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Non vengo a letto con te, ma tu... seconda parte


di Honeymark
11.11.2019    |    20.491    |    8 9.8
"- L’ho lavato, disinfettato e risciacquato..."
3



Domenica mattina mi svegliai solo, alle 9. Non ero soddisfatto di come stavano andando le cose, anche perché non avevo programmato nulla per la domenica.
Feci una doccia e poi, quando tornai in camera da letto, trovai che qualcuno mi aveva chiamato al cellulare. Era Rita. La richiamai.
- Come va? – Mi domandò giuliva.
- Bene, – mentii.
- Dai, sento benissimo che sei scazzato.
Non risposi.
- È stato bello ieri, – continuò. – E questo grazie a te.
- Ne sono lieto.
- Non fare il broncio. – Disse, – Cosa fai oggi?
- Pensavo di giocare a golf.
Era una balla. Non mi ero iscritto a nessuna gara e francamente non ne avevo voglia.
- Smettila, – disse. – Aprimi la porta e fammi entrare. Sono qui fuori da casa tua.
Chiusi il telefono e andai alla porta. Lei era davvero lì che mi aspettava.
- Avevo suonato un bel po’. – disse.
- Ero sotto la doccia.
Entrò senza complimenti e si mise a suo agio in salotto. Poi, stando in piedi, si girò verso di me.
- Posso guardarti mentre ti vesti? – Mi disse mettendo giù la borsetta. – O preferisci che mi spogli anche io?
Le andai incontro sorridendo.
- Sei una sorpresa. – Ammisi.
- Beh – disse avvicinandosi a me per baciarmi sulla guancia, – pochi si sarebbero comportati come te ieri sera.
- Non mi devi niente, – La rassicurai.
- Come no? – Ieri te l’ho promesso: se andava tutto in porto, potevi fare di me quello che volevi.
- Vero, – risposi galante. – Ma sono cose che si dicono così…
- E alla fine ci hai lasciate giocare senza volerti intromettere a tutti i costi.
- Senti, – le risposi sinceramente. – Non voglio che tu faccia nulla controvoglia. Mi è sembrato che a te piacciano le donne e...
- Mi piacciono “anche” le donne, – precisò. – Anzi, mi piace Debora. Che tu sei riuscita a mettermi a letto. Spogliati.
Mi precedette in camera da letto lasciando cadere per terra i vestiti che si toglieva camminando.
Io ero ancora un po’ incredulo e la seguii meccanicamente. Quando arrivò al bordo del letto che aveva usato la sera prima con Debora, indossava solo le mutandine. Si girò verso di me e aspettò che gliele sfilassi io. Mi inginocchiai, infilai le mani sotto gli slippini e glieli abbassai con delicatezza. Le guardai la figa, protetta da un triangolino curato di pelo. Poi alzai gli occhi per guardarla per intero. Mi guardava anche lei e allora mi accorsi che avevo ancora l’accappatoio. Allora mi alzai e lo aprii. Il pene stava dando bella mostra di sé e mi avvicinai ad abbracciarla.
Dopo le languide abbracciate preliminari, lei scese con il gomito a toccarmi il cazzo. Dopo l’avventura della sera prima non me lo aspettavo e mi mossi sorpreso. La guardai in faccia.
- Davvero ti piace il cazzo?
- Sempre! – Rispose determinata. – È l’unica cosa che ieri sera mi è mancata.
- Mi sembrava che non vi mancasse un cazzo…
- Vero, ma mi manca adesso.
Ding-dong…
Improvvisamente aveva suonato il campanello della porta di ingresso.
- Ostia, – dissi staccandomi da lei. – Chi sarà?
- Aspetti qualcuno?
- No. La domenica di solito non ci sono mai… Rimani in camera che vado a vedere dallo spioncino.
Andai alla porta e guardai con attenzione. Ostia…! Chi lo avrebbe mai immaginato?
Mi sistemai l’accappatoio e aprii la porta.
- Ti avevo detto di continuare a chiedermelo! – Disse Debora facendosi strada nel mio appartamento.
Ero rimasto di sasso. Chiusi la porta e la seguii.
- Debora… Proprio non ti aspettavo…!
- Uomo di poca fede.
Iniziò a spogliarsi e a precedermi in camera da letto.
- Debora, ferma… Io… lei… noi…
Beh, entrò in camera da letto dove c’era già Rita.
Rita era sempre nuda, convinta che io non avrei aperto la porta a nessuno e imbarazzata si coprì col braccio i seni e con la mano il pube.
