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BECCATO IN FALLO, 4 – Inseminato dal contadino


di Foro_Romano
21.09.2023    |    15.155    |    16 9.6
"“E se io non volessi? Se le dicessi di no?”, disse Guido con un sorriso vezzoso..."
Dopo aver scopato, mentre la sborra scivolava fuori quel tenero culetto sfondato, si erano sdraiati uno accanto all’altro sul grande letto.
“Allora hai ascoltato il mio consiglio. Sei stato in quel cinema di cui ti avevo detto?”
“Si zio” (ormai lo chiamava così anche se non era suo zio ma del suo amore lontano).
“E c’è ancora?”
“Si ed è stato… piacevole”.
“E bravo il mio ragazzino! Quanti ricordi e quanti ragazzini come te mi sono fatto lì dentro! Uno diceva di essere entrato solo per curiosità. Ma chi voleva fregare? Avevo capito subito che aveva una gran voglia di farsi fottere, così l’ho condotto con me ai cessi e, con l’aiuto di altri due che conoscevo e che l’hanno tenuto fermo, gli ho sverginato il culo con tutta la forza che l’eccitazione mi dava”.
“E lui? Ha subito senza reagire? Con quel cazzo che ti ritrovi! E come prima volta!”
“Macché. Urlava come un ossesso, ma io gli avevo tappato la bocca con una mano. In fondo, lo stavo facendo anche per il suo bene. Prima o poi avrebbe dovuto capire di essere destinato dalla natura ad essere troia. Gli ho fatto un favore”.
“E poi come è finita?”
“Si è calmato dopo che mi sono scaricato dentro di lui. Così dopo l’hanno scopato anche gli altri due e lui, ormai, chiedeva sempre più cazzo e più sborra. Lo abbiamo farcito a dovere e ci ha pure doverosamente ringraziato. Tu, piuttosto, raccontami come è andata”.
Così gli raccontò per filo e per segno tutto riguardo le tre sborrate che si era bevuto e di quella che gli avevano siringato nel culetto e di come era venuto via più che soddisfatto e… a gambe larghe. Non se ne vergognava di certo con zio Aurelio, anzi era orgoglioso di aver fatto godere quattro maschi adulti. Raccontò tutta la vicenda senza trascurare nessun particolare.
“Cazzo, Guido, tra il ricordo di quello che ho sverginato in quel cinema e quello che hai fatto, troia come sei, mi si è intostato di nuovo. Guarda”. In effetti il cazzo dell’uomo aveva quasi raggiunto la sua grossa consistenza massima, e se lo andava lentamente carezzando.
“Ci penso io” e il ragazzino si abbassò, lo afferrò e cominciò a segarlo per poi aprire la bocca e a pomparlo e leccarlo ormai padrone dell’arte della fellazio.
“Ahhh, siii, bravooo, così, così. Puttana, che bocca che hai! Mmmm, non ti basta mai. Cazzz… aspetta, aspetta”. Con una spinta lo allontanò, lo rivoltò a pancia in giù, gli aprì decisamente le piccole chiappette con le sue grandi mani, ammirò la rosellina ancora bagnata dal precedente rapporto e lo infilzò senza indugio fino in fondo. Sapeva che era così che piaceva a tutti e due.
E tutti e due gridarono un “Ahhh” di soddisfazione prima che cominciasse la desiderata monta animalesca, piena di gemiti, grugniti, frasi oscene, parole smozzicate, dello sciacquettio prodotto dal buco, dal rumore ritmico delle grosse palle pendenti dell’uomo contro quelle del ragazzo, dell’odore di sesso. Fu una scena selvaggia. Non ci volle molto che il maschio eiaculasse tutta la sua calda sborra per la seconda volta in quel tenero corpo sottomesso.

Così, dopo una settimana, Guido volle tornare in quel cinema. Riprese il pullman ma, con la mente alle deliziose porcate che aveva fatto ed a quelle che avrebbe fatto ancora, si distrasse e saltò la fermata dove sarebbe dovuto scendere, sicché scese a quella successiva. Era in aperta campagna e si avviò lungo la strada per tornare indietro, senza un’idea precisa di quanto avrebbe dovuto camminare. Però l’aria fresca, il sole pomeridiano non ancora al tramonto ed il piacere di fare due passi non gli rendeva l’impresa difficile. Passò poco che un trattore non molto grande gli si affiancò.
