate..."
– La sogliaGiò non tornò subito a casa. Camminò a lungo per le vie del centro, cercando di rallentare il battito. Ma il cuore gli rimaneva alto, come se fosse ancora lì dentro a pulsare tra le gambe di Elia. Non riusciva a smettere di pensare a quel filo rosso, sottile, che scendeva lento tra le sue cosce. Non era stato violenza — lo sapeva — ma qualcosa di ancora più strano: un eccesso, un’apertura, una resa.
Si sentiva colpevole. Non del gesto, ma della furia. E del fatto che, dentro quella furia, qualcosa era cambiato.
A mezzanotte gli arrivò un messaggio.
“Posso venire da te”
Era Elia.
Non c’era alcun punto interrogativo, in fondo. Non ce n’era bisogno. Giò gli mandò l’indirizzo. Un quarto d’ora dopo bussava alla porta. Aveva un’aria diversa. Non provocatoria, non sfacciata. Solo stanca.
Giò lo fece entrare. Elia lo guardò per un lungo istante, poi si lasciò cadere sul divano. Si tolse il giubbotto e rimase lì, immobile.
«Ti fa ancora male?»
Elia annuì appena.
«Un po’. Ma non è questo.»
Giò si sedette accanto a lui. Non lo toccò.
«Cos’è, allora?»
«È che… nessuno mi ha mai scopato così. Come se fossi vero. Come se… potesse romperti tra le mani.»
Ci fu un lungo silenzio.
«Avevo sangue addosso. E tu mi hai guardato come se fosse bello.»
Giò allora si chinò. Gli prese la mano. Gliela baciò piano, tra le dita. Elia chiuse gli occhi.
«Lo era. Era tutto vero. Anche troppo.»
Si baciarono di nuovo. Ma stavolta fu diverso. Lento, caldo, lungo. Le lingue si cercarono con una fame dolce. Nessuna fretta. Nessuna fame violenta. Solo la necessità del contatto.
Elia si lasciò spogliare. Lentamente. Come se fosse la prima volta. Aveva la pelle ancora sensibile. Giò lo accarezzò dappertutto: l’addome, i fianchi, la parte bassa della schiena, le natiche ancora arrossate.
Poi lo portò in bagno. Gli fece scorrere l’acqua tiepida sulla pelle. Lavò via ogni traccia del pomeriggio. Tra le cosce c’erano ancora piccole gocce rosse, mescolate a seme secco. Giò si inginocchiò e le lavò con dolcezza. Con rispetto.
Elia lo guardava con gli occhi lucidi.
Quando tornarono a letto, lo fece stendere supino. Gli si sdraiò accanto, baciandolo ovunque. Gli leccò i capezzoli, il collo, il ventre. Gli passava le dita tra i peli del petto come a cercare una scrittura segreta.
Elia si fece fare. Si aprì. Ma senza chiederlo. E Giò lo prese di nuovo, sì, ma con un altro ritmo. Lento. Profondo. Senza spingere troppo. Con attenzione. Con amore, anche se nessuno dei due lo chiamava così.
Si guardarono mentre lo facevano. Elia si toccava piano, mentre il cazzo di Giò gli entrava dentro e gli accarezzava un punto nascosto che lo faceva tremare. Le mani si intrecciarono.
Vennero insieme, senza urla. Con un lungo gemito che sembrava un pianto trattenuto.
Poi si rimasero accanto. Elia si girò su un fianco, la testa sul petto di Giò.
«Perché io?»
Giò non rispose subito. Gli passò una mano tra i capelli.
«Perché mi sei entrato dentro. Prima che ti scopassi. Molto prima.»
Elia sorrise.
«Allora siamo fottuti...»
E in quel silenzio, nel buio della stanza, i loro respiri cominciarono a seguire lo stesso ritmo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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