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Prime Esperienze

VIAGGIO A ROMA - 1


di gioviaf
30.07.2019    |    19.496    |    7 9.1
"“Hai mai accarezzato un bel sedere?” e poiché non davo una risposta, continuò “Sicuramente no..."
VIAGGIO A ROMA 1

A 19 anni, avendo finalmente finito le scuole e ottenuto il sospirato diploma, ero uno di quei ragazzi che si consideravano degli esperti solo perché avevano giocato con le tettine delle ragazze o lo avevano infilato nella fica troppo ospitale di due o tre puttane.

In verità in amore ero solo un apprendista. Il che non impediva di darmi le arie di un esperto.

Bisogna dire che nella piccola città di provincia, dove i miei genitori erano proprietari di un albergo, il mio fisico prestante unito alla fiorente situazione finanziaria della mia famiglia, attirava su di me l’attenzione delle ragazze da marito e delle ipotetiche suocere.

Se un giorno, mio padre si trovava immobilizzato sopra una poltrona da un attacco di sciatica, non avessi dovuto recarmi a Roma per sistemare alcuni affari con l’amministratore di un immobile che possedevamo, certamente avrei finito per lo sposare una di quelle oche bianche senza avere avuto il tempo di compiere la mia educazione erotica. E non avrei potuto conoscere i segreti dell’amore poiché in questo campo ero una disgrazia. Durante tutta la nostra vita noi avremmo dunque continuato, lei ad aprirmi le cosce con rassegnazione, io a sbatterla come un beota per renderla pregna o più egoisticamente per svuotare i testicoli troppo pieni.

In breve, avremmo conosciuto la triste esistenza della maggior parte di coppie per le quali l’andare a letto finisce per essere soltanto una semplice formalità fisiologica.

Ma ci fu questo viaggio a Roma e di colpo io dovevo prendere conoscenza della mia imperdonabile ignoranza.

Per non perdere tempo inutilmente decisi di viaggiare di notte. Il treno stava per lasciare la stazione ed io, solo nello scompartimento, mi ero sprofondato nella lettura di un romanzo erotico quando di colpo ebbi un sussulto. La porta si era aperta ed era entrata una giovane donna il cui elegante tailleur nero scolpiva un corpo che, senza paura d’esagerare, voglio qualificare assolutamente stupendo, un corpo da urlo.

Avendo sistemato la sua piccola valigia di cuoio rosso, la sconosciuta si mise a sedere di fronte a me. Poi accavallò, scoprendole bene in alto, le sue lunghe gambe inguainate di nailon scuro. Logicamente le avventure narrate nel libro che stavo leggendo mi parvero di colpo prive di interesse.

Avrei voluto intraprendere una conversazione ma la tipica timidezza dei giovani me lo impediva. Per fortuna la giovane donna si mise una sigaretta tra le labbra e subito mi affrettai ad offrirle la fiamma del mio accendino.

Dopo avermi ringraziato la sconosciuta, con una voce calda che mi accarezzò deliziosamente i nervi, mi chiese quanto tempo avremmo impiegato per arrivare a Roma. Dopo la mia risposta mi confessò che non vedeva l’ora di fare rientro nella capitale. “Finalmente tornerò a vivere. Ho dovuto passare alcuni giorni in un piccolo paese dell’entroterra ligure per una eredità… ma se lei sapesse quanto sono riuscita ad annoiarmi…”

Mi confessò che lontana dalla vita notturna di una grande città si trovava spaesata… come fuori dal mondo. Poi mi informò che grazie alla sua eredità poteva finalmente dedicarsi esclusivamente ai piaceri della vita. Mi disse di chiamarsi Anna ed io le dissi di chiamarmi Gio, che i miei genitori avevano un albergo in Riviera e che davo una mano alla sua conduzione; insomma che pur essendo un piccolo borghese di provincia non avevo da lamentarmi.

“Beninteso le distrazioni in una piccola città devono essere piuttosto rare. Ha un’amichetta?”, “Ma sa…” farfugliai “alla mia età si incontrano solo ragazze che vogliono farsi sposare”. “Come? Non ha un’amica. Non sarà il caso che alla tua età sia ancora vergine”. Confessai che avevo già avuto qualche esperienza con donne di vita e che anche qualche ragazzina mi aveva permesso qualche approccio.

“E queste donne di cui mi ha parlato si sono mostrate soddisfatte del loro partner?” Sotto il suo sguardo mi sentivo incapace di mentire e confessai che quelle poche battone che avevo chiavato si erano preoccupate più del mio portafogli che della mia erudizione erotica.

