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BECCATO IN FALLO, 3 – Fame di cazzi


di Foro_Romano
24.08.2023    |    12.976    |    7 9.2
"Le mani, anch’esse grandi e venose, le teneva a coprire il pacco..."
Ormai il giovane Guido non aveva più alcun dubbio sulla sua natura di troia al servizio di maschi potenti e prepotenti. Più un uomo lo usava esclusivamente per il suo stesso piacere e più lui aveva piacere a soddisfarlo perché non c’è niente di meglio che far godere un maschio col proprio corpo. Il sesso per lui era diventato indispensabile, ne aveva bisogno continuamente, ogni giorno. Il suo amore, il suo William era lontano col padre e lo zio Aurelio non tutti i giorni era disponibile, per motivi di lavoro. Fu questo che, conoscendo le sue esigenze, gli dette un consiglio.
“Se vai a […] mi hanno detto che c’è ancora un cinema a luci rosse. Non è molto distante da qui, sono 15 chilometri e ti ci porta facilmente il pullman. Una volta ce n’erano tanti di cine così, dove i giovani potevano fare le loro prime esperienze e gli adulti si potevano sfogare lontani dalle mogli. Internet, coi suoi filmini ed i siti di incontri li hanno costretti a chiudere. E’ stato un vero peccato. Dovrebbe essere una tradizione da salvaguardare, di alto interesse antropologico. Quello è un paese rurale, come sai, eppure non hanno problemi a tenere in piedi un esercizio del genere, forse perché attira molta gente dalla città. Vai lì. Vedrai che ne rimarrai soddisfatto”.
Guido prese alla lettera quei consigli ed un giorno, con la fame di cazzo che aveva, si gettò nell’avventura anche per curiosità. Salì sul pullman e seguì le indicazioni dategli per trovare il cinema agognato. Scese al centro del paese e dovette camminare non poco per raggiungerlo perché era ai margini e, ovviamente, piuttosto isolato da occhi indiscreti. Alla cassa c’era un anziano che si illuminò in viso quando lo vide. Un bocconcino così e per di più una novità avrebbe avuto grande successo tra i suoi clienti. Non credeva però all’età che dichiarava e volle vedere il documento, per evitare guai.
Guido entrò nella sala che, in quel momento, aveva le luci accese per l’intervallo. Era costituita da un semplice rettangolo di mura, da non molti posti. Ci si immetteva da una porta su uno dei lati lunghi ed il breve corridoio davanti intersecava quello più lungo al centro dello stanzone. Sul lato corto a destra era lo schermo, mentre la parete in fondo a sinistra era tutta occupata da una lunga fila di sedie basculanti senza interruzione. Sedie vecchie, di legno, malconce.
In tutto il locale saranno stati una decina o poco più di spettatori, sistemati in ordine sparso. Tutti maturi, alcuni forse anche troppo, ma “Che importa, purché abbiano un cazzo bello e funzionante” si disse. Inutile dire che, appena fece la sua entrata, tutti gli occhi gli furono addosso. Sapeva di essere un bel ragazzino da “spolpare”, ed è proprio quello che andava cercando. Per lo più si trattava di gente del luogo, perché di vedeva che erano quasi tutti contadini avvezzi a lavorare nei campi. Era un giorno feriale e non poteva aspettarsi diversamente.
Fece così la sua passerella accentuando la sua natura femminea, evidenziata dalle piccole tettine che si vedevano sotto la maglietta aderente che accompagnava dei pantaloncini larghi e corti con elastico, da ginnastica. Capì dai loro sguardi che per loro si trattava di un bocconcino da signori a cui non erano abituati. Si andò a sedere giusto in fondo, addossato alla parete, esattamente nel centro del corridoio principale, in modo da poter osservare i movimenti di tutti ma anche di essere osservato bene egli stesso.
In fondo alla sua fila di sedie, nell’angolo alla sua sinistra, vide un uomo molto interessante. Piuttosto era un omone alto probabilmente quasi due metri, tutto peli e muscoli. Avrà avuto una cinquantina d’anni o poco più. Indossava una canottiera lurida e sformata su dei pantaloni neri tutti impataccati di terra e chissà quali altre schifezze con le quali era in contatto per lavoro. Nude le grandi spalle e le possenti braccia, tutto ricoperto di fitto pelo misto tra castano e brizzolato, come i pochi capelli che aveva in testa. La pelle bruciata dal sole. Le mani, anch’esse grandi e venose, le teneva a coprire il pacco. Evidentemente il film che stava vedendo lo aveva eccitato e l’eccitazione si leggeva nei suoi occhi piantati su quel giovane efebico piovuto dal cielo. Anche altri, seduti una o due file avanti si vedevano interessati e speravano di essere prescelti.
