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LA VITA IN UN PICCOLO PAESE - 4


di gioviaf
17.08.2018    |    15.374    |    0 9.0
"Sai, il Vicario è un bell’uomo”..."


Bertrand se ne era appena andato che Gertrude giunse a casa della sua amica. Per un quarto d’ora parlarono di cose senza importanza. Poi, Olimpia portò l’argomento sul soggetto che stava a cuore a Gertrude. “Qualche volta lo vedi il Vicario?”. “E’ venuto a casa mia ieri sera ed è rimasto a lungo. Mia madre incantata per la visita, era un onore per lei che è diventata una insopportabile bigotta. Lui ha parlato delle opere della parrocchia, del circolo dei ragazzi e mia mamma ascoltava con la massima attenzione e approvava tutto quello che lui diceva. Le avrei dato volentieri uno schiaffo per calmarla, era troppo eccessiva. E odiavo anche il Vicario che continuava a parlare di cose della parrocchia”.

“Non credo che sia venuto da te per questo. Siamo fra amiche e posso ben dirtelo, credo che il Vicario sia un po’ innamorato di te”. “Sei pazza!”. “Niente affatto, l’ho capito perché quando mi incontra mi chiede sempre di te. Certo davanti a tua madre non dice nulla che non sia reprensibile.
Ma tu sei una bella ragazza quindi è giustificabile che lui senta qualcosa per te. Il Vicario è un bell’uomo per cui deve essere piacevole essere amata da lui”. “Ma è un prete”. “Noi siamo delle grandi amiche, Gertrude, e possiamo parlare senza ipocrisia. Ebbene, io non mi preoccuperei affatto di ciò e in lui non vedrei che l’uomo, il maschio . Sai l’amore…”.

“Si direbbe che hai un’esperienza di donna matura”, “Il godimento, Gertrude, è importante; nella vita non c’è niente che conti di più. Non è bello quando tu ti fai qualche cosa nella solitudine del tuo letto?”: Gertrude arrossì “Ma Olimpia, come osi?”: “E tu oseresti negare? Per parte mia confesso che talvolta mi metto le mani dove non bisognerebbe metterle. E’ bello, mi piace, ed anche a te deve piacere. Nessuno sa cosa facciamo quando siamo a letto, quando ci stendiamo nei nostri letti di vergini. A me piace mettermi nuda, guardarmi, toccarmi. Come deve essere bello quando anche tu lo fai. Tu sei più grassottella di me, i miei seni sono piccoli mentre i tuoi… quando ti guardo il petto penso che… e anche le tue gambe sono belle, più belle delle mie. Io ho un corpo di fanciulla viziosa e tu un corpo di donna voluttuosa. Sai, se non ti accarezzi mai, fai male, ma non lo credo, il tuo sguardo, le conversazioni che abbiamo già avuto e poi il Vicario non ti dice nulla? Non ti piacerebbe che ti prendesse nelle sue braccia, che ti dicesse delle parole brucianti e che ti accarezzasse amorevolmente?”.

“Sì! Confesso che mi piacerebbe tutto questo. Me lo sogno di notte e di giorno, ma la notte…”: “Credi forse di fare delle cose c on lui?” “Sì”. “Sai, io ti sono amica, puoi dirmi tutto e se posso aiutarti per farti arrivare allo scopo lo farò volentieri. Mi piacerebbe che tu fosse la sua amante, che conoscessi la tua felicità. Noi aspiriamo a darci, ad essere amate e prese, è il nostro ruolo nella vita. Ma dimmi, non avete parlato in tutta la serata che della parrocchia? Quasi sempre, poi, più tardi il Vicario si è alzato e ci ha salutate e mia madre gli ha fatto promettere di ritornare. Eravamo nel giardino, mi sono sentita turbata. Il Vicario mi era vicino, ho sentito la sua anca contro la mia, che nono si è ritirata. Quel contatto è durato un po’, era meraviglioso, quel segreto fra noi nell’oscurità del giardino. Poi una sua mano ha cercato la mia, le nostre dita si sono intrecciate. Ho creduto di svenire. Tremavo di paura e di piacere, frattanto mia madre chiacchierava e né l’altro sentivamo quel che diceva. Quando se ne fu andato rientrammo in casa e sono salita in camera mia e lì è successo quel che tu conosci tanto bene. Mi sono spogliata e mi sono guardata nello specchio, chiedendomi se potevo piacergli. La visione del mio corpo nudo mi ha immersa in un turbamento straordinario. Pensavo a lui, sentivo la sua anca nuda contro la mia, la sua mano nella mia. Lo vedevo nudo al mio fianco. Mi prendeva le labbra. Ho creduto di sentire la sua mano sui miei seni, sul ventre. Ho aperto le cosce con compiacenza quando ha cercato di toccarmi. Ad un tratto mi sono svegliata dal sonno e ho visto che mi accarezzavo. Volevo ma non avevo la forza di smettere. Mi sono messa sul dorso e mi sono abbandonata ad un piacere folgorante, delizioso, convinta che fosse lui a farmi provare quel godimento. Mi sentii completamente impudica per quanto avevo fatto e la mia pelle era tutta percorsa da fremiti”.

