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A CASA DOPO LA VACANZA FORZATA


di gioviaf
14.10.2016    |    44.480    |    2 9.6
"Ogni volta che lo vedo lo trovo più bello..."
Segue il racconto della mia amica.

Finalmente tornammo a casa dopo che i lavori erano stati ultimati e io e mio figlio ci ritrovammo nel nostro ambiente familiare pronti a riprendere le nostre abitudini anche se sapevamo benissimo che la nostra vita in comune avrebbe subito delle modifiche sostanziali.

Per alcuni giorni io e mio figlio lavorammo per rimettere tutto in ordine e la sera eravamo veramente stanchi tanto che, appena finito di cenare, non vedevamo l’ora di ritirarci ognuno nella sua stanza per il meritato riposo quidi non avevamo ancora avuto occasione di riprendere il discorso iniziato in quell’alberghetto al mare.

Un pomeriggio decisi che era il momento di un completo relax con un bel bagno caldo. Mentre la vasca si riempiva mi spogliai guardandomi al grande specchio che avevo fatto installare. Tutto sommato i miei quarantacinque non li portavo poi tanto male.

Uno e settanta per sessantotto chili, un sorriso simpatico, terza abbondante di seno, che non risentiva ancora della forza di gravità, con grandi areole scure e bei capezzoli, grandi e piuttosto lunghi. Scendendo vita snella e un bel pancino abbastanza piatto, e senza smagliature nonostante la gravidanza, impreziosito dal sottostante triangolo di pelo scuro e setoso che tenevo molto curato. Le cosce ancora senza cellulite e, alla loro congiunzione, il mio sesso con le grandi labbra carnose in cima alle quali il clitoride, anch’esso piuttosto sviluppato a causa delle mie frequenti masturbazioni. Girandomi di spalle potevo ammirare il mio sedere dalle natiche sode e ben separate dalla riga in mezzo alle quali, chinandomi, potevo vedere il mio buchino grinzoso.

Prima di entrare nella vasca mi accarezzai iniziando dai seni che presi con le mani rivolte in alto per stringerli per poi passare ai capezzoli che prima titillai per farli indurire maggiormente e poi strizzai e torsi provocandomi un piacevole piccolo dolore.

Alzai una gamba per entrare in vasca e passai la mano sulla mia micina, infilai un dito e la trovai umida e gonfia col clitoride eretto e scappucciato che pretendeva di ricevere le mie attenzioni. Fui saggia e, ignorando la voglia che mi cresceva dentro, mi infilai nell’acqua calda.

Mi stavo crogiolando nel piacevole tepore quando chiamai mio figlio.
- Pino, cosa stai facendo? -
- Sto leggendo. -
- Vuoi venire a lavarmi la schiena? -
- Eccomi, mamma. -

Arrivò con la tuta da casa, si levò la casacca

- Cosa stavi leggendo? -
- Il libro che hai lasciato sul tavolo prima di venire a fare il bagno. -
- A sì… e ti piace? -
- Sai bene che mi piace questo genere di lettura, mamma. Non sei tu che mi hai dato il piacere di leggere racconti erotici? -

Tolse la casacca della tuta restando a torso nudo e potei ammirare nuovamente il mio ragazzo ben piantato e piuttosto muscoloso col torace ancora senza peli. Era molto meglio di quanto si potesse indovinare quando era vestito.

La sua mano andava e veniva lungo la mia schiena, girava in tondo. Ogni tanto aggiungeva un po’ di bagno schiuma sulla sua mano e riprendeva il suo lavoro. Qualche volta compiva una variante e la sua mano scompariva sott’acqua lavare anche l’inizio delle natiche che erano tuttora sommerse; questo mi provocava piccole risatine compiaciute..

