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LE AVVENTURE DEL GIOVANE ANTONIO 4 – Sborra alla spina


di Foro_Romano
27.04.2023    |    7.481    |    3 9.6
"Poi tu sei giovane, hai appena iniziato a conoscere il mondo e non credo che voglia fermarti alle prime esperienze”..."
Arrivò finalmente l’ora e Carlo si presentò puntuale all’appuntamento con Antonio. Il giovane si era fatto una bella doccia rigenerante, pulendo con cura ed a fondo le parti intime che il professore avrebbe certamente usato. Si era vestito in modo semplice, come gli aveva detto, e si spruzzò un po’ di profumo. Appena lo vide, Carlo ne rimase colpito.
“Stasera mi sembri ancora più bello, tesoro”.
“Lo so che ti sono sempre piaciuto, ma non certo all’altezza del tuo Ludwig”.
“Ti sbagli. Ludwig è un bel ragazzino, senza dubbio. Avevo una gran voglia di sverginarlo e l’ho fatto. Ma tu… tu… ecco… hai qualcosa in più che mi affascina. Tu hai un aspetto da angioletto innocente ma, quando ti ecciti, sai diventare la più grande troia del mondo, per poi tornare come prima, come se niente fosse successo”.
“Io sono fatto così”, disse sorridendo in modo malizioso.
“Vieni, andiamo, ti porto a mangiare in un bel ristorante. Ti piace il pesce?”
“Si, certo”.
“Perfetto, andiamo”.

Il ristorante era piuttosto elegante. All’ingresso, una signora controllava sul registro la prenotazione, per poi dare loro un biglietto col numero del tavolo. Si doveva salire una larga scala e, al piano superiore, un cameriere li accompagnò al loro posto. Luci soffuse, una lenta musica di sottofondo, il chiarore tremolante di una candela, posate d’argento, piatti e bicchieri raffinati. Ad Antonio sembrava un sogno. Al suo paesino certe cose le poteva solo immaginare. Carlo gli tradusse le portate del menù e, fatta la scelta, fecero il loro ordine.
Inutile dire che la cena fu eccellente. Sarebbero potuti sembrare padre e figlio, ma i loro sguardi ed i loro sorrisi reciproci palesavano la natura intima del loro rapporto. Al tavolo accanto, una coppia di anziani. La donna li guardava, ogni tanto, con un certo disgusto, ma Antonio, dentro di sé, ne rideva della stupidità umana che vuole giudicare anche la vita privata degli altri solo in base a preconcetti.
Perché due uomini o due donne non possono essere innamorati? Perché, guardandoli, le persone ne sono disgustate? Pensano forse a quello che quei due fanno a letto? Dunque si tratta di immagini erotiche che passano nelle loro menti. Forse pensano alla stessa cosa quando conoscono due coniugi etero? No. E perché? Perché hanno il sesso in testa. Chi è il depravato, allora? Chi lo fa o chi lo pensa?
Era appena smesso di piovere. Usciti dal locale, fecero una breve passeggiata nelle strade deserte, dove le luci dei lampioni si riflettevano come tante piccole stelle sull’asfalto bagnato e si confondevano con quelle vere, in alto, nel cielo scuro ormai libero dalle nuvole.
“Carlo, è stata una serata meravigliosa. Mi vuoi far innamorare di te? Sei un bel uomo, mi piaci, sai fare l’amore divinamente. Se mi dai l’anello adesso, ti dirò certamente di si”, disse ridendo.
“Oh, tesoro, non mi dispiacerebbe affatto, ma non ho alcuna intenzione di iniziare una relazione. Non sono fatto per quella. Mi piacciono le cose belle, mi piace vivere bei momenti con belle persone, mi piace scopare ma, come col cibo, mi piace assaggiare di tutto. Forse anche avere delle preferenze ma rimango un onnivoro. Poi tu sei giovane, hai appena iniziato a conoscere il mondo e non credo che voglia fermarti alle prime esperienze”.
“Hai ragione. Devo imparare a pensarla come te”.
“Goditi la gioventù. Quando sarà il momento di fermarti e tirare i remi in barca lo capirai da solo. Per l’appunto, la serata non finisce certo qui. Ti porterò a fare una nuova esperienza che ti piacerà, prima del tuo rientro in Italia”.
