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Mamma Nadia - il mio punto di vista


di ringo00
10.08.2022    |    19.271    |    4 9.5
"“ Mi tirai su le mutandine e aggiunsi, seriamente: “Inoltre, non dovrai mai raccontarlo a nessuno, sarà per sempre il nostro piccolo segreto..."
~ATTENZIONE ~ QUESTO RACCONTO È UN’OPERA DI FANTASIA ISPIRATA AD UNA STORIA VERA

Visto che mi avete chiesto di illustrare il punto di vista di mamma Nadia (vedi racconto precedente) vi ho accontentati. Buona lettura

Salve a tutti, sono Nadia, 47 anni, felicemente sposata e madre di due meravigliosi figli, che amo più della mia stessa vita. Proprio del più piccolo vorrei parlare oggi, ma prima devo fare una piccola descrizione di me stessa, il perché lo capirete poi: sono mora, ho quello che mi dicono essere un bel viso, e ho un fisico tendente al formoso, seni grandi un po’ afflosciati (ho allattato i miei bambini fino quasi a tre anni) ma attraenti, fianchi larghi e un sedere che, beh, a volte mi sembra un tantino troppo grande, ma pazienza. Dicevo, i miei figli: è del minore che voglio raccontarvi. Era il cucciolo di casa, quattordici anni, ancora un po’ bimbo, non aveva ancora perso l’innocenza. Però una mamma sa quando un figlio ha qualcosa che non va: un giorno, mentre mio marito e il figlio maggiore erano in montagna, ero rimasta a casa con il piccolo; stavo facendo il bucato, e come era sua abitudine mi stava aiutando, togliendo i panni dalla lavatrice e mettendoli ad asciugare. Stavo scendendo le scale per avviare nuovamente la lavatrice; stavo per entrare nella lavanderia quando feci di scatto un passo indietro: mio figlio era in piedi, davanti al catino coi panni da lavare, sembrava intento ad osservare qualcosa. Sporgendomi leggermente, notai che stava osservando un mio reggiseno, anzi, uno dei miei preferiti, di pizzo bianco. La cosa mi sorprese parecchio: cosa stava passando per la testa di mio figlio? Ma le sorprese non erano finite: lo vidi prendere il reggiseno dal mucchio e rigirarselo tra le mani, come incantato. Mi ritassi dalla porta, con la testa che girava: la scena cui avevo appena assistito mi aveva scombussolata parecchio, ma che fare? Entrare, magari facendolo morire di vergogna? Oppure arrabbiarmi, rimproverarlo o peggio picchiarlo? Ma no, no… Doveva avere i suoi bravi motivi per fare così… Si, deve essere così, pensai. Silenziosamente salii gli ultimi gradini della scala, per poi chiamarlo: “ Tesoro, sei in lavanderia?” Di colpo dei movimenti frenetici, seguiti dalla chiusura dell’oblò della lavatrice. Scesi le scale, ed entrando nel piccolo locale ebbi conferma dei miei dubbi: l’espressione di mio figlio era un misto di agitazione ed imbarazzo, che cercava maldestramente di mascherare.