- Mi fai il solletico, cattivo che sei… -

Dal mio tono di voce capiva che prendevo piacere al gioco e che ero incapace di irritarmi. D’altra parte vedevo molto bene che lui il gioco lo faceva durare. Venti volte tornò allo stesso posto e venti volte ricominciò il suo gioco. E io non gli dicevo di smettere. Al contrario…

- E’ bello, quest’acqua calda… che sensazione deliziosa… ancora… Ti piace lavarmi la schiena? -
- Molto. E tu ne approfitti volentieri. -
- E’ vero… ti adoro, mio caro… ma adesso basta così… vatti a sedere sulla sedia, ora… resta un po’ vicino a me… -

Pino andò a sedersi e mi guardò mentre io non avevo occhi che per lui. Un bel ragazzo e una donna matura.

- Guardi i miei seni? -
- Sono così belli… -
- Sì…? Ti piacciono? -

Li presi nelle mani, toccai i capezzoli dritti. Attraverso l’acqua le mie cosce divaricate lasciavano intravvedere il sesso peloso.

Protesi il busto in avanti.

- Te li offro. . , accarezzali un poco… ho tanta voglia… Pino mio… mio caro… oh quant’è bello quando passi le dita sui bottoncini… sì… ancora… ora passa le dita nella mia patatina… oh Pino… che piacere… no caro, non continuare a palparmi… adesso siediti là… mamma ti tira fuori il popone. -

Pino era di nuovo seduto. Le mia mani abbassarono i pantaloni della tuta e vagarono intorno allo slip, afferrarono una cosa grossa, divenuta molto evidente. Infilai le dita sotto l’elastico dello slip, lo abbassai fino alle ginocchia di mio figlio.

- E’ molto bello, mio caro. Ogni volta che lo vedo lo trovo più bello.. Era un cilindro lungo, piuttosto grosso, ricurvo verso il ventre seminato di grosse vene. Aveva un non so che di aggressivo ma non ne avevo paura. Lo accarezzai con le mani, soppesai il sacco a pieghe che si trovava al di sotto e che con le sue multiple crespe pelose racchiudeva i testicoli.

- E’ superbo quando gli faccio scivolare la pelle sopra il glande… sì, guarda il tuo membro, mio caro… è un bel pezzo, come mamma non ha visto mai. Sei il più grosso, il più lungo, il più maestoso. -

Beato lui si lasciava fare, gli piaceva troppo e aveva ormai l’abitudine di essere trattato così. Si tese verso le mie mani accarezzanti, guardò il suo glande che stavo progressivamente scapocchiando per un sapiente massaggio. Entrambi eravamo là, calmi, senza gesti frettolosi, ad assaporare il nostro piacere, come se quello venisse da sé. Con una dolcezza piena di compunzione manipolavo il membro di mio figlio, lo drizzavo come uno scettro, lo facevo scivolare tra le mie dita in un lancinante va e vieni.

Mio figlio si chinò verso di me, mi baciò sulla bocca. Io gemetti, presi una delle sue mani e la posi fra le mie cosce mentre io avevo ripreso il mio lavoro manuale. Adesso, però, la mia mano si muoveva con maggiore vivacità, abbassando sempre più la pelle che inguantava il membro. Avevo le gambe molto divaricate e mi lasciavo manovrare anch’io con una gioia infinita.

Poi mi piegai per prendere il suo membro in bocca, lo leccavo, lo succhiavo per assaporarne il sapore di maschio. Le mie labbra arrotondate sul grande che era completamente scomparso, la mia testa che si abbassava e si alzava in cadenza. Era veramente un atto di adorazione. Talvolta lo facevo uscire dalla bocca, passavo la punta della lingua tutt’intorno alla testa, ci mettevo saliva e lo riprendevo in bocca con una golosità molto appassionata.

Mi misi in piedi nella vasca, tesi il ventre verso le dita di mio figlio. Ci abbandonammo a carezze reciproche, mentre ci baciavamo. Travolti da voluttuosa passione ci baciavamo la bocca, petto contro petto con i miei seni premuti sul suo torace e i capezzoli che mi facevano male tanto erano duri.

- Sono diventata appassionata da quando sono la tua donna, mio caro… da quando tu sei il mio amante. Credevo che non fosse possibile… madre e figlio. Quando leggevo nei miei libri qualcosa in merito all’incesto mi eccitavo ma ne credevo soltanto la metà. Ma poi l’idea è venuta a poco a poco.

