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IL NUOVO ARMADIO (seconda parte)


di Foro_Romano
08.10.2013    |    15.003    |    2 9.5
"Quella di Vincenzo, poi! Seduto, a cosce aperte, se la stava lentamente massaggiando ed era già così grossa che il giovane si domandò come aveva fatto ad..."
Passarono giorni prima che il dolore al buco si attenuasse. Era sempre lì a ricordargli che quello che aveva vissuto era realtà e non fantasia. Era stato doloroso ma fantastico allo stesso tempo. Aveva perso la verginità nel modo che aveva sempre sognato e con un uomo come aveva sempre desiderato e temuto: possente, forte, prepotente, violento, volgare. E si era tutto realizzato! Aveva bevuto e aveva ricevuto in culo il seme di due uomini bellissimi.
Man mano che il dolore si attenuava, in Andrea andava via via crescendo la voglia di rivivere quei momenti. Si domandava se era il caso di telefonargli, se non lo avesse mandato a quel paese. Aveva capito che quello era un uomo di quelli che usano e basta. Ma no. In fin dei conti era lui che gli aveva dato il telefono, quindi il piacere che aveva ricevuto forse aveva lasciato il segno. Si sentì orgoglioso di questo. Pur essendo stata la prima volta per lui, vuol dire che qualcosa aveva saputo fare bene. O forse no. Era stato semplicemente sottomesso alla furia deflorante di quel gorilla. Il dubbio lo affliggeva.
Ma insomma, che mi costa provare, si disse. Un giorno si decise. Prese il coraggio e gli telefonò. “Ciao, sono Andrea. Ti ricordi di me? Sono quello...” “Certo che mi ricordo, piccolo frocio”. “Ecco, io... volevo dirti se...” “Vuoi farti fottere un’altra volta? Ce ne hai messo di tempo per ricucirti il buco! Ah, ah, ah, ah. Vuoi che ci rivediamo?” “Si, mi piacerebbe”. “Ok, l’idea piace anche a me. Ti va bene se vengo da te quando stacco dal lavoro? Potrei essere lì verso le 16:30”. “Si, si, bene, ehmm... Potresti... far venire anche il tuo collega?”. Oddio, che aveva detto. Forse si era spinto troppo in là. Forse così aveva rovinato tutto. Che figura che aveva fatto! “Chi? Il Giulio? Ah, ah, ah, ah. Allora ti è proprio piaciuto tutto di come ti abbiamo montato... l’armadio. Ah, ah, ah, ah. Va bene, glielo dirò. Non sò se a lui sta bene: ha la moglie che lo controlla e non si fida tanto di certi ritardi sul lavoro. Comunque glielo dirò. Allora ci vediamo dopo. Però vengo dopo il lavoro e sarò piuttosto sudato. Non ti preoccupa se puzzo, vero?” “No, non ti preoccupare” “Lo sapevo che ti piaceva anche questo, piccola zoccola. Bene, a dopo”.
Andrea era felicissimo di come era andata la telefonata. Il modo di come lo apostrofava non gli dispiaceva. Quello era un vero uomo e lui... beh, doveva ammetterlo... si sentiva effettivamente una troia; e non gli dispiaceva affatto”. Nelle ore successive non pensava ad altro ma non passavano mai: i minuti erano diventati ore. Si fece una doccia stando attendo a pulirsi bene le parti più intime e si accorse che, in fondo, il buco non gli faceva più tanto male. Certo che, però, anche se si era ristretto dopo l’uso che ne aveva fatto, un po’ più largo lo era. Si preparò a riceverlo con addosso solo una tuta, facilmente sfilabile.
