incesto

Mamma


di ringo00
01.07.2023    |    24.442    |    5 9.6
"Comincerò col dire che sono figlio di una ragazza madre: la mia mamma rimase incinta dopo una relazione con un suo professore al liceo, sapete, il fascino..."
-ATTENZIONE- QUESTO RACCONTO È UN’OPERA DI FANTASIA ISPIRATA A FATTI REALI
Ciao a tutti, mi chiamo Max e questa è la mia storia. Comincerò col dire che sono figlio di una ragazza madre: la mia mamma rimase incinta dopo una relazione con un suo professore al liceo, sapete, il fascino dell’uomo maturo; fatto sta che mamma rimase gravida a soli 15 anni, il tipo se ne infischió alla grande, e la poverina, ripudiata dai nonni, fu costretta ad arrangiarsi con le sue proprie forze, facendo mille lavori per mantenere se stessa ed il sottoscritto. Col tempo trovò un lavoro da impiegata da casa, così da non doversi assentare lasciandomi solo, e trovò una certa tranquillità emotiva ed economica. Tutto cominciò quando avevo 13 anni, nel periodo in cui l’adolescenza viene a batterti sulla spalla; mamma era, ai miei occhi ingenui, semplicemente bellissima: 27 anni, mora, con un bel fisico tendente al pingue, seno grande e un bel sedere, sempre allegra e affettuosa. Eravamo molto uniti, forse perché al mondo non avevamo nessun altro; la nostra intimità era tale da lavarci a vicenda, sotto la doccia: all’interno di questa c’era un seggiolino di plastica bianca, apribile alla bisogna; mamma vi sedeva e io mi accomodato fra le sue cosce, lasciando che mi insaponasse per bene le parti sensibili. Era un’operazione piacevole, mi puliva il buchino dietro e soprattutto mi piaceva da matti quando mi tirava giù la pelle del pisellino, spiegandomi che la pulizia laggiù è molto importante. Dopo veniva il mio turno, la insaponavo bene dappertutto, avevo massima libertà di azione su quel corpo giunonico: il maestoso fondoschiena, le cosce appetitose, il seno pieno e abbondante nonostante il lungo allenamento ( fino ai 4 anni, lo ricordo bene), nulla sfuggiva alle mie mani. Neppure il passaggio all’adolescenza portò cambiamenti al nostro rapporto: dividevamo il letto e il bagno, senza imbarazzi di alcun genere. Quando d’estate ero in vacanza, al mattino mi alzavo, svegliato dal profumo di caffelatte, mi avvicinavo a mamma e le davo un bacio, mormorando il buongiorno; nel mentre, il pipirillo duro del mattino le premeva sulla coscia, ma ritenevo fosse una cosa normale, dato che mamma non aveva mai mosso obiezioni. Qualcosa, in effetti, era cambiato: durante la pulizia laggiù, la mano di mamma la sentivo più morbida, più piacevole rispetto a prima: pipirillo diventava duro duro, e la pelle faticava a scendere giù, facendo un po’ male. Quando lo dissi, mamma, sorridendo, disse “ È perché non sei abituato, amore. Aspetta…”
Mi fece sedere comodo, a gambe larghe : si umettó le mani con del sapone neutro e mi prese delicatamente il pisello: un piacevole brivido mi scese lungo la schiena. “Tira giù la pelle più che puoi, poi su e ancora giu” disse, accompagnando la pratica alle parole. “ La pelle diventerà piu morbida, e non sentirai piu male”. Mi rilassai, posando la testa fra i suoi seni morbidissimi, era una vero paradiso. Nei giorni seguenti, più volte al giorno, mi dilettavo nei moei”esercizi “: su e giù, su e giù, quasi sempre con lei presente, e per qualche ragione, nei suoi occhi notavo come un brillio orgoglioso. L’allenamento stava dando i suoi frutti, la pelle di pipirillo divenne più elastica, e mamma fu contenta quando glielo dissi, orgoglioso di me stesso quasi avessi compiuto chissà quale impresa. Una notte, di metà giugno credo, non riuscivo a prendere sonno, così, per ingannare il tempo, presi pipirillo in mano sotto le mutande e cominciai: su e giù, e dopo qualche istante divenne duro; accanto a me dormiva mamma, in mutandine e canottiera che mostrava i due piccoli rilievi dei capezzoli. Proprio mentre pensavo alle sue tette, divenni ancora più duro, il movimento più fluido e soddisfacente. Svegliata dal rumore, mamma si girò sul fianco e disse “Amore, è tardissimo, dormi, su…” Quando notò che ero con gill pisello in mano sospirò “Ma non ti stanchi mai? Beata adolescenza…”
