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Gay & Bisex

UNA NOTTATA PARTICOLARE


di Foro_Romano
20.01.2017    |    14.678    |    4 9.6
"“Nun avevi detto che te piace de fatte monta’ da ‘n omo eccitato? Beh, adesso m’hai eccitato e te spacco er culo come dico io”..."
(Racconto n. 77)

Alberto era andato a passeggio in centro solo per vedere un po’ di vetrine e di movimento. Sapeva di essere un bel ragazzo: piccolino ma ben proporzionato e con una faccia semplice e pulita da bravo ragazzo di buona famiglia. A guardarlo, nessuno avrebbe immaginato quanto gli piaceva il cazzo e quanto desiderava farsi sbattere come una puttana. Preferiva gli uomini più grandi di lui ma non disdegnava nessuna opportunità che gli si presentasse, anche con suoi coetanei. Purtroppo non è che avesse mai avuto molte occasioni. Si potevano contare sulle dita di una mano e nessuna, per quanto bella, aveva portato ad una relazione stabile ma a lui non interessava. Voleva solo divertirsi e godersi la vita.
Non si aspettava, quindi, mentre era intento ad ammirare un maglione in una vetrina, che gli si avvicinasse un uomo maturo di almeno trent’anni più di lui che gli si rivolgesse con una bella voce profondamente virile.
“Non te lo consiglio. Per te sarebbe più adatta una maglia più aderente (te lo puoi permettere, col tuo fisico) e che si fermi alla vita, così da mettere in evidenza questo bel culetto che hai”.
Accidenti! Andava dritto al dunque! Si girò a guardarlo. Era un bell’uomo alto e signorile. Elegantissimo nel suo abito blu fornito anche di gilet. I capelli leggermente brizzolati lo rendevano veramente affascinante. Nessuno avrebbe sospettato certe sue tendenze ma quanto aveva detto non lasciava spazio a dubbi. Ad Alberto piacque come era stato abbordato ed essere apprezzato in quel modo così esplicito da un maschio così attraente lo inorgoglì.
“Lei dice?”.
“Senza dubbio. A casa ne ho uno che certamente ti starebbe alla perfezione e di un colore sicuramente più adatto. Abito qui vicino, vuoi venire a provarlo?” Era chiaro il motivo di quell’invito e l’idea lo stuzzicò alquanto. Accettò senza pensarci due volte.
Si trattava di un grande appartamento in un tipico edificio d’epoca, pieno di bellissimi quadri, tappeti, mobili e soprammobili antichi. Il padrone di casa non si soffermò a mostrargli nessuno di quei pezzi certamente molto preziosi, né tantomeno un maglione, e lo condusse dritto verso una stanza con un grande letto. Lo spinse lì sopra e gli fu addosso. Le labbra incollate alle sue. La lingua gli invase la bocca agitandoglisi dentro. Qualcosa gli cresceva tra le gambe e le spinte di bacino glielo facevano notare, se ce ne fosse stato bisogno.
Si ribaltarono. Adesso Alberto gli era sopra e subito ne approfittò per tuffarsi verso quella protuberanza che voleva essere liberata. Aprì la cinta, slacciò il bottone, abbassò la lampo. Dall’elastico degli slip fuoriusciva una cappella enorme. Abbassò la stoffa e gli apparve il cazzo più grosso che avesse mai visto, tutto rigato da striature bluastre in evidenza. Allargò più che poté le labbra e fagocitò quel che poté di quel gran pezzo di carne. L’uomo si inarcò.
“Ahhh… mmm… No aspetta” Lo scansò e si mise in piedi. “Spogliamoci, staremo più comodi”.
Alberto fece presto: aveva solo i pantaloni, le mutande e, sopra, una maglia ed una felpa. Per l’altro fu più elaborato ma anche lui non ci mise molto. Via la giacca, via il gilet, via la camicia, i pantaloni, le mutande, le calze. Nudo sembrava Ercole in persona. Alto, muscoloso, villoso, larghe spalle, ampio torace, cosce sviluppate e quel gran pezzo di carne rigida che nasceva dal fitto bosco sul pube. Avrà avuto pure la sua età ma era pur sempre un capolavoro della natura. Sul comò era una piccola brocca con dell’acqua. Ne versò un po’ in un bicchiere e prese una pastiglia blu. Si voltò verso di lui, steso sul letto.
