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Lui & Lei

VIAGGIO A ROMA - 4 (la stripteuse)


di gioviaf
12.08.2019    |    3.776    |    1 8.7
"Subito con mano febbrile trovai la cerniera del suo abito di jersey che feci scivolare un po’ giù per potermi trovare finalmente vicini i suoi seni; glieli..."
VIAGGIO A ROMA 4 (la strip-tease)


L’indomani mattina mi feci una bella dormita fino a mezzogiorno non avevo alcun impegno e avevo bisogno di recuperare energie dopo la doppia avventura prima con Anna e poi con Rita.

Dopo un abbondante pasto presso la pensione dove mi ero sistemato, decisi di andare in centro per una passeggiata senza meta. Dopo una mezz’oretta di passeggiata mi trovai di fronte il signor Rossi. Un bel tipo di buontempone che causa il suo lavoro di rappresentante ogni mese alloggiava due o tre giorni nel nostro albergo. Me lo ritrovai davanti con il suo faccione sempre più incorniciato da tripli menti di rosea ciccia. Si mostrò veramente stupito di vedermi a Roma.

Quando lo misi al corrente dei motivi che mi avevano portato in città non potè esimersi da tutta una serie di allusioni sulla presenza del provinciale a Roma “Oh la piccola canaglia nella città dei piaceri… si starà dando certo da fare per correre la cavallina…”. Non si stava proprio sbagliando il pancione. “Quanto a cavalline” disse “Ne conosco una io che fa fare le più stupende cavalcate. Una puledra di razza che esibisce le sue grazie in un locale di spogliarello”.

Non celando una certa fierezza, mi confessa che questa artista gli accordava spesso i suoi favori ma si guardò bene dal chiarirmi che questa cortigiana riservava i suoi favori e le sue concessioni ai suoi numerosi ammiratori in diretta proporzione del loro portafogli. Infatti mi bastò immaginarmi Rossi in mutande e calzini con le trippe ballonzolanti per non aver dubbi sul fatto che solo la consistenza del conto in banca di un simile pachiderma poteva aprirgli la porta di una donna.

Evidentemente desideroso di presentarmi la sua conquista, Rossi insistette perché la sera stessa lo accompagnassi al teatro. La prospettiva di vedere qualche bella donna fare evoluzioni col culo fuori non poteva certo dispiacermi e alla fine accettai.

Seduto in prima fila vidi sfilare tutta una serie di arrapanti diavolesse il cui costume inevitabilmente finiva col solito e minuscolo cache-sex. Dopo il primo choc, devo confessare che incominciai a trovare lo spettacolo monotono; tutte quelle tette e questi culi mi sembravano distanti da me e irraggiungibili.

Stavo cominciando ad annoiarmi quando dopo l’ennesimo numero del balletto, un fascio di luce argentata di un proiettore illuminò l’entrata di una ragazza assolutamente stupenda. Vestita come una donna galante dell’ottocento avanzò fino al centro del palcoscenico con passo lento e strascicato. In testa aveva un enorme cappello coperto di violette, il vestito che indossava era nero lungo fino ai piedi.

Mentre scoppiava un vero uragano di applausi, il trippone mi sussurrò all’orecchio “E’ Lolita, la vedette dello spettacolo. Sta riportando un successo enorme”.

Dopo aver attraversato più volte la scena danzando al ritmo di un valzer lento , la spogliarellista con mossa languida si tolse il grande cappello liberando una massa di capelli neri lunghi fino alle sue spalle. Il suo vestito era abbottonato sulla schiena, così per slacciarselo iniziò una serie di contorsioni che mi lasciavano sempre più senza fiato.

Quando alla fine il vestito le cadde ai piedi, sulla scena apparve una statua di incredibile perfezione e nonostante la biancheria che ancora indossava si poteva chiaramente intuire tutta l’invitante fresca bellezza del suo giovane corpo. Infanti quando si liberò del corsetto, apparvero in tutto il loro splendore i fianchi rotondi e il ventre appena tondeggiante delle donne di razza. Quando le spalline del reggiseno furono scivolate lungo le braccia, lanciando sguardi provocanti a tutta la platea, mise in mostra un seno perfetto, pieno, sodo e rotondo come una coppa. Le punte dei capezzoli erano come fragole. Rimase un po’ immobile come in atteggiamento di offerta e poi, accarezzandosi le cosce in tutta la loro incredibile lunghezza, si sfilò le calze nere.

Eravamo tutti silenziosi e ci sentivamo come ipnotizzati in una muta ammirazione.

