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SCENA DEL CRIMINE


di Foro_Romano
17.01.2019    |    10.806    |    7 9.7
"“Non l’ho mai preso così grosso”, mi sono giustificato..."
(Racconto n. 97)

Nel mio palazzo è successa una vicenda di cronaca nera. Il professore che abitava al piano terra è stato ammazzato da un ragazzo che si era portato a casa. La polizia indaga ed i condomini non parlano che di questo. Persona sempre molto gentile con tutti, della sua omosessualità non parlava ma lo sapevano tutti, per via dell’andirivieni di giovani nella sua casa, che ha l’entrata indipendente dal giardino condominiale.
Un giorno, con me si era spinto un po’ oltre, facendomi capire che gli interessavo, ma lui non interessava a me, per cui gli dissi che non era il caso. Ammetto che aveva un suo fascino. Era professore universitario, molto colto, ma decisamente brutto ai miei occhi. So di essere omosessuale (passivo) anch’io e non me ne faccio un problema. Per tutti sono un bravo e bel ragazzo di 23 anni che vive con i genitori e studia all’università (facoltà diversa da quella del professore assassinato). Forse sono un po’ bassino ma proporzionato, tanto che sembro più giovane.
Le mie avventure le vivo nei bagni della facoltà od in quelli della biblioteca. Sempre con ragazzi miei coetanei o poco più, ma il mio ideale è sempre stato un uomo maturo, forte, deciso, peloso, più grande di me di almeno una generazione, che mi sapesse sottomettere sessualmente. Sembro calmo, ma se mi scaldo divento una troia allupata delle peggiori. Faccio dei pompini con l’ingoio che sono capolavori (a detta di tutti quelli che l’hanno ricevuto) e mi faccio scopare come una vacca, godendo nel far godere il maschio di turno, che puntualmente vuole rivedermi per sbattermi altre volte. Sono selettivo nel concedere il mio corpo, ma quando lo faccio sono un vero campione di troiaggine.
Quella mattina la donna delle pulizie aveva scoperto il cadavere ed i carabinieri hanno subito cominciato ad interrogare porta a porta tutti gli inquilini del palazzo. Di mattina il più delle volte sono ai corsi, mentre il pomeriggio sono a casa a studiare da solo perché i miei lavorano tutti e due in uffici diversi ma staccano alle 17. Beh, non sempre studio. Ritaglio i miei spazi per sentire la musica in cuffia, giocare al computer, intrattenermi su Facebook o guardando qualche sito porno. Quest’ultima cosa la faccio raramente perché poi sono costretto a segarmi, mentre io preferisco la carne vera e sborro bene solo mentre qualcuno mi si ingroppa a dovere.
Siamo in primavera inoltrata e già fa abbastanza caldo, così quel pomeriggio avevo addosso solo una t-shirt bianca e dei boxer coloratissimi, come piacciono a me, quando qualcuno suona alla porta. Senza pensare al mio abbigliamento non certo castigato, vado ad aprire nello stesso momento che chiedo
“Chi è?”
“Carabinieri signora… ohhh scusami… ho pensato che fossi una donna. Scusami”
“Non si preoccupi. Non è la prima volta. Lo so, la mia voce è abbastanza leggera, forse perché non fumo”.
La mia risposta è scattata automaticamente. Ci sono abituato. Ma poi ho realizzato che davanti a me si era materializzato il mio sogno. Un maschio di 50 anni o poco più da farmi sciogliere. Molto alto, sarà stato oltre il metro e 90, la pelle olivastra, moro ma brizzolato alle tempie, con un paio di baffi folti e neri. Mi ha ricordato certi maschi dei filmini anni ’80, sul tipo di Chad Douglas o Tom Selleck, per intenderci. Per di più in divisa da carabiniere (per me la migliore). Sono rimasto un po’ imbambolato e mi è sembrato che mi ha guardato in maniera strana.
“Sono il maresciallo Simoni. Posso farti qualche domanda riguardo quello che è successo qui?”
“Certo”, sono riuscito a spiccicare. Mi ha stretto la mano. E che mano! Era enorme. Fortuna che non ha stretto forte, altrimenti mi stritolava la mia. L’ho fatto entrare e ci siamo messi in salotto (mmm dove l’avrei portato io!). Lui sul divano ed io in poltrona davanti a lui. Mentre si sedeva si è toccato decisamente il pacco, certo per sistemarlo meglio, così l’occhio mi è caduto tra le sue gambe e quel pacco prometteva proprio bene. Ce l’avevo di fronte e sudavo ancora di più. Ho fatto gli onori di casa.