“Hai già messo il detersivo?” , e lui rispose di no. “Lascia fare a me, che voi maschietti non siete buoni…” Avvicinatami alla lavatrice, passai in rassegna i flaconi dei detersivi, apparentemente distratta, ma occhieggiando di sott’sottecchi le sue mosse: dallo specchio sopra il lavello lo vidi lanciare un'occhiata vorace al mio fondoschiena, mentre deglutiva rumorosamente. Proprio come pensavo, il mio bambino stava incominciando a sentire i primi pruriti adolescenziali. Ma se da una parte ne ero orgogliosa, da un lato ne ero preoccupata: era ovviamente sbagliato, ero sua madre, non potevo certo… No, no… Ad un tratto scosse rapidamente la testa, come a voler scacciare qualche fantasia che, ne ero ormai certa, riguardava me. Mi avvicinai a lui, gli chiesi dolcemente “Qualcosa non va? Sei rosso in faccia… Non avrai mica la febbre?” Lui, imbarazzato, farfuglió qualcosa e scappò via; la porta del bagno sbattè poco dopo, seguita dallo sciaquio del rubinetto aperto. Povero caro, era proprio preda dei bollori ! Decisi di lasciarlo tranquillo, senza stuzzicarlo o fargli domande che potessero metterlo in imbarazzo. Per il resto della mattinata mi dedicai ai miei mestieri, e durante il pranzo cercai di coinvolgerlo in una conversazione, ma lui rispondeva a monosillabi, evitando il contatto visivo. Mi faceva tenerezza, vederlo così attratto da me, e confesso che segretamente mi intrigava sapere fino a che punto la sua audacia lo avrebbe portato. Mentre lavavo i piatti, mi venne un’idea un po’ perversa, che molta gente definirebbe da maniaca: andai nella mia stanza, guardandomi allo specchiera: indossavo un abito da casa, di colore blu, che mostrava un po’ di pelle quando mi chinavo in avanti, soprattutto sul lato b. Senza spogliarmi, sfilai il reggiseno da sotto il vestito, posandolo poi sul comodino. Non fraintendetemi: volevo solo stuzzicarlo un attimo, per valutare le sue reazioni. Tornata dabasso, scesi nuovamente nella lavanderia, per recuperare i panni lavati. Feci finta di non vederlo mente mi seguiva quatto quatto; con un catino sottobraccio aprii lo sportello e cominciai a estrarre il bucato. Con la coda dell’occhio vidi che si era nuovamente imbambolato a guardarmi, così optai per provocarlo: mi chinai ancora di più, sentivo il retro del vestito sollevarsi mostrando il bianco delle mutandine. Risi tra me e me: sarebbe sicuramente scappato, era troppo timido per tentare qualche sorta di approccio. Stavo per riabbassare il vestito quando all’improvviso mi cinse con forza la vita, strappandomi un urletto e un sobbalzo:” Ihh! Caro, cosa fai? Lasciami!” Avevo esagerato? Lo avevo provocato troppo? Cavolo, probabilmente sì, la sua erezione sul mio sedere era più che palese. “Cosa ti succede oggi… Mi fai preoccupare… Su, da bravo, lasciami…” In tutta risposta la sua stretta si rafforzó: “Mamma…” mugoló, “Mamma… mamma… mamma…” Quella manifestazione di amore così sincera e profonda mi colpí dritta negli istinti materni; sorridendo nel modo più dolce possibile, dissi: “Ora ho capito tutto…Ecco perché eri così strano. Scusami, tesoro, avrei dovuto capirlo…” Nel riflesso dello specchio leggevo perfettamente il suo profondo imbarazzo, era rosso come un papavero. “La mamma è tanto orgogliosa di te, tesoro” gli dissi, “Però non dovresti fare queste cose con me, con tutte le belle ragazze che ci sono…”
“NO!” esclamò lui, facendomi trasalire: “ È te che voglio, mamma. Te e soltanto te…:
Mi mordicchiai le labbra, leggermente arrossata in volto: che fare? Hai voluto provocare tuo figlio, Nadia, ora prenditi le tue responsabilità! Ma sì, in fondo era mio compito di mamma: chi meglio di me conosceva il mio bambino adorato? Lo sentivo tremare, in febbrile attesa: “E sia” dissi dopo un po’. “Ma bada, solo questa volta, intesi?” Vi lascio immaginare la sua incredulità: “Di… dici sul serio, mamma?”
Sorridendo amabile, risposi “Ma certo, amore, sul serio…”
Era al settimo cielo, si vedeva chiaramente: però sembrava anche preoccupato, non si era mai trovato in un frangente simile. Corsi in suo aiuto: mi misi inginocchiata e gli scacciai i pantaloni, seguiti dalla mutandina; quando abbassai l’elastico la sua giovane erezione apparve ai miei occhi: stava venendo su davvero bene, mio figlio, e non potei non provare un moto di orgoglio. “Tesoro, vuoi tanto bene alla mamma, vero?” Lui mormorò un flebile sì, ma credo che avrebbe urlato certo volte si, se solo ci fosse riuscito. Mi misi al lavello, e alzai nuovamente il vestito, facendo poi scivolare le mutandine alle caviglie. Il suo sguardo si fece famelico, alla vista del mio sedere e della mia patatina, che tenevo con un bel pelo folto. Le sue mani titubanti accarezzarono le mie natiche, sembrava perso in un sogno ad occhi aperti. Quando si accorse del mio sguardo divertito tornò in se: “ Scusami, mamma, mi ero perso un attimo..”
