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Gay & Bisex

scoprire le senzazioni nuove


di Alvertn
26.07.2013    |    10.242    |    0 8.8
"Si gioca e si schiamazza, si scherza..."
Mattina, mi sveglio prestissimo ancora tormentato dai dolci pensieri della notte, fuori dal letto e faccio abbondante colazione, sono affamato.
E si, la serata mi ha consumato energie. Poi esco e aspetto il carretto, carico le varie cose e con gli altri ragazzi vado in spiaggia.
Si gioca con i cavalloni, che per noi sembravano grandissimi ma che oggi vedi che sono onde. Bagni, fuori con i materassini e maschere a cercare di vedere pesci che poi sono aolette, ancora fuori ad asciugarsi al sole e di nuovo in acqua.
Una partita a calcio, facendo le porte con rami bruciati dalla salsedine, correndo a piedi nudi sulla sabbia rovente che ci obbliga di tanto in tanto a entrare in acqua per raffreddarli.
E di nuovo a giocare e correre.
L’unica sosta sotto l’ombrellone della giornata per mangiare alcuni frutti, e dissetarsi.
Crema solare messa ovunque al mattino e nella sosta pranzo per proteggersi. Il sole però sulla pelle si faceva sentire e il calore cresceva. Accaldato mi buttavo in acqua e rimanevo giù immerso sino alle spalle a godermi quella frescura e scambiare con il mare il calore del mio giovane corpo.
E’ un sistema che avevo scoperto, che fissava l’abbronzatura ma evitava di avere scottature solari, il mare freddo rispetto alla pelle scaldata dal sole, la raffreddava velocemente e a rimanerci aumentava il piacere.
La giornata scorre in allegria, in giochi e bagni. E’ il contadino, di cui non ricordi il nome, che ci riporta alla realtà, venendo a riprendere le cose.
Al suo richiamo pronti ci si organizza per riporre gli ombrelloni, maschere pinne, asciugamani e il tutto una volta ordinato in borse, portato sul carretto.
A turno uno di noi conduceva il cavallo. Dico conduceva ma nella realtà andava diritto per la strada qualsiasi cosa volessimo fargli fare. Ma per noi era una emozione unica. Guidare un cavallo alla nostra età. Da raccontare agli amici una volta tornati in città per fare invidia.
Fermato il carretto davanti alle case si scaricava tutto assieme poi ogniuno prendeva le propri cose e si avviava alla casa.
Depositato il tutto, in bagno a farsi la doccia per togliere la salsedine cristallizzata che si vedeva sulla pelle e che al sole brillava come piccoli diamanti.
I compiti prima di cena e cena abbondante per noi piccoli esseri affamati da una giornata all’aperto.
Poi di nuovo fuori. Ci si trova tutti davanti al piazzale della stalla, vicino al recinto dei cavalli. Sullo steccato del recinto ci sediamo in attesa che qualche cavallo si avvicini m oggi capisco che con il casino che facevamo era impossibile che succedesse.
Di tanto in tanto il mio sguardo correva in fondo alla retta dietro il covone in cui era la tenda. Nessun movimento, e George non lo avevo visto in tutta la giornata.
All’imbrunire si gioca a nascondino. Vincolo sono massimo 200metri dalla “tana” con il “punto mio libera tutti” dell’ultimo.
Si gioca e si schiamazza, si scherza.
Poi vedo o meglio sento il rombo di un motore, guardo con attenzione in quella luce soffusa che prepara il buoi della notte. Già alcune lucciole si potevano vedere. Il faro e le luci del siluro, si era lui. Dove sarà andato. Chissà che ha fatto in giro.
Finito la partita a nascondino avviso che vado a farmi un giro e mi avvio verso la spiaggia, poi entro nel bosco di pioppi e passando distante ritorno parallelo alla strada e arrivo alla tenda da dietro il covone. E l’ho davanti a me.
La luce interna faceva il gioco delle ombre cinesi e sagome scure scorrevano sul telo della tenda.
Io fermo in attesa di decidere cosa fare. Farmi avanti e disturbarlo o rinunciare e lasciarlo in pace, preso da questo quesito osservavo le ombre cercando nel contempo di immaginare cosa succedesse in tenda. Giochi di fantasia col quelle ombre.
La curiosità per vedere meglio mi porta ad avvicinarmi e lo faccio con discrezione piano per non farmi sentire, passo dopo passo, appoggiandolo felpatamente sul terreno. Un crac di un legnetto non visto, un rumore sordo nel silenzio, un grido di quel legno che si spezzava che nelle mie orecchie si amplificava a dismisura.
Dalla tenda la voce che chiede chi è. Ed io con il cuore in gola con la gola che mi si secca a fatica riesco a fare uscire le due parole: sono io.