- Debora! – Esclamò poi, rilassandosi e mettendo le mani ai fianchi. – Ancora tu?
- Rita? – Esclamò lei. – Questa proprio non me l’aspettavo.
- Neanche io… – Intervenni.
Loro due si guardarono indecise se essere imbarazzate, incazzate o felici.
Poi mi accorsi dallo sguardo che le due se la intendevano di nuovo e allora mi avvicinai a Debora.
Nude si sentivano più a loro agio e si avvicinarono guardandosi con piacere, però stavolta decisi di prendere in mano la situazione. Mi sfilai l’accappatoio e lo lasciai cadere in terra, mi avvicinai e mi misi in mezzo. Loro, sempre guardandosi, si appoggiarono a me, nude. Si godevano il contatto con il mio culo l’una e con il mio cazzo l’altra.
- Ragazze – promisi, – stavolta vi faccio un culo così.
Non risposero e allora le feci inginocchiare, in modo che una mi mettesse il naso tra le natiche e l’altra il viso sull’uccello.
Collaborarono, non so se per dovere o per piacere, ma mi piacque molto.
Poi le feci alzare e salire sul letto.
- Al lavoro! – Dissi battendo le mani.
Salii anche io sul letto prima che si mettessero a giocare fra di loro.
Mi misi in mezzo e loro si appoggiarono a me. Mi fecero girare pancia in su e vennero ad appoggiarsi a me.
- Vuoi qualcosa di preciso? – Domandò Debora.
- Tutto! – Risposi. E mi lasciai andare.
Ma loro non fecero nulla.
- Va bene, – dissi allora sollevandomi. – Raccontatemi che cosa vi piacerebbe fare con me.
- Posso essere sincera? – Domandò inaspettatamente Rita.
- Beh – risposi, – se non possiamo esserlo in questi casi…
- A me piace… A me piacerebbe leccarle la figa mentre la inculi.
- Wow! – Esclamai. – Cosa devo sentire!
- E a me piacerebbe essere leccata da lei mentre mi inculi. – Aggiunse Debora.
- Ostia, che bello! – Esclamai, con l’uccello che esprimeva soddisfazione.
- Allora propongo questo. – Disse Rita a Debora. – Matteo incula prima me e tu me la lecchi, poi Matteo incula te e te la lecco io.
- Niente male! – Esclamò Debora. – È il mio sogno.
- E come cazzo pensate che si possa fare tecnicamente? – Domandai incredulo.
- Mi inculi tenendomi pancia in su come se mi chiavassi e Rita mi viene sopra a fare il 69 con me.
- Cazzo, ma l’hai già fatto?
- No, mai. – Rispose risoluta. – Ma è quello che sogno quando mi masturbo…
- E poi tocca me, – aggiunse Debora. – Tu mi inculi nella stessa maniera e Rita me la lecca. OK?
- Cazzo, ma allora l’hai già fatto con qualcuno! – Esclamai di nuovo anche a lei.
- Con nessuno. – Rispose anche lei. – È quello che sogno quando mi masturbo.
- Quindi oggi sarebbe una prima volta per entrambe? – Domandai fingendomi importante.
- Sì – disse Debora, – ma sarà la prima volta anche per te.
- Vero, – conclusi allora. – Comincerò col metterlo nel culo a Rita.
Non obiettarono. Anzi andarono a rinfrescarsi un po’, quindi andai a recuperare la cremina che uso per facilitare la penetrazione anale.
Quando tornarono, indossavano le mie t-shirt che avevo dato loro. Erano grandi e fungevano da vestitino svolazzante. Mi sedetti sul bordo del letto e le feci avvicinare per accarezzarle sotto la maglietta. Piacque anche a loro, perché si denudarono subito e si abbracciarono.
- Mettetevi sul letto e porgetemi il culo, – dissi poi. – Vi lubrifico l’accesso.
- Già fatto da noi, – disse Debora.
- Ora ti insegno come incularla, – mi spiegò Rita.
Continuavano a stupirmi elegantemente.
Girò l’amica pancia in su, le raccolse le gambe e si sdraiò sopra per fare il 69, poggiandole direttamente la figa sulla bocca. Poi mise le mani agli inguini e mi diede disposizioni.
- Vieni qui, – mi suggerì. – Metti le sue gambe sulle tue spalle e poi appoggia il cazzo al culetto. Te lo guido io.
