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Prime Esperienze

VIAGGIO A ROMA - 2 (il marito cuckold innamorato)


di gioviaf
31.07.2019    |    8.854    |    5 8.6
"Lui insistette e continuò, dopo averle alzato la gonna fin sulla faccia cominciò con mani decise e piene di desiderio a strapparle le mutandine e poi a..."
VIAGGIO A ROMA 2


Recatomi a casa del consigliere immobiliare dei miei genitori, questi mi accompagnò con la sua auto a vedere la situazione dell’immobile della mia famiglia e quindi mi informò subito su tutto quanto mio padre voleva sapere. Tornati a Roma si era ormai fatto un po’ tardi e lui insistette perché mi fermassi a cena a casa sua.

Era una coppia strana. Lui un uomo dal profilo duro e dal corpo atletico dava l’impressione di grande potenza fisica mentre la moglie dava l’impressione di essere una fanciulla ancora in fiore. Rita pareva avere la fragilità e la timidezza proprie delle cerbiatte… ma non bisogna mai fidarsi delle apparenze; ne avrei avuto presto la prova.

Dopo la cena che si era protratta in una atmosfera molto simpatica, la giovane sposa si alzò da tavola mentre suo marito raccontava questo fatto : “ Sono proprio strane, a volte, le prescrizioni dei medici. Il nostro dottore ha prescritto a mia moglie un’ora di ginnastica tutte le sere. Fortunatamente abitiamo vicino a Villa Borghese così il mio tesoro può andare a farsi delle corsette all’aria aperta. In principio l’accompagnavo anch’io ma sto fumando troppe sigarette per mettermi a correre. Finivo esausto così adesso preferisco stare a casa a guardare la televisione o a leggere”.

Mentre la moglie sembrava già sul punto di uscire mi chiese se volessi essere tanto gentile di accompagnarla e poiché non parve che la proposta dispiacesse a Rita, accettai.

“Scusami cara, ti spiace prima di uscire venire un attimo di là, vorrei farti vedere una lettera che ho ricevuto”. E a me “Ci scusi, sarà questione di un attimo”. La coppia lasciò la stanza e di lì a poco quando la donna riapparve ebbi l’impressione che il suo sguardo fosse ardente, come febbricitante.

Camminando affiancati ci dirigemmo verso Villa Borghese ma lei abbandonò presto il viale dirigendosi verso un boschetto. “I medici sono degli incompetenti” disse con una risatina, “Io conosco uno sport ben più efficace del classico footing per mantenermi in una ottima forma fisica”.

Non mi lasciò neanche il tempo di pensare a quale sport si riferisse che già si era gettata fra le mie braccia sussurrandomi “Oh, quanto mi ecciti” e subito s’impadronì della mia bocca con un bacio spasmodico tutto colpi di lingua e sospiri. Poi, senza abbandonare le mie labbra, la giovane donna senza la minima esitazione si dedicò alla patta dei miei pantaloni.

Le sue dita non tardarono a giocare abili nel mio slip e a stringere subito dopo la mia verga che questa improvvisa e brusca intrusione faceva uscire dal suo torpore…

Come me lo menava, che abilità di manovra, che strizzate violente al mio glande! Ora esaltato e gemente io m’abbandonavo a questa sua pratica da ossessa ma Rita non era di quelle amorose che, preoccupandosi esclusivamente del piacere del loro partner spingono il sacrificio fino a dimenticarsi di assecondare le esigenze della loro fica così, prevedendo che se avesse continuato a masturbarmi io non avrei tardato a godere, mi spinse a terra e, dopo essersi arrotolata la gonna sui fianchi, si mise a cavallo su di me.

Per un po’ aprendo le sue grandi labbra strofinò il mio glande sul suo umido pube e quale sensazione deliziosa il dolce solletico dei suoi peli; ma poi dando un grido s’infilò dentro tutto il mio randello. Fu rapido ma così selvaggio che io credetti che questa impalata la trapassasse fino allo stomaco. Ah che colpi di reni ogni volta che lei se lo infilava avevo l’impressione che stesse per ridurre i miei coglioni in poltiglia.

“Tieni” gridava lei “Tieni… io me la spacco tutta… oh… il tuo bel cazzo nella mia fica ah… come mi piace infilarmelo…” e così dicendo si agitava con una violenza che pareva continuamente raddoppiata.

Il cazzo martoriato, i testicoli in fiamme, avevo l’impressione di essere un fragile battello alla mercè della tempesta che stava diventando un ciclone. Venni scaricandole dentro un fiume di sperma ed infine la donna finalmente sazia si mise al mio fianco. Col respiro ansimante ebbe il desiderio di spiegarmi, forse per giustificarsi, il rapporto bestiale di cui mi aveva dato prova.