“E tu vorresti sposarti senza neanche aver prima appreso come accarezzare una donna? Mio bel giovane tu vai incontro ad una sicura catastrofe. Caro mio, se desideri arrivare al matrimonio senza rischiare di essere subito adornato da un bel paio di corna bisogna che tu ti dia da fare per acquistare quella esperienza amorosa che ti manca. Nel tuo interresse e in quello della tua futura moglie è molto importante che tu esca da questo triste oscurantismo e poiché mi sei simpatico cercherò di darti la prima lezione”.

Avevo la gola secca come se avessi ingoiato della polvere, la vidi spegnere la luce nello scompartimento lasciando solo la luce notturna per poi tornare a sedersi di fronte a me. Subito una mano decisa s’impadronì della mia mano per infilarla sotto la sua gonna e poiché non indossava il più piccolo slip, le mie dita si trovarono a contatto di una massa di peli umidi.

Giudicando di avermi già condotto in porto e che non avessi più bisogno di guida la giovane donna lasciò la mia mano. Mi sentivo impacciato e incapace della minima reazione, avevo troppo timore di apparire maldestro ma lei mi venne in soccorso.

“Accarezzamela, toccami il bottoncino” disse con un sospiro. Ubbidiente feci scivolare l’indice tra le labbra della sua fica umida e trova il clitoride fieramente eretto. Con il polpastrello dell’indice cominciai a titillarglielo.

“Sì “gemette lei “Sì così, continua… E’ bello, continua, continua così mio bel maschietto. Bene così… Ah… ancora”. I suoi sospiri, i suoi gemiti mi avevano infuso coraggio e nella foga del momento le palpai la fica con tutta la mano. “Oh caro… caro tesoro come mi stai dando piacere. Lo sai che sei vicino a farmi godere? Ah… Ah… continua… sì ci sono… io godo… godo… senti come sto godendo…” e la sua fica era talmente colma di dolce liquido che mi colava lungo le dita e lungo tutta la mano.

Nella penombra dello scompartimento intravvedevo il suo viso arrossato e gli occhi chiusi e mi fu facile rendermi conto di come avesse raggiunto il piacere.

“Oh, mio caro tu ci sai fare”. Con questa frase e senza attendere oltre decise di iniziarmi ad una della pratiche più difficili dell’arte amorosa. Appoggiandomi una mano sulla nuca cominciò ad esercitare una leggera e continua pressione fino a piegare il mio busto in avanti. Due cosce piene, inguainate nelle calze scure si aprirono per fare spazio al mio viso e poi si richiusero per trattenermi; l’odore aspro di una fica già bagnata penetrò le mie narici.

“Leccami…” implorò.

Si era sollevata un po’ sul sedile appoggiandosi con le mani al bordo e sotto la mia bocca si aprirono le labbra del suo sesso… labbra umide d’amore e del godimento appena provato.

Un nuovo attacco di timidezza mi bloccò. Mi chiedevo cosa avrei dovuto fare. Ero paralizzato dalla paura di commettere qualche errore.

Anna si spazientì. “Veloce! Vai veloce con la lingua. Leccami… sto aspettando. Ho bisogno che tu mi succhi”. Avrei ben voluto succhiarla mai come cominciare senza apparire inesperto? “Dai Gio, non farti pregare. Quello che devi fare è fare passare la lingua su tutta la mia fica e insistere sul clitoride. Occupati soprattutto del mio piccolo bottoncino”.

Dopo avere ricevuto questi consigli mi sentii salvo e subito mi misi a leccare quello che avevo finora considerato il luogo prediletto dei giochi lesbici. “Oh Gio, un po’ più veloce e un po’ più forte. Oh… ecco, esattamente così…”

Anche se il suo corpo sembrava inarcarsi sotto le sferzate della frusta del piacere, Anna non rinunciava alla sua parte di educatrice.

“Caro… spingi la lingua dentro la mia fica, sì, come facevi un attimo fa, così, sì così, fa che la senta dappertutto, su tutta la fica e anche dentro. Caro, così, proprio così si lecca la fica. Oh sì…”

Era meraviglioso. E pensare che mi ero intimidito. Avrei potuto sposarmi prima di conoscere Anna e mai avrei avuto il coraggio di chiedere ad una donna, a mia moglie, di farmi sentire il sapore della sua fica. Per pudore avrei potuto passare tutta la vita senza conoscere una simile delizia.

Mi abbeverai alla sua vulva umida e non ne ero mai sazio ma lei mi fece interrompere. “No… è troppo Gio” era scossa dai brividi, “Oh no. Fermati. Fermati. E’ troppo!” e mi prese per i capelli per allontanare la mia testa dal suo ventre.

Dopo questo successo insperato non sognavo che di farla godere ancora molte volte senza che lei si preoccupasse di me.