Rita aveva un modo più femminile di parlare. E io, affascinato dalla sua chiarezza di idee, obbedii e mi misi in ginocchio davanti alle gambe della sodomizzanda. Poi mi caricai le gambe sulle spalle. Lei mi prese il cazzo e me lo abbassò fino a portarlo al buco del culo di Debora. Mi aiutò a imboccarlo e poi, quando fu il momento, mi diede un buffetto sulla natica.
- Vai! – Disse. – Sodomizzala!
Debora, anziché irrigidirsi, si rilassò. E io riuscii a inserire la cappella senza problemi. Spinsi ancora e sentii che la giovane era bel disposta a ricevermi.
Nonostante la strana posizione, riuscii infatti a sodomizzarla facilmente grazie alla sua collaborazione. L’aveva preso in culo altre volte da uiomini, nascondendo la sua attrazione per le donne. Ne aveva parlato solo con me. Magari, stare con gli uomini per lei era meglio che niente.
Una volta giunto in fondo al retto, Rita iniziò a leccarla e io a sbatterla. Debora gemeva. Poi smise di gemere, probabilmente per leccare anche lei la figa di Rita. Eravamo tutti tre in piena sintonia e continuammo così, fino a raggiungere un orgasmo multiplo collettivo, anche se non sapevo se loro fossero venute entrambe per davvero,
Mi si sfilò da solo e mi gettai di fianco spossato, mentre le due continuarono ancora un po’. Poi si lasciarono.
- Per mezzogiorno ordino tre pizze? – Domandai una decina di minuti dopo.
- Ottima idea, – commentò Debora. – Così abbiamo il tempo di recuperare.
«Boia – pensai, – senza tregua… E io che avevo paura di passare la domenica senza sesso…»

4.

- Vorrei chiederti una cosa. – Intervenne Debora dopo aver terminato la pizza.
- Anch’io vorrei chiederti una cosa, dopo. – aggiunse Rita.
Non risposi. E Debora continuò.
- Scusa se sono curiosa, ma prima in bagno ho visto che hai un cazzo artificiale.
Arrossii.
- Cosa diavolo...! – Protestai.
- Dai, ti ho chiesto scusa...!
- Scusa un corno!
- Dacci un taglio. Ma volevo chiederti... Cosa te ne fai? Sei un uomo e...
- L’avevo comperato per un’amica che voleva inculare il moroso, però poi si sono lasciati e non se ne è più parlato.
- Infatti – confermò, – è ancora nella sua confezione originale.
- E cosa vuoi farne? – Incalzai. – Vuoi inculare Rita?
- Perché no...? – Sorrise maliziosa. – Stavo proprio pensando a un triangolo creativo...
Rita si girò a guardarla e Debora annuì. Rita era diventata rossa come un peperone, il che faceva pensare che la cosa la intrigava non poco.
- E come vorresti fare? – Le domandai per battere il ferro finché era caldo.
- Tu stai sotto, lei si siede sopra e si infila il cazzo. – Mi rispose risoluta. – Io salgo da dietro, la piego in avanti e la inculo col fallo artificiale.
- Sopraffino! – Commentai. – Lo hai già fatto?
- No, – rispose. – Ma trovo che sia un modo stupendo per montarla come due maschi anche se io sono una femmina...
- Ma siete impazziti? – Esclamò Rita agitatissima.
Ma non la ascoltammo. Andai a prendere il fallo artificiale e aiutai Debora a indossarlo. Era bellissima con il cazzo nero fissato con le cinghie di cuoio.
- È un cazzo artificiale per il culo. – Spiegò a Rita. – Vedi come è liscio? Per la figa sarebbe necessario nodoso...
- Ma allora siete proprio pazzi.
- Sì, e tu sei una che sta per prendere due cazzi da due pazzi. Preparati.
Andai a mettermi sul letto, sdraiato pancia in su, col cazzo già in posizione di lavoro.
Senza attendere disposizioni, Rita salì sul letto e venne a mettersi sopra di me. Con calma lavorò di figa per trovare la punta del cazzo e infilarselo dentro.
«Finalmente!» – Pensai, quando ci riuscì.
Rita se lo sbatté un po’ dentro, poi si piegò in avanti sdraiandosi sopra di me, con le ginocchia distanziate. Debora non perse il colpo e salì anche lei con le ginocchia sul letto. Sentii che armeggiava con il culo di Rita.
- Tienile allargate le chiappe! – Mi ordinò.
- Sono già allargate al massimo, – osservai.
- Lo so, – ripose. – Ma mi piace vedere il suo culo allargato dalle tue mani.
Obbedii e lei appoggiò la punta del fallo artificiale al buco del culo di Rita.
