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LA VITA IN UN PICCOLO PAESE - 1


di gioviaf
12.08.2018    |    44.098    |    9 9.2
"L’atmosfera era carica di elettricità..."
Questo racconto non è farina del mio sacco ma mi è stato raccontato da un amico ormai molto anziano conosciuto tempo fa e che viveva in un paese dell’entroterra ligure.

La cameretta in cui giaceva la signora Bertrand odorava di disinfettante, di etere, di sudore come ogni camera di clinica. Operata il giorno precedente, dopo essere stata sottoposta ad una profonda anestesia, pallida, con i capelli in disordine sparsi sul viso esangue, Rosalia guardava ora il marito ora la figlia che stavano ai lati del suo letto. “Chi sa cosa sarà di voi durante la mia assenza” disse ad un tratto. “Ma mamma io sono capace di dirigere la casa, non è la prima volta che faccio da mangiare da quando sei ammalata”. “E’ vero… ma”, Rosalia guardò Olimpia. Non la riconosceva più. Le sembrava più alta, più sviluppata, non più una fanciulla.

“Lasciati servire e cerca di recuperare le forze in modo da poter ritornare a casa il più presto possibile”. “Il medico ha detto che potrò uscire tra una quindicina di giorni e che avrò una lunga convalescenza. Oh! Che male!”. In quel momento l’infermiera entrata nella camera invitò i visitatori a non affaticare l’ammalata ed a ritornare l’indomani che era domenica.

Bertrand e Olimpia baciarono la congiunta promettendo che sarebbero ritornati a farle visita il giorno dopo. Poi uscirono dalla clinica rianimandosi nel vedere la luce del sole e respirando di nuovo l’aria pulita. “Vuoi fare una passeggiata in città, Olimpia?”, “No, preferisco ritornare a casa, fa molto caldo, sudo e mi sento a disagio”. “Sia, volevo offrirti qualcosa”, “Sei gentile papà ma se vuoi potrai offrirmelo domani. Oggi ho fretta di arrivare a casa”.

Padre e figlia salirono in auto, Bertrand volse lo sguardo altrove quando vide le cosce bianche di Olimpia mentr’ella allargava le gambe per sedersi. Mise in moto e partirono. “In auto fa ancora più caldo che fuori”, “E’ vero, ma non ne avremo per molto, intanto mi slaccio la camicetta tanto non c’è nessuno che mi veda”. Si sbottonò l’indumento e Bertrand vide il principio dei seni di Olimpia. Un solco leggermente ombroso divideva i suoi globi di giovane adolescente.

“Se mi slacci il collo della camicia e mi disfi il nodo della cravatta… mi sembra di soffocare”. Olimpia provvide. “Quanti peli sul tuo petto”, “Sono peloso come un orso. Accendimi una sigaretta per favore”, “Sì, se posso fumare anch’io”. “Come? Non approfitterai perché non c’è tua madre per fumare anche tu”, “Ti accendo solo la sigaretta”. Olimpia prese il pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca del padre, accese una sigaretta di cui fece una boccata poi la tese all’uomo. “Dopo me la ritornerai, fumiamola insieme”. La punta della sigaretta era bagnata e Bertrand ebbe un fremito quando la mise fra le labbra.

Un’ora dopo giunsero nella fattoria, lui mise l’auto in garage mentre Olimpia si affrettava ad entrare in casa dove faceva più fresco, seguita poco dopo da suo padre. La giovane si sedette a tavola, prese una bottiglia di vino e si riempì il bicchiere. “Vuoi bere papà?”, “Sì, ho sete, passami il bicchiere”. Olimpia vuotò il bicchiere d’un sorso e poi, sorridendo, lo riempì nuovamente per passarlo al padre. “Se ci fosse tua madre non oseresti bere così”, “Sì, ma adesso lei non c’è e io mi sento un po’ libera”.

Bertrand guardò la camicia della figlia e gli sembrò che fosse più scollata, che un altro bottone fosse stato sbottonato. Fortunatamente la ragazza portava il reggiseno altrimenti… “Mi dai un’altra sigaretta?”. La prese dal pacchetto e la porse alla figlia che, come in auto, l’accese e gliela rese abbondantemente bagnata. Bertrand fumò provando un piacere bizzarro. Lo scambio della sigaretta creava tra lui e sua figlia una specie di complicità.

“Papà, non senti caldo?”, “Sì, molto caldo, ho sete e sudo”. “Togli la camicia, starai più a tuo agio”.
L’uomo si tolse la camicia poi andò a stendersi sul divano posto tra le due finestre fumando beatamente. Ogni tanto Olimpia si alzava e andava a prendere la sigaretta del padre, dava una tirata e la restituiva sempre bagnata. Ogni volta si chinava sopra suo padre che non poteva fare a meno di guardare nella scollatura della camicia. “Hai la pelle molto bianca”. “Sì, e rispetto alla tua con tutto quel pelo…”. Olimpia andò ad aprire una finestra e lui la seguì con lo sguardo. Sua figlia aveva un’andatura graziosa, al suo passaggio notò le sue gambe lunghe e ben fatte e vide anche più in alto quando ella si chinò per chiudere le tendine.

“Che fai?”, “Chiudo le tendine e lascio le finestre aperte”. “Così si fa quasi buio, ma ci si abitua. Dammi di nuovo da bere”. Lei riempì il bicchiere e glielo porse “Io ho già bevuto ma è ancora quasi pieno”. “Cominciamo proprio a dividerci tutto”. “Perché no? Almeno finche la mamma non ch’è” e andò a sedersi acanto a lui. Bertrand si accorse che lei si era tolta la camicetta e mostrava le spalle e l’inizio dei seni nudi. “Mi sembra quasi di essere in vacanza. Qui noi due da soli. Quasi tu non fossi più mio padre ma un altro uomo e io che mi mostro a te come non avevo mai fatto”.

