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LA VITA IN UN PICCOLO PAESE - 9


di gioviaf
26.08.2018    |    14.358    |    2 9.0
"“Cosa avete fatto?”, “Avevamo ancora sete e abbiamo bevuto, ma voi dovreste ritirarvi, sono tutto nudo”..."

Una sera un grosso camion si fermò a poca distanza dalla casa della signora Protin. Ne discesero due uomini i quali, dopo avere esaminato il veicolo, ne aprirono il cofano ed esaminarono il motore. Palarono concitatamente quindi uno dei due si allontanò dirigendosi verso il paese. Vedendo la casa di Matilde Protin, dopo un attimo di esitazione, vi si diresse. Fu la donna ad aprirgli quando bussò alla porta. “Siamo rimasti per strada, il camion che abbiamo con noi si è guastato e si trova ad alcuni metri da qui. Mi permette di telefonare a qualche officina?”. Matilde guardò l’uomo, un gagliardo giovanotto d’una trentina d’anni, ben piantato, dai capelli biondi e dallo sguardo franco “Mi spiace ma non abbiamo il telefono”. “E’ una seccatura, dovrò raggiungere a piedi il primo garage”. “Non ci sono gare in paese, e poi, dove dovreste telefonare?”. “A Parigi, al mio padrone per avvertirlo di venirci a prendere”. “Credo che a quest’ora il telefono pubblico sia chiuso. Non potreste riparare il camion da solo?, “No, mi manca un pezzo. Ma allora cosa si può fare?”. “Fino a domani mattina siete immobilizzato. Alle otto potrete telefonare, non prima”. “Caspita!. E’ una bella fregatura. Ci sarà almeno da dormire in questo paese?”. “Non saprei, non credo”.

In quel momento apparve Gertrude che si unì alla conversazione guardando l’uomo dalla testa ai piedi. Da parte sua il camionista esaminava Gertrude e poi la donna. Sotto lo sguardo sfrontato della ragazza l’uomo arrossì. Quella ragazza era molto franca. Aveva già incontrato fanciulle che avevano sguardi del genere, ma quello era ancora diverso. Quella giovano lo valutava, lo soppesava. “Non c’è altro da fare che chiudervi nella cabina del camion” disse Matilde ridendo. Gertrude fissò la madre con uno sguardo duro e una smorfia sulle labbra. “Potresti almeno dare loro da mangiare, aiutarli”. “Potete avere fiducia, signora; è tardi e né io né il mio collega abbiamo voglia di camminare ancora. Se poteste darci da mangiare e da dormire ve ne saremmo veramente molto grati”. “Va bene, vedremo cosa possiamo fare. Andate a cercare il vostro compagno intanto noi ci organizziamo”.

L’uomo andò a cercare il suo collega e le donne si misero a discutere. Quando i due uomini entrarono Matilde si mise a fare una frittata e poi posò una bottiglia di vino sul tavolo e intanto guardava i due autisti. Il secondo era un uomo un po’ più robusto e leggermente più anziano del primo. I due uomini mangiarono con gusto, poi uno di essi disse “Voi non mangiate, ci lasciate soli”. Gertrude sorridendo rispose “Noi abbiamo già mangiato”. Però potreste bere un bicchiere di vino tanto per tenerci compagnia”. Le due donne si sedettero al tavolo e bevvero con gli uomini. Poi tutti si guardarono e dallo sguardo degli autisti si capiva che quelle due donne erano di loro gusto. Dopo qualche minuto di silenzio Gertrude disse “Noi non abbiamo che una camera, dovrete accontentarvi d’un materasso messo a terra in questa stanza. Almeno non dovrete andare a cercarvi un albergo, vero mamma? Potremo arrangiarci così”. Matilde replicò “Se loro accettano e se sono contenti così, per me va bene”.

Spostato il tavolo e le seggiole, le donne misero il materasso a terra e poi, dopo avere vuotato ancora qualche bicchiere di vino, raggiunsero la loro camera. Appena la porta fu chiusa Matilde si chinò su sua figlia. “La presenza di quei due uomini ti eccita, vero?” “Sì, mi eccita ed anche te, lo so, indovino cosa vorresti fare”. Si avvicinò a sua madre, le mise una mano sul corpetto sbottonandoglielo e giocò con le sue grosse mammelle. Matilde ridendo “Hai finito, piccola viziosa? Ne hai bisogno?”: “Eccome! E tu, non hai voglia?”. Matilde spinse sua figlia verso il letto, le si inginocchiò davanti ponendole la testa contro il ventre caldo. Dei fremiti percorsero il suo corpo ma abbracciando il ventre di sua figlia pensava agli uomini della stanza vicina.