Com’era eccitante Lolita così seminuda sotto quel fascio, ora indiscreto, di luce bianca. Sì, era talmente eccitante che mi accorsi di stringere con mani sudate i braccioli della poltroncina. Appena Lolita al ritmo del valzer cominciò ad accarezzarsi tutto il corpo, sentii il cazzo tendersi contro la stoffa dei pantaloni. Il numero sembrava non dovesse finire mai, e più Lolita indugiava con le sue mani sapienti sui suoi seni o nell’inguine e più mi sentivo sprofondare in un vero coma erotico.

Finalmente calò il sipario su questo spettacolo che stava diventando insostenibile per i miei occhi e per i miei nervi. Gli applausi, le grida, le chiamate non finivano più e dovettero mandare in scena subito un altro numero mentre io e il mio amico abbandonavamo la sala.

Pochi istanti dopo mi ritrovai con Rossi all’uscita delle attrici. Eva, la piccola amica del pancione, aveva occhi verdi e un sorriso accattivante; “Lo sapevo che ti trovavo qui ad aspettarmi, ti avevo visto in sale mentre facevo il numero. Non credevo che saresti venuto questa sera…”. Fatte le presentazioni Rossi le disse “E’ successo così, oggi ho incontrato questo amico che si trova a Roma per la prima volta e ho voluto portarlo a vedere il tuo spettacolo”. Gratificandomi in un languido sguardo, la ballerina mi domandò “E allora le è piaciuto lo spettacolo?”.

Fu il ciccione che rispose per me, “Pensa che la regina dello spogliarello lo ha letteralmente affascinato… andrebbe veramente ai sette cieli se potesse farne la conoscenza…”.

“Oh, ma avete veramente fortuna… proprio questa sera, sia io che Lolita non abbiamo impegni e abbiamo deciso di passare la notte insieme in qualche night. Potremmo approfittare della fortunata occasione”.

Con un vestito di jersey che disegnava e accentuava le sue forme provocanti fino all’insolenza, Lolita apparve e si fece avanti con la sua andatura leggera da felino. Dopo le presentazioni non ero riuscito a spiaccicare parola letteralmente bloccato dalla timidezza, ci infilammo nell’auto di Rossi e dopo una breve giro per strade sconosciute sbarcammo in un night.

Mentre la cantante faceva il suo numero io non la sentivo nemmeno, non riuscivo a togliere gli occhi di dosso a Lolita che, le gambe accavallate, stava seduto di fronte a me. A volte me la rivedevo ancora tutta vestita come all’apparizione in scena e rivivevo sognando a occhi aperti tutti i passaggi del suo numero. La potevo così rivedere con i suo grandi seni nudi e il suo bel ventre coperto soltanto da una conchiglia. Poi la ripensavo vestita e il solo pensiero della pressione dei suoi capezzoli contro il vestito mi faceva mancare la saliva in bocca e avevo già un inizio di erezione che cercavo inutilmente di nascondere.

Eva non perso l’occasione per prendermi un po’ in giro “Decisamente avevi ragione, mio grosso lupo, Lolita ha davvero messo il cuore del tuo amico a soqquadro. E anche qualcos’altro…”. Poiché mi sentivo sempre più in imbarazzo e non sapevo cosa rispondere, Lolita venne in mio aiuto “Il nostro amico va scusato senz’altro perché vivendo in provincia non è di certo abituato a frequentare attrici di rivista e stripteauses”.

“Troppo giusto” disse il mio amico ciccione “in provincia lo spogliarello si usa solo nelle camere da letto”. Poi, senza dubbio ansioso di andarsi a fare una scopata con la sua amica, aggiunse “Questo simpatico amico ha bisogno di essere un po’ svezzato, se lasciassimo Lolita sola con questo bel giovane, forse si presterà a svelargli in segreto i misteri del suo lavoro…”, e con questa scusa tagliò la corda con Eva.

Per un po’ io e Lolita fingemmo di appassionarci allo spettacolo poi, rompendo l’imbarazzante mutismo, Lolita mi confidò “E’ stato veramente un colpo di fortuna che il lardoso si sia deciso a togliersi dai piedi. Sarò subito franca con te. Questa sera avevo deciso di offrirmi qualche piacevole fantasia. Bene, tu sei giovane e simpatico e allora cosa stiamo qui a far finta di interessarci allo spettacolo? Andiamo a divertirci insieme sul serio”.