“Posso offrirle qualcosa?”. So io cosa gli avrei offerto.
“No, no, grazie, sono in servizio. Mi dica. E’ solo in casa?”. Logico che volesse sapere se c’era qualcun altro a cui fare le domande. Ed io sempre a pensar male. Il suo accento era decisamente napoletano.
“Si, sono sempre solo il pomeriggio. I miei lavorano… Fino alle 18”. Perché avevo fatto quell’aggiunta? Forse non ce n’era bisogno. Ed ancora mi ha guardato strano. Non è che stava pensando che io c’entrassi qualcosa con l’omicidio?
“Cosa sa dirmi sul professor Gioacchini?”.
“Ma, niente di particolare. I normali saluti quando ci si incontrava. Niente di più”.
“E’ mai stato a casa sua?”. Pensava forse che c’ero stato a letto?
“No, mai”.
“Scusami, ma… sa… a lui piacevano i ragazzi e tu sei un bel ragazzo”.
“Trova?”. Forse l’ho detto in maniera un po’ vezzosa. Ci fu un lungo silenzio durante il quale ci siamo guardati negli occhi. I suoi erano chiaramente indagatori. Pensava che mentissi o voleva sapere di me?
“Insomma, non hai nulla da dirmi. Beh, allora vado. Devo chiedere anche agli altri del palazzo”. Si è alzato e il mio occhio è caduto ancora sul cavallo dei suoi pantaloni. Stavo per svenire. Ho avuto l’impressione che il cazzo gli si fosse allungato sulla coscia. Le mie solite fantasie, ho pensato.
Quando ho chiuso la porta di casa mi è sembrato che il mio buco avesse una contrazione, come se dicesse “Che ti sei perso!”. Ho ripreso a studiare ma non ci stavo più tanto con la testa. Ero come stordito. E il buchino boccheggiava. Verso cena sono riuscito a superare la cosa, quando ho raccontato i fatti ai miei. Non i miei pensieri, naturalmente.
Il giorno dopo, verso le 15, suonano di nuovo alla porta e io mi trovo vestito (se si può dire) come il giorno prima. Vado ad aprire ed è ancora quel carabiniere, questa volta in abiti civili, ma non è che ci perdesse. Giacca, camicia bianca col colletto aperto di due bottoni e le maniche rimboccate (gli si vedeva un folto pelo sul petto e sulle braccia). Questa volta non me lo aspettavo e sono rimasto ancora di più a bocca aperta. Quando mi sono ripreso
“Oh, è lei. Mi scusi, quasi non l’avevo riconosciuta senza divisa. Prego si accomodi” ed andiamo ancora in salotto ed ancora si è toccato il pacco nel sedersi a gambe aperte.
“Immagino che anche oggi tu sia da solo in casa”. Io ho annuito.
“Mi preferivi in divisa?” ha aggiunto.
Che domanda! Non sapevo che rispondere o forse stavo analizzandola scelta.
“Adesso sono fuori servizio, però mi sono venuti alcuni dubbi e vorrei farti alcune domande. Ieri ti ho visto titubante nel rispondermi. Ci hai pensato? Hai qualcosa da dirmi?”
“No, riguardo l’omicidio niente. E’ che… quando mi ha detto che sono un bel ragazzo…”
“E’ la verità! Ma sarai abituato a sentirtelo dire”
“Si, vero, ma… detto da lei…”
Si è proteso dal divano fino a mettermi la sua grossa mano sul mio ginocchio. “Detto da me ti ha fatto più impressione? Perché?”
A quel punto sono stato sincero. “Perché anche io trovo che lei è un bel uomo”. Ecco, l’avevo detto.
Si è alzato e mi si è piazzato davanti. Si è chinato, mi ha sollevato la testa con una mano sotto il mento, e mi ha dato un breve tenero bacio labbra contro labbra. Silenzio. Ci siamo guardati. Voleva vedere come la prendevo. Non ho detto niente ed ho socchiuso la bocca. Si è chinato di nuovo per un bacio questa volta più energico. La sua lingua è entrata prepotentemente per prendere possesso della mia. Lingua su lingua, saliva su saliva. Mi sono aggrappato alle sue solide cosce. Si è raddrizzato e si è toccato l’attrezzo. Sotto la stoffa si vedeva la sua presenza molto consistente. Ce l’avevo all’altezza del viso.