Con le braccia alzate, i seni della figlia nelle mani, la bocca vorace, la donna si immaginava i due uomini tesi, pieni di ardore, pronti ad assalirla. E Gertrude, in preda ai medesimi pensieri, ansimava sotto la carezza che la madre le faceva con la bocca. Improvvisamente si udì un rumore. Matilde si sollevò e si accorse che un raggio di luce passava sotto la porta. Uno degli uomini aveva acceso la luce della stanza vicina. Desiderosa di sapere cosa succedeva, aprì la porta. Uno dei due camionisti era in piedi al centro della stanza con una bottiglia di vino in mano. Con un colpo d’occhio Matilde vide il suo corpo nudo, il sesso che gli pendeva fra le cosce, il suo dorso potente, le sue braccia e le gambe muscolose. “Cosa avete fatto?”, “Avevamo ancora sete e abbiamo bevuto, ma voi dovreste ritirarvi, sono tutto nudo”. Matilde sorrise poi chiuse la porta alle sue spalle. “E’ che da molto tempo non vedevo un uomo nudo però, sapete, alla mia età se ne sono visto degli altri e non ci si spaventa così facilmente”.

Dopo aver bevuto l’uomo si ricoricò e passò la bottiglia al suo compagno che bevve a sua volta posando poi la bottiglia a terra al proprio fianco. Matilde si era avvicinata al materasso, immobile li guardava attentamente. Bruscamente quello che era il più vicino a lei, cioè quello che aveva bevuto in piedi, stese le braccia. Le sue dita afferrarono una caviglia e l’accarezzarono. Poi attirò Matilde che fece un passo avanti. Le dita dell’uomo le toccavano il polpaccio cercando di andare oltre. Con gli occhi lucidi guardava la donna con la gonna sollevata e la gamba denudata.

“Vieni, vieni più vicina, abbassati che possa baciarti le cosce”. Matilde ubbidì, non rideva più e si mordeva le labbra. Si accovacciò e l’uomo le accarezzò la parte interna delle cosce aperte. Improvvisamente gli uomini respinsero la coperta e misero a nudo i loro cazzi eretti. La donna emise un gemito. Erano due bei cazzi. Uno era bruno, intersecato da vene grosse come corde e la capocchia scappellata e rotonda, il meato pronunciato. L’altro era roseo, più puntuto, con la punta rossiccia. Tutti e due erano abbondanti. Matilde gustò il piacere che provava nel guardare quei due uccelli che erano come un omaggio alla sua carne. Infatti i due camionisti erigevano terribilmente.

Uno dei due cercò di attrarre la donna a sé e lei capì cosa voleva; avere la sua fica a portata della bocca. Conquistata si lasciò andare, posò la sua vulva rossa sulla bocca viziosa, poi si abbandonò sopra di loro e prese la verga dell’altro fra le labbra. Il glande le riempì gradevolmente la bocca. Era caldo, duro e tanto carnale. L’uomo le sussurrò mordicchiandole un orecchio “E tua figlia? Magari vorrebbe anche lei essere qui con noi. Non è vero?”. Matilde respinse la verga, alzò la testa e, con lo sguardo languido a causa del piacere che provava, rispose “Ah sì, mia figlia. Vado a cercarla”. L’uomo che le leccava la fica tolse la testa dalle cosce e disse al collega “Ma tu sei pazzo”. Matilde lo guardò e sorrise, poi alzò le spalle. “Come credi che si divertano due donne quando si è due donne sole in un angolo cos’ isolato?”. “Ma cosa dici, non è vero”. “Sì, è vero ci si ama così, del resto speravamo che voi con i vostri bei cazzi… ora vado a cercare mia figlia in modo che anche lei abbia la sua parte”.

Titubante Matilde andò a cercare sua figlia. Le due donne tornarono abbracciate dirigendosi verso i due uomini i quali si erano alzati e puntavano i loro cazzi duri verso di loro. I due uomini aiutarono madre e figlia a spogliarsi poi si sdraiarono tutti e quattro sul materasso. Matilde dichiarò sorridendo “Non abbiamo preferenze. Voi siete capaci di chiavarci e di fare delle cose con ciascuna di noi, non siamo gelose anzi, amiamo la mescolanza, non è vero Gertrude? E poi è molto più eccitante così, due cazzi e due fiche che si alternano per godere”.

Matilde era coricata contro il fianco del più giovane il quale le baciava il seno mentre lei lo masturbava lentamente cercando di scappellarlo il più possibile. “Avete dei bei cazzi”, intanto era accovacciata sull’altro e gli dava la vulva da leccare. “Oh! Quanto bene che mi fai, vieni, dai, fatti succhiare questo grosso membro che mi soffocherà quando l’avrò in bocca. Come deve essere bello avere due buoni cazzi a disposizione”. Gertrude sorridendo guardava la madre. Era contenta. In sua madre non c’era più nulla della bigotta degli anni passati. Non era più che una calda sgualdrina che non pensava più che alle delizie della lussuria e della lubricità. Ormai Gertrude amava sua madre come non mai.