Ero in vena, perciò le chiesi “Mamy, me lo fai tu come quando facciamo la doccia?”
Probabilmente era solo assonnata, e pur di tornare a dormire in pace mi accontentó: “ Va bene, maialino, hai vinto. Giù le mutandine…” Non me lo feci ripetere: le tirai giù e mi misi comodo, in attesa. Mamma si leccó il palmo della mano e la strinse sulla mia erezione, scappellandomi dolcemente. Chiusi gli occhi: si, quando lo faceva lei era mille volte meglio! Tirava giù la pelle fino alle palline, facendomi tremare di piacere, solleticandole con un dito. Sembrava tutto nella norma, quando all’improvviso avvertii una sensazione strana: come un nodo al basso ventre, unito a come un formicolio al pipirillo, tipo quando si deve fare pipí, solo che dall’uretra uscì una cosina bianca e densa, che di depositó sulla mia pancia. Mamma fece OH! ma continuò, fino a che il pisello non fu tornato morbido. Ero stanco, senza fiato: cos’era appena successo? Mamma rispose vagamente che ero diventato un ometto, ma alla richiesta di ulteriori spiegazioni si voltò, borbottando di mettermi a dormire. Obbedii, e in breve scivolai nel dormiveglia; non so dire con certezza se stessi sognando oppure no, fatto sta che mi sembrò di vedere mamma con una mano fra le gambe, mugolando pianissimo. Comunque, dopo un po’ mi svegliai: la radiosveglia segnava le quattro e trentasei. Ero di nuovo duro, ma non potevo certo disturbare mamma, che russava leggere! Così mi misi contro la sua schiena, tipo koala, come quando da piccolo ero in cerca di attenzioni. Solo che il contatto del suo fondoschiena mi trasmise una scarica alla spina dorsale: pipirillo ebbe un fremito, e istintivamente mi feci ancora più stretto a lei. Come preso da una forza invisibile, raggiunsi col pisello il solco fra le chiappe, strofinando piano,: che sensazione goduriosa, ragazzi! Andavo avanti fino a che non sentivo avvicinarsi la sensazione di prima, quando avevo espulso quella cosa candida: lì mi fermavo qualche minuto e ricominciavo, quando ebbi un’idea un po’ perversa, uscita da chissà dove; scostai leggermente l’elastico della mutandina di mamma, scoprendo un pezzo di sedere bianco e ciò che cercavo: il buchino nascosto fra le natiche. Deglutii rumorosamente: avrei osato fare tanto? La risposta affermativa arrivò dai piani bassi, un silenzioso grido SI. Cedetti, e puntai la cappella sul quel fiorellino: mamma mugoló nel sonno, dovevo fare attenzione. Muovendomi lentamente, scivolai poco a poco in quel piccolo canale, fino a che i miei testicoli non toccavano le sue chiappe; non che ci volesse molto, ero ancora taglia poco più che bambino, ma mi parve un inserimento lungo come la fame. Cominciai a muovermi ritmicamente, la sensazione era più o meno quella della mano stretta a pugno, ma il suo sedere era caldissimo, avvolgente, mi sembrava quasi me lo strizzasse. Forse fu proprio questi che mi portò rapidamente a quel caldo nodo allo stomaco: l’acquetta bianca zampilló nuovamente, dentro di lei. La abbracciai forte nel durante, respirando forte. Calmatomi, una mancata di secondi dopo, mi preoccupai: e ora che faccio, mi domandai. Silenzioso come un gatto corsi in bagno, afferrai un asciugamani e ripulii alla meglio il casino: non è successo nulla, non se n’è accorta, ripetevo a me stesso. Per fortuna aveva il sonno pesante, beata donna! Quando mi sembrò di avere rimesso tutto a posto, mi misi a dormire, pregando che mamma stesse facendo lo stesso. Comunque, l’indomani non fece domande, né mi sembrò sospettosa, cosa che mi tranqillizzó. Avrei avuto in seguito la possibilità di approfondire quello che avevo fatto, ma questa è un’altra storia…

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