Dopo un primo momento delicato, Debora spinse dentro il fallo artificiale di brutto, fino in fondo. Lo sentii scivolare rasente al mio cazzo e la cosa mi generò una sensazione delicata. La sodomizzante cominciò a sbatterlo dentro e fuori, provocando mille sollecitazioni a me e a Rita. Per la prima volta mi lasciai andare alle cure di una donna che, inculandone un’atra, mi masturbava il cazzo.
Io e Rita cominciammo a gemere, poi a sobbalzare e infine a urlare sollecitati dalla sopraffina attività para maschile di Debora.
Venimmo tra mille sensazioni incontrollate e solo pian piano Debora rallentò l’azione fino ad arrestarla e a sfilare lo strap-on dal culo dell’amica.
- Vado a toglierlo e a lavarlo, – Disse Debora indicandolo, diretta al bagno.
Io e Rita non aprimmo bocca, eravamo abbracciati e cercavamo di placare i sensi che erano ancora sottosopra. Forse ci addormentammo.
Quando aprii gli occhi, vidi Demora seduta nella poltroncina, con ancora il cazzo artificiale addosso, legato con le cinghie.
- Non dovevi toglierlo e lavarlo? – Le domandai.
- L’ho lavato, disinfettato e risciacquato. – Rispose alzandosi dalla poltroncina. – Ma voglio usarlo ancora.
- E con chi? Povera Rita. L’abbiamo sbattuta come un tappeto...
- Non è con lei che voglio usarlo. – Disse seria.
- E con chi diavolo... Ehi, no, scordatelo! Io proprio non voglio nulla del genere. Il mio culo è sacro e...
- E invece, temo proprio che ti inculerò, – aggiunse, accarezzandosi il cazzo finto con la mano.
- Ma non dire stronzate! – Protestai. Coprendomi istintivamente.
- Ti inculo mentre la chiavi. – Precisò.
- Scordatelo! – Risposi agitato. – Sono già venuto quattro volte oggi e una quinta non ci sta proprio.
- Rita, – disse allora Debora. – Prendiglielo in bocca e lavoralo finché ce l’ha di nuovo in resta.
Questo mi piaceva di più perché le due donne non me lo avevano ancora fatto e mi sdraiai sul letto pancia in su, allargando e raccogliendo le gambe.
Rita si portò a me e iniziò a leccarmi pima gli inguini, poi le palle e infine l’uccello che, stanco o fresco che fosse, tornò su come una ciminiera.
- Rita, sdraiati al suo fianco, pancia sotto.
Rita si sdraiò, culo in su.
- Tu mettiti sopra e penetrala da dietro. – Mi ordinò Debora. – In fica, voglio dire. Fai le cose con comodo. Rita terrà le gambe unite e tu la chiaverai così tenendola comodamente sdraiata.
Devo dire che ero agitato come una scolaretta, ma forse obbedii proprio per questo; non ero in grado di oppormi. Come soggiogato.
Mi portai sopra a Rita e poggiai il cazzo al suo culo. Era piacevole e lei sorrideva serena con gli occhi chiusi. Abbassai il cazzo per portarlo alla figa, mi aiutò e trovai subito la strada. Era bagnata fin da prima come una spugna e scivolai dentro d’un balzo. Iniziai a montarla così, con le mie gambe appoggiate ai fianchi delle sue, godendomi il suo culo al quale andavo ad appoggiarmi col basso ventre al termine di ogni botta.
Non mi accorsi neanche quando Debora salì sul letto. La sentii solo quando mise le sue ginocchia ai lati di quelle di Rita perché entrarono in contatto con le mie erano all’esterno delle sue. D’un tratto mi accarezzò il culo per cercare l’ano. La lasciai fare in tutta libertà, sereno con il cazzo alloggiato in Rita. Ormai ero pronto a tutto.
- Allargati le natiche con le mani, – mi ordinò.
- Sono già allargate al massimo, – ribattei dolcemente.
- Lo so, – ripeté come prima con Rita. – Ma mi piace guardarti mentre ti allarghi le chiappe apposta per me.
Appoggiai il busto sulla schiena di Rita e con calma portai le mani alle natiche per tenerle allargate. Debora aveva ragione: quelle mani le davano la mia autorizzazione all’inculo.
Appoggiò il cazzo artificiale all’ano e lo spinse piano. Sentii il buco del culo allargarsi. Ormai ero suo. Quando entrarono i primi centimetri, lasciai le mani e mi misi comodo su Rita a godermi la sodomia.