Raggiunsero un locale gay dove, entrando, c’era un grande banco bar illuminato, diversamente dal resto che rimaneva sempre un po’ in penombra. Carlo condusse Antonio in un piccolo camerino dove era una panca imbottita e, su un lato, un grande foro circolare nella parete.
“Spogliati completamente, altrimenti potresti sporcarti, e metti i vestiti in questo angolo”. L’uomo guardò il giovane eseguire quanto gli aveva detto. Benché non ne capisse il motivo, lo fece. Certo il suo corpo era veramente bello: magro ma non troppo secco, la pelle ambrata e quel culetto perfetto, leggermente peloso con, al centro, un buco oscuro ormai evidentemente allenato a grossi calibri. Avrebbe voluto fotterselo subito ma si trattenne. Voleva fargli provare prima un altro tipo di pratica sessuale.
“Adesso siediti qui, davanti a questo buco e aspetta”. Non passò molto tempo che, dal foro, apparve un cazzo tozzo, più grosso che lungo, eccitato ma non ancora duro, che sembrava appartenere ad un maschio giovane. Sotto di esso pendeva uno scroto abbastanza peloso. Antonio si voltò verso Carlo. Non è che non avesse capito cosa avrebbe dovuto fare, ma era come chiedere il permesso di farlo.
“Dai, su, che aspetti. Datti da fare. Apri la bocca e fallo godere”. Il ragazzo avvicinò le labbra, tirò fuori la lingua e lo soppesò. L’odore intimo virile fugò ogni dubbio in lui, seppure ce ne fosse stato, e cominciò a spompinarlo di gusto. Udiva i gemiti del fortunato oltre la parete che lo spronavano a pompare sempre più forte. Sentire di poter far godere un maschio con la tua abilità è assolutamente appagante. Quando capiva che quello stava per venire, sospendeva le succhiate per passare a lappare i coglioni e quindi tornare ancora a sbocchinarlo. Decise lui quando lasciarlo eiaculare e, quando fu il momento, si staccò e quello, con un guaito liberatorio, gli riempì la faccia di tanta crema profumata. Fortuna che riuscì a chiudere gli occhi per tempo. Ne era completamente coperto. Allungò la lingua e lo ripulì delle ultime gocce prima che si ritirasse via.
“Ma che hai fatto! Guarda come sei ridotto”. Carlo prese della carta he si trovava lì apposta per ripulirgli quel visino sempre così angelico, nonostante fosse coperto di sborra. Lo osservò qualche secondo, eccitato da quella visione perversa, prima di farlo.
“Non devi tirarti indietro. Devi ingoiare tutto. Non lo fare più. Adesso verranno altri e tu dovrai bere fino alla fine, tutto. Chiaro?”. Antonio annuì, soddisfatto comunque della nuova esperienza. Si leccò le labbra ancora umide del seme del maschio e ne gustò il sapore dolciastro.
Non passò molto tempo che un altro uccello uscì da quel nido. Questa volta si vedeva che era di un uomo molto più maturo, forse sui 60 anni, ma veramente interessante, specialmente in lunghezza. Il ragazzino aprì la bocca e cominciò a pomparlo con tutta l’esperienza che aveva fatto in quei giorni. Il cazzo era subito diventato di marmo e in poco tempo se ne venne, accompagnato da un grido ingolato. Questa volta bevve tutto, ed era tanta. Era diversa dal primo. Ne sentì bene la differenza nel sapore, nella densità, nella vischiosità. Si voltò sorridente, sicuro di aver fatto un buon lavoro.
“Bravo. Sei proprio bravo a spompinare. Hai imparato subito e bene. Bravo! Ecco, ecco, eccone un altro. Ricorda, devi bere sempre tutto”.
Un grosso bastone dritto e con una grande cappella era comparso. Era di un negro, forse sui 30-35 anni, dall’apparenza molto prestante. Antonio pensò che avrebbe fatto la felicità del suo buco ma anche per una buona pompa non era niente affatto male. Ci si mise ancora di impegno. Durò più del vecchio ma, quando ormai le mascelle e la gola cominciavano a fargli male, finalmente scaricò tutto il suo succo nella sua bocca, a più riprese, e ogni volta lui deglutiva. Anche questo aveva il sapore diverso dai precedenti. In questo modo era in condizione di confrontare subito le differenze nel succo di un uomo da quello di un altro.
