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Gay & Bisex

FERMATA IN AUTOGRILL


di Foro_Romano
04.10.2016    |    25.325    |    12 9.4
"Lo sfavoriva ancor più il fatto che aveva un corpicino tenero caratterizzato da un culetto pronunciato a mandolino..."
(Dedicato a Menestrello83)

Finalmente sarebbero cominciate le vacanze! Le scuole erano finite e la famiglia poté organizzarsi e partire per passare l’estate nella casa dei nonni al paese di origine del papà, come tutti gli anni. Nella macchina, carica a l’inverosimile, erano i genitori ed i due figli: un maschietto (o quasi) di 17 anni e una femmina, più piccola, di 10 anni. In verità i genitori erano molto preoccupati per quel figlio che li metteva molto in imbarazzo di fronte agli altri. Infatti parlava e gesticolava come una checchina e le sue tendenze sessuali erano sotto gli occhi di tutti. Loro non volevano interferire nelle sue scelte ma gli dicevano sempre di cercare di stare attento, di contenersi, che la gente ignorante non gradiva certi atteggiamenti. Infatti capitava spesso che sentivano dirsi dietro battutacce cattive che non facevano onore più a chi le faceva che a loro che le ricevevano. Lo sfavoriva ancor più il fatto che aveva un corpicino tenero caratterizzato da un culetto pronunciato a mandolino. Era inoltre biondissimo ed aveva la pelle molto chiara.
Il ragazzino capiva l’imbarazzo che recava ai genitori e ce la metteva tutta per comportarsi seriamente ma la sua natura trovava sempre il modo di esplodere. A l’ora di pranzo mancavano ancora un paio di ore all’arrivo e decisero di fermarsi in un autogrill per mangiare. Fatta la fila al bancone, si avviarono verso i tavoli col vassoio in mano. Il padre ne teneva due: il suo e quello della bambina. Questa sembrava scatenata: saltava, correva, sembrava una scimmietta impertinente, forse perché si trovava in un ambiente diverso da quello di casa e le dava già l’impressione di potersi godere le vacanze in libertà.
Entrando nella sala il figlio frocetto si accorse immediatamente della presenza di un uomo particolarmente bono seduto da solo ad un tavolo. Dobbiamo precisare che da circa un anno aveva preso piena coscienza della sua natura e si era subito buttato anima e corpo (forse più corpo) nei piaceri del sesso. Questo i genitori non lo sapevano ma si era già fatto una dozzina di maschietti e non si era limitato ad amici e compagni della sua età ma nel parco aveva conosciuto biblicamente anche alcuni bravi signori casa e famiglia (e frocetti). Aveva già imparato alla perfezione tutti gli aspetti dell’arte orale e anale diventando molto bravo, a detta di tutti i fortunati consumatori.
Dentro di sé sentiva però di non aver ancora incontrato l’uomo dei suoi sogni, quello che, la sera, nel silenzio della sua cameretta, s’immaginava lo violasse con forza e che lo costringeva a tirarsi una sega. Ma quel giorno, eccolo, era lì, seduto a quel tavolo a mangiare. Era un orso massiccio di 30 anni o poco più, sarà stato alto un metro e 90 per un quintale di peso. Non era grasso: quelli erano tutti muscoli sodi e naturali, non di palestra, frutto certamente di un lavoro pesante di carico e scarico merce. Aveva una folta barba nera e nero era il pelo di cui era ricoperto. Usciva a ciuffi dalla t-shirt aderente a l’ampio torace. La sua pelle era ambrata, quasi olivastra: forse era siciliano o medio orientale. Si vedeva che era un tipo grezzo, anche dal modo di mangiare: le grosse mani tenevano sempre al contrario le posate ed il pane lo strappava coi denti. Era la virilità più assoluta e volgare fatta persona ma proprio in questo era il suo fascino agli occhi del ragazzino.
Era lui, non aveva dubbi e non si sarebbe lasciato scappare l’occasione, sarebbe stato suo. Così, anziché trattenersi, cominciò a muoversi con gesti quasi femminei, favorito dal suo abbigliamento. Indossava solo una salopette molto corta e molto aderente che gli metteva ancor più in mostra il culetto perfetto, entrandogli anche tra le natiche. Si chinò lentamente, piegandosi a 90 gradi, a raccogliere da terra la bambola che era sfuggita provvidamente di mano alla sorellina, ovviamente rimanendo di spalle alla sua preda. Appena fu ritto si girò e non gli sfuggì lo sguardo dell’uomo fisso su di lui.
Si sedette poi a tavola guardando nella sua direzione e gli lanciò continuamente occhiate languide e passionali che non caddero mai nel vuoto. Quello, seduto a gambe aperte anche a causa della sedia troppo bassa per lui, si toccava spesso la patta non tanto per mandargli un messaggio quanto per sistemarsi meglio l’uccello che certamente andava indurendosi.