Si fece buio e ricominciò la proiezione. Il film, di infimo livello artistico, vedeva subito coinvolti tre personaggi in una scena di sesso. Una ragazza non più tanto giovane, con due grosse tette e due labbra rifatte a gommone di salvataggio che spompinava il grosso cazzo di un atletico maschio, alternandosi nell’impresa con un giovane chiaramente omosessuale. Gemiti, suoni di risucchio ed epiteti volgari facevano da corona. Gli spettatori ricominciarono a fare quello che stavano facendo prima dell’intervallo. Coi cazzi fuori, se li andavano smanettando lentamente per cercare di non venire. Quelli più vicini lo facevano alternando gli sguardi al film con altrettanti verso di lui, che però era attratto esclusivamente dal bel maschio vicino.
Quello, tolte le mani da sopra, si andava massaggiando il fantastico cazzo, corposo, venoso, massiccio. Quando sullo schermo il grosso membro del maschio, bagnato a dovere dalla bocca della donna, sprofondò in un sol colpo nel corpo del frocetto, autentiche grida di piacere dell’attore furono accompagnate da molti gemiti tra il pubblico, perché chi era al limite non resistette oltre e se ne venne sul pavimento e sullo schienale della sedia incontro.
Invece, il maschio che Guido osservava abbandonò il suo attrezzo proprio per non venire, lasciandolo completamente esposto allo sguardo famelico del giovane il quale, avutone l’assenso con un gesto, si avvicinò, si inginocchiò sullo sporco pavimento, afferrò la mazza con la destra, senza poterla circondare completamente con le dita, e ne imboccò decisamente la cappella. L’uomo emise un gemito di approvazione. Con la sinistra andò sotto la lurida canottiera e salì fino a perdersi nel bosco peloso del petto. Il ragazzino cominciò ad affondare il più possibile come poteva il grosso bastone venoso, facendogli sventolare attorno l’umida linguetta. L’omone si agitava per le ondate di piacere che la pompa gli donava. Tirava ritmicamente su il bacino per ingozzare quella figa salivosa. Stava impazzendo. Non aveva mai ricevuto un pompino più eccitante di quello in tutta la sua vita, neppure dalle puttane che aveva pagato. La piccola testa andava liberamente su e giù sempre più velocemente ricevendo godimento dal godimento che dava.
Solo quando non ci fu più possibilità di resistere all’orgasmo, la grossa mano gli calò sopra solo per tenergliela ferma e non correre il rischio che si sfilasse proprio in quel momento. Si piegò in avanti come colpito da un pugno allo stomaco e bordate su bordate di sbroda si riversarono nella bocca del piccolo Guido, accompagnate da un sibilo tra i denti del maschio.
Ingoiò tutto, anche quelle gocce che, sfuggitegli dalle labbra, erano scese lungo l’asta e sulle grosse palle pelose. Le leccò via tutte perché non andassero sprecate. Era felice di aver soddisfatto quell’uomo e di avere in bocca il suo intenso sapore animale. La mazza era però ancora rigida, forse un po’ meno, ma sempre in erezione. Alzò lo sguardo verso l’uomo, che lo guardò con aria truce.
“Troia, ricomincia. Sono venuto troppo presto. Adesso voglio godermela per bene. Datti da fare che devo ancora finire di svuotarmi le palle”. Guido si sentì umiliato per non essere riuscito a soddisfare quell’animale peloso e, sottomettendosi ancora, lo riprese in bocca e si impegnò più che poteva, ma la cosa si preannunciava più lunga prima che il bestione venisse una seconda volta.
Mentre il frocetto sullo schermo guaiva come una cagnetta sotto i martellanti colpi dell’atletico maschio, Guido si sentì prendere dai fianchi per alzarli e sistemarlo a novanta gradi. Lasciò fare pur di dedicarsi per bene all’impegno preso con la minchia che si stava gustando. Gli abbassarono i pantaloncini e le mutande, mettendo in mostra le sue piccole chiappette implumi ma con un boschetto che spuntava dal solco e che attorniava la sua rosellina sempre fresca. Gli vennero allargate ed un viso non rasato andò a baciargli e slinguargli il buchino, irritandogli la tenera intimità. Quando fu preparato a dovere, bastò uno sguardo tra i due uomini (che forse si conoscevano), perché una forte presa della mano lo fermò col cazzo in bocca mentre l’altro glielo sprofondò dentro in un colpo solo. L’urlo venne attutito dalla dura carne che aveva tra le labbra e venne come stuprato a raffica senza soluzione di continuità. Le mani dell’animale lo tenevano saldamente mentre un grosso cazzo, non grande però come quello che stava spompinando, gli andava scassando il buco del culo.
