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LA NOSTRA VITA A CASA II° LA CINEPRESA


di gioviaf
22.10.2016    |    29.256    |    1 8.0
"L’ammiravo, incantato dalla scienza che possedeva..."
Segue il racconto della mia amica.

Mio figlio voleva fare delle riprese e per il suo compleanno gli regalai l’attrezzatura completa. Si divertiva a riprendere un po’ tutto ma io restavo il suo soggetto preferito. Ogni occasione era sfruttata per riprendermi, quando mi spogliavo o mi vestivo, quando ero nella vasca da bagno. Mentre mi asciugavo, quando ero davanti ai fornelli intenta a preparare da mangiare mi veniva dietro, alzava la mia vestaglia da casa e mi riprendeva partendo dai piedi e poi su… su… fino a inquadrare il mio sedere mentre io, che mi divertivo ad eccitarlo, mi abbassavo le mutandine e poi mi chinavo per fargli riprendere tutti i miei tesori nascosti.

Quando aveva accumulato un po’ di materiale ci mettevamo comodi sul divano e ci guardavamo tutti i filmati traendone un’eccitazione che poi dovevamo placare dandoci piacere.

Un giorno stavamo guardando un film erotico che aveva come protagonista un’esibizionista che si faceva riprendere per la strada e che, quando si sentiva sicura dagli sguardi altrui, alzava la gonna per mostrare alla telecamera le sue parti intime. Ci venne voglia di provare a girare qualcosa di simile e ci preparammo una specie di trama per poi registrare il filmino.

Passo la parola a Pino che ha eseguito le registrazioni.

Il pomeriggio successivo mi appostai negli immediati paraggi dell’ingresso del supermercato dove mia mamma faceva acquisti. Quando uscì la filmai e, con mia grande sorpresa, le riscontrai un’andatura formidabile. Per la circostanza aveva messo un vestito a colori molto vivaci, rosso e bianco, una scollatura profonda e stretta. Osservai, per quanto le avessi già viste bene, che aveva delle gambe molto belle . Il vestito era attillato.

Quando si mise a camminare le andai più vicino e feci un primo piano del suo petto forte che si muoveva voluttuosamente ad ogni passo. Poi le restai dietro, ripresi il suo sedere che ondeggiava sfrontatamente, le sue gambe, i suoi polpacci, e intesi lo sfregamento delle calze l’una contro l’altra e questo mi eccitò singolarmente. Avevo l’impressione di essere solo con lei in mezzo alla folla e al trambusto delle auto. Improvvisamente non pensai più che a lei. Non vedevo più che il suo corpo che danzava davanti a me…

La ripresi varie volte lungo la strada. La filmai anche alla porta di casa. Poi la seguii nell’interno e la guardai mentre saliva al primo piano. Durante tutto questo tempo non avevamo pronunciato una sola parola, come era stato convenuto tra lei e me. Andò verso la porta del nostro appartamento ed entrò. Depose i suoi acquisti sul tavolo di cucina. Dalla credenza prese una bottiglia di porto e ne versò in un bicchiere per poi berlo in piedi con uno spigolo del tavolo tra le sue natiche.

Dopo aver deposto il bicchiere si occupò delle sue spese che sistemò in vari punti della cucina. Io ripresi pure alcune banane, una melanzana, un salame… natura morta equivoca…

Fatto questo sparì nella nostra camera da letto. Senza una parola accese il lampadario affinchè io avessi sufficiente luce per registrare i suoi movimenti.

La camera era un ambiente equivoco. Le tende erano tirate davanti alla finestra e io, piazzato nell’inquadratura della porta, con la telecamera in pugno, mi potevo credere in piena notte, se non fosse stato il brusio della circolazione che saliva fin qui.

Sorrisi vedendo il grande specchio posto in asse cono il basso letto coperto di velluto nero con sopra la testata la riproduzione di un quadro rappresentante una donna nuda e allungata con la mano tra le cosce leggermente divaricate.