“Adesso ti aprirò in due, puttanella”. Lo afferrò per le caviglie e gli si piantò dentro con due potenti spinte, prendendo subito a fotterlo con l’irruenza di un toro da monta. Il giovane non poté fare nulla contro la forza di quell’uomo ma era proprio così che voleva essere usato. Le urla furono soffocate dalla grossa mano sulla bocca ma presto si trasformarono in gemiti quasi femminei. Tra grugniti ed epiteti lussuriosi, l’uomo lo possedette in tutte le posizioni finché, sdraiato sopra di lui con tutto il suo peso, gli alitò nell’orecchio un “Ti vengo in culo, troiaaa” accompagnandolo con una serie di potenti schizzi di sborra dentro di lui. Poi si acquietò, facendo scemare pian piano il respiro ed i battiti del cuore.
Alberto si riprese da quel tornado che lo aveva investito e si rese conto che, nel frattempo, anche lui era venuto, tanto intenso era stato il piacere che aveva provato. Capì che quel grosso palo gli aveva trasformato il buco in una voragine piena del succo virile dell’uomo ma capì anche che non si era minimamente ridotto nelle dimensioni ed era ancora ben piantato dentro di lui. Fu coperto di bacetti sul collo e le spalle.
“Ti ho fatto male? Scusami, non so trattenermi quando un ragazzo mi piace come te. Ho goduto in maniera incredibile. A te è piaciuto?”
“E’ stato fantastico, doloroso all’inizio ma fantastico. Anche io ho goduto tanto”.
“Ho capito subito che sei un maialino adatto per il mio spiedo”. Intanto aveva ricominciato a muoversi su e giù, sempre più veloce. “Non è finita qui, piccolo mio. Ci vuole tempo prima di svuotarmi i coglioni. Prendi” e gli assestò una spinta secca fino in fondo che lo fece contorcere.
Riprese a scoparlo senza sosta col suo grosso cazzo, questa volta favorito dall’assoluta mancanza di resistenza da parte dello sfintere, ormai spanato, e dall’abbondate sbroda in cui era immerso. Gli fece di nuovo provare tutte le posizioni per un tempo ancora più lungo e non si limitò ad una ma gli scaricò dentro altre due sborrate consecutive prima di fermarsi e di uscire da lui. Ad Alberto sembrò che lo sperma gli colasse fuori anche dal naso e dalle orecchie.
Corse in bagno a svuotarsi e pulirsi alla bell’e meglio perché si era fatta l’una di notte e voleva tornare a casa al più presto. Quando tornò in camera, quel signore lo abbracciò e gli dette un bacetto sulla fronte.
“Visto che effetto fanno certi farmaci? Spero che vorrai rivedermi ancora. Ecco il mio numero” e gli dette un biglietto da visita.
“Ti chiamerò. Si è fatto tardi. Potresti chiamarmi un taxi, per favore?”
“Certamente”. Lo fece e voleva anche pagarglielo ma Andrea non volle soldi. Gli piaceva farsi dare della puttana ma solo a letto.
Il taxi non si fece attendere ed arrivò appena lui uscì dal portone. Quando si sedette avvertì una fitta al buco del culo e si rese ancora più conto di avercelo veramente sfasciato. Non gli era mai capitato un cazzo così grosso e così carico. Non aveva mai goduto tanto. Disse l’indirizzo all’autista e rimase nel suo limbo di piacere. Sarebbe certamente tornato da quell’uomo. Intanto il tassista aveva cominciato a parlare in continuazione ma lui non lo stava neanche ad ascoltare. Si limitava ad un verso di assenso ogni tanto, anche se non seguiva molto quello che gli stava dicendo.
“La notte è pericoloso fa’ ‘sto mestiere, sa? Ce so’ stati parecchi casi di rapina ed alcuni miei colleghi sono stati pure menati. Pe’ fortuna che con me nun ce provano proprio”.
A quelle parole Alberto si fece una domanda: “Perché con lui non ci avrebbero provato?” Lo guardò meglio e solo in quel momento si rese conto di che tipo era. Anche se visto da dietro si capiva che era alto e di corporatura robusta, anzi si poteva dire molto muscoloso. Forse faceva palestra. Avrà avuto sui 30-35 anni. Era baffuto ed aveva vari tatuaggi sul braccio che poteva vedere perché indossava una t-shirt a maniche corte. All’orecchio destro due piccoli piercing ad anello. Ogni tanto si girava un po’ e capì che la faccia era proprio da duro. Era certamente un tipo da non incrociare di notte in una strada deserta. Sembrava un avanzo di galera. Certo che con lui non ci provavano a rapinarlo! Poteva anzi accadere il contrario. Sorrise all’idea.