L’ora prestabilita arrivò ma di Vincenzo nessuna notizia. “Oddio, ecco, ci ha ripensato, forse dovrei richiamarlo per sentire cos’è successo. No, non voglio che pensi che io non posso fare a meno di lui. Forse si, ho bisogno del suo cazzo. Ho bisogno di farmi scopare ancora. Non ne posso più fare a meno. Mi piace. Si che mi piace. Non viene. Non viene ancora. Che faccio?” Finalmente suonò il citofono, era lui. “Sei in ritardo. Pensavo che non venissi più”. “Cucciolo, sono solo le 16:35”. “Ah, si è vero, sali”.
Aprì la porta e si trovò di fronte quel marcantonio di Vincenzo: alto, muscoloso, peloso, con due occhi bellissimi, due gran bei baffi neri, quell’aria da stracciafiche (ma anche da stracciaculi, naturalmente). “Ciao”, disse emozionato Andrea. “Guarda chi c’è con me”. Dietro di lui comparve anche Giulio, con l’aria felice di chi fa una bella sorpresa. I due maschi entrarono e lo abbracciarono con intensità. Andrea si sentì quasi svenire tra quelle forti braccia virili che profumavano di sudore.
“Non abbiamo molto tempo” disse Vincenzo. “Le nostre famiglie ci aspettano. Andiamo subito sul letto. Non vedo l’ora di sfasciarti il culo un’altra volta” e gli sollevò la testa prendendolo dal mento. “Preferisci camera tua o il letto dei tuoi?”. “Camera mia, tanto anch'io ho il letto grande”, gli rispose Andrea. “Così potrò rivivere quei momenti ogni volta che mi tirerò una sega” pensò.
Si avviarono, Vincenzo davanti, più deciso, Giulio più indietro, felice, col braccio sulle spalle del ragazzo. Appena entrati “Spogliati subito” gli ordinò il primo. Tutti cominciarono a spogliarsi, gettando i vestiti dove potevano, ma lo sguardo dei due uomini non si staccava dal dolce corpicino dell’ospite. Quando questo stava per tirarsi via i pantaloni e le mutande “Fermati, calati tutto dandoci le spalle, lentamente. Vogliamo vedere bene le tue chiappette”. Lo fece. Si girò e, come gli era stato detto, finì di denudarsi completamente mettendo in mostra il suo fondoschiena. “Bellissimo! Adesso puoi girarti”. Lo fece e rimase inebetito da quello che vide.
I due maschi erano anche loro completamente nudi. Giulio in piedi e Vincenzo seduto alla sedia della sua scrivania. Due pezzi di manzo da fare invidia ai migliori pronoattori. Alti, grandi spalle, due grandi toraci, tanto ma tanto pelo ovunque. Era la prima volta che li vedeva così. Andrea rimase a bocca aperta. Avendo appena visto il suo sederino, le loro mazze erano già abbastanza in tiro. Quella di Vincenzo, poi! Seduto, a cosce aperte, se la stava lentamente massaggiando ed era già così grossa che il giovane si domandò come aveva fatto ad entrargli dentro la volta precedente. E dire che non era ancora al massimo della durezza.
“Avvicinati. Mettiti qui in ginocchio e usa quella bella bocca da succhiacazzi che ti ritrovi”. Il ragazzo obbedì. Quando si trovò col viso davanti a quel bendidio l’uomo lo prese per la testa e la indirizzò verso i grossi coglioni. Si ritrovò col viso immerso tra le cosce e il pelo profumato a leccargli le palle avidamente. “Bravo, hai capito subito. Lecca, lecca, lavami con la saliva. Ahhh, siiii, cosiiii. Adesso sali, senza staccare la lingua, così, lungo il cazzo, siiiii, fino alla cappella, siiii, ahhhh. Prendila, adesso”. Il piccolo Andrea ci si tuffò sopra a bocca aperta per prenderne il più possibile e cominciò un super pompino. Pochi minuti e Giulio, accanto a loro, affascinato dalla scena, col grosso cazzo in mano, pretese lo stesso trattamento. Subito il cucciolo si voltò a ciucciarlo con non meno trasporto. Passò dall’uno all’altro per un po’ finché le due aste erano completamente bagnate dalla sua saliva, che colava fino a quei favolosi coglioni pendenti.