Nei miei pantaloni il cazzo era teso al punto di farmi male e quanto ai miei testicoli erano così pieni che avevo l’impressione che potessero esplodere. Il fatto è che avevo troppo bisogno di chiavare. Avevo un gran desiderio di infilare quella splendida donna ma non avevo ancora il coraggio di prendere l’iniziativa non essendo ancora abbastanza sicuro di me per prendere il comando delle operazioni.

Per fortuna lei comprese la mia impazienza e avvicinando una mano alla mia patta iniziò con mosse esperte ad aprire la patta finchè le fu possibile estrarre dagli slip la mia spada trionfante.

“Oh… il bel serpente. Quanto è grosso e quanto è lungo e quanto è duro. Sei davvero ben fornito. Hai di che far contenta la tua mogliettina. Non avrà da lamentarsi. Ricordati però, bello mio, che non basta ritrovarsi fra le gambe un bell’arnese, bisogna soprattutto sapersene servire…”

Mentre ero ancora lì mezzo sdraiato sul sedile con il cazzo fieramente eretto, la giovane donna si alzò e arrotolò la sua gonna fino al ventre. Poi fatto un mezzo giro su se stessa si piegò in avanti appoggiandosi con le mani sul sedile di fronte. Venni così a trovarmi con il suo culo davanti alla faccia, un gran bel culo grande e sodo.

“Hai mai accarezzato un bel sedere?” e poiché non davo una risposta, continuò “Sicuramente no. E con ogni probabilità tu hai pensato fino ad oggi che questa sia una cosa che non si fa. Piccolo ingenuo…. Il culo, amico mio, è stato creato apposta per essere palpato. Allora comincia, su, non essere imbarazzato”.

Accarezzai con entrambe le mani queste rotondità lussureggianti. “Oh no!” esclamò lei “se la fichetta fa accarezzata cono molta delicatezza, il culo va strapazzato con le maniere di un soldataccio. Dai palpamelo, brutalmente”.

Obbediente mi misi a strizzare a piene mani le belle chiappe carnose che avevo davanti agli occhi. In me cominciarono a svegliarsi desideri assolutamente sconosciuti. Desideri lubrichi che mi spinsero a infilarle tutto l’indice nel buco facendolo scorrere dentro e fuori.

“Oh, Gio” gridò la mia partner “E’ proprio così che si strapazza il culo di una donna. Ancora. Ancora pizzicami tutte le chiappe” e intanto muoveva i fianchi con un ritmo sempre più frenetico. “Oh, com’è bello… se tu sapessi!”.

In tutta sincerità non avrei mai creduto che una donna, escluse forse le depravate o le più basse puttane, potesse godere a farsi masturbare l’ano. Ne avevo di cose da imparare!

Il mio dito s’insinuava sornione sempre di più nello stretto foro. Avvicinai il viso per guardare meglio ciò che stavo facendo e mi arrivò al naso un profumo di pulito che ricordava il detergente intimo.

“Ti piace palparmi il culo?”, “Sì, mi piace molto”, “Te la sentiresti di leccarmelo?” domandò ancora, “Tranquillo che è ben pulito sia fuori che dentro”. “Sì ti faccio tutto quello che vuoi” risposi.

Leccare il buco del culo di una ragazza. Questo non lo avrei neanche osato pensare. Ignoravo ancora che tutto è permesso nei giochi d’amore e soprattutto piacciono quelle cose che sembrano più violentemente urtare la morale, le convenienza, i tabù.

Ritirato il dito, avvicinai al suo fiore la bocca per un bacio e poi con la punta della lingua ingorda diedi una leccatina. Incoraggiato dai suoi gemiti usai la lingua a spatola sul buco per poi passare quasi senza rendermene conto, anche sotto a leccarle la fica. “Gio, oh Gio” gemeva Anna “Com’è bello… sì, ancora… ah… che desiderio di te mi è venuto. Ora ho proprio bisogno di te… desiderio del tuo cazzo… prendimi…”

Sollevandomi cercai di dirigere il mio cazzo verso la sua fica ma poiché lei era piegata in avanti ed io ero emozionato e nervoso, non riuscivo a infilarlo bene dentro. Ancora una volta Anna mi venne in aiuto, una sua mano scivolò tra le gambe, s’impadronì del bastone e con un solo colpo sicuro se lo infilò tutto dentro.