Lo rassicurai: “ Non c’è alcun problema, tesoro, prenditi tutto il tempo che ti occorre… È un giorno speciale, dopo tutto…” Le mie parole sembravano avergli dato coraggio: impugnó il suo cazzo adolescente e lo puntò all’imbocco della mia patata, scivolando lentamente dentro di me. Puntai I gomiti sul lavello, rilassando le spalle: “ Come sono felice, il mio bambino è tornato dentro di me…”
Si fermò nuovamente, impacciato; pazientemente, gli spiegai come muoversi: “ Adesso muovi i fianchi avanti e indietro, tesoro… Ecco, così, bravo… Mettimi le mani sui fianchi e spingi in modo regolare… Mmmm, si, esattamente così…”
Si stava impegnando, probabilmente perché quella sarebbe stata la sua unica occasione. Ero tanto felice, le mie guance stavano prendendo un bel colorito. Mentre mi penetrava, le mie grandi mammelle danzavano avanti e indietro, libere dal reggiseno: quanto avrei voluto che vi affondasse le mani, toccando i capezzoli che tendevano il tessuto… A fatica mi trattenni, meglio non esagerare, altrimenti rischiavo di non riuscire più a controllarmi. Per alcuni intensi minuti mio figlio penetró la vagina dalla quale era uscito quattordici anni prima, finché mi disse che era arrivato al limite: con tono incoraggiante, dissi “Puoi anche venire dentro, se lo desideri… Ormai non posso più avere bambini, tesoro… Non trattenerti, buttala fuori tutta…”
Fui esaudita: una serie di schizzetti immaturi raggiunsero il mio utero, e lo accolsi con un lungo sospiro: “Congratulazioni, tesoro. Sei diventato un uomo!” Non uscì subito, sembrava volesse godere del calore del mio corpo più a lungo possibile. Lasciai fare, era la sua prima volta, dopotutto. Attesi pazientemente che il suo pisellino si afflosciasse, e quando capitó, si sfilò, quasi a malincuore. Presi un asciugamani e lo usai per ripulirmi la patata, gettandolo poi nella cesta del bucato. Era stato bravissimo, il mio ometto, avevo il cuore traboccante di fierezza. Dovevo però mettere in chiaro alcuni punti, per bene mio e soprattutto suo: “Ascoltami bene, tesoro. La mamma ti vuole tantissimo bene, non dimenticarlo mai. Però ciò che è appena successo è stata un’eccezione, e non dovrà capitare più. “ Mi tirai su le mutandine e aggiunsi, seriamente: “Inoltre, non dovrai mai raccontarlo a nessuno, sarà per sempre il nostro piccolo segreto.” Mi doleva essere così dura, ma era necessario; comunque mi giurò che avrebbe mantenuto il segreto. Sorrisi soddisfatta: “Bravo il mio tesoro “ dissi, dandogli un bacio in fronte, “ora però rivestiti, papà e tuo fratello torneranno tra poco…” Lo guardai tirarsi su i pantaloni, per poi tornare ai miei lavori di casa. Che giornata memorabile, pensai, non avrei mai ritenuto possibile che mi sarei presa l’innocenza del mio bambino. Sorrisi, sentendo ancora un po’ del suo seme dentro: beh, forse era stato meglio così… Dal canto mio mi impegnai per non rivelare a nessuno il mio scottante segreto, nemmeno mio marito lo avrebbe mai scoperto. Non potrò mai dimenticare il giorno in cui io, mamma Nadia, ho reso uomo mio figlio: era il 9 agosto del 1972.

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