Bertrand guardava Rosalia coricata nel letto. Lei gli parlava ma lui non la sentiva intento a sbirciare l’infermiera che di tanto in tanto gli mandava degli sguardi di fuoco. Nono era più quella dell’altra volta. Aveva i capelli neri, sembrava più magra. I suoi occhi scuri sembravano cercarlo, sondarlo, indovinare. Era molto differente dall’altra, forse meno donna ma più conturbante. Aveva le mani lunghe e le labbra invitanti e molto rosse. Alcuni minuti prima della fine della visita lei uscì ma Bertrand la ritrovò nel corridoio quando, a sua volta, lasciò la camera della moglie. La giovane era lì, accostata al muro, lo guardò andare verso di lei. “La mia amica è nella sua camera”.

Senza dire una parola Bertrand seguì la donna, entrò con lei nella camera dell’infermiera. La giovane era seduta sull’orlo del letto; il suo camice sollevato le scopriva le ginocchia. Stava curandosi le unghie, poi sollevò la testa, sorrise a Bertrand ed alla sua amica. L’uomo non sapeva cosa fare né dire. Quella che era stata la sua amante il giorno prima si alzò e si stirò il camice sulle cosce. “La mia amica voleva vederti. Le ho confessato tutto. Lei sa quel che abbiamo fatto. Non è gelosa degli uomini e la nostra avventura non ha molta importanza. Quando tua moglie lascerà la clinica noi non ci rivedremo più”.

“Potremmo rivederci qualche volta”: “No, è impossibile. Io amo la mia Maria, tu mi hai dato del piacere, è vero, ma con lei è la gioia più assoluta”. “Hai ragione, dicevo così per dire, ma perché era nel corridoio? Sarebbe stato più semplice finirla così”. Maria stava ad ascoltare e poi interloquì “Non ti piace di essere vicino a noi? La mia amica mi ha tanto parlato di voi, io l’amo e sono curiosa di sapere quello che ogni tanto fa quando non siamo insieme. Voi non avete voglia rifare certe cose come ieri? Al solo pensare che nel pomeriggio saresti venuto da noi abbiamo pensato di approfittare di te come maschio”.

Le donne si strinsero stendendosi sul letto. Bertrand vide le loro cosce nude, senza dubbio erano nude sotto l’uniforme da infermiera. Si baciarono sulla bocca, le loro mani volteggiarono sui loro corpi, si cercarono, trovarono i loro seni. Si erano sollevate i camici, si toccavano. Bertrand vide i loro sessi vellutati, aperti, le dita che tremavano. Si alzò, si chinò sudi loro, le guardò da molto vicino. Non aveva mai visto due donne che si accarezzano, non aveva una gran voglia ma ormai erigeva e i testicoli gli facevano male.

Si chinò ancora, cercò di baciare quella con la quale il pomeriggio del giorno precedente aveva fatto l’amore. La donna sorrise, stese un braccio e lo denudò. “Guarda Maria com’è bello. No, non baciarmi, bacia la mia amica. Lei lo desidera da ieri, da quando le ho raccontato quello che è accaduto tra noi. Faglielo. Non occuparti di me”. Bertrand intravide un’avventura straordinaria, qualcosa che non gli era mai capitato; l’infermiera bionda lo impugnò, lo scosse, lo strinse fra le sue calde dita. “Apriti bene, Maria, che possa penetrarti a fondo , e tu, non andare troppo in fretta, muoviti molto lentamente in modo che ti senta bene, vieni ti abbasso bene le palle in modo che il grosso glande che brilla di desiderio sia ben scappellato”.

Si curvò, lo prese in bocca cospargendolo di saliva. Poi presentò il cazzo all’entrata della vulva semiaperta. “Maria, hai il clitoride eretto, oh! Il bel clitoride che mi piace tanto succhiare, il meraviglioso bottone”. Bertrand sussultò quando sentì il calore della vulva avviluppargli la testa del membro. All’interno dei pantaloni la donna gli accarezzava le natiche mentre guardava la verga che scivolava lentamente. Si alzò, si accovacciò vicino alla sua amica che baciò sulla bocca mentre le accarezzava i seni con le mani avide. La guardò negli occhi “E’ vero che è buono, Maria? Sono io che ti chiavo, è la mia verga che hai fra le gambe, Maria, lasciati fare, dì che è buono, io ti amo, gioco col tuo seno, con i tuoi bei globi duri che adoro”. Abbandonò il petto,si mise in piedi all’altezza del letto, allargò le cosce tremanti e si mise a masturbarsi. “Lui ti chiava bene, Maria, ti fotte, oh! Come stiamo bene così, mia cara, è pazzesco, godo tanto nel vederti, tu fremi, presto sborrerai”.