“Ehi, ragazzo, vuoi un passaggio?”
Si voltò e vide un omone grosso e peloso che si rivolgeva a lui. Indossava una T-shirt sbrindellata e sporca con dei pantaloncini sdruciti e sfilacciati a metà coscia. Rimase un po’interdetto.
“Dai, sali. Non vorrai farti tutta questa strada a piedi!” e gli tese una mano per aiutarlo a salire.
Quando gli si sedette accanto rimase colpito da quelle cosce e quelle ginocchia solide, col pelo che copriva fittamente le gambe e le braccia. Il colorito rosso della pelle rugosa, i baffi grossi e dal taglio deciso, i bicipiti muscolosi, le mani come due pale e l’odore di sudore, di uno che aveva lavorato nei campi tutto il giorno, era intenso. Non doveva avere più di 50 anni anche se poteva sembrare più vecchio, dato il lavoro che faceva.
“Che fai, non parli? Hai perso la parola?”.
“Eh? Si… si… mi scusi. Grazie per volermi dare un passaggio”.
“E già, la strada è lunga. Ma, senti un po’. Ti andrebbe di venire a casa mia anziché in quel lurido cinema? Ci potremmo divertire meglio e più comodamente”.
“Come? Come fa a sapere che stavo andando al cinema?”
“Quel tuo bellissimo culetto stretto in quei pantaloncini è inconfondibile. C’ero pure io, ti ho visto la settimana scorsa e ho visto quello che hai saputo fare e che ti hanno fatto. Me lo hai fatto venire duro come non immagini e avrei voluto anche io venirti dentro, o almeno ricevere una bella pompa da scaricarmi i coglioni. Invece sei scappato via e ho dovuto fare da solo, con la mia mano, immaginandomi di avere te davanti”.
“Mi… mi dispiace, ma ero veramente pieno e mi si stava facendo tardi per il pullman di ritorno”.
“Oggi, se vuoi, dopo essere venuto a casa mia, ti posso riaccompagnare in città. Ovviamente non con questo trattore”.
Sorrisero tutti e due. Quell’uomo non era affatto male e già il buchino sollecitava di conoscerlo meglio.
“Ok, vengo a casa sua. Ma lei vive da solo?”
“Si. Non mi sono mai sposato. Da giovane ho preferito divertirmi e le ragazze non mi mancavano, però nemmeno i ragazzi, e non mi sono mai legato troppo a qualcuno. Uno come te mi potrebbe far cambiare idea”.
“Su questo mi dispiace, ma sono già impegnato”.
“Non troppo, mi è sembrato di capire da quello che ti ho visto fare al cinema”.
“Beh, lui non è qui adesso. E’ all’estero, ma mi permette di fare quello che voglio sessualmente perché… ecco, perché…”
“Sicuramente perché sa che sei una troia incorreggibile. Anche per questo mi sarebbe piaciuto mettermi con te. Ti avrei visto volentieri farti sbranare da tanti maschi che volevano un culo e a cui le mogli non glielo danno, oppure da camionisti di passaggio che hanno bisogno di un buco piacevolmente accogliente”.
“Pensi che il mio buco sia accogliente?”
“Ne sono certo e, se non lo fosse abbastanza, a casa provvederò io ad aprirlo meglio” e si toccava il pacco già piuttosto voluminoso.
“E se io non volessi? Se le dicessi di no?”, disse Guido con un sorriso vezzoso.
“Beh, in tal caso, io…” alzò la mano dal volante come per dire “mi arrendo” ed invece la risbatté sopra e “Ti prenderei con la forza, tanto gricioletto come sei non puoi difenderti. Ti violenterei, ti stuprerei con gran soddisfazione”.
“E chi le dice che non piacerebbe anche a me?”
“Non ne avevo dubbi. Tu prova a rifiutarti e vedrai”. Risero, sapendo che il programma era fatto e deciso.

Arrivarono ad un grande casolare con, accanto ma staccato, l’edificio della stalla che fungeva anche da ovile e pollaio. Tanta terra arata attorno che, come gli disse il contadino, era tutta sua. Entrarono in un piccolo ingresso dove si affacciavano le porte a sinistra del soggiorno ed a destra della cucina. Davanti una scala portava al piano superiore. Il ragazzo si guardò intorno per realizzare dove si trovava, ma venne subito interrotto dalla voce sicura dell’uomo.