Nella camera regnava un odore di cera, di legno antico e pregiato, di profumo che stordiva. Sul pavimento c’era uno spesso tappeto che smorzava il rumore dei passi.

Filmai la stanza senza lasciare alcun particolare in ombra. Si trattava di un complesso scenografico che si adattava perfettamente ai singolari amori di mia mamma. Un nido accuratamente chiuso e protetto dall’esterno che favoriva la voglia di liberarsi di tutti gli impedimenti, di dimenticare il mondo e di essere soprattutto se stessi. Lì mia mamma si era dedicata prima a procurarsi piacere con il suo onanismo sfrenato, poi con il colpevole amore incestuoso con me, suo figlio.

Mamma stava in piedi davanti allo specchio e si esaminava con occhio critico. Sorrise, si passò le mani sul petto, si girò per guardarsi il sedere prominente, sul quale passò le mani cono lentezza. Aveva mani molto belle, lunghe dita dai movimenti sensuali, quasi lascivi.

Improvvisamente si piegò, baciò la sua immagine riflessa nello specchio. Io filmai la traccia di rosso delle sue labbra che ella lasciò sulla superficie brillante, nel punto dove si era appoggiata la sua bocca…

Disparve in cucina, preparò il tè e imburrò tre fette di pane. Poi tornò nella stanza e riprese le sue manovre. Questa volta si toccò il basso ventre… Parve esitare, si guardò d’attorno. Con un gesto brusco si tolse il vestito e lo gettò sul letto. Tutto ciò l’avevo visto fare un’infinità di volte, tuttavia mi sembrò una cosa totalmente nuova. Questo corpo che mi veniva svelato tutto in un colpo, in questa intimità, poiché la mia presenza era come se non esistesse, mi parve molto bello e molto più eccitante del solito.

Mi sentivo improvvisamente teso per questa carne tenera e vellutata. Immaginai che fossero le mie mani quelle che accarezzavano teneramente le sue spalle nude, le sue braccia, le sue ascelle pelose. Attraverso lo specchio potei riprendere il profondo solco che si scavava tra le sue mammelle rigonfie, il reggiseno orlato di nero.

Mi attardai poi sul suo ventre nudo, racchiuso più in basso da una leggera mutandina egualmente nera, sulle sue cosce quasi interamente ricoperte da calze scure e trasparenti. Lei lasciò la stanza, si sedette al tavolinetto della cucina. Gambe incrociate, una spallina del reggiseno scesa a metà braccio, mangiò tranquillamente le sue fette di pane e bevve due tazze di tè, con calma. Un po’ più tardi riapparve la bottiglia di porto.

Tornò nella camera. Seduta sul letto srotolò le calze lungo le gambe. La scena durò parecchio ma non avevo da lamentarmi, perché usufruivo di vedute molto interessanti che non contribuivano certo a calmare l’eccitazione iniziale.

Mi trovavo a mio agio, mi piaceva quella situazione equivoca, fatta di emozioni solitarie, sia per mia mamma che per me. Quella camera era altrettanto propizia agli amori segreti che a quelli… a due. Mi rendevo conto come lei potesse starci volentieri poiché anch’io la pensavo come lei.

Finse di parlare a se stessa.
- Sono molto eccitata, molto eccitata… perché so di essere sul punto di fare… di abbandonarmi al piacere solitario… -

Stando in piedi davanti allo specchio si tolse il reggiseno, fece scivolare le mutandine lungo le gambe che accarezzò con le sue lunghe mani. Dette un’occhiata alla sua nudità, si mise le mani sui seni prorompenti i cui capezzoli scuri e turgidi ardevano in modo perentorio.

La filmai così, in atto di offrirsi al suo gioco amoroso. Lei amava il suo corpo, lo testimoniavano a sufficienza i suoi occhi. L’obiettivo si attardò con compiacenza sulle sue incavità, accarezzò con il suo occhio meccanico le molli rotondità, scivolò lungo il ventre per arrestarsi sul pube; la situazione aveva qualche cosa di teso in questa stanza, qualche cosa di morbido che mi piaceva moltissimo e che avevo l’impressione di non avere mai provato fino a quel momento. Mamma era, infatti, molto depravata e oscena nel piacere. Mi dominai, ben deciso a trarre tutto il succo che mi offriva la scena.