“E’ quasi come se facessimo delle cose proibite e mai fatte”. “Hai ragione, qualcosa di proibito fra di noi. Questo mi fa battere il cuore. Devo continuare?”. “Sì, continua che mi piace”. “Se tu volessi, sarebbe un segreto solo tra di noi”. “Tu l’hai già fatto Olimpia? Ti sei guardata nuda? Ti sei accarezzata il seno, le cosce?” “Sì. Una volta casualmente… poi diverse volte quando sentivo un formicolio…”. “C’è uno specchio nella tua camera, e tu..” “Sì, mi piace vedermi, guardarmi a lungo, ed ogni volta mi sembra di non essermi mai vista prima, ed ogni volta è più bello”.

“Sei una viziosa, Olpimpia”, “Lo credo bene, mi piace troppo, dimentico tutto e divento un’altra. Una creatura nuova, impudica. E a te piacerebbe?”; “Sai, con tua madre non c’è alcun piacere, lei non farebbe ciò che fai tu, fumare la stessa sigaretta, bere nello stesso bicchiere, parlare così”. “Tuttavia parlare così si vede che ti piace, come a me”.

L’atmosfera era carica di elettricità. Entrambi erano in preda allo stesso nervosismo, allo stesso desiderio di andare al di là delle parole. “Io le amo queste cose proibite, vorrei essere al posto del tuo specchio quando tu ti guardi tutta nuda”. Olimpia non parlò ma si allontanò e quando ritornò non aveva più la gonna. Bertrand vide le cosce e le sue mutandine bianche. “Hai ancora voglia?”. ”Più che mai. Guardarsi, mostrarsi, ho desiderio di essere completamente nuda. Se tu volessi. Io sono tua figlia ma ciò non ci impedirebbe di…”

Olimpia fece il primo gesto. In piedi davanti a suo padre allargò le cosce e tese il ventre in avanti. “Toglimi lentamente le mutandine. Sì, voglio levarmele davanti a te, voglio mostrarmi, dimmi che mi ami, che vuoi fare delle porcherie con me, con la tua Olimpia, io sono viziosa, è troppo bello, con chi vuoi che mi diverta?”.

Bertrand guardò il sesso spalancato, le cosce aperte, il triangolo di pelo che non nascondeva nulla della labbra gonfie, del clitoride roseo che si drizzava leggermente. Olimpia slacciò il reggiseno esibendo le sue tettine puntute sulle quali passò le mani. “Guardami. Sento il tuo sguardo sopra di me, è bello fare il male, essere sfacciata per te, io mi mostro e tu guardi e godi”. “Tu sei bella mia piccola cara, allarga di più le cosce e mostrami tutto”. “Così? Gli occhi ti brillano come quello d’un lupo, del lupo che vuole divorare l’agnello innocente. I tuoi occhi strisciano sulla mia pelle e mi bruciano. Io sono la tua preda. Siamo soli, lontani da tutti, nulla può impedirci di fare quello che ci piace. Lasciati vedere anche tu”.

Bertrand si sbottonò i pantaloni, li fece scendere fino alle ginocchia. Non portava slip e la sua verga si rizzò bruscamente mentre Olimpia lanciava un grido di stupore. “E’ grosso e mostruoso”. “E’ la prima volta che ne vedi uno?”. “Sì. Supponevo come potesse essere ma queste dimensioni. E’ talmente lungo e grosso e duro e al di sotto questo pacchetto”. Si distese sul divano a fianco del padre e gli parlò all’orecchio “Sono contenta di vederlo, è così bello, più grosso di quanto pensassi, lasciamelo guardare bene”.

Posò la testa sul ventre nudo di Bertrand, col viso verso la verga. L’uomo le guardò le graziose natiche, la pelle bianca. Era pazzo di desiderio e il cazzo era agitato da spasimi. Fu ben peggio quando Olimpia vi portò le dita, l’accarezzò leggermente. “Questa grossa punta, deve essere bello sentirsela in bocca…”: Lui sentì lo sfioramento della sua lingua affilata sulla cappella e allora sentì lo sperma salirgli lungo la verga. Per non sborrare respinse la figlia dicendole “Voglio guardarti così con la lingua fuori protesa verso la mia cappella”.

Olimpia si distese sul divano mentr’egli le si chinava dopra guardandola negli occhi. Era una piccola porcellina e si gettò in ginocchio, le allargò quasi brutalmente le cosce e immerse il viso fra di esse. Olimpia emise un profondo sospiro, si tese verso la carezza e si prese i seni nelle mani. Chiudendo gli occhi assaporò quel principio di piacere, quel preludio a tutto quello che doveva seguire. Quindi con una mano afferrò il membro voluminoso che le sue dita non riuscivano a contenere completamente. “Oh! Com’è bello essere baciata lì, sì, ancora, vai lontano con la lingua, mi piace essere leccata e tu lo fai così bene. Oh! Sento il piacere che arriva. No, non ancora, non così presto, prima voglio fare delle cose sporche, giocare con quello che tengo in mano, procurarti il godimento che tu mi procuri”.

Bertrand smise di carezzarla con la lingua, si distese e si lasciò fare. Eccitato guardò la mano che andava e veniva lungo la sua verga. Poi padre e figlia si guardarono negli occhi e infine si baciarono sulla bocca. Quando si staccarono per prendere fiato Olimpia lo guardò fisso negli occhi “Questa notte tu chiaverai tua figlia”.


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