“Ecco che effetto mi fai. Lo vedi?”. Mi ha afferrato la testa e se l’è spinta sul bozzo. “Lo senti?”, continuando a strofinarmela sopra. “Questa notte non ho fatto che pensare a te. Ho scopato mia moglie come non facevo da tanto tempo, ma pensavo a te. Che hai fatto, mi hai stregato? Lo vuoi assaggiare? Vuoi sentire che sapore ha? Se è di tuo gusto?”
Non ho detto niente. Ero nel pallone. Lentamente si è sganciato la cintura, si è slacciato il bottone, ha tirato giù la lampo e poi pantaloni e mutande assieme, fino alle ginocchia. Che spettacolo! Le cosce muscolose e pelose, la grossa sacca delle palle gli pendeva sotto una mazza da Oscar ancora in crescita. Non c’ho pensato due volte e l’ho imboccata, cominciando a leccarla e succhiarla facendolo gemere di goduria.
“Ahhh… allora ti piace! Sei finocchio ragazzo, un bellissimo finocchio. Bravo, succhiami il cazzo, succhia. Ci sai fare”.
Prendendomi per i capelli, mi ha sfilato il cazzo dalla bocca ed ha diretto la mia testa verso i coglioni. “Leccami le palle, finocchio. Siii, leccale tutte, puliscile dal sudore. Pesale con la lingua. Sono di tuo gusto?”.
Io annuivo con mugolii e lui, nel frattempo si è tolto la giacca e slacciato la camicia. Lo guardavo da sotto e sono rimasto affascinato dal suo corpo perfetto, solo un po’ di pancetta dovuta all’età. Tutto era coperto di pelo che si distingueva più denso all’altezza del torace e lungo una linea che raggiungeva il pube, anch’esso molto folto.
Mi ha quindi preso la testa tra le mani e mi ha ficcato la mazza in bocca, che aveva raggiunto delle dimensioni che non avevo mai visto. Ho dovuto aprire il più possibile per farla entrare, ma poi voleva forzarmi la gola. Tanto ha spinto che mi è entrata nell’esofago, strozzandomi. Mi è mancato il respiro e l’ho guardato. Una lacrima mi scendeva lungo la guancia.
“Respira col naso”. Nessun maschio mi aveva mai usato così, ma lui mi piaceva da impazzire e ho fatto quello che mi ha detto. Ci sono riuscito. Mi ha pompato in gola come fosse una fica e le lacrime continuavano a scendere, mentre in bocca ero stracolmo di muco che mi scendeva sul mento.
Mi ha liberato ed io ho tossito ed ho potuto riprendere fiato. Tenendoselo in mano me lo ha puntato sul viso. “Avrei voglia di coprirti di sfaccimma e di fartela ingoiare ma voglio di meglio. Voglio vedere quanto si’ troia”.
Detto questo, mi fa mettere in ginocchio sul divano, le mani protese verso lo schienale, il culetto verso di lui, e mi abbassa i boxer, mettendomi a nudo il sedere. Me lo ha agguantato con le sue grandi mani, i pollici nella fessura ad aprirmi e mettere in mostra il buco. Uno sputo e un dito grosso come un piccolo cazzo mi è entrato dentro e si muoveva su e giù.
Non ho potuto trattenere un “Ahhh”.
“Che frigni. E’ solo un dito. Vedrai tra poco che ci infilo qui dentro”. E giù a spingere.
“Non sei nuovo, lo sento” e le dita sono diventate due ma ormai il mio orifizio si era allentato e ho cominciato a gemere di goduria.
“Vedo che apprezzi”. Altro sputo sul buco ed altro sulla mano a bagnare il cazzo per prepararlo. Lo ha appoggiato al buco ma non riusciva ad entrare. Scivolava via.
“Dai, rilassati. Apri ‘sto culo”.
“Non l’ho mai preso così grosso”, mi sono giustificato.
“C’è sempre una prima volta. E’ arrivato il momento di farti sfondare come si deve. Devi farmi vedere quanto ti piace il cazzo”.
