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LA VITA IN UN PICCOLO PAESE - 3


di gioviaf
15.08.2018    |    18.331    |    1 9.0
"La ragazza si avvicinò al curato e parlò a voce bassa “Credo che Gertrude faccia delle cose brutte nella sua camera, pensando a voi”..."
Quel giorno Bertrand andò solo alla clinica per fare visita alla moglie. Questa stava meglio ma doveva rimanere a letto. Seduto vicino al letto l’uomo guardava l’infermiera che andava e veniva nella camera e procedeva a fare diverse cose. Poi si fermò vicina al letto “Va molto meglio, non è vero?”. “Sì, ma è lunga. Non mi piace rimanere coricata così senza poter fare nulla..”.

Bertrand squadrava sempre l’infermiera che aveva un bel viso e occhi neri che lo fissavano con insistenza anche se sembrava che fosse soprattutto interessata all’ammalata. Doveva avere una quarantina d’anni ma mostrava una grande vivacità di gesti, nei movimenti, nel corso dei quali Bertrand ammirava il suo seno forte nel camice troppo stretto.

Finalmente l’infermiera se ne andò raccomandando a Bertrand di non stancare la convalescente. L’uomo, che aveva poco da raccontare alla moglie, la salutò con un bacio sulla fronte ed uscì dalla camera. Nel corridoio vide l’infermiera appoggiata al muro, si fermò vicino e le sorrise. “Il vostro lavoro non vi concede molto riposo”. Lo sguardo della donna sembrava essere di antracite. Lei si morse le labbra “E’ di questo che mi volete parlare? Non è per ascoltare che vi ho atteso qui”. “Cosa volete dire?”. L’infermiera spinse una porta ed entrambi si trovarono in una stanza buia la cui tendina della finestra era abbassata. “Questa è la mia camera, ed anche quella d’una collega. Quando noi non abbiamo nulla da fare è qui dove veniamo”.

La donna si voltò e si mise a toccare e a spostare oggetti vari, poi si girò verso l’uomo che vide il suo sguardo fisso e un tremito delle sue mani e delle sue labbra. Ad un tratto lei fu contro di lui con una mano sui pantaloni e la bocca offerta. “Non avete voglia di fare un capriccetto? Da questa mattina penso ad un cazzo, non importa quale, che mi chiava e mi fa sborrare, mi sento terribilmente puttana”. intanto aveva tirato fuori il membro di Bertrand e lo masturbava con una mano da esperta. Rapidamente l’uccello si eresse. Gli occhi della donna brillarono. “Hai un bel cazzo. Me lo metterai”.

Bertrand sollevò il camice dell’infermiera e fu subito sulla carne nuda, la giovane non aveva mutandine e mostrò un pube pieno di peli neri. Il sesso era una fornace umica dalle labbra gonfie e un clitoride rigido. L’uomo si offrì di leccargliela ma la donna scosse la testa in segno di rifiuto, poi, con una mano quasi crudele, gli afferrò i testicoli. “No. La mia collega mi lecca molto spesso. E’ il cazzo che voglio nella fica. Voglio sentirlo fino in fondo, tutto. Tu mi chiaverai. La mia amica lecca molto bene, ci lecchiamo a vicenda ma oggi voglio essere presa brutalmente da un vero maschio”.
Si sistemò sul letto con le gambe aperte i seni denudati e lo chiamò “Vieni, monta sul letto”.

Bertrand si abbassò i pantaloni e incollò il cazzo contro quella fica bruciante. Lentamente lo strofinò alla fessura calda e bagnata e le sue dita s’impregnarono dell’odore della femmina. “E’ bello sentire il membro contro la mia fica, fallo scivolare dentro. Se sapessi quanto bisogno ne ho. Mi sono detta che tu eri un uomo da chiavarmi appena ti avrei esternato la voglia che avevo. Oh! Come entra bene, è bello, la vagina mi si apre, lo accoglie, lo succhia”. “E’ vero. La tua fica mi succhia. Tu sei una vera femmina, molto calda, si vede che avevi una gran voglia di cazzo, senti come te lo ficco dentro”. “Oh sì! Vai il più lontano possibile, fai in modo che la cappella mi tocchi il fondo della vagina, chiavami, chiavami, finalmente ho questo cazzo che desideravo fin da stamane. Mi sono svegliata con una voglia pazza di fare l’amore con un uomo, il tuo membro è caldo, buono, eccitante. Tu lo fai bene, continua. E dire che nel corso della notte, io e la mia amica abbiamo fatto delle porcherie insieme. Mi piace tanto divertirmi con la mia amica ma lei è sposata ed è una donna molto rispettabile. Mi piace divertirmi con lei quando siamo insieme il tempo passa subito ma con te è meglio, la tua verga mi sazia di più. Oh! Come ti sento, chiavami bene così, spingi”.