Quello continuava a parlare senza sosta. “Sapesse che gente che gira la notte! Se ne vedono de tutti li colori. Tante prostitute coi pappa. Una vorta due se so’ persino messi a fa’ sesso qui dentro mentre io guidavo. Come se gnente fosse. E poi… sapesse quanti froci e lesbiche che vedo. Anzi, so’ molte de più le lesbiche”.
“E come fa a dirlo?” s’intromise Alberto in quel mezzo soliloquio.
“Ehhh, se riconoscono subito, ‘sti depravati”.
“Non sarà che i froci, come dice lei, non si riconoscono sempre?”
“No, no, li riconosco bene anche quelli”.
Alberto, che si sentiva sereno e soddisfatto con sé stesso per l’incontro avuto, credette che quel tassista omofobo e saccente doveva ricevere una lezione. “Beh, anch’io sono gay. Lo aveva forse capito?”
D’improvviso scese il silenzio. L’autista era rimasto di sasso ed ammutolì. Passò qualche minuto prima che tornasse a parlare. “Ha raggione, nun l’avevo capito… Con la sua faccia così da bravo ragazzo… Ma allora tojeme ‘na curiosità... Permetti che te dò der tu?”
“Si, ok. Quale curiosità?”
“Come te senti da gay? Intendo dire: te piace veramente quello che fai quando fai sesso?”
“Certo che mi piace, e molto. E, se vuoi saperlo, sono passivo”. Ormai non voleva tenersi niente. Si sentiva quasi in vena di confidenze.
“Ma nun te fa male quando… te lo mettono dentro?”
“Si, fa male ma mi piace e così diventa subito piacere. Piacere di essere scopato da un uomo eccitato, da un maschio nel vero senso della parola”.
“Ed a quello che te scopa je piace?”
“Certo! Altrimenti, perché lo farebbe? Gli piace eccome!” Silenzio, poi
“Io nun l’ho mai provato. Quarche vorta c’ho penzato ma me so’ detto che l’altro me deve da piace’ proprio pe’ decideme de fallo”.
“Giusto. Quando lo troverai e sei sicuro che lui ci stia, provaci…” Fu interrotto.
“Tu me piaci”.
Questa volta fu Alberto ad ammutolire. Non se lo aspettava.
“Te va de famme prova’?”
Lo guardò meglio. Il tipo non era affatto male. Il suo aspetto dava proprio l’idea di un vero maschio da monta. Si sentiva completamente sfondato e appagato ma si sa: ogni lasciata è persa. E un’occasione così non capita tutti i giorni.
“Ok, proviamo. Anche tu mi piaci”.
Presto il taxi girò in una strada sterrata di campagna fino a raggiungere un posto isolato, immerso nel buio della notte. L’uomo fermò l’auto, accese la luce interna, scese e aprì lo sportello posteriore, sedendoglisi accanto.
Eh, si, era proprio un gran bel maschio. Alberto gli mise una mano sulla dura coscia stretta nei pantaloni e si allungò per un bacio sulle labbra. Lo fece ma quello con gentilezza lo allontanò.
“Scusami, ma nun so’ abbituato a bacia’ li… maschietti”.
“Ok, ti capisco. Però, se vuoi, puoi anche chiamarmi frocio. Mi eccita molto”. Passò ad accarezzargli la patta, ormai esageratamente rigonfia. Quello si affrettò ad aprirsi i pantaloni e calarsi tutto mettendo in mostra un cazzo enorme quanto quello che Alberto aveva già sperimentato prima. Il ragazzo lo prese subito in bocca e, aiutandosi con la mano, cercò di dare il meglio della sua arte pompinara per far cedere le prevedibili resistenze dell’uomo. Ma, inaspettatamente, non ce ne furono. Fu subito talmente evidente la sua bravura che quello si allungò per dargli più spazio possibile e gli mise una mano sulla testa per dargli il ritmo.
“Ahhh… siii… cosiii… bravo, continua cosiii…”
Il giovane succhiava e risucchiava quella dura minchia che mai aveva provato una bocca diversa da quella di una donna. L’uomo capì che era infinitamente meglio. Non c’era dubbio. La lingua e le labbra sapevano bene cosa fare per dare il massimo del piacere ad un uomo. Contemporaneamente accarezzava la grossa sacca pelosa dei coglioni.
“Accidenti… ce sai proprio fa’… Ahhh, sei meglio de ‘na zoccola… Acc…” Con un gesto rapido allontanò la testa e la bocca che gli stava dando tutto quel piacere. Il giovane lo guardò, con le labbra lucide di bava e precum.
“Nun voglio venitte in bocca, puttanella. Voglio senti’ proprio che se prova a scopatte. Spojate e mettete a pecora, così posso pensare di sbattermi una mignotta e no un frocetto come a te”.