Ho portato le mie mani dietro ed ho allargato più che potevo le chiappe. Lui, con una mano mi teneva una spalla e con l’altra ha puntato l’obiettivo. Ha spinto con decisione e la punta è entrata. Un’altra spinta e la cappella mi ha slabbrato il buco e si è assestata dentro di me, fermandosi.
Il dolore è durato un attimo. Quando ho sentito di essere pronto ho rimesso le braccia contro lo schienale. “Fammi tuo”. Mi ha afferrato per i fianchi ed ha dato una serie di spinte gentili ma decise. Centimetro dopo centimetro è entrato in me. Mi sentivo squartare per quanto era grosso, ma più sentivo dolore e più provavo piacere ad essere scopato da quel tronco venoso. Persi la testa.
“Scopami, scopami, dai, dai, forte, forte, forte” e lui è partito a fottermi sempre più forte.
“Ahhh, siii, ti sfondo puttana, ti sfondooo, ti spacco il culooo. Sei una troia, troiaaa”.
Gemevo, godevo, lo incitavo. Il ritmo sempre più forte. Il rumore delle grosse palle sbattute contro di me lo segnavano. Ad ogni affondo mi sembrava di sentirlo in gola. Stava per venire, lo sentivo. Mi stavo preparando ad essere allagato, invece… invece l’ha sfilato di botto, rovesciandomi le budella. Voleva sborrarmi addosso?
“No, ti prego, ancora, scopami ancora”.
“Si, certo che ti scopo ancora, lurida zoccola”. Mi ha girato di schiena, mi ha tolto i boxer e mi ha sollevato le gambe fino alle sue spalle. Sono talmente più basso di lui che non riuscivano a superarle. Questa volta mi è entrato dentro con un’unica spinta, grugnendo come un maiale, ed ha ripreso a fottermi con tutta la forza che aveva. Si è abbassato a baciarmi profondamente. Il suo pelo sul mio corpo. Godevo. Mi sentivo aperto in due. Mi sentivo l’oggetto delle sue voglie.
“Fottimi, fottimi. Non ti fermare. Ahhh, siii, ahhh”.
Ha ritirato su il busto continuando a scoparmi, mi ha afferrato per le caviglie giusto in tempo per vedermi venire abbondantemente sulla pancia, senza toccarmi.
“Godi come una femmina. Ti fotto la fica. Sei la mia troia, prendi, prendi…”. Quattro o cinque spinte da sventrarmi completamente, si è inarcato verso l’alto e un ruggito animalesco ha accompagnato la sua esplosione dentro di me. Un fiume di sborra mi ha riempito la pancia scattando e gridando ad ogni fiotto. Non finiva mai di venire.
Alla fine si è accasciato su di me, svuotato. Ero piegato in due col suo cazzo ancora rigido dentro di me. Ha capito quasi subito che non ero a mio agio in quella posizione e, lentamente, si è sfilato. Quando la cappella è uscita ha fatto il rumore della bottiglia stappata e tanto succo l’ha seguita fuori, come la schiuma dello champagne. Incredibile, ma la vista del suo grosso cazzo, lucido della sua sborra e dei miei umori, mi ha eccitato così tanto che sono venuto un’altra volta. Proprio come una femmina. Come aveva detto lui.
Un attimo di silenzio, poi ha sorriso e mi ha accarezzato la testa. “Sai una cosa? – ha detto con calma – Questa è la prima volta che faccio sesso con un maschio”.
“Davvero?! Non mi sei sembrato così impacciato”.
“Certo, perché so come si fa l’amore. Ma tu… si, si, tu mi devi aver stregato”.
“Ti giuro che io non faccio e non so fare certe pratiche”.
“Eri così eccitante, mezzo nudo. Questo tuo bel corpicino… le tue chiappette. Le ho notate subito quando ti sei girato per accompagnarmi in salotto. Ho sentito subito che il cazzo mi si agitava e, mentre parlavamo, è stato un crescendo. Se non avessi avuto da lavorare, ti sarei saltato addosso e ti avrei fatto mio con la forza. Sono praticamente scappato”.
“Oh povero me. Cosa mi avresti fatto!”, ho detto con ironia.
“Ma non sono riuscito a dimenticarti”.
“Beh adesso che mi hai scopato mi dimenticherai”, dissi con un certo timore.
“Piuttosto adesso non ti dimenticherò più. Sei stato eccezionale. Ho goduto come non facevo da quando ero giovane. E poi, alle donne non piace essere trattate così duramente, né a parole e né a fatti”.