Dall’età di quattordici anni aveva preso l’abitudine di accarezzarsela la notte sotto il tepore delle coperte e all’inizio si accontentava di sfiorare con le mani maldestre sia i suoi piccoli seni che la sua piccola fica appena coperta da radi peli biondi.

Poi a poco a poco le sue dita si fecero più abili e le sue carezze più precise. Apprese a titillarsi il clitoride e poi a toccarsela a piene mani. Quando ebbe conosciuto il piacere con un primo debole orgasmo cominciò a sognare l’inevitabile principe azzurro che però non era un suo coetaneo ma un uomo, un vero uomo che sapesse conquistarla giocando con il suo corpo facendole raggiungere quel piacere cui tanto anelava.

Così, quando alcuni amici le presentarono Piero credette di trovarsi di fronte ad uno di quegli scopatori che erano diventati gli eroi dei suoi sogni. Durante il fidanzamento lui si dimostrò uno spasimante molto esigente e appassionato ma quanto a sesso le sue manifestazioni non andavano mai oltre qualche impudica carezza a cui nessuna ragazza si sarebbe opposta.

Lei sapeva che un giorno o l’altro avrebbe dovuto decidersi ad offrirsi senza pudore e il momento giunse. Invitati presso dei cugini di Rita che possedevano una proprietà in campagna, la giovane coppia alla fine di una colazione sull’erba si appartò con la scusa di cercare un po’ di fresco in un boschetto vicino.

Appena furono fuori dagli sguardi altrui Piero l’abbracciò appassionatamente e cominciò a baciarla in bocca. Continuarono a lungo così abbracciati e finalmente una mano di lui si insinuò fra le gambe della ragazza per salire verso l’alto fino a ritrovarsi fra le cosce di lei e con le dita a contatto degli slip. Una vampata di calore le percorse il ventre, sentì umido tra le cosce e capì che non avrebbe potuto simulare la minima resistenza.

Non mosse un muscolo mentre un dito, scostate le mutandine, giocava tra le sue labbra, apriva la sua carne e s’infilava nella sua fica ancora chiusa.

“Caro” gemeva “Io voglio appartenerti. Prendimi e fammi completamente tua”. lei credette che il fidanzato stesse per rivelarle dei piaceri ancora sconosciuti mentre, invece, lui si limitò a rotolare di lato a lei. Lei agognava un grosso cazzo che avesse finalmente ragione della sua verginità dandole quel piacere così a lungo desiderato e invece lui stava al suo fianco immobile. Quella spada che avrebbe dovuto renderla donna non c’era. Al posto dell’obelisco tanto sognato non c’era nulla.

Piero, fortemente imbarazzato, dichiarò che senza dubbio il grande desiderio che aveva di lei gli aveva giocato un bruttissimo scherzo e che la gioia mentale era stata così assoluta che aveva avuto ragione della sua resistenza fisica. Dopo un attimo di esitazione la rassicurò “Non avere paura Rita che saprò renderti felice” e Rita gli credette.

Pochi giorni dopo ci fu il matrimonio e la coppia partì per il viaggio di nozze. Albergo di lusso, camera lussuosa e il letto matrimoniale che sarebbe stato testimone della loro unione come marito e moglie, come uomo e donna.

Nella febbrile attesa la ragazza non pose indugi e si gettò tra le braccia di suo marito tenendolo stretto a se e baciandolo con foga. Quasi subito una mano sapiente e delicata scivolò sotto la sua gonna e iniziò una lenta ed esasperante progressione. “Mio caro” lei gemette mentre il suo corpo era bruciato dal piacere e dall’attesa.

In principio sentì delle lunghe ed estenuanti carezze su tutta la vulva, poi dita decise premettero contro le labbra ancora strette. “Oh caro, cosa mi fai?”. Come titillava il clitoride quell’indice, come sapeva masturbare quella mano… “Oh amore, è troppo bello…” col viso stravolto dal desiderio lei lo implorava “Prendimi, voglio essere la tua donna, subito!”. Piero sembrava non ascoltare quelle suppliche e senza parlare iniziò lentamente a spogliarla togliendole tutti gli indumenti fino a lasciarla completamente nuda.

La giovane donna non sentiva alcuna vergogna a trovarsi così nuda con tutte le sue grazie scoperte sotto lo sguardo libidinoso dell’uomo che avrebbe dovuto possederla. Uno sguardo che continuava a insistere sui suoi seni di ragazza e non sembrava di voler scendere verso il biondo segreto chiuso tra le sue cosce di ninfetta.