Quella sera in camera quando ognuno si è consolato da solo e alla fine tu mi guardavi e mi hai bagnato una mano con il tuo seme… e il giorno dopo quando pioveva e lo abbiamo rifatto ma volutamente e sapendo come sarebbe andata a finire ancora prima di cominciare… -

Scavalcai la vasca. Pino asciugò amorevolmente la mia schiena, poi scese ai miei polpacci, le ginocchia, fregò le cosce e le natiche. Appoggiai la mano sulla sua testa. Allargai le gambe fortemente.
- Baciami là, bacia… -
Mio figlio mi prese alle cosce. La sua lingua penetrò fra i peli, le grandi labbra, penetrò in me mentre mi palpavo i seni.
- Quant’è bello, caro, succhi mamma così bene… mi fai morire di voluttà incestuosa… sono felice… sono tua… le gambe aperte per te… tutto per te… amore mio, mio amante. -

Ci separammo, ci guardammo negli occhi e, senza necessità di parlare, allacciati ce ne andammo nella mia camera.

Mi stesi supina braccia e gambe allargate. Guardai mio figlio in piedi davanti a me col sesso rigido e gli tesi le braccia.

- Vieni. Vieni sopra… vieni a baciarmi… mi sento molto sfrontata oggi… -

Lui però non obbedì subito. Si inginocchiò tra le cosce, sollevò il bacino con le sue mani poste sotto le natiche e riprese un’altra volta a leccarmi. Era bellissimo! Il mio corpo squartato dal piacere e lui in procinto di dispensare la gioia dei sensi.

Gridai e supplicai.

- Vieni, vieni, nella mia bocca… voglio renderti il godimento che mi dai… sessantanove… vieni… le nostre bocche sui nostri sessi… sbavo… sono piena di voglia… lasciati succhiare il cazzo. -

Pino strisciò, venne a mettere la sua sventola nella mia bocca. Restammo a lungo così ad accarezzarci dappertutto con le mani, a soddisfarci con la bocca. Ogni tanto cambiavamo posizione, ci mettevamo su un fianco per divorarci meglio, con le mani aggrappate alle natiche. Il grosso cazzo che andava e veniva tra le mie labbra, la sua lingua che infilava e agitava nella mia fica e le sue labbra che mi succhiavano il clitoride.

Ripresi la mia posizione sulla schiena. Allargai le gambe, alzai le ginocchia. Lo invitai aprendo le labbra della mia vulva. Quando mi fu sopra, ben sistemato, lo abbracciai e gli offrii la bocca. Cominciammo allora una danza frenetica, ci agitavamo senza posa, i nostri corpi erano madidi di sudore ma la nostra danza ci procurava accanitamente una voluttà che senza sosta si rinnovava.

Singhiozzavo di piacere guardando Pino negli occhi lasciandolo manovrare nel mio ventre. Poi avvolsi le reni di mio figlio con le mie gambe.

- Vai profondo… il più profondo possibile… vorrei che entrassero anche i tuoi coglioni… spingi… sfondami… fammi morire. Che delizia questi baci… quant’è bello di pomeriggio… tu mi possiedi, caro… oh, caro… il tuo cazzo mi dà tanto godimento… non so più dove sono… direi che tu diventi sempre più grosso… sei enorme dentro di me. Dìmmi che è bello, mio caro, dillo… confessa il desiderio che hai per me… fai… fai… sto per godere. -

I colpi di Pino diventarono ancor più violenti. Quando mi sollevavo col ventre , lui mi infilava cono una sorta di rabbia, quando mi abbassavo lui mi seguiva e curvava le reni per andare sempre più a fondo.

Poi, alla fine, nel mezzo di un duplice rantolo, una confessione impudica.

- Io scarico, tesoro, vieni… godi con me… vieni… il tuo cazzone è diventato un ferro rovente… vieni e finiscimi… a fondo… oh amore mio! Che godimento tra le tue braccia… sotto il tuo ventre… lo sperma… sento lo sperma che schizza… il tuo bell’uccello che sputa… in me… in me… no… non ti ritirare… resta… ti voglio tutto dentro… come sarà per sempre.




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