Bertrand si muoveva con ritmo cresente. L’avventura lo sorprendeva ma in lui non d’era nessuna esitazione. Prendeva ciò che gli veniva offerto. Un corpo eccitato, delle tette calde che succhiava con piacere, una bocca che pronunciava le parole ch’egli amava, un ventre che si dava con ardore. La donna si agitava contro di lui, gli offriva sempre più il proprio sesso, gemeva, gli cercava la bocca, apriva e richiudeva convulsamente le belle cosce. Rantolò quando il cazzo la penetrò ancora. “Non ritirarti, non ritirarti, voglio che mi sborri dentro. Fai quello che ti piace. Oh! Com’è bello essere chiavata così. Ora vengo, sborro! Oh! Anche tu. Godiamo contemporaneamente”.

Quando entrambi si ripresero e sistemarono i loro indumenti la donna prese Bertrand per il collo “Mi hai chiavata bene e l’idea che tua moglie fosse nella camera accanto mi ha messo in uno stato che nono ti dico. Ho goduto bene. Ora voglio pulirmi la fica e i peli. Se l’occasione si presenterà ricominceremo”.

Olimpia sorrise al vicario che sorseggiò il bicchiere di vino che gli aveva offerto. Era andato a trovarla per chiederle notizie di sua madre ma lei aveva compreso che quello non era che un pretesto. Allora cominciò il discorso. “E’ da diversi giorni che non vedo la mia amica Gertrude, voi l’avete vista?”. “Ieri sera sono andato a casa sua, abbiamo chiacchierato, le ho parlato della confessione, lei è arrossita ma non ha detto di no. E’ molto graziosa e ho potuto guardarla con comodo perché aveva un vestito molto leggero che mostrava le sue forme”. “Un giorno ho avuto l’occasione di vederle il seno. Ce l’ha molto bello. Avrei voluto toccarle le mammelle tanto sono graziose”. “E le hai parlato di me?”. “Sì. Ogni volta che siamo insieme. Per questo vi ho detto che è innamorata”. “Ma io sono un prete”. “Forse vi ama proprio per questo. Molte donne sono interessate dalla sottana che i preti indossano perché si chiedono cosa ci sia sotto. Ma Gertrude vi ama. Non è soltanto una spinta di sensi che la induce ad amarvi, lei vorrebbe essere nelle vostre braccia, ascoltare le vostre parole d’amore, guardarvi negli occhi. E’ talmente sentimentale!”.

“Mi piacerebbe prenderla nelle mie braccia però c’è la madre la quale non ci lascia un attimo”. “Nel confessionale potreste dirle molte cose, le più intime, del resto in avvenire anch’io mi confesserò con voi. Mi assolverete dei miei peccati”. “Una fanciulla come te non ha dei grossi peccati sulla coscienza. Quando ti vedo in chiesa piena di devozione, in ginocchio e con le mani giunte…”. “E’ proprio allora che sogno di commettere dei peccati. Signor vicario, io penso a molte cose perverse e deliziose”. “Tu sei così giovane Olimpia, non credo che…”. “E Gertrude è come me, anche lei ha dei pensieri simili e noi amiamo parlarne, lei dice che dovete essere bello tutto nudo. Lei si metterebbe alle vostre ginocchia per adorarvi. Non dorme, la poverina, tanto questo pensiero la tormenta. E voi?”. “Le mie notti sono infernali. Non penso più che a quella fanciulla che brucia d’ardore per me ed anche che…”.

La ragazza si avvicinò al curato e parlò a voce bassa “Credo che Gertrude faccia delle cose brutte nella sua camera, pensando a voi”. Il vicario ebbe un tremito, pose le mani sulle ginocchia e guardò Olimpia. Una fanciulla con il diavolo in corpo. “Lei ve lo dirà in confessione. Le ho detto che non deve nascondervi nulla, che deve dirvi tutto, anche io sarò costretta a confessare tutto quanto. Ma voi forse non state bene? Cosa vi succede? Tremate”. Gli andò più vicino ponendogli una mano sulla coscia. “Indovino tutto. Se voleste, mentre siamo soli, io potrei…”, il prete la fissò negli occhi, non poteva credere alle sue orecchie. “E la tua amica Gertrude?”, “Non lo saprà mai. Anche io desidero vedervi, toccarvi e darvi piacere senza che nessuno lo sappia”.

Il vicario guardò la mano che si avvicinava penetrando nella sua sottana. Il suo cazzo era ormai teso. Avvicinando la propria spalla a quella del prete Olimpia gli mormorò all’orecchio “Com’è grosso e lungo. Posso vederlo?” “Come sei perversa Olimpia”, “Quando mi capita l’occasione. Il momento è propizio, mi piacerebbe vederlo prima di Gertrude. Io non vi amo come lei ma le cose della carne vanno soddisfatte. Com’è bello, questo grosso membro nudo, così indecente, guardate com’è bello, mi piace guardarlo, tenerlo in mano, giocare. Questo è il momento adatto di cui dobbiamo approfittare“.