Appena giunti nella camera di un piccolo albergo e chiusa la porta, la giovane donna mi abbracciò e presami la testa tra le mani m’incollò sulla bocca un lungo bacio con lingua. Sentii il fresco sapore di fragola del suo rossetto.

Abile, calda e appassionata giocò a lungo con la lingua devastando a tal punto i miei nervi che persi di colpo ogni timidezza e imbarazzo. Subito con mano febbrile trovai la cerniera del suo abito di jersey che feci scivolare un po’ giù per potermi trovare finalmente vicini i suoi seni; glieli accarezzai a piene mani e il suo cuore prese a battere come quello di un uccellino prigioniero.

Lei si lasciò scappare un sospiro quando avendo liberato dal reggiseno un capezzolo carnoso cominciai con il pollice e l’indice a farglielo ruotare con un dolcezza esasperante.

“Oh tesoro… caro” lei levò verso di me uno sguardo implorante e capii che voleva subito arrivare a giochi più sostanziosi, nudi e sul letto. “Ti desidero” mi disse e liberatasi del mio abbraccio iniziò con tutta la sapienza del suo mestiere a spogliarsi. Subito il vestito cadde ai suoi piedi e sempre guardandomi negli occhi si sfilò il reggiseno con lo stesso gesto del palcoscenico, poi con una grazia incomparabile quasi senza piegarsi si liberò delle mutandine. Io che ero rimasto immobile a guardare, mi trovavo ancora vestito. Mi sentivo paralizzato e non sapevo da dove incominciare. Lei con uno sguardo da canaglia andò a sedersi sulla sponda del letto, le cosce aperte.


Non volevo commettere errori e cercai, mentre mi spogliavo, di intuire i suoi desideri. Si era messa in quella posizione perché voleva essere baciata lì? Sì, non potevo sbagliarmi. Mi avvicinai e mi misi in ginocchio, gli occhi attratti dalla sua vulva, dalla pelliccia di morbido pelo che la incorniciava. Mi piaceva guardargliela così iniziai toccandogliela e strofinandogliela con le mani finchè non individuai il suo piccolo clitoride eretto: cominciai a titillarglielo con l’indice.

“Cosa mi fai… come lo fai bene…” gemette. La bocca semiaperta e gli occhi socchiusi sembrava rapita. “Tu sai toccare divinamente, non lo avrei mai creduto. Ragazzino masturbatore… Sì così, fai così che vai benissimo”.

Mi stavo eccitando fino al parossismo. Quello che ancora non mi riusciva era di dire quello che mi passava per la mente; mi sembrava di pensare cose troppo sconce guardando la sua fica aperta e già gocciolante. Lei continuava a farmi complimenti “Pensare che io credevo di dover dare una lezione a un piccolo provinciale e invece trovo questo piccolo maiale che mi fa impazzire… Oh come mi tocchi da porco… Dimmi qualcosa… Dimmi che ti piace la mia fica…”

Le sue implorazioni diventarono vere grida quando finalmente applicai la mia bocca golosa alle labbra della sua vulva dalle labbra gonfie e bagnate. “Tesoro come mi succhi… E’ bellissimo”. Mi accarezzava la nuca con mani febbrili come se volesse ad ogni istante mettermi a parte del piacere che le stavo procurando.

“La tua lingua… oh come sai servirtene bene, ah sì leccamela tutta, leccamela dappertutto… bevi tutto il miele del mio amore!!!”. Mi sentivo fiero di riuscire ad eccitarla a tal punto. E dire che solo il giorno prima io esitavo a leccare Anna solo per la paura di rivelarmi alle prime armi.

A un certo punto come se non ne potesse più si rovesciò sdraiata sul letto ed io scivolandole un po’ sopra affondai tutta la faccia nell’incavo delle sue cosce fino a soffocarmi. “Oh caro ma tu finirai con il farmi godere…” Presi in bocca le sue piccole labbra e quando individuai il clitoride cominciai a mordicchiarlo con dolce attenzione. “Caro… caro adesso ti voglio”. Gridava Lolita “E adesso che tu devi darmi il cazzo. Oh amore, non posso aspettare adesso bisogna che me lo infili dentro!!!”