Debora poggiò le mani sul letto e spinse di bacino, facendo entrare del tutto il cazzo finto. Il buco del culo mi si era allargato molto per far entrare la parte centrale che era più larga, per poi richiudersi un po’ mentre spingeva dentro l’ultima parte che era più sottile. La sensazione mia era del tutto sconosciuta e sentii il mio cazzo che alloggiava comodamente nella vagina di Rita, che attendeva passivamente l’evolversi della situazione.
A quel punto Debora cominciò a incularmi con veemenza, spingendo dentro e fuori come mi se mi stesse chiavando. Le sollecitazioni all’ano che si allargava e stringeva, strofinato da un cazzo finto liscio e ogivale, mi facevano impazzire.
Con l’aumentare dei colpi l’ano tendeva ad allargarsi senza più chiudersi e desiderai di essere profanato fino in fondo, impalato nel vero senso della parola.
Dopo un po’ mi accorsi che con i suoi movimenti nel mio culo stavo chiavando anche Rita nella quale avevo alloggiato il cazzo.
Lasciai che facesse tutto Debora e lei ci sbatté alla grande, sempre più intensamente.
Cominciai a gemere insieme a Rita, poi iniziammo a urlare, finché non venimmo per l’ennesima volta, io a fiotti, lei a colpi di bacino.
Un po’ alla volta Debora si placò e si sfilò. Slacciò il cazzo artificiale e si gettò sul letto pancia in su.
- Rita! – Ordinò. – Fammi venire con la lingua. E alla svelta.

Avevamo dormito uniti per un paio d’ore, poi ci eravamo fatti la doccia, pronti per andare a cena al ristorante della sera prima.
Ci diedero lo stesso posto e io chiesi di farci avere dei fiori per le signore.
- È stata una giornata stupenda. – Esordii.
- Davvero, – disse Debora soddisfatta.
- Irripetibile. – Aggiunse Rita.
- Irripetibile un corno! – Protestò Debora, che poi si rivolse a me. – Anzi, d’ora in poi puoi telefonarmi sempre e chiedermi di scopare. Ti dirò di no, ma se Rita ci sta possiamo proseguire. Claro?
- Perfettamente. – Risposi, soddisfatto anch’io. – Anzi, ho una proposta da farvi.
- Avanti – dissero, mentre arrivavano le rose che avevo ordinato.
- Mi hanno regalato una crociera di 4 giorni in cambio di un servizio giornalistico.
- Quando? – Domandò Rita.
- Per quante persone? – Chiese Debora, più concreta.
- La data possiamo sceglierla noi, – risposi. – La camera avrà due letti matrimoniali, è al top. Il ponte più alto.
Debora prese il cellulare e aprì il calendario. Trovammo una data che andava bene a tutti.
- Allora siamo d’accordo? – Domandai appena servito il primo piatto.
- Ho delle condizioni, – disse Debora.
- Avanti, sentiamole.
- Nello stesso letto dormiremo io e Rita.
- D’accordo. – Sorrisi.
- Puoi entrare nel nostro letto quando vuoi.
- Ottimo.
- Anche noi entriamo nel tuo quando ci pare.
- Perfetto.
- Il gioco lo dirigo io. – precisò ancora.
- A me sta bene. – Rispondemmo.
- Io vi inculerò tutti due, – aggiunse. – Ogni volta che mi va.
Io e Rita non fiatammo.
- Tu potrai inculare entrambe, – precisò, indicandomi. – Ma quando te lo chiedo io.
Sorrisi ancora.
- Abbiamo bisogno di altri «giocattoli». – Aggiunse ancora la capa.
- Cioè?
- Voglio cazzi finti da indossare, – rispose. – Di quelli che si mettono in fica e nel culo, si gonfiano e rimangono ben saldi così. In quella maniera godo molto di più
- Esistono? – Domandai.
- Sì, dopo te li faccio vedere sul catalogo a cellulare. Li ordini tu che sei un maschio. Anche la tua amica che doveva sodomizzare il suo moroso aveva chiesto a te di comperare lo strap-on.
- Altro?
- Sì, – intervenne Rita. – I cazzi artificiali devono avere l’opzione del getto finale di acqua.
La guardammo.
- Perché?
- Voglio che venga simulata l’eiaculazione finale. Magari potenziata.
- Hai ragione! – Convenni. – L’idea intriga anche me.
- Vi farò impazzire, – concluse Debora.
- E noi faremo impazzire te.

Quando avremo compiuto la crociera, aggiornerò i miei lettori con un racconto dedicato.

Fine
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