“Anto’, dacci dentro. Questa troia ha bisogno di farsi riempire di cazzo e di sborra. Sfondalo, sfondalo. Sentilo come gli sta piacendo. Siii, bravo, ricomincia a succhiarmelo”. Pur nel dolore e nel piacere che stava subendo, il ragazzino si rese conto che, alla mano che gli teneva la testa e ad una di quelle che lo tenevano fermo per la vita, quegli uomini avevano le fedi nuziali. Era certo che le loro mogli non avevano mai dato loro tanto piacere come quello che provavano in quel momento per merito suo. Quello che lo fotteva da dietro allungò le mani dentro la maglietta fino ad afferrargli saldamente il petto.
“Mmmm, sentissi che tettine! E che fighetta aperta! E’ proprio una femmina mancata”.
“Macché mancata, questa è una super femmina. Direi piuttosto che è un maschietto mancato”.
“Cazzo, cazzo, hai proprio ragione. Ha un culo rotto che è una meraviglia. Posso fotterlo senza problemi”.
“Si, sfondalo, sfondalo. Se lo merita. Così piccolo e così troia!”
“Più di così non posso sfondarlo. Si è aperto subito. E’ già tutto sfondato. Chissà quanti cazzi ha già preso. Devi provarlo”.
“No, fai pure, adesso mi sto godendo la bocca. Mmmm, siii, bravo, così, succhia, lecca, pompa, siiiiii”.
Il maschio dietro dal petto passò ad afferragli le spalle da sotto, ne sentiva le braccia forti e pelose lungo il suo corpo, e prese a devastargli il culo in tutte le direzioni, montandolo con una ferocia irrefrenabile.
“Azz… porc… fottuta putt… anaaaa. Godo, godo, vengo, ti vengo dentro, ti vengo in fregna… vengooo… vengoooooo… aaahhhhrrrggg” e si abbatté sulla sua schiena fino a che l’ultima goccia gli fu uscita dai coglioni.
“L’hai riempito? Gli hai riempito il culo! Troia… puttana… zoccola… bandracca… piccola ciucciasborra… bevila ancora… ecco… eccoooo… eccoooo… vengoooooo”. Le mani a tenergli saldamente la testa e ancora ingoiò tutto quel succo virile che sapeva di selvaggio.
L’altro si sfilò da dietro, si allontanò, e una colata di viscida crema bianca gli uscì dal buco spanato per gocciare sul pavimento. Bevuto tutto, anche la bocca gli fu liberata.
“Questa volta mi hai svuotato completamente. Sei bravo a bocchini. Veramente bravo” e un lieve sorriso scalfì la durezza del suo volto. “Spero che sia piaciuto anche a te e che ritornerai ancora. La prossima volta ti aprirò il culo, te lo prometto.
Guido pensò che non sarebbe stata cosa facile riuscire a prendere nel sederino un cazzo di quel calibro, ma certamente sarebbe tornato a provarlo. Annuì con la testa, sorridendo. Pensava fosse finita, ma nell’uscire dalla fila di sedie, però, trovò due uomini maturi e fisicamente ben messi, coi cazzi fuori dai pantaloni, che lo aspettavano per farsi fare un bocchino. Si passarono la testa del ragazzo l’un l’altro, tenendola tra le mani e dandogli il movimento e gli pompavano il cazzo dentro anche aiutandosi con movimenti di bacino. Quando stavano per venire, lo passavano all’altro e quindi la cosa durò un bel po’ finché, con rantoli e ruggiti, si svuotarono anche loro nella sua bocca assetata.
A quel punto si sentì il ragazzino dello schermo che godeva mentre il maschio, con un urlo selvaggio, gli si scaricava dentro. Un primo piano mostrò la sacca pelosa dei coglioni che si contraeva ad ogni spruzzo che gli sparava in culo. La donna poi gli pulì la mazza a colpi di lingua.
Guido andò velocemente in bagno a svuotarsi. Fino ad allora aveva cercato di trattenere dentro la sborra dello sconosciuto che lo aveva inculato, anche se con poco successo. Appena fatto, uscì dal cinema più che soddisfatto. Aveva fatto godere quattro maschi (se non di più perché forse alcuni spettatori erano venuti vedendolo usato come era stato), tra cui quel bestione supercazzuto, si era bevuto quattro sborrate e una se l’era presa nel culetto. Aveva ragione zio Aurelio: i cinema porno erano una benedizione. Sarebbe tornato di sicuro.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile. Buona sega a tutti).
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