Mia mamma avvolse la sua nudità in un leggero accappatoio, che lasciò sventolare liberamente. Anche questa è una cosa che prova la sua perfetta conoscenza di ciò che contribuiva ad eccitarla.

Tornò ancora in cucina. La ripresi di spalle allorchè si sollevò l’accappatoio di dietro per grattarsi vigorosamente una chiappa. La filmai di tre quarti, mentre teneva una banana davanti a sé, puntata con insolenza. Feci un primo piano delle sue mani che accarezzavano il frutto fallico, dei suoi seni quando lei vi pose in mezzo il frutto, delle sue dita quando si toccò leggermente il monticello.

Ritornò nel salone, si lasciò cadere in una poltrona, con le gambe molto aperte; filmai il suo viso acceso, il suo sguardo ardente nel quale potevo leggere le mostruose immagini del suo desiderio solitario.

In vita mia non fui mai tanto eccitato, per quanto quello non fosse uno spettacolo nuovo per me. Mia mamma era la sola donna, che io avessi conosciuto, che si dedicasse all’onanismo con tanta scienza e con tanto piacere. Il più piccolo dei suoi gesti diveniva un motivo di eccitazione verso la depravazione. Le sue cosce divaricate ostentavano la sua mancanza totale di pudore. La sua vulva spinta in avanti palpitava di desiderio, era gocciolante, pareva una bocca vorace.

Mi inginocchiai tra le sue cosce. Sollevò una gamba, la tenne alzata passando una mano sotto la coscia. Ripresi a lungo il suo sesso, le mani tremanti e piene di sudore. Lei gemeva. La sua mano libera scese verso il ventre, le sue dita giocarono con i fitti riccioletti di peli. Con la mano si palpò la vulva paffuta, le sue dita strinsero le labbra gonfie e, allargandole, misero in evidenza il clitoride rigido.

Mi alzai, feci un passo indietro, lei si mise in piedi, fece qualche passo con noncuranza attraverso la stanza. Restò un istante in piedi contro la finestra, guardando la strada attraverso la persiana socchiusa, scostando l’accappatoio affinchè io potessi fotografare la sua figura denudata a metà.

Si allontanò, ritornò un’altra volta nella camera da letto. Si distese sul letto, si accarezzò a lungo i seni , ansimando, e stringendo le gambe, alzando talvolta le ginocchia, con la schiena incurvata e spingendo il ventre in avanti. Stando in piedi vicino a lei, le filmai il viso, l’espressione divenuta estremamente lasciva, i suoi seni bene in mostra sul petto, il suo ventre con la depressione dell’ombelico e della fessura.

- Non resisto più! Sono… talmente in calore… eccitata… in fiamme… ho una voglia… mi palpo… mi palpo… quant’è bello… -

Pose con un gesto rapido la mano sulla vulva. Divaricò al massimo le gambe. Nell’immagine riflessa dallo specchio io vidi più lontano il suo gesto. Il mio uccello ebbe un soprassalto, si fece ancora più duro. Filmai tra le sue gambe, i suoi peli, le labbra del suo sesso, il suo dito rigido che accarezzava con velocità l’interno rosso e umido. Il suo respiro rauco si accompagnava al suo febbrile gesto masturbatorio.

Era tornata indietro nel tempo e ritrovava quei momenti magici quando per gioire doveva farsi da sola.