Bertrand non era più capace di trattenersi. La vulva di Maria gli afferrava la verga, la aspirava, la succhiava, la mordeva. Il cazzo era diventato d’acciaio rosso. Si mosse più in fretta e Maria seguì la cadenza dei colpi del suo ventre. Poi sborrò dentro di lei, a lungo, si svuotò a grandi coli, col ventre incollato a quello della donna. Infine si ritirò, col cazzo molle, talmente quella chiavata l’aveva esaurito. La donna si era di nuovo coricata vicino a Maria, guardandola fra le cosce spalancate. Bertrand vide lo sperma rifluire, colare lungo le grosse labbra del sesso. La giovane curvò la testa, baciò la fica della sua amica con fervore. Quando si rialzò Bertrand si avvide che aveva succhiato lo sperma che vi si trovava. Poi la donna si mise sul letto e si stese sull’amica. Le due donne si baciarono appassionatamente, l’uomo capì che le loro lingue giocavano con lo sperma passandoselo di bocca in bocca. Allora si guardò il sesso. Una goccia brillava sul meato. L’uomo si alzò, pose la verga fra le bocche delle due donne. Un po’ più tardi la bionda lo guardò come se soltanto allora si fosse accorta della sua presenza. “Vattene, e chiudi bene la porta, noi fare l’amore”.

Bertrand rincasò molto tardi. Dopo aver lasciato la clinica e le due donne si era messo a girare in città, aveva bevuto qualche bicchiere. Pensava a Olimpia con un po’ di rimpianto, di rimorso. Ciò che aveva fatto con le due infermiere sarebbe mancato a Olimpia, il suo corpo vivo e bello, i suoi piccoli seni, il suo ventre piatto e la peluria che metteva in rilievo la fessura del suo sesso. Entrò in un negozio e acquistò dei cioccolatini per la figlia. Per la strada si preoccupò chiedendosi cosa sarebbe successo se Olimpia si fosse accorta di qualcosa. Ma un fremito del suo sesso lo rassicurò di colpo. Pensò a sua figlia, la vide come si offriva al maschio, con gli occhi scuri, il fuoco del peccato sul viso. Ne sentiva i gemiti, vedeva i suoi gesti. Rimpianse lo sperma perduto ma fu sicuro che Olimpia lo avrebbe fatto rinascere, ne era certo. Si tastò i coglioni, il cazzo che iniziava a gonfiarsi, a forza di pensare alla figlia. Allora accelerò, aveva voglia di rientrare.

Quando fu di fronte a sua figlia le andò incontro, la baciò sul collo. La piccola sorrise, gli offrì la bocca. “Ho avuto la visita di Gertrude”, “Che voleva?”, “Sfogarsi un po’, è follemente innamorata, e le faceva bene parlare della passione che l’avvince. Evidentemente si tratta di qualcosa di eccezionale”. “E perché? Una ragazza innamorata è una cosa comune, naturale, non vedo nulla di eccezionale”. “E’ perché è innamorata del Vicario”. “Cosa? Quella Gertrude ha in mente il Vicario?”. “E’ così”. “Non è che una sciocchina e sono certo che questa infatuazione le passerà quando vedrà che è una cosa impossibile”. “No, non è una sciocchina. E’ soltanto troppo cotta e vorrebbe coricarsi con lui. Sai, il Vicario è un bell’uomo”. “Sembra che lo ammiri”.

Olimpia sorrise, il suo sguardo ardente si fissò su suo padre. “E anche se fosse? Cosa vi sarebbe di male? Forse sarebbe un peccato? Non ho forse commesso il più terribile dei peccati, fornicare con mio padre, con colui che mi ha messa al mondo? Confesso che mi eccita sapere che la mia amica vorrebbe fare l’amore con un prete. Sarebbe una sacrilegio come quello commesso da noi, lei si masturba per lui, si mette nuda quando è sola nella sua camera, si accarezza. Le sembra che lui sia lì, tutto nudo, trionfante, col cazzo puntato verso il suo ventre. E’ così che è stato per me, io godevo nel mio letto, mi possedevo. Ti lasciavo fare quello che volevi. Assumevo delle pose che ti rendevano pazzo di desiderio. Tu mi confessavi il tuo amore, la tua passione bruciante ed io mi donavo”.

“Ma tu credi che?” disse Bertrand posando una mano sulla natica di sua figlia. “Il fatto è, se ti ricordi, che io ho parlato al Vicario e ho compreso che Gertrude gli ha fatto perdere il buon senso. Anche lui è innamorato e io voglio aiutarli”. “Ma sarà necessario? Gli innamorati trovano sempre la strada giusta, l’occasione favorevole”. “Anche noi l’abbiamo trovata. Ma tu avevi a che fare con una ragazza viziosa, calda, corrotta. Ah! Come ti amo”.

Bertrand aveva alzato la gonna di Olimpia e le accarezzava le natiche a piene mani. La figlia lo invitò “Andiamo in casa” e si avviò. L’uomo seguiva a qualche passo di distanza e ammirò l’ancheggiare lascivo di sua figlia. Vide il suo corpo nudo, la schiena, le spalle. Un potente desiderio l’assalì. Quello che aveva fatto nella clinica era passato. Le sue forze erano intatte. Entrò in casa. Nella stanza regnava una penombra quasi scura. Egli vide la fiamma bianca del corpo di Olimpia già nuda. Allora si diresse verso di lei sbottonandosi i pantaloni.


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