Mi raddrizzai prontamente, avevo una grande spada tra le gambe. Mi gettai su di lei come un pirata all’arrembaggio e le piantai il cazzo nella fica con un tale impeto che non potè trattenere un grido di sofferenza. “Caro… sai essere raffinato e brutale. Sei una bestia che mi prende! Come sei brutale. Mi fai male, ma voglio che continui, continua così come una bestia, sii bestiale con me… sfondami… spaccami tutta…”

Avvinchiata alle mie spalle ogni tanto si sollevava dando dei frenetici colpi di reni che mi permettevano di fotterla con ancora più violenza. “Io godo, oh finalmente godo, godo come una bestia “, gemette con un filo di voce. In quel momento mi sentii esplodere i coglioni e il mio cazzo si gonfiò ancora di più. Lei se ne accorso “Caro, tu stai venendo, lo sento. Sì, lo sento. Dammi tutto dentro. Riempimi…” Mi ero quasi dimenticato della raccomandazione di Anna ma lei mi aveva anticipato e allora mi lasciai andare e cominciai a spararle dentro tutto la sperma che mi premeva nei coglioni. “Oh tesoro, sborrami tutta la tua chiavata nella fica. Dammi tutto il tuo fottere che goccioli nella mia vagina, inondami di sperma”.


Un istante dopo, senza dunque concedere tregua, con i nostri corpi ancora attraversati dagli spasmi del recente orgasmo, lei mi disse che voleva restituirmi il piacere che le avevo dato con la bocca. Prese con mano decisa quello che restava del mio vigore e lo accarezzò così sapientemente che quello che già era diventato niente più che un molle rotolo di carne non tardò a ricominciare a gonfiarsi. Sotto la destrezza delle sue mani esperte, io sentivo il desiderio appena sopito risvegliarsi e dopo non molto tempo lei si ritrovò tra le mani un duro randello già pronto a impalarla di nuovo.

“Oh caro lo hai grosso di nuovo… tu puoi già rimettermelo dentro…”. Non desideravo altro che di poterglielo mettere nel culo, ma per mostrarle tutto il mio talento le dissi che prima avrei voluto eccitarmi ancora un po’ e le domandai di inginocchiarsi sul bordo del letto. Lolita eseguì immediatamente e le mie dita si misero a scorrere lungo lo spacco del suo stupendo culo. Poi afferrai le chiappe a piene mani e cominciai a strizzargliele con tutta la forza facendola gemere insieme di dolore e di piacere.

“Mi piace il tuo culo, Lolita. Mi piace da impazzire. Lo voglio. Adesso te lo preparerò”. Prima la morsicai con denti affamati, poi aprendole le chiappe con le mani offersi alla mia bocca golosa il suo bel buco, morbido ed elastico. Il suo respiro era affannoso e diventava difficile capire quello che diceva e quello che chiedeva; mentre continuavo con la lingua sempre più profondamente dentro, lei quasi gridò “Oh ti prego non farmi più aspettare, dammelo tutto dentro il culo”.

Non aspettavo altro. Mi insalivai bene la cappella, mi sollevai e indirizzandolo con tutte e due le mani contro la stretta apertura, lo appoggiai nel punto esatto. Bastò un solo deciso colpo di reni perché tutto il mio lungo arnese scomparisse dentro la sua stupenda morbida carne. Presi a incularla con la maestria e la foga di un sodomita incallito.

“Tesoro, come sei porco” urlava Lolita. “E’ così che mi piace essere trattata! Sono la tua puttana e tu fai bene a trattarmi così. Porco, brigante, soldataccio, farabutto inculami forte. Sbattimelo dentro tutto fino alle palle”. Stava letteralmente impazzendo la sporcacciona.

Mi sentivo soddisfatto e glielo feci sentire ancora per un bel po’, alla fine, quando mi resi conto di essere riuscito a diventare bravo, mi lasciai andare e senza più controllarmi la afferrai per le anche e spingendo più a fondo che potevo, facendola gridare, cominciai a godere con un orgasmo senza fine.

Quando uscimmo dall’albergo albeggiava e per fortuna trovammo un bar ancora aperto per un caffè ristoratore. Bevuto il caffè, Lolita, il viso pallido e gli occhi cerchiati, mi disse che doveva andare a casa a riposare perché in giornata aveva le prove per un nuovo numero del suo spettacolo, “Se non vado a letto subito a riposare, avrò tutto il giorno una faccia inguardabile”. Io, più stanco di lei, non cercai certo di trattenerla e con lo stesso tassì che aveva portato lei a casa mi feci accompagnare alla pensione dove mi buttai sul letto senza neanche spogliarmi.

Prima di lasciarci Lolita mi aveva chiesto se ci saremmo ancora visti. Le risposi che la sera stessa avrei preso il treno per tornare a casa. Mi disse, allora, che ogni volta che mi fosse capitato di venire a Roma le avrebbe sempre fatto piacere intrattenersi un po’ con me…


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