- E’ meraviglioso, è meraviglioso… faccio l’amore con me stessa… mi amo come nessuno potrebbe amarmi… sono la sola che sappia farmi godere con tanta intensità… sento lo sciacquio del dito nella fica bagnata… lo sono tutta… mi piace questo desiderio scatenato che mi costringe a stendermi sul letto… oh… la mia dolce fica… -

Girai attorno al letto, ripresi i suoi seni, i movimenti delle sue anche e delle sue natiche quando lei si mise di fianco, la mano attiva. Poi si mise a quattro zampe sul letto, il deretano girato verso lo specchio. Filmai il suo culo, le sue dita che si agitavano da dietro, i suoi seni schiacciati. Mi girai, diressi l’obiettivo sull’immagine riflessa dallo specchio. Ero certo di realizzare un piccolo capolavoro di pornografia, mentre ero atrocemente duro e teso al punto che dovetti liberarmi, lasciare che il mio membro puntasse in avanti, fuori dai pantaloni, coi testicoli doloranti.

Mamma non vide niente. Era troppo assorta nel suo piacere solitario, nella sua gioia di possedersi… Si mise in ginocchio, faccia allo specchio. Come una folle, i capelli scarmigliati sulle spalle e davanti al viso, si dimenava, mentre con una mano si tormentava un seno e con l’altra si titillava il clitoride.

Non mi vedeva nemmeno più. Era veramente sola, a fare quello che aveva avuto sempre voglia di fare. Un rantolo uscì dalla sua gola, interrotto da un grido quasi acuto.

Lasciò il letto, in cucina si versò ancora un po’ di porto e si sedette accanto al tavolo. La sua mano tremava, i suoi seni tremavano. Senza guardarmi mise di nuovo una mano tra le cosce e si accarezzò con l’occhio smarrito, la bocca aperta, il respiro accelerato, quasi affannoso.

Provava costantemente il bisogno di tornarci, di riprendere il piacere nel punto in cui l’aveva lasciato in sospeso. La filmai ancora mettendomi ai suoi piedi e alzandomi lentamente allo scopo di fare una specie di panoramica dal basso in alto. Per un istante l’obiettivo si fermò sul suo gesto. L’apparecchio parve che volesse accarezzare il suo gesto osceno…

Abbandonò ancora, si mise ritta, con un piede poggiato sulla seggiola di cucina. Si divertiva ancora sull’obiettivo sul quale puntò con la parte più intima di se stessa. Aveva un’espressione ingorda, innamorata. Non era una libertina, non era un gioco, era una passione apertamente oscena, verso la quale puntava con insolenza il mio manico.

L’ammiravo, incantato dalla scienza che possedeva. Da quando era cominciata quella cosa là, compresi come una donna potesse desiderarla, nient’altro che quella… Era bella così, abbandonata al suo istinto animalesco, al suo laido desiderio, alla sua sete di voluttà.

Ritornò in camera da letto. La ripresi di spalle, con le natiche ruotanti come astri solari, le lunghe gambe che si allargavano più del necessario… Si gettò sul letto e divaricò gambe e braccia in un’offerta totale.

- Non ne posso più… non ne posso più… lo voglio avere… ora me lo do… -

Si masturbò con frenesia, mordendosi le labbra, stritolandosi un seno con la mano libera. Il suo corpo saltava nel letto, il ventre in avanti, il sesso esposto. Improvvisamente si afflosciò, divenne molle.la sua mani si agitava ancora, più dolcemente, per distillare gli ultimi istanti dell’orgasmo.

Quando finalmente aprì gli occhi, dopo che io avevo ripreso il suo languore, mi guardò, mi getto un’occhiata piena di dispiacere. Indicò col dito la mia verga puntata sul davanti dei miei pantaloni.

- Amore di mamma… questa cosa ti ha fatto un effetto così forte? -
- Ah, sì… sei stata superba… quando… mi hai dato uno spettacolo formidabile… il tuo godimento… mi piace quando ti soddisfi così, mamma. Sei un essere scatenato e senza limiti. Mi hai fatto dono di quello e non puoi immaginare quanto sei superba quando ti ami, tutta sola… -
- Ho un po’ di vergogna… -
- Perché? Io non ne provo per averti ripresa così… Sei bella. Quando vedrai il film sentirai la necessità si ricominciare… -

Mi avvicinai a lei per abbracciarla ma lei mi respinse.