“Basta adesso, passiamo al letto”. Giulio fu più veloce e ci si sdraiò sopra “Piccolo, vieni qui, continua quello che stavi facendo” e protese la sua proboscide in avanti. Andrea salì in ginocchio sul letto, con la bocca all’altezza di quel bellissimo attrezzo del piacere e col culetto proteso oltre il bordo, alla mercé di quella belva di Vincenzo. A tal vista, quello si tuffò col viso, baffi e lingua in quel solco. Si dette un po’ da fare a bagnare quel buco mentre l’altro cazzo veniva avvolto dall’ormai pratica cavità orale di quella troia affamata. Si sentivano solo lappate, grida di godimento, grugniti e gemiti.
Era il momento buono. Il maschio dietro si alzò, il suo cazzo aveva raggiunto dimensioni incredibili: duro come il marmo, ricoperto di vene paonazze dal desiderio. Lo puntò e dette un’unica, potente spinta, come faceva lui, senza preoccuparsi del dolore che infliggeva. Fu un lampo. Un urlo riempì la stanza e subito una mano lo silenziò. L’animale cominciò a pompare senza ritegno, grugnendo e sbuffando come un toro. Giulio riprese la testa del ragazzo e la piazzò sul suo cazzo, accarezzandola, quasi a consolarlo di tanto dolore e, dopo un po', forse per evitargliene oltre disse “Dammelo a me, adesso lo voglio io”. “Si certo, hai ragione” gli rispose l’altro sfilandosi come un tappo di bottiglia, anche per non venire subito. “Vieni sopra”. Il volto del ragazzo, rigato di lacrime, si alzò a guardare il suo “salvatore”. Venne in avanti e lentamente si impalò su di lui godendolo centimetro dopo centimetro, questa volta con calma, anche perché era un po’ più piccolo dell’altro.
Vincenzo, massaggiandosi la nerchia che non aveva perso niente in erezione, si avvicinò col viso a vedere le espressioni di goduria del piccolo frocio che, appoggiato con le mani sul torace peloso andava su e giù. “Ti piace, ehh? Se proprio una grande zoccola! Chi lo direbbe, con questo visino angelico che ti ritrovi. Viso d’angelo e culo da mignotta. L’ideale!” Quelle parole non facevano altro che eccitare ancora di più i due che scopavano e Giulio, preso dalla foia, volle prenderne le redini. Sollevò un poco il piccolo corpo e cominciò a dare potenti colpi verso l’alto con l’intenzione di entrare il più possibile dentro.
“E’ il momento buono per finire di sfondarti, piccola troia. Adesso diventerai la zoccola più zoccola e più sfondata del mondo”. Si piazzò dietro di lui, puntò l’enorme cappella là dove c’era già il cazzo dell’amico e... solo allora quell’angioletto capì il senso di quelle parole, ma era troppo tardi. In un sol colpo il tenero buco fu squarciato completamente e definitivamente. L’urlo che ne seguì fu ancora più forte dell’altro ma si riversò nella bocca dell’uomo sotto di lui che prontamente lo aveva baciato.
La scena era terribile. Due grossi e potenti maschi stavano abusando contemporaneamente di quel piccolo corpo di adolescente, che godette subito senza accorgersene. Poi fu il turno di Giulio, sotto di lui che, con forti rantoli di piacere, si scaricò completamente dentro di lui e, subito dopo, il gran cazzo di Vincenzo si piantò in fondo e se ne venne, anche lui fino all’ultima goccia. “Aaahhhhh... siiiiiii... godoooo”. Sfinito, si accasciò pesantemente sulla schiena del rottinculo che si trovò così schiacciato tra i due toraci pelosi e le loro braccia possenti. Erano tutti in deliquio.

(continua)

N.B. Il racconto è di fantasia. Non scopare mai senza preservativo.


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