“Dai, saliamo subito su in camera, non perdiamo tempo”.
La camera era spaziosa, resa in ombra da pesanti tende a coprire la luce del sole, con un grande letto preparato con lenzuola bianche profumate di pulito. Un armadio, un paio di sedie, una cassettiera ed un grande lampadario dalla fattura più vecchia che antica.
“Spogliati e posa i vestiti su quella sedia” gli ordinò. L’uomo fece in un attimo e, completamente nudo si sedette sul bordo del letto. Guido, invece, si mosse tutto molto lentamente per poter svelare poco per volta le sue grazie adolescenziali, che sapeva irresistibili agli occhi di maschi arrapati. Per ultimo, le mutandine le fece scivolare pian piano dandogli le spalle e inchinandosi in avanti per toglierle, in modo da mostrare bene in tutto il loro splendore le rosee chiappette.
Quando si voltò, rimase a bocca aperta. L’uomo, un vero colosso peloso e muscoloso a cui lui arrivava a malapena al petto, andava segandosi lentamente l’arnese che aveva tra le gambe e che aveva delle dimensioni spaventose. Non era preoccupato però. Era abituato a cazzi di grosse dimensioni. Capì immediatamente che, con quella scopata, avrebbe toccato il cielo e… visto le stelle.
“Vieni qui, recchioncello, ti sto aspettando”, con la mano aperta in atto di indicargli la grossa verga tra le gambe allargate.
Guido si tuffò in ginocchio tra quelle cosce massicce, tirò fuori la lingua ed andò a soppesare la consistente sacca delle palle sudate. Gliele leccò, le succhiò con trasporto, le inzuppò di saliva, poi salì lentamente lungo tutta la mazza, dura come il granito, ricoperta dalla pelle morbida e saporita. Arrivò al frenulo, lo vellicò ma non si decideva ad andare oltre. Il maschio, che fino ad allora si era goduto il lavoro del ragazzo ad occhi chiusi, li riaprì furente.
“Apri la bocca e succhia, lurida puttana. Che aspetti?”
Era quello che gli piaceva sentirsi dire. Aprì più che poteva la bocca, ingollò la cappella e fece aderire al tronco le sue morbide piccole labbra. L’odore intimo del maschio, misto al sudore e ad un leggero sapore di piscio, lo fecero uscire di testa. Non era più un ragazzo, era solo un corpo con due buchi desideroso di soddisfare le voglie egoistiche e perverse dello stallone di turno. Lui non chiedeva di venire, il suo piacere lo traeva dall’essere usato dal maschio, o da tanti maschi insieme. Con le mani appoggiate sul pelo delle solide cosce e la testa a pompare tanto bendidio, tenuta stretta tra le mani dell’uomo che gli davano il ritmo ma non lo costringevano ad ingozzarsi, anche perché, benché ci provasse ficcandoselo in gola, non sarebbe mai riuscito a prenderlo tutto.
Dopo alcuni minuti di maschi grugniti e rumore di suzione, l’energumeno lo allontanò, lo afferrò come una piuma e lo sbatté sul letto a pancia in giù. Gli afferrò saldamente le natiche e gliele aprì.
“Accidenti che rosellina stretta che hai. Eppure ho visto come lo prendevi con facilità”.
“E’ che, non so come, ma dopo un po' che mi hanno scopato si richiude naturalmente”.
“Benedetta gioventù. Avete i muscoli molto elastici, ecco perché. Ma questa volta ci penso io a spaccarti il culo come si deve. Ci vorranno almeno tre giorni per farti rimettere a posto”.
Come da copione “No, non voglio. Lasciatemi. No, no, no” e prese a scalciare e dimenarsi sotto il notevole peso dell’uomo, che gli si era sdraiato sopra.
“Puttana ingoiaminchie, adesso ci divertiamo davvero”. Con una mano gli bloccava il collo contro il materasso e con l’altra puntava il randello al buchino. I movimenti del ragazzo che si divincolava sotto di lui, alzando a tratti il posteriore, non fecero che aiutarlo. Gli ficcò la cappella nel buco squarciandogli l’ano e con rabbia dovette dare tre potenti spinte perché tutto sprofondasse dentro il piccolo corpo sottomesso.