Di colpo mi scopersi un’un aggressività da pirata. Le speronavo la fica con il furore di un corsaro che si lancia all’abbordaggio. “Oh caro” gemeva lei “quanto sei brutale… Oh… quando sverginerai la tua sposina bisognerà che tu ci vada con un po’ più di dolcezza. Bisognerà che tu sappia moderare il tuo ardore. Però adesso prendimi così, barbaramente. Anche la tua donna la prenderai così un giorno ma aspetta di avergliela prima aperta bene, di avergliela allargata a misura delle dimensioni del tuo cazzone. Ah… ma sento che tu stai per venire… lo sento. E’ diventato ancora più grosso… No Gio… no!”

Ero sul punto di scaricarmi dentro ma lei, più accorta di me, mi fermò in tempo, si girò di scatto e afferrò il mio desolato uccello. “Oh, l’egoista! Eccolo l’egoista che stava per sollazzarsi dentro di me senza neanche prendersi la pena di chiedere se poteva farlo senza conseguenze. Non lo sai come nascono i bambini? Quando una donna ti permette di divertirti con lei è tuo dovere informarti su quello che puoi o non puoi fare e regolarti di conseguenza. Sarà lei a dirti se si trova nel periodo fertile o se invece può ricevere dentro il tuo sperma e se non le sarà possibile permetterti di sborrare dentro, sarà lei la prima a dispiacersene.

Ero mortificato dal rabbuffo ricevuto quando lei con un sorriso da canaglia sulle labbra aggiunse “Naturalmente se ti da fastidio sparare al cielo le tue munizioni, puoi sempre scaricarle nel culetto della piccola…”. Rimasi in silenzio e lei aggiunse “Ed è quello che tu adesso farai con me”.

Questa volta rimasi letteralmente interdetto. Inculare una donna che non sia una puttanaccia pagata per subire i capricci di qualche debosciato mi sarebbe parso fino a un momento prima assolutamente inverosimile. Anna dovette intuire il mio stupore perché prese a spiegarmi “Mio caro, la maggior parte delle donne amano prenderlo nel culo. Certamente all’inizio bisogna mostrarsi molto dolci e molto comprensivi. All’inizio ti devi accontentare di accarezzarglielo e poi di palparglielo, poi, dopo essere sicuro di trovare tutto in regola e pulito, ti ritrovi a leccarlo per lubrificare il buco con la saliva e puoi fare un prima tentativi di appoggiarglielo facendone entrare solo un po’… ma al primo lamento, ricorda, interrompi l’inculata. Solo dopo averla consolata e accarezzata e masturbata ancora un po’, tu ricomincerai i tentativi. Se avrai pazienza in capo a poco tempo scoprirai che il buco del culo riceve benissimo anche un grande arnese come il tuo“.

Mi confessò che il suo culo aveva già ricevuto abbastanza cazzi per cui non dovevo stare a prendere precauzioni. Nervosamente, con gesti maldestri, avvicinai il mio bastone al suo bel buco grinzoso ma la timidezza mi rendeva così poco abile che ancora una volta lei dovette decidersi a venirmi in aiuto.

Presa la mia verga in mano fece ruotare il glande e questo non tardò, sotto la spinta di un suo preciso colpo di fianchi, a sprofondare nel caldo abisso del suo corpo.

Quanto era bello. Come mi trovavo bene in questo stretto cunicolo che foderava la mia verga in una guaina di carne bruciante. Avevo l’impressione che questo pozzo vivente ricevesse tutte le mie forze, aspirando anche i miei testicoli insieme con tutto il contenuto. Come conseguenza, non avevo dato che tre o quattro colpi di cazzo, che mi ritrovai che stavo subito venendo. Avevo dato un bella prova di inadeguatezza e lei ne rimase delusa.

“Sciupone… non potevi aspettare che godessi un po’ anch’io?”. Dalla borse estrasse un fazzoletto per asciugare il mio sperma che le gocciolava fuori dal buco. “Non dimenticare che il piacere del tuo partner deve essere sempre importante almeno quanto il tuo”. Mi disse anche che avrei dovuto fare molti progressi prima di diventare un vero amante e un uomo in possesso di quella disciplina che ogni vero erotomane deve possedere.

Avrei voluto avere subito l’occasione di dimostrarle che avevo imparato la lezione ma ormai il viaggio era alla fine e stavamo arrivando a destinazione, avemmo solo il tempo di rimetterci in ordine quando le chiesi se mi fosse stato possibile avere qualche altra lezione assieme ad altri buoni consigli. “Non insistere Gio, devi imparare a volare da solo, soltanto molte esperienze con altre compagne potranno permetterti di completare la tua educazione”.

Ci salutammo e ognuno di noi prese la sua strada, lei verso i piaceri che le consentiva di ottenere il denaro dell’eredità e io verso le nuove amicizie femminili che mi avrebbero permesso di affinare le mie capacità amatorie.



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