Dolcemente scivolò in ginocchio fra le cosce del prete. La sua bocca si fece carezzevole, lasciva mentre la sua lingua cercava. “Cosa fai Olimpia. Che stiamo facendo”. “Non dite nulla signor vicario. Lasciatemi divertire un po’, è così bello tenere in bocca questo grosso e caldo membro, e che odore, lasciatevi fare da una brava fanciulla”. Si chinò e si mise a succhiare il membro masturbandolo delicatamente. “Com’è bello. Olimpia sei una brava fanciulla. Nessuno mi ha mai fatto una simile carezza. Non ho mai fatto l’lare e non ho mai visto una donna completamente nuda. Grazie a te ora conoscerò il piacere. Oh! Aggrapparmi a Gertrude e farmi succhiare da lei. Olimpia, ritirati! Oh! E’ troppo tardi, ci sono, io sborro”. Olimpia inghiottì trovando il sapore straordinario dello sperma che le colava in gola e intanto in mezzo alle sue cosce si produceva un folgorante orgasmo.

Nella notte la casa era chiusa e nessuno poteva disturbare i due occupanti. Bertrand, seduto a tavola, mangiava. Davanti a lui la bottiglia di vino quasi vuota. Guardò la figlia seduta dall’altra parte della tavola. Era pallida, i lineamenti tirati e cerchi neri sotto gli occhi. “Papà, fa caldo, mi sento soffocare”. alzatasi fece qualche passo, passò dalla luce alla semioscurità che regnava in fondo alla cucina. Il padre la seguì con gli occhi spiando i suoi gesti. Con un movimento la fanciulla slacciò la gonna la quale cadde. Quando ritornò verso la luce espose il ventre nudo. Il pube non molto peloso, la sua carne viziosa.

Si avvicinò a Bertrand tenendo le natiche contro l’orlo della tavola ed il ventre teso. L’uomo le accarezzò le cosce, insinuò una mano. Olimpia scostò gli oggetti che ingombravano la tavola, l’uomo ne approfittò per palpeggiarle il sedere. Senza dire una parola la giovane si sedette sulla tavola davanti al padre. Con la camicetta e il resto del corpo denudato formava una immagine molto indecente. Lentamente alzò una gambe, pose un piede sul tavolo, poi venne il turno dell’altra gamba e del piede. “Olimpia, mia piccola figlia viziosa, cose sei bella, io ti amo, tu mi fai impazzire”. “Ti amo anch’io, ti amo più di tutto purchè il vizio rimanga fra noi”.

Allargò le ginocchia esibendo la fica dove spuntava il clitoride eccitato, poi si mise le mani sotto il seno e si accarezzò sfrontatamente le tette. “Esci il cazzo dai pantaloni, mostrami come ti faccio erigere”. Bertrand eseguì troppo contento di liberarsi dei pantaloni che gli davano fastidio. In quel momento sentiva la differenza fra il pomeriggio e quel momento. Aveva goduto, aveva soddisfatto una calda femmina ma in presenza di Olimpia era un’altra cosa. Questa era sua figlia e lo provocava meglio di quanto potesse fare qualsiasi donna. Olimpia si chinò offrendo la bocca, poi riprese la posa oscena, si mise le mani ai lati del sesso di cui separò le labbra. Il clitoride emerse, rosso frutto osceno, frutto pieno di sangue.

“Leccami. Posa la tua bocca sopra di me, la lingua, vieni, fammi godere, divertimi, a te piace leccarmi la fica, ho appena fatto la pipì e l’odore. Oh sì, bacia, succhia, con la tua lingua vellutata, oh, mi fai impazzire. Aspetta un momento e guarda il mio basso ventre, dimmi che ti piaccio”. “Sì, Olimpia, tutto questo è molto bello, tu sei un angelo d’impurità, così impudica, così bella, il mio cazzo erige per te”. Olimpia guardò suo padre negli occhi, sorrise nel vedere la sua verga impennata. “Un giorno questo grosso cazzo, questa bella macchina d’amore, m’inculerà”. Bertrand sobbalzò. Il cazzo si scappellò completamente talmente le parole della figlia gli facevano effetto. “Tu oserai?”. “Un giorno lo desidererò, lo so. Voglio conoscere tutto con te, le peggiori cose”: “Anch’io, Olimpia”. Lei ripetè con un tono sognante “Le peggiori cose. Voglio godere dalla testa ai piedi perché ti amo, io sono pazza di te, la nostra passione è così colpevole ma è tanto bella. Mi piace essere la tua amante e nello stesso tempo una svergognata. Vorrò che tu mi permetta tutto senza mai mostrarti geloso. Tutto quello che non hai conosciuto con la mamma lo conoscerai con me. Le cose più aberranti. Vieni. Leccami la fica che ho voglia di godere”.

Bertrand si spogliò completamente poi prese posto sulla sedia. Prese le cosce di Olimpia, se le pose sulle spalle ed immerse il viso fra di esse. La ragazza volle distendersi sul tavolo, poi dopo avere ricevuto alcune carezze, si ritirò, discese dalla tavola e andò a sedersi sulle ginocchia di suo padre. Con un braccio lo strinse, gli diede la bocca avida mentre con l’altra mano gli masturbava il grosso cazzo. Quando nono ne potè più lo cavalcò, se l’introdusse nella vagina. Quando si separarono dirigendosi verso la camera Olimpia sentì lo sperma colarle lungo le cosce.

Durante la notte Olimpia non pronunciò nemmeno una parola circa l’avventura del pomeriggio e Bertrand non ne parlò neppure lui.

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