I suoi non si accorsero di niente, distratti dalla figlia che continuava ad essere irrequieta. Finito il pasto, il maschio si alzò guardandolo palesemente e si avviò verso l’uscita. Fece il giro dell’edificio passando lungo la vetrata della sala e gli fece un cenno con la testa come per dirgli di seguirlo.
Anche loro avevano finito. I genitori dissero che si sarebbero fermati un po’ nel giardinetto adiacente così lui prese la palla al balzo per dire che doveva andare in bagno, il cui ingresso era dietro l’autogrill.
Entrato nei bagni vide che l’omone era in uno degli scomparti a pisciare con la porta aperta e lui si mise agli orinatoi a muro che erano proprio di fronte. Anziché aprire semplicemente la zip sul davanti, si fece scendere la salopette fin sotto il sedere, mettendolo ampiamente in mostra e muovendolo lentamente a sinistra ed a destra. Fortuna che non c’era nessun altro lì dentro. Girò la testa per vedere se aveva ottenuto l’effetto desiderato e… beh, si lo aveva ottenuto. L’uomo era girato verso di lui tenendo in mano una grossa minchia non proprio moscia e gliela sventolò davanti.
“Tu vuoi questa, vero?” con accento straniero.
Lui, quasi intontito da quella vista, fece di si con la testa. Quello si richiuse tutto nei jeans e disse “Qui non va bene. Vieni”. Rapidamente si rivestì e lo seguì. Arrivato al suo tir gli aprì la portiera e, guardandosi intorno per essere sicuro che non li vedesse nessuno, lo fece salire aiutandolo con una mano sul culetto che gli fece provare un brivido particolare. Solo una lieve premessa di quello che avrebbe provato dopo.
“Dietro la tenda” gli disse e lui eseguì. Lì c’era una brandina piuttosto ampia fuori da sguardi indiscreti. Ci entrò carponi e quello dietro di lui richiuse la tenda.
“Bravo frocetto. Sei riuscito a stuzzicarmi. Io mai stato con uomini ma tu hai culo bello e sembri proprio una ragazza”.
Gli mise le mani addosso e gli tolse in poco tempo la salopette e le scarpe, aiutato da lui. Si ritrovò completamente nudo, sdraiato sul materassino, mentre quel gran pezzo di maschio era inginocchiato su di lui, dominandolo da l’alto. Dopo averlo fissato per un po’, quasi per essere certo di quello che stava facendo ma nel contempo affascinato da quel corpicino chiaramente voglioso di cazzo, si sfilò la t-shirt e ne venne fuori il suo torace possente completamente coperto di pelo riccio e nero, tipico di molti turchi (quale infatti era).
“Bei capezzoli grossi hai. Come quelli di una donna. Sei una puttana”.
Si toccò la patta, si slacciò la cintura, tirò giù la zip e, scostando le mutande, tirò fuori un manganello non ancora in tiro ma saranno già stati almeno 20 centimetri di carne con un diametro considerevole. Il ragazzino non aveva mai visto niente di simile dal vero ma solo in foto e filmini hard ma non ne ebbe paura. Era proprio quello che desiderava da tempo. Non perse tempo. Si tirò su e si mise accovacciato con la testa all’altezza di quella minchia. La prese in mano, anche se non riusciva a circondarla completamente, data la grossezza, e cominciò a leccarla e a ficcarsi in bocca la cappella, succhiandola avidamente. Che profumo di maschio!
All’uomo sfuggì subito un rantolo di piacere e buttò la testa indietro. Ci mise tanto impegno che il cazzo in breve tempo raggiunse dimensioni impossibili da far entrare. Però, proprio allora, l’uomo gli prese la testa tra le grosse mani per spingergliela dentro il più possibile, eccitato anche dalla vista di quelle piccole labbra tese nello sforzo. Non ci riuscì, naturalmente, era fisicamente impossibile, ma bastò a togliere il respiro al ragazzo che pensò che volesse venirgli in bocca. Invece gli sottrasse di colpo il saporito tappo.
“Adesso dammi culo, ‘che te lo voglio svangare dalla merda. E’ una settimana che non scopo e devo scaricarmi i coglioni”.
Era un ordine e lui obbedì ben volentieri, anche se sapeva che non sarebbe stata cosa da poco. Quel calibro di minchia lo avrebbe sventrato ma era proprio questo che stava cercando e già pregustava la conquista. Era riuscito ad accalappiare un etero bono come quello e se lo sarebbe ricordato per tutta la vita. Ovviamente anche per il dolore che avrebbe provato ma lo affrontò stoicamente.