“Vorrei che ti chiavassero l’uno dopo l’altro, mamma, mentre io ti guarderei fare l’amore. Una cazzo dopo l’altro e dopo verrà il mio turno, toccherà a me farmi fottere”. Matilde lasciò uscire la verga dalla bocca “Quello che piace a te piace anche a me, se gli uomini sono d’accordo. Vieni, guarda come l’ho ben bagnato con la lingua, fallo scivolare nella mia fica; noi faremo delle fantastiche porcherie. Oh!, è stata una fortuna che siate rimasti qui dopo che il vostro camion si è guastato. Oh! Che cilindri, così mi piacciono i cazzi, grossi e duri e molto aggressivi”.

L’uomo fece mettere Matilde supina, le si pose fra le cosce e strofinò la cappella sulle labbra già bagnate dei succhi vaginali. “Poiché è così non ho preoccupazioni, te lo ficcherò ben bene, tieni”. Matilde emise un gemito. Abbracciati gli altri guardavano la coppia che si agitava, Gertrude masturbava dolcemente il suo futuro amante che la leccava profondamente. Quello era diventato come un nuovo vizio per lei, le piaceva guardare sua madre che si muoveva con il cazzo immerso nella vagina mentre strofinava i seni sul petto peloso dell’uomo e con una mano gli accarezzava i coglioni gonfi.

“Mia madre ha un bel corpo e sono felice quando posso palpeggiarla, accarezzarla dappertutto, toccarla, baciarla; è così bello. Certamente il cazzo ci manca ma non si può avere tutto, coricarsi con la propria madre e avere anche un cazzo a disposizione”. “Allora cosa aspetti? Forse che il cazzo non ti piace?”. “Oh sì! Sono ben contenta, mi piace molto, anzi… ma me lo metterai dopo aver chiavato mia madre, è così bello così per terra, ma dimmi: sei sposato?”: “Sì, e anche il mio compagno; ma non vedo che importanza possa a vere”, “Nessuna importanza, è solo per sapere”.

Gertrude si coricò attraverso il materasso poi baciò sua madre mentre l’uomo le apriva ben bene le natiche e si impegnava a leccarle l’ano. La donna trasalì, sollevò il sedere nel sentire delle dita che le prendevano il clitoride stiracchiandolo e masturbandolo viziosamente. Al suo fianco Matilde alzava e abbassava il ventre per andare incontro al cazzo che la perforava. Si sentiva il caratteristico rumore che faceva il va e vieni dei sessi strettamente uniti e nell’aria si sentiva l’odore forte dello sperma. Matilde si mise a gemere, l’uomo accelerò il ritmo e quando sentì il grido di piacere della donna si inabissò dentro di lei vuotando i testicoli a grandi getti di sperma dentro la vagina bollente.

Rimasero a lungo fermi col cazzo affondato nella fica cercandosi con le labbra per baciarsi succhiandosi la lingua. Quindi l’uomo si ritirò e Gertrude si coricò sopra sua madre e disse all’altro uomo “Vieni a leccarmi ancora fra le natiche, mi piace”. l’uomo si distese in senso inverso sul dorso di Gertrude ed introdusse la verga nella bocca di Matilde che si mise subito a pomparlo con avidità. Quello che aveva già chiavato aveva ancora il cazzo semieretto, scosso da spasimi, ancora grosso e quasi duro mentre riprendeva progressivamente la sua consistenza di fronte a quello spettacolo libidinoso. Si separò dalle due donne che scivolarono l’una sull’altra e si presero per le cosce aprendole. Prima si udì il rumore delle lappate poi vennero i sospiri, i rantoli, le parole oscene soffocate a metà; i movimenti che le riconducevano sempre alla giusta posizione che permetteva loro di accarezzarsi simultaneamente con la lingua.

Più tardi Matilde si fece chiavare dell’altro uomo mentre Gertrude riceveva il cazzo che aveva fottuto sua madre. Fu uno spettacolo immondo, silenzioso, infernale che venne prolungato fino al limite delle loro forze. Quando, finalmente, si scostarono separandosi i corpi delle donne erano pieni di sperma dentro e fuori.

Matilde si svegliò verso le sei e mezzo, s’infilò la vestaglia e rimase un po’ in piedi a contemplare i cazzi a riposo ed il corpo di sua figlia. Sorridendo e strofinandosi il basso ventre ancora indolenzito e gonfio andò a preparare il caffè. Quando si svegliarono, i due camionisti consumarono la colazione mentre Gertrude li guardava, “Peccato che non possiate lasciare qui i vostri uccelli. Ci potremmo divertire, vero mamma?”. Dopo un po’ i due uomini furono in gradi di partire e quando passarono davanti alla casa di Matilde, uno dei camionisti discese, entrò in casa correndo “Ecco, questi sono per voi”. Matilde e Gertrude si misero a ridere. L’uomo aveva messo due enormi salsicciotti sulla tavola. Chiusa la porta le due donne se ne impossessarono, li accarezzavano amorosamente con gli occhi languidi. Gertrude ne piazzò uno nel basso ventre agitando l’altro verso la madre. “Ora ti metterò questo e ti farò godere”. “Sì, e dopo li mangeremo”.

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