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Gay & Bisex

da sotto la pioggia al caldo


di Alvertn
03.12.2014    |    9.153    |    3 8.2
"“bellissimo” mi esce con un fil di voce..."
Eravamo rimasti tutti a bocca aperta, io perché scoprivo che dai racconti i miei amici erano bisessuali, cosa che non avevo neanche preso in considerazione, mai pensato o immaginato, Alberto e Marco probabilmente sia per essere snudati di questa loro particolarità davanti a me, o per il racconto che esprime una visione diversa da quella che probabilmente loro avevano o credevano fosse. Io ero eccitato e nel contempo non sapevo se liberarmi di tutti i miei quesiti chiedendo direttamente a loro, sbilanciandomi e cercando di capire e di essere coinvolto anche io in questo nuovo mondo che mi si apre davanti e di cui non so nulla, ma dai racconti percepisco di piacere e corrispondenza, di amicizia ed affetto, di gioie e condivisione.
Ma non ho il tempo, non mi viene lasciato e quindi si passa al controllo.

Il richiamo agli impegni, che interrompeva di fatto il racconto, anche se completo in questa prima fase, ci aveva infastidito ma eravamo coscienti delle necessità e quindi ci preparammo e riformando le coppie ritornammo sui nostri passi per controllare nuovamente il tratto di rivi a noi affidato. Il livello si era leggermente alzato, e tornando al telone osservammo i legni piantati, si l’impressione era esatta. Il livello era aumentato di quasi 5centimetri e invadeva rispetto al paletto una quindicina di centimetri in più. Decidemmo di piantare su ambo le sponde nuovi paletti segnaletici della posizione attuale dell’acqua, senza togliere i precedenti, così da avere un avanzamento dell’acqua completo e certificato.
Luciano chiamò la base operativa e comunicò quanto rilevato. A ritorno della comunicazione nostra ci fu l’avviso che a monte stavo piovendo forte e che l’attenzione doveva essere molto vigile. Ci venne impartito anche l’ordine, che se il livello si avvicinava all’esondazione cioè che il livello arrivasse a circa 20 centimetri dall’argine, cosi ci dissero, di rientrare immediatamente in paese senza nessuna titubanza. Il rischio per la vita diventa ora reale.

In quattro tutti sulla sponda a controllare quanto spazio di sicurezza ancora avevamo. Con Alberto posizioniamo un paletto per sponda dove secondo un empirica rilevazione, mettendo un legno in linea ottica orizzontale e un altro verticale con una indicazione all’altezza di una spanna, (che si aggira dai 20 a 22 centimetri circa), e in quella posizione piantiamo i due pali. Verifichiamo ad occhio che mancano circa 50 centimetri per arrivare alla soglia rischio dei 20 segnata.
Queste operazioni portarono via un bel po di tempo, sia nel cercare altri paletti che nel eseguire il tutto in sicurezza tenendoci legati con le mani chiuse nelle cinture dei pantaloni, nella fase di impianto.
Il ruscello/roggia aveva una corrente forte e non volevamo rischiare di cadervi dentro.
La piaggia continuava a cadere e con maggior insistenza.
Di nuovo tutti sotto il telone, tolte le mantelle e sbattute per scaricarle dall’acqua, seduti di nuovo sulle cassette.

Alberto mi anticipò “ ora tocca a me.”
E con questo mi toglie lo spazio per le domande e le considerazioni che vorrei fare per capire e chiarire le mie giustificate curiosità. E’ un mondo nuovo, un mondo che non conosco, un mondo che mi attizza, un mondo che mi libera la fantasia senza sapere se e come e quando.

Mi azzittisco e mi siedo per ascoltare anche io come Marco e Luciano.