Si girò mettendoglielo a disposizione ed appoggiò la testa in basso sulle braccia incrociate. Quello abbassò la testa e la infilò tra le sue chiappette lisce che teneva allargate con le sue manone callose. La barba gli graffiava la pelle. La grossa e ruvida lingua gli lappò il buco più volte. Più volte glielo succhiò, ci sputò sopra. Ci mise un dito, che da solo era un piccolo cazzo, poi due e constatò che non era più nuovo.
“Non sei vergine. Bene. Vuol dire che sai come si prende. Sei una bella piccola maialina”. In verità, più che una maialina, sembrava un agnellino dato in preda ad un grosso toro infoiato. Lo rigirò come un fuscello, gli alzò le gambe e gliele tenne aperte afferrandolo per le caviglie. Lo dominava con tutta la sua prestanza ma quello che attirò lo sguardo del ragazzino fu l’enorme membro rigido che di lì a poco lo avrebbe straziato. Erano almeno 25 centimetri di cazzo, largo quanto un tronco d’albero. L’uomo si abbassò un po’, quanto bastava per puntarlo a l’ingresso del buco.
“Voglio vederti in faccia mentre ti rompo il culo. Giusto? Non volevi che spacco il tuo culo?”
Per tutta risposta, il ragazzino portò le mani ad aprirsi bene il sederino e sistemò meglio la punta del cazzone.
“Che troietta che sei. Ma non farti sentire troppo quando t’infilo”. Annuì con la testa e quello cominciò a spingere con cautela. Quando la grossa cappella vinse le resistenze dell’ano e gli irruppe dentro, il frocetto trattenne a malapena un grido e tutto il suo corpicino si inarcò. Il maschio continuò a spingere ed entrò lentamente ma con decisione fino alla fine. Il dolore era fortissimo: si sentiva completamente impalato e gli mancò il fiato ma, allo stesso tempo, godeva immensamente nel sentirsi posseduto da tanta virilità.
Cominciò ad entrare e ritirarsi senza mai uscire, dapprima con lentezza poi prendendo sempre più velocità. Così facendo ad ogni spinta sembrava andare sempre oltre, sfondandolo sempre più. Lui lo aiutò ondeggiando il bacino. Alla fine il maschio ci dava dentro con tutta la forza sfasciando oltremodo quel culetto indifeso e scuotendo quel corpo inerme sotto di sé.
Ad un certo punto calò su di lui con tutto il suo quintale di muscoli e pelo continuandolo a fotterlo alla massima potenza, come un animale scatenato. Preso dalla foja non si preoccupò più di chi stava scopando, se femmina o maschio, unì la sua bocca a quella del frocetto e, ficcandogli in bocca tutta la lingua, ne soffocò i gemiti. Il godimento era assoluto per tutti e due.
Un rantolo urlatogli in bocca accompagnò la prima potente bordata di calda sborra che gli invase la pancia, mentre un lungo ruggito mal trattenuto si unì alle altre che ne seguirono fino a riempirlo come non mai. Il cazzo continuò per un bel po’ il suo andirivieni mentre andava perdendo durezza e lo sperma, ad ogni affondo, usciva a rivoli dal bordo slabbrato del buco diventato una voragine.
In quel momento il maschio, completamente sudato, guardava con occhi vitrei il giovane, anche lui completamente stravolto dal piacere. Quando ebbe scaricata l’ultima goccia di seme, uscì lentamente, lucido ed ancora semieretto, da quell’umida caverna che ormai somigliava di più ad una fica spanata. Prese della carta da un rotolo per pulirsi il cazzo, inevitabilmente sporco di sborra, sangue e merda e lo passò al ragazzino.
“Tieni. Pulisciti e sparisci, frocetto”. Poi, non volendo essere oltremodo rude col giovane sodomizzato riconobbe che… “Mi è piaciuto molto, sai? Non credevo di poter godere tanto con un maschietto” e gli carezzò la testolina bionda. Quello pulì quello che poté e poi si ficcò uno strappo di carta su per il buco per fermare in qualche modo l’interminabile fuoruscita di sperma e si rivestì. Una pacca sul culetto lo accompagnò mentre scendeva dal tir. “Adesso vai”.
Corse dai suoi che lo stavano cercando. Fortunatamente il tutto si era svolto in meno di mezz’ora. “Eccomi, ero andato a fare una passeggiata”.
“Sbrigati, sali in macchina ’che non voglio arrivare troppo tardi” disse il padre. Quando furono tutti dentro ripartirono. Lui, dietro con la sorellina che fortunatamente si era calmata, dovette stare seduto di traverso. Gli faceva male e si sentiva completamente aperto ma anche appagato nella sua natura femminile e pienamente soddisfatto della sua vittoria. Aveva raggiunto la sua meta: aveva conquistato e soddisfatto un orso massiccio, un toro da monta etero convinto usando le invincibili armi da checchina zoccola e vogliosa che sapeva essere.


(Le stesse cose si possono fare con le precauzioni. Non fate mai l'amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela).

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