Il ragazzo gridò di dolore, il bestione ringhiò, felice della conquista. Subito cominciò a pomparlo come un animale finché tutto si trasformò in un immenso piacere per tutti e due. Guido sbavava sulle lenzuola con gli occhi sbarrati, mentre alcune lacrime gli rigavano le guance. Ed era un epiteto offensivo (ma piacevole) ad ogni colpo assestato duramente.
“Prendilo tutto frocetto, prendi checca schifosa, prendi piccolo rottoinculo, prendi puttanella, ti spacco il culo. Così si devono fottere le troie come te. Ti piace? E’ vero che ti piace? Dillo… dai dillo”.
Dovette ammetterlo con un flebile “siiiiiii”.
Il maschio lo afferrò per i fianchi e lo tirò su a pecorina.
“Adesso ti svango come una cagna”. E fu di parola. Ci dette dentro senza preoccuparsi di lui.
Guido era certo che da un momento all’altro la bestia avrebbe scaricato tutto il suo succo, invece glielo sfilò di colpo rivoltandogli le budella, con rumore di bottiglia stappata. L’uomo, in ginocchio sul letto, chiuse gli occhi e li riaprì. Si passò il dorso della mano sulla fronte per togliere un po’ di sudore di cui era coperto. Soffiò un paio di volte per riprendere fiato. Il ragazzo si girò, lo osservò ma non capiva perché si fosse fermato, perché stava ritardando così il piacevole orgasmo che li avrebbe travolti tutti e due.
“Ho pensato di fare qualcosa con te che desideravo da tempo, ogni volta che mi affacciavo. Vieni”.
Lo prese per mano e scesero dal letto. Si avvicinarono alla finestra, scostando il tendaggio. Il contadino la aprì e sotto di loro gran parte del campo era ricoperto di alti papaveri. Un tappeto rosso ondeggiante alla leggera brezza, mescolato al verde dell’erba. Il sole stava calando sull’orizzonte. Era un’immagine bellissima e, si potrebbe dire, romantica, benché il buchino arrosato e dolorante di Guido diceva tutt’altro. L’uomo si mise dietro di lui, strofinandogli l’ancora duro randello sulla schiena. Pensava che glielo volesse ficcare lì, in piedi, davanti a quel fantastico panorama. Non era così. Lo prese di nuovo per mano e lo trascinò fuori della stanza, fuori della casa, fino a quel prato.
“Ma dove mi porti? Ma siamo nudi!”
“Non ci vede nessuno. Siamo isolati. Soli in questo mare di papaveri”. Lo strinse a sé e lo baciò. La grossa e rugosa lingua dell’uomo prese il sopravvento nella sua bocca. Fu travolto di nuovo dalla passione, mentre un dito gli entrava nel culetto sfasciato. Lo fece accucciare davanti a sé.
“Riprendilo in bocca e fallo ridiventare duro”. Non ce n’era bisogno, era ancora di marmo e non aveva perso nulla della rigidità precedente. Era un cazzo fantastico: grosso, lungo, rugoso, pieno di vene in rilievo, con due grosse palle pelose pronte ad esplodere. Lo prese comunque in bocca provando un piacere incredibile nel sentirne il sapore (anche se con l’aggiunta dei propri umori anali).
Un attimo e il maschio lo trascinò a terra, lo mise a quattro zampe e lo inforcò fino in fondo come era uso fare con le pecore. Così, senza delicatezza, tanto la voragine era stata già aperta. A differenza di quelle, anziché belare, l’oggetto del suo piacere gemeva e lo incitava a fotterlo duro, sempre più duro.
“Siiiiii, dammelo, siiiiii… Riempimi, riempimi, dammi la tua sborra maschio, sono la tua troia, sono una troiaaa, sono troiaaaaa… ahiiiirrggg”.
Il sole, come una palla di fuoco, tramontò sul campo di papaveri e tutto divenne rosso, mentre un fiume di sperma caldo invadeva il piccolo corpo straziato e il ruggito di soddisfazione della bestia sfiancata si diffondeva ovunque nella fresca aria della sera.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile. Buona sega a tutti).
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