Per un’ora buona poté assaggiarne una decina. Senza sosta. Uno dopo l’altro. Ne aveva lo stomaco pieno, ma tutte quelle forme e dimensioni, tutti quei profumi, tutti quei sapori lo invitavano a proseguire forse all’infinito. Era un piacere enorme dare piacere a tanti maschi. La sua stessa eccitazione era salita sempre più, tanto che si era messo in ginocchio sulla panca in maniera, forse inconsciamente, di esporre il suo sederino allo sguardo di Carlo, nella speranza che quello volesse prenderlo.
In effetti, l’uomo era al limite. Approfittando del fatto che il giovane era distratto, impegnato di spirito e di bocca nell’ennesimo pompino, aveva dovuto aprirsi i pantaloni e far prendere aria alla bestia che scalpitava segandola lentamente. Si denudò anche lui completamente, accarezzò quelle due chiappette perfette che aprì leggermente coi pollici, poi sputò due grossi grumi di saliva all’imbocco di quella affascinante caverna, un altro per lubrificarsi la mazza. Lo afferrò per gli stretti fianchi e, offuscato dalla libidine, con un potente affondo, lo squarciò e sprofondò fino alla fine dentro di lui.
La puttanella fu spinta in avanti, tanto che il naso sprofondò nei peli pubici e la cappella che aveva in bocca nella gola a tappargli il grido di dolore e piacere che stava provando. Allungò le braccia indietro a toccare le grandi cosce pelose dell’uomo che lo stava sodomizzando, i muscoli guizzanti tesi nello sforzo dell’inculata. L’uomo, incapace di rallentare, eccitato all’inverosimile dalla troiaggine del cucciolo, si piegò ad abbrancare quel corpicino sotto di lui, facendogli aderire l’ampio torace villoso alla schiena e prese a montarlo ferocemente, senza tregua. La sua forza belluina era desiderosa solo di appagare la sua voglia di scaricarsi i coglioni.
Pochi minuti e l’uomo spompinato, capito quello che stava succedendo al di là della parete, sparò una serie di bordate di caldo succo dentro le tenere labbra che gli avvolgevano il cazzo e poco dopo, quando il giovane aveva finito di ingoiare tutto, il grosso animale che lo stava fottendo senza pietà rizzò la schiena, dette tre affondi secchi, e si lasciò andare con un ruggito a riempire quel corpicino anche del suo carico, questa volta direttamente nelle viscere così ruvidamente svangate. Un rantolo e anche il piccolo venne senza toccarsi.
Il mondo si fermò, coi cuori che battevano all’impazzata, poi sempre meno. Quando i due ripresero coscienza di sé, Antonio, sempre infilzato da quel palo nodoso che aveva difficoltà ad ammosciarsi, sollevò il busto, voltò ed alzò la testa a guardare il viso stravolto di Carlo che si abbassò per regalargli un bacio, il più profondo possibile in quella difficile posizione, abbrancandogli la testa con la sua grossa mano. Fu mentalmente faticosa ma ineludibile l’uscita lenta della proboscide dal buco disfatto del ragazzo. L’uomo prese la carta e se lo pulì poi, con altra si dedicò a pulire con meticolosità l’antro sfondato da cui fuoriusciva il suo seme e scivolava lungo la gamba, quasi come per scusarsi di essere stato così feroce, accecato dalla lussuria. Antonio gli sorrise.
“Grazie” ed era chiaro che non era solo per la gentilezza appena ricevuta ma anche per la furia con cui lo aveva sbattuto.
“Grazie a te, piccolo” e lo abbracciò, avvolgendolo con le sue grandi e forti braccia pelose e restando così per qualche secondo.
“Beh, direi che è ora di andare. Hai bevuto abbastanza, credo. La tua esperienza di sborra alla spina l’hai avuta. Andiamo a casa mia e dormirai con me per questa notte… sempre se vorrai dormire”.
“Ok, si, andiamo, però non ho ancora sonno. Spero che mi aiuterai”.
“Certo! Vedrai che massaggio delicato ti farò”.
“Non provarci neppure… ad essere delicato, intendo”, disse con sorriso malizioso.
“Puttanella che non sei altro! Domani dovrai camminare a gambe larghe e con un tappo al culo per evitare di perdere tutto il succo che ti avrò sparato dentro. Sarà più di quello che ti sei ingoiato stasera. Stanne certo”.
“La prendo come una promessa” e così fu per qualche ora ancora prima di prendere sonno.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile. Buona sega a tutti).
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