“Invece a me si”.
“Me ne sono accorto, zoccoletta”. Quell’uomo con l’aspetto da macho virile mi ha guardato con tenerezza. “Ma io ti piaccio?”.
“Moltissimo. Sei il mio uomo ideale”.
“Ma potrei essere tuo padre”.
“Che vuol dire? Mi piaci così. Certo con mio padre non lo farei ma tu puoi usarmi ogni volta che ne hai voglia”.
“La voglia me la metti te” e mi ha stretto tra le sue forti braccia, allora gli ho toccato l’uccello.
“Ricominciamo?”
“Ehhh, non sono più un ragazzino che mi torna duro così facilmente”.
“Io direi di si. Guardalo”. In effetti non si era poi tanto ammosciato e lui non se ne era accorto.
“Accidenti! E’ senza dubbio effetto di stregoneria”.
Mi sono abbassato e gliel’ho preso in bocca. In pochissimo tempo è tornato duro come l’acciaio. Mi sono messo a pecora ed anche questa volta è entrato con una sola spinta, tanto ero slargato e umido di sborra. Mi ha cavalcato per un bel po’. Godevo e sbavavo come un ossesso, sentendo quel grosso palo che mi scavava le viscere senza pietà. E lui godeva con me.
“Ohh tesoro mio, ti amo” mi ha detto mentre mi fotteva come un animale ed io, non sapevo se fosse sincero o era preso dalla foga del momento ma ho voluto credergli. Mi sono sentito completamente suo e non mi sono trattenuto. Mi sono sciolto in un orgasmo pazzesco. Mi ha abbracciato forte mentre ero scosso dal piacere. Il suo corpo possente e peloso era un tutt’uno col mio, mingherlino e pallido.
“Ohh amore, amore, amore”. Appena ho finito di eiaculare ha cominciato lui, svuotandosi ancora i coglioni dentro di me. Ero completamente pieno della sua sbroda. Siamo rimasti così avvinghiati per alcuni minuti. Mi baciava sul collo, mi leccava le orecchie. Eravamo in paradiso. Quando è uscito da me, ha infilato due dita nel buco sfasciato e le ha tirate fuori bagnate della sua sborra. Me le ha messe sulla bocca e io le ho ripulite per bene.
“Minchia, quanto sei troia! Anche tu sei il sogno della mia vita. Voglio farti un discorso serio. Per te lascerei tutto e tutti ma devo essere obiettivo, almeno per ora. Dobbiamo andarci cauti. Sono un uomo sposato da tanto tempo, ho due figli (della tua età, tra l’altro) ed un mestiere abbastanza vincolante, ma non voglio perderti. Ti posso sembrare uno stronzo ma, se sei d’accordo, vorrei poter venire ogni tanto, senza impegno”.
“Invece tu dovrai venire tutti i giorni perché tutti i pomeriggi io sono qui da solo. Ci penserò io a farti ‘venire’ come si deve”, ho detto scherzosamente.
“Beh, tutti i giorni non potrò per colpa dei turni. E poi così almeno tu potrai studiare un po’, ragazzino depravato che non sei altro”. Ridemmo.
“Però la prossima volta vieni in divisa e io farò la parte del delinquentello arrestato che devi mettere in riga”.
“Altro che in riga, ti metterò in palo”, indicando il suo cazzo. Ridemmo ancora.
Così è cominciata la nostra storia e dura da più di un anno, senza che nessuno si sia accorto di niente, a parte un suo collega col quale è di pattuglia quando sono di turno. Si perché, se lui ha voglia di me qualche sera ma deve lavorare per le strade, allora ci diamo appuntamento ai margini del parco vicino casa mia. Mentre il collega rimane nella volante, lui scende e viene verso di me. Io mi accoscio, glielo tiro fuori dalla divisa e gli faccio una pompa con ingoio da svuotargli i coglioni. Mi da un bacio in fronte e torna in auto, mentre mi pulisco la bocca con le dita e me le succhio. Al suo collega ha detto tutto e chissà se un giorno me lo presenterà. E’ tanto carino! Che mignotta che sono!
Ah, per la cronaca. L’assassino del professore poi lo hanno preso. Adesso è in galera. Povero professore: lui ha perso la vita ma io ho trovato un amore.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).

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