“Era una giornata piovosa simile a questa di oggi, avevo finito di lavorare e stavo uscendo per andare a prendere l’autobus per tornare a casa. Saranno circa 3 km di distanza fra lavoro e casa.
Poco prima dell’uscita una collega mi ferma per chiedermi alcune informazioni sul lavoro e quindi non posso disattenderla e scappare. Rischio di perdere il bus ma non posso abbandonarla a se stessa.
Quando finalmente ho concluso il passaggio di consegne da lei richiesto mi avvio di corsa alla fermata, e vedo quando sono quasi a 100 metri il bus partire e avviarsi.
Smetto di correre anche perché la pioggia è cospiqua, arrivato alla fermata leggo gli orari, il prossimo è fra 3 ore.
“cazzo, che faccio” mi chiedo parlando ad alta voce, forse perché incazzato per aver perso il passaggio a casa.
Decido di avviarmi a piedi e fare autostop alle macchine che passeranno, ma so che saranno poche. E’ un orario di lavoro e la strada non è una di quelle trafficate, ma se andasse male in 45 minuti dovrei essere a casa anziché attendere le 3 ore.
Mi avvio con un passo spedito ma non velocissimo, la pioggia continua a cadere sull’ombrello e tutto intorno a me. Il cielo plumbeo, con a luce rifratta che pochissima passa fra le nuvole pesanti gonfie di pioggia, mi mostra un paesaggio nebuloso e cupo, ma con un suo fascino particolare.
Sarà passato circa un 20 minuti da quando percorro la strada stando sul lato destro per poter fare l’autostop, quando finalmente sento il rumore di un motore che si avvicina. Mi fermo, mi giro, vedo un’auto che si avvicina a forte velocità, metto fuori il braccio ed alzo il pollice, l’auto rallenta, capisco che non ha intenzione di fermarsi perché allarga verso il centro della carreggiata per lasciare più spazio fra oi, gesto gentile anche se forse era meglio se si fosse fermato. Ma come succede anziché essere un bel gesto diventa una cazzata. Si nell’allargarsi al centro alla mia altezza centra una bella pozzanghera e al passaggio delle gomme si alza dall’asfalto e mi raggiunge come una e una successiva secchiata di acqua fredda che mi inonda da capo a piedi infradiciandomi tutto, ma tutto completamente. Dal collo e dalla schiena entra inondando maglia canottiera mutande e il resto da fuori. Sono un “poiat”, un pulcino appena nato con le piume ancora fradice.
Sono ancora li che scarico la mia incazzatura con una sequela di parolaccie sottovoce quando dalla casa isolata, la prima del paese anche se lontana, sento una voce che mi chiama cercando di attrarre la mia attenzione. E’ una donna sui 35, un bel portamento, una camicetta aperta davanti che fa bella mostra di un bel seno voluminoso, uno scialle sulle spalle, una gonna lunga sino ai piedi, ferma sulla porta sotto la piccola tettoia che copre l’ingresso.
La raggiungo attraversando la strada. “ero alla finestra quando ho visto l’auto che ti ha lavato. Non ho resistito a vedere come sei messo, Vedo totalmente fradicio, vieni dentro che ti asciughi, altrimenti rischi di prenderti chissà che cosa.”
“grazie, si volentieri, sei molto gentile.”
Con lei davanti entro in casa, chiudo il portone e saliamo le scale. Mi porta in una cucina ampia con una stufa economica a legna che scada con forza, e sul tubo del camino la serie di ferri per stenderei i panni.
“Dai spogliati che stendiamo ad asciugare, con questo caldo non ci impigrerà molto”
E contemporaneamente mi passa un asciugamano “e con questo puoi asciugarti.”
Io mi spoglio e rimango in canottiera e mutande, ambedue veramente fradice e gocciolanti. “ma che fai? Sono fradice, toglitele. Non avrai mica vergogna, di maschi ne ho viti e non sei il primo.”
Mentre procedevo a togliermi tutto, lei forse per non farmi sentire in imbarazzo, stende i miei indumenti sui ferri e aggiunge legna nella stufa. Si gira e prende anche l’intimo e lo stende, mentre io girato di schiena verso lei mi sto asciugando monstrandole il culo e forse anche gli attributi quando alzando una alla volta le gambe poggiando il piede sulla sedia per asciugarle e piegandomi in avanti. Poi mi cingo con l’asciugamano intorno alla vita e mi volto verso di lei.
“siediti che ti preparo qualcosa di caldo” ed io, nello spostarmi, impiglio l’asciugamano sulla schienale di una sedia e senza rendermene conto subito, mi trovo ignudo davanti a lei che stava dicendomi “cosa vuoi caffè, te o tisana?”
E senza cambiare il timbro alla voce prosegue guardandomi intensamente e osservandomi dal basso verso l’alto e ritornando con gli occhi li, “ma che bel maschi che sei, interessante e chissà come sei in intimità?”
Io con una mano vada a coprire le nudità e con l’altra cerco di recuperare l’asciugamano, “ma che fai, non sei mica un bambino, di pisellini ne ho visti, via quella mano dai.”
La voce era dolce ma imperiosa, suadente ma decisa, e mente tolgo la mano di copertura lei si avvicina e fissandomi sempre negli occhi arriva vicinissima, non distoglie lo sguardo e la sua mano mi palpa i coglioni e l’asta momentaneamente, moscia. In automatico dico e senza volerlo, ma non ci credo, allargo leggermente le gambe per permetterle di impugnare comodamente il mio scroto e palparmi meglio.
Provo ad avvicinare la mia mano alla sua gonna, al centro versa il suo pube, ma mi blocca, sorride e continua a fissarmi “fermo. Faccio tutto io, tu godi e basta per ora poi vedremo se potrei fare quello che desideri.”