- No, non ora… -
- Se sapessi come brucio dal desiderio di baciarti, mamma, guarda in che stato sono, per causa tua… -
- Non è che non voglio tesoro, ma oggi vorrei che tutto questo restasse un fatto strettamente personale e solitario… Per il momento voglio essere soltanto com’ero prima che noi… -
- Ma allora, mamma, mi lasci così? La telecamera sotto il braccio e la verga sempre così ritta? -

Nascose il viso nel braccio ma io mi accorsi che sotto sotto sbirciava il mio uccello ritto.

- Vai in cucina, spogliati e torna qui nudo. Lasciati governare da me. Sarà più facile per te… Ti amerò tanto che… -

Mi rifugiai in cucina, mi tolsi i vestiti, tornai verso la stanza restando ritto nel vano della porta.

- Sei superbo, tesoro. La tua nudità mi appartiene… sarai mio… così come io sarò tua… sei il solo uomo davanti al quale mi sono abbandonata così… oggi vorrei che tu mi appartenessi nello stesso modo. E’ amore anche questo, non ti pare? -

Guardai il suo viso appassionato, il suo corpo allungato in maniera così lasciva. Le sue dita si mossero dolcemente verso il rigonfiamento del suo pube.

- Ne ho ancora voglia, tesoro, una forte voglia… una voglia che appartiene solo a noi… avvicinati a me, siediti sul bordo del letto… Non si tratta più di filmare questa porcheria… fai il porcone… per me… -

Tremavo di lussuria fissando la sua mano che andava e veniva con le dita rigide nell’interno del suo sesso.

- Prenditi, prenditi… a piene mani… che io veda finalmente ciò che mi tormenta tanto, da così lungo tempo… Sì, desidero vederlo… un uomo che… Tu, amore mio, sei bello… lo sarai ancora di più… va… non avere vergogna… io non ne ho più… ho goduto così tanto a masturbarmi… Abbandonati anche tu all’onanismo… sii vizioso… -

Non ne potevo più. Con i suoi consigli licenziosi mi aveva reso folle e ancor più con il suo gesto lascivo… Me lo presi in mano, le mostrai il glande gonfio e turgido di sangue. Lei lo guardò, con gli occhi che le brillavano , mentre il suo dito divenne più attivo.

- Ho di nuovo voglia come prima, amore… oh, vieni… abbandonati anche tu… è meraviglioso essere noi due da soli… oh quant’è bello… che gioia… sì… la tua mano… con tutta la mano… maialone… guarda le mie porcherie… fatti la sega… non sai che piacere mi dai… vedo che anche a te piace… -
- Oh, mamma… _
- Ti piace… sei bello… molto bello… sì… stringitelo forte in mano… mi piace… ti ami… con la tua mano… questo gesto… tesoro mio… anch’io sono tutta presa… guardiamoci a vicenda… amiamoci così… è bello… è bello… per te… -
- Per te, mamma… -

Avevo perduto ogni ritegno e mi masturbavo, col membro rivolto verso di lei, lo sguardo fisso sulla sua fica bagnata. Ad ogni movimento della mia mano un’ondata di voluttà mi percorreva dalla testa ai piedi. Non avevo più voglia di gettarmi su di lei. Sapevo che stavo per soddisfarmi così, come facevo un tempo, quando…

- Sei bello, tesoro… -
- Anche tu sei bella, mamma… mi piace… frega… -
- Stringi… il tuo grosso cazzo… il tuo bel manico… sto per godere… sto per godere… ecco… rallento un poco, per piace guarda… ricomjncio… sì… così… lo sperma… non importa dove va… pompa… io parto… -
- Mamma…
- Sì … vedo… che schizzo… godo… stringi il tuo membro… schizzami addosso la tua sborra mentre io… scarico… vieni… amore mio… -
- Mamma, per te…
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