Mi disse gentilmente di entrare, andai all’ingresso e aprii le cerniere. Misi dentro la testa guardando a terra per vedere dove poter mettere i piedi ed entrai, girandomi per chiudere e lo salutai di schiena, mi girai e nella penombra della torcia elettrica mi accorsi solo in quel momento che era totalmente nudo.
Rimasi sorpreso e stupefatto. Immobile semi piegato. Stupefatto!
George mi dice che si era spogliato per andare a dormire e non mi aspettava altrimenti si sarebbe vestito, ma ormai non ha avuto il tempo di farlo e non vi era nulla di male anzi se lo vedevo come era è come essere più amici e o amanti.
Un po frastornato dall’inattesa situazione, e da quanto mi dice, attendo qualcosa che non so neppure io cosa sia.
Si avvicina e mi alza il viso, mi dice che non devo aver vergogna e che lo posso guardare anzi che sarebbe contento se lo facessi.
In parte rinfrancato alzai lo sguardo e lo osservai. Ora i ricordi sono lontani e confusi ma un bel corpo sicuramente, con poco pelo, e quello che mi sembrò sbalorditivo era il suo sesso.
Un pisello che era come il tubo della colla vinavil, grosso, duro e lungo piantato su una borsa grossa e gonfia di due balle considerevoli.
Una cosa allora impressionante per i miei occhi che oltre al mio, nessun altro avevo visto.
Geroge lo ha subito capito e scherzandoci mi dice scherzando che, con il crescere, anche il mio diventerà così. Un attimo rinfrancato, mi chiede come mai gironzolavo dalle sue parti, ed io innocentemente racconto la bugia, che stavo esplorando al zona intorno quando sono sbucato li.
Mi propone si spogliarmi e se voglio montargli a cavallo che giochiamo. Lui fa il cavallo ed io il cavaliere. Seguo il suo consiglio, via tutto e monto sulla sua pancia, a cavalcioni.
Mi chiede di spostarmi indietro che li gli peso. Arretro e sento il vinavil sulla schiena, ancora mi chiede e mi alzo, mi siedo sulla cappella, ma chiede ancora indietro. E lo accontento sedendomi sopra la sua asta dura.
Strana posizione, i miei glutei che avvolgono quella parte dura e calda, che si fa strada allargandoli per poter stare seduto comodo.
I mie glutei divaricati dal suo membro grande e duro, lo sentivo vibrare ma pensavo fosse la sua pancia, lo sentivo caldo e comodo, mi teneva a metà su di lui o meglio mi divaricava.
Poi tenendoci per le mani cominciò il gioco. Era come se fossi al rodeo. Io sopra che cercavo di non cadere e lui che, con colpi di reni ed aiutandosi con le gambe, scattava verso l’alto, in avanti indietro di lato. Ed a ogni salto ricadevo in modo diverso o strusciavo o mi impuntavo sulla sua asta virante.
Solo oggi mi rendo conto di quanto deve aver faticato a trattenersi per non venire, per non sborrare godendo di quelle mie involontarie carezze di gluteo sul cazzo vogliosamente duro.
Il gioco perdura sino a quando un colpo più forte in avanti mi fa arrivare quasi sul suo viso, che evito scaricando il peso sulle ginocchia appoggiate a terra.
George non perde l’occasione e tenendomi li per le braccia, utilizzate come sostegno nel gioco, alza la testa e in un sol boccone si prende le palline. Sostenuto da lui non posso più muovermi.
Mi libera e mi fa posizionare meglio e mentre cambio posizione si prende il pisello e se lo gusta con la lingua e le labbra. lo ingoia, lo succhia, lo spompina, lo masturba e prosegue. Lo vedo felice di assaporarmi.
Il pisello ormai è duro e le sensazioni di quella calda bocca, delle carezze di lingua, dei risucchi, delle palpatine e masturbazioni, mi rendono rilassato disteso ascoltando ogni piacere che si ripercuote in tutto il mio corpo. E saliva sempre di più questa sensazione, questo piacere e percepivo che stavo per esplodere e trattenevo per far durare a lungo il “trattamento” che stavo avendo. Ma poi, come tutte le cose belle, arriva il momento massimo ed esplodo ansimando e sborrando abbondantemente.
A ripensarci ogni volta che mi “prendeva” aumentava la quantità di sperma che gli offrivo.
Mi fa distendere a lato, si gira e mi pulisce tutta la cappella. Non ho mai capito se era per non lasciare traccia o perché gli piaceva lo sperma, ma lo faceva con cura e attenzione.
Mentre lui mi puliva io osservavo il suo palo, sempre grosso, grande, duro ma bagnato in cima. Non era tanto ma brillava alla tenue luce della torcia.
Guardò l’ora e mi disse che era tardi, che dovevo tornare a casa, mi rivestii e lo salutai. Mi propose di ripetere il gioco l’indomani se mi era piaciuto. Annuii di si e salutandolo corsi lungo lo sterrato sino a casa. Gli amici erano ancora fuori che chiacchieravano e mi riunii a loro.
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