Piero la prese per i fianchi e la fece girare su se stessa “Oh, cara il tuo bel sedere duro e bianco, quanto mi piace…” e scivolando tra lo spacco delle chiappe non tardò a insinuare un dito fino al buchino mentre con l’altra mano le strofinava la fica in fiamme. Le titillava il clitoride e le aveva infilato un dito nel sedere.

Stravolta dal desiderio Rita ansimava “Caro, tu mi fai impazzire… E’ meraviglioso… Ti voglio… Sono qui per te. Io ti appartengo tutta”. Le due dita erano impegnate nei due punti erogeni con un ritmo sempre più sfrenato la eccitavano sempre più ed essa supplicava di avere un cazzo che le perforasse il culo o che le spaccasse finalmente la fica.

“Caro, non posso più attendere, ti voglio dentro di me” allungò una mano e slacciò i pantaloni per impadronirsi finalmente del cazzo del marito; ma tutto quello che trovò fu un piccolo pezzetto di carne molle. Rimase sbigottita davanti a quanto aveva in mano e guardò il marito con lo sguardo stravolto.

Piero non cercò di giustificare la sua umiliante impotenza. “Potrei mentire e addebitare il mio stato alla stanchezza del viaggio invece voglio che tu sappia tutta la verità. Non sono mai stato in grado di soddisfare una ragazza, sono stato da vari medici ma nessuno ha saputo trovare una soluzione al mio problema. Poi ti ho conosciuta e stringendoti fra le braccia sentivo nascere in me un vigore mai provato prima. Ho creduto di aver risolto i miei problemi ma ancora una volta non sono riuscito a raggiungere lo stimolo necessario per soddisfare i tuoi desideri. Mia cara non odiarmi e sappi che io ti amo sempre e che provvederò perché tu possa raggiungere quel piacere che io non posso darti”.

Per alcuni giorni la giovane donna non conobbe dell’amore altro che le carezze, gli abbracci e i baci lascivi, che invece di calmare le sue esigenze non facevano evidentemente altro che portare al parossismo i suoi desideri resi ormai quasi insopportabili.

Quando il piacere provocato dalle dita magiche, dalla bocca golosa del marito era arrivato al culmine, ogni volta sperava che avvenisse il miracolo e che Piero finalmente potesse alfine deflorarla. Ma invariabilmente quando la sua fica era all’apice del desiderio, essa si attaccava ai pantaloni di Piero dopo averlo slacciati con mani impazienti trovava negli slip solo il tragico e deludente simbolo della sua impotenza.
on vivo, tutta la figa che reclamava, che esigeva un cazzo che la violentasse, la sfondasse, finì per rotolarsi sul letto urlante come isterica. Piero giurò che era pronto a qualsiasi sacrificio affinchè la sua sposa non dovesse più soffrire per questa crudele astinenza.

L’indomani erano rientrati dalla Svizzera in Italia e lui la condusse presso certi suoi amici che, soggiornando a Napoli avevano in affitto una graziosa villa a Posillipo. Walter, l’amico, aveva un’espressione sprezzante e un sorriso sdegnoso agli angoli delle labbra sensuali; dopo avere accolto molto calorosamente i giovani sposi, si era allontanato con un vago pretesto lasciandoli soli nella penombra e nel fresco del salone.

Appena lui uscì Piero, seduto sul divano di lato alla sua sposa, si mostrò particolarmente intraprendente ma Rita che sapeva bene che sarebbe poi stato incapace di calmare la violenza dell’incendio che ancora una volta stava per accendere in lei, fu sul punto di respingerlo. Lui insistette e continuò, dopo averle alzato la gonna fin sulla faccia cominciò con mani decise e piene di desiderio a strapparle le mutandine e poi a toccargliela tutta. Rita si sentì ancora vulnerabile e piena di desiderio “No” mormorò debolmente “Lasciami… non bisogna…”. Piero finse di non sentirla continuando a usare mani e bocca. “Perché cerchi di eccitarmi inutilmente?” sospirò ancora lei “Tu non ne hai il diritto”. Con voce molto calma Piero replicò “Io ho il diritto di tentare tutto per renderti felice. E oggi tu lo sarai pienamente”.

Con la mano dentro le sue mutandine cominciò a lavorare sulla massa dei suoi peli come un uccellino che fa il nido. Subito il desiderio penetrò in lei come attraverso una breccia aperta, la giovane donna avvertì un dito infilarsi dentro la fica già gocciolante di piacere.