Fu subito accontentato ed ebbe la visione di un bellissimo culetto pronto per essere riempito. Forse era un po’ pelosetto ma con quella luce fioca non ci fece caso più di tanto. Gli afferrò le chiappette tra le mani e, con i pollici, gli allargò lo spacco mettendo in mostra un buco non proprio stretto. Gli infilò due dita dentro facendolo gemere per il dolore. Trovò l’antro ancora umido della sborra di cui si era ingozzato, ma lui non se ne rese conto.
“Ma che anche voi froci c’avete la passera bagnata?”
“Sputaci un po’ di saliva sopra prima di entrare, sarà meno doloroso”, gli suggerì il ragazzo.
“Stronzate! Voglio sentitte strilla’ come un maialino ar macello” e con poche potenti spinte gli ficcò la grossa nerchia fino in fondo, sfondandolo rudemente senza pietà. Alberto urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
“Nun avevi detto che te piace de fatte monta’ da ‘n omo eccitato? Beh, adesso m’hai eccitato e te spacco er culo come dico io”. Entrava e usciva con un vigore inaudito, spanando definitivamente quel culetto che era già stato sottoposto ad una dura prova di resistenza. Ben presto le urla si trasformarono in grida di incitamento.
“Ahhh… dacci dentro maschio… forte, più forte… aaahhh… ancora, ancora… mmm… ooogrrr… che cazzooo…” e sborrò sul sedile. Il maschio nemmeno se ne accorse e continuò a pompare a ritmo serrato ancora per un bel po’. I gemiti del ragazzo si mescolavano ai grugniti animaleschi dell’uomo, lo sciacquettio degli umori al suono dei colpi di bacino assestati dalla bestia infoiata. Senza fermarsi si chinò su di lui e gli sussurrò in un orecchio.
“Sei proprio un frocio schifoso. Te piace sentittelo di’, vero? Fai proprio schifo, puttana rottinculo. Prendete ‘sto carico di sborra. Tiè”. Tre colpi secchi ben assestati e cominciò a vibrare ed a scaricarsi i coglioni dentro la sua pancia, schizzo dopo schizzo. Il tutto accompagnato prima da un rantolo cupo e poi da un urlo liberatorio.
L’uomo rimase così, fermo su di lui, riprendendo lentamente il respiro ed il ritmo cardiaco normali. Gli accarezzò la testa, con tenerezza inaspettata.
“Cazzo, avevi ragione. Avevo sempre desiderato de scopamme un culo così de brutto e nessuna donna aveva mai voluto. Non ho mai goduto tanto. Avevi proprio ragione”. Prese chissà da dove dei fazzolettini e lentamente si sfilò pulendosi la minchia ormai floscia. Ne usò altri per pulire tutto lo sperma che colava fuori da quella che ormai si poteva definire una grotta. Stava per buttarli quando il ragazzo glieli tolse di mano e se li pose sulla faccia per annusarli e leccarli con avidità.
“Sei proprio ‘na maiala!”
“E tu un porco”.
Risero. Si risistemarono e ripartirono, questa volta però il passeggero si sedette accanto all’autista. Giunti a destinazione, questo gli accarezzò ancora una volta la testa.
“Ce rivedremo ancora, spero”.
“Allora mi stai dicendo che adesso ti piacciono i froci?”, gli disse sorridendo.
“Nun lo so, ma de sicuro me piaci tu”.
“Certo che ci rivedremo, ma dammi almeno una settimana per rimettermi a posto il buco”.
“Vorrà di’ che per ‘na settimana nun metterò le corna a mi’ moje”.
“Beh, hai scopato un maschietto. Tecnicamente non sono corna”.
“Vai, scenni, sennò te do ‘n bacio e qualcuno potrebbe vedecce. Ma prima scriveme qui er tuo numero di cellulare” e gli passò un blocchetto di carta.
Si salutarono e da quel giorno, anzi da quella notte, Alberto deve dividersi nel vero senso del termine tra il signore più vecchio ed il tassista, che provvedono egregiamente a dividerlo in due per bene. Il suo buco si è ormai abituato alle loro dimensioni e alla loro furia passionale e non ha certo bisogno di cercarsi qualcun altro. Naturalmente non ha fatto mancare loro neanche molti pompini con ingoio ed oggi può descriverne perfettamente le differenze di sapore tra i due. Dobbiamo dire che fu proprio una notte fortunata.


(Le stesse cose si possono fare con le precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela).

N.B. – La mia precedente storia n. 76 (“Non potevo immaginare quello che sarebbe successo”) non è stata pubblicata. La potete trovare nella lista dei miei racconti.


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