Impettito con le braccia distese mi lascio palpeggiare e l’asta ora è turgida. La impugna e la sega per alcuni minuti. Poi si piega e la passa con la lingua facendomi tremare di desideri. Ma sono scomodo cos’ in piedi e immobile e credo lei mi legga dentro perché prendendomi per mano mi porta nella stanza accanto con la porta aperta e leggermente calda dove un bel lettone trionfava al centro della parete.
Apre il letto, spostando la coperta e mi sdraio, Lei si toglie la camicetta, il reggiseno che le comprimeva i seni, e li mostra con orgoglio. Belli sodi, con un capezzolo grosso e sporgente.
La gonna non la toglie. Penso che forse abbia le sue cose, chissà
Ma il pensiero si perde nell’attimo che la sua bocca ingorda si appropria del mio cazzo duro e voglioso. Mi spara un pompino divino, succhiato leccato, passando dalla cappella alle palle e poi su di nuovo per ingoiare il tutto. Mi porta quasi a venire, e probabilmente da abile che è si ferma, mi sorride e “ti voglio sentire ora dentro di me”
Monta a cavallo sopra di me, sposta la gonna in modo che il suo corpo sia a contatto con il mio, non ha intimo, poi da dietro, alza la gonna, passa la mano a cercare il cazzo, lo prende, lo impugna lo passa lentamente e poi scende lentamente sedendosi sopra di me sino a che non risento i suoi glutei poggiare. Si ferma, penso che stia godendosi tutta l’asta, riprende il movimento lento e mi o si scopa, il ritmo aumenta e io comincio a faticare a non rispondere, ma poi cedo e vado al controritmo per poter entrare di più, e poco dopo vengo copiosamente dentro di lei, con contrazioni che liberano la voglia lo stimolo i desideri che mi ha attizzato.
Non si sfila sino a che non mi sente ritornare con il fiato normale, con gli occhi aperti che la guardano, con il mio sorriso che incontra il suo. “bellissimo” mi esce con un fil di voce.
Ora lei si sfila, si posiziona fra le mie gambe, riprende in mano il cazzo lo masturba e passa a succhiarlo nuovamente.
In men che non si dica ritorna il perfetta forma, e lei lacca la cappella l’asta, le palle e scende giù. Mi fa alzare le gambe portandole verso la testa e mi posiziona un cuscino sotto il bacino, riprende a leccarmi e si sofferma sul mio buchetto. Senzazione strana e quasi sconosciuta, ma piacevole. Il gioco perdura ancora sino a che sento che prova a violarmi con un dito, e faccio per reagire e dirle di no, ma mi tacita subito “fai il bravo, vedrai che godrai come non mai”
Pur con un grosso dubbio, ma con la convinzione di non deludere le sue aspettative mi rilasso disteso e la lascio fare. Lento il dito si pare la strada e la mia rilassatezza permette che possa giocare a scoparmi con quel medio piantato in me. Sono disteso, occhi chiusi che percepisco i piaceri di quello strano gioco, quando sento che ad appoggiarsi non è un dito, ma non capisco, ma non mi preoccupo e lascio fare indifferente. Sento che qualcosa di più grosso spinge per forzare l’accesso, sto per decidermi a interromperla da quanto sta facendo, che con un colpo e una penetrazione decisa mi trovo qualcosa di grosso e duro, e caldo che è tutto dentro, e meravigliato sento qualcosa che sbatte sulle mie chiappe. Lei sorride radiosa, felice di quanto succede, gode della mia meraviglia e del viso sorpreso. Portandosi le mia gambe sulle spalle, con i peli che sfiorano i capezzoli ed il seno, riprende a scoparmi con dolcezza e decisione, e dall’impotenza del momento passo a godere di quanto mi sta accadendo. Penso che si sia montata un fallo di plastica ma quando lo sento pulsare e contrarre in me , sento che lo sperma fuoriesce dal lei per passare in me, una unione strana di corpi, capisco che il cazzo che è dentro è un cazzo vero, il suo cazzo. “ora capisco perché non ti sei tolta la gonna, potevi dirmelo prima non credi”, mentre lei continuava a scoparmi sempre con meno forza. E dopo l’ultimo sospiro profondo, con il riprendere del normale” si bravo, e dopo chi ti avrebbe tenuto qui a godere assieme?”
“saresti scappato vi senza neppure salutarmi o ringraziarmi di aver asciugato i vestiti.”
Dopo un attimo di riflessione “si forse hai ragione tu”
In ginocchio sul letto ancora fra le mia gambe si toglie la gonnona, mostrandomi un pube senza peli e un cazzo bello diritto, di una dimensione non gigantesca ma più della norma piantato su uno scroto anch’esso senza peli contenente due belle palle grosse. Un corpo liscio lucido, da favola.
Spostandosi si riposiziona a cavallo sopra di me ma sistemandosi sul torace, si porta in avanti, sposta il cuscino dal culo a sotto la testa e mi mette il suo bel uccello in bocca e si fa spompinare sino a sborrare, ma non molla e mi obbliga a ingoiare quanto irroratomi in bocca.
Ripensandoci poi era veramente un sapore piacevole e gradevole. Finito questo è lei che mi spompina e sega per farmi sborrare e quando si accorge che il momento è arrivato mi succhia tutto il caldo liquido senza perdersi neppure una goccia.
Mi accompagna in bagno dove mi lavo assieme a lei, poi torniamo alla stufa dove riprendo a vestirmi con lei che mi osserva con interesse nella sua nudità.
La pioggia continua ma sono ormai vicino a casa e sono felice di quanto successo, se non avessi perso l’autobus che monotonia.
Da allora gli incontri furono molteplici e sempre più piacevoli.
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