“Mio caro”, il suo petto si sollevava seguendo il ritmo della sua respirazione ansimante, “Ancora… com’è bello ah… io voglio la tua lingua dentro di me… la tua lingua che mi fa impazzire”. Subito Piero si mise in ginocchio davanti a lei e incastrando il suo viso tra le sue cosce brucianti incominciò a bere il miele che colava dalla fica esasperata.

“Caro! E’ meraviglioso, bevi il mio amore, bevi il mio piacere, non smettereo ti prego, non smettere!”. Folle di desiderio sbatteva la testa da ogni lato. Le sue unghie si affondavano profondamente nel palmo delle sue mani. “Tu mi rendi folle. Ah cafro cosa darei per poterti appartenere. Su, prendimi, mettimi il cazzo, prova dunque, ho bisogno di un cazzo non posso più attendere!!!”. Ma il marito invece di rispondere si alzò e, senza una parola uscì dal salone chiudendo la porta alle sue spalle.

La ragazza, disperata e sempre insoddisfatta, allargò le gambe a compasso e iniziò una lunga masturbazione passando la mano aperta sulla fica e terminando stringendo il clitoride fra pollice e indice cercando di dare sollievo al suo desiderio con un orgasmo. Fu in quel momento che Walter, l’amico del marito, entrò trovandola in una posizione nella quale una giovane donna gradisce non farsi vedere. Lei cercò di scendere dal divano ma l’uomo fu più veloce e senza darle tempo di sottrarsi, le fu sopra.

“Mi lasci! Mi lasci o grido…”. “Inutile gridare aiuto” le sussurrò in un orecchio tenendola stretta in un abbraccio senza equivoci, “Tuo marito non verrà a liberarti. Non potendo lui lacerare la tua verginità mi ha passato questo delicato incarico”, poi come se volesse giustificare il ‘sacrificio’ dell’amico aggiunse “Non bisogna volergli male. E’ follemente innamorato di te e pur di non perderti completamente è disposto a qualsiasi sacrificio”.

Mentre pronunciava queste parole era riuscito ad abbassarsi i pantaloni e a tirare fuori un arnese già teso e duro. Finalmente Rita sentì contro il suo ventre la pressione di un cazzo duro e pronto a fare ciò che doveva.

“No, mi lasci” lei non voleva cedere così facilmente ma Walter non sembrava lasciarsi intenerire dalle sue non troppo convinte suppliche. “Perché fai così piccola capricciosa? Tu hai un gran desiderio di cazzo, lo so bene, e allora lasciati fottere una buona volta”.

La ragazza si rese conto che aveva due possibilità: reagire seriamente negandosi o accettare offrendo la fica. Sapeva bene di non avere alcun desiderio di fuggire anzi, si sentiva folle di desideri insoddisfatti. “Allora, vuoi che ti chiavi?” chiese esplicitamente Walter. “Sì, chiavami, ho bisogno di un grosso cazzo in pancia” e si lasciò andare come mai le era capitato. Sentiva che finalmente lo sconosciuto dei suoi sogni stava per arrivare e che fra poco sarebbe stata finalmente donna. Non riusciva neanche a capire perché dovesse trovare scabroso che uno sconosciuto le facesse quelle che il marito non era riuscito a fare.

Non sentiva alcun rimorso, la sua fica era stata così ben preparata dai ditalini che quando il membro cominciò la pressione contro le pareti del suo sesso inviolato il leggero e rapido dolore che essa sentì fu subito annullato da un fuoco d’artificio di gioie folgoranti e per la prima volta potè andare fino in fondo alla spirale del piacere.

“Sì” disse Rita mentre io ero ancora disteso al suo fianco nell’erba alta e ascoltavo la sua storia con un interesse sempre crescente. “Sì. Fu un altro uomo, non mio marito, a sverginarmi. Fu Walter. Inutile dire che quando mi ritrovai di fronte al mio sposo mi sentii imbarazzata. Provavo vergogna per me e avevo vergogna per lui”.

Walter si mostrò molto gentile e organizzò una serata piacevolmente condita con abbondanti libagioni di ottimi vini tanto che quando si trovò a letto con Piero non reagì alla proposta di continuare così il loro menage matrimoniale. Il marito le propose di riservarsi in seguito i preliminari e di trovarle degli uomini che la soddisfacessero completamente dopo che lui la aveva eccitata con le mani e con la bocca.

“Passammo molte notti nella villa di Posillipo” mi confessò, “e con la complicità di Walter mi addormentai sempre sazia di carezze e di cazzo”.
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