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Prime Esperienze

La prima volta con Bea.


di Honeymark
30.12.2014    |    23.895    |    5 9.7
"Mi portò a cena in un locale molto particolare «adatto per noi»..."
Beatrix, Beatrice. Bea.

L’ho conosciuta per caso una sera, a una festa di amici. Cioè di un amico che compiva 30 anni. Io ne avevo 20 più di lui, ma ci teneva che fossi presente perché aveva un annuncio da fare.
E infatti, dopo la stappatura di varie bottiglie di Ferrari e la spolverata di tutte le paste, batté con un coltello una bottiglia vuota per fare un annuncio.
«Ho il piacere di comunicare ai miei amici – ha esordito, indicando la donna al suo fianco, – che io e Marilena ci sposeremo il prossimo mese di settembre!»
Seguirono applausi, fischi, urla. Lo spumante scorse a fiumi. In momenti come questi puoi anche rimorchiare una ragazza, a patto che non sia tu ad aver bevuto troppo. E lì erano tutte giovani belle, perlopiù accasate o fidanzate. Ma ne vidi una in un angolo, bellissima e incredibilmente sola. L’avvicinai.
«Viva!» – Le dissi avvicinandole il flûte di spumante.
Lei reagì a malapena e allora mi accorsi che aveva davvero bevuto troppo. Mi sedetti di fianco e mi presentai.
Si presentò.
«Beatrice.» – Disse con la voce incerta. – Bea. - Sì, aveva bevuto troppo.
«Ho l’impressione che tu abbia qualche problema…» – Le dissi.
«Mi accompagni a casa? – Mi domandò dopo una lunga pausa. – Sto benissimo, ma…»
«Già…»
Le presi il bicchiere e andai ad appoggiarli entrambi sul tavolo. Poi tornai da lei.
«Ce la fai ad alzarti?»
«Come no…»
Beh, dovetti aiutarla e cercai di fare in modo che nessuno si accorgesse del suo stato. Era alta e, ripeto, bellissima. Sembrava una top model. Avrà avuto 25 anni, la metà di me. Ma era bianca in faccia ed era meglio andarcene in fretta.
«Salutiamo gli ospiti e ce ne andiamo, OK?»
«No no… – Bofonchiò. – Andiamo via e basta…»
Uscimmo e la portai alla mia macchina.
«Hai un’auto?»
«No, sono venuta in bicicletta… – Rispose. – Lasciala lì, è ancorata a un cartello.»
Le aprii la porta e la feci accomodare, poi mi misi dalla parte del volante.
«Dove ti porto?»
Mi diede l’indirizzo.
«Hai bevuto troppo. Forse non sei abituata…»
Fece una pausa, poi parlò.
«Il bastardo… – disse. Porco…»
«Chi?»
«Lui.»
«Ah, il festeggiato? Perché, cosa ha fatto?»
«Mi ha invitato alla festa dicendomi che c’era una sorpresa per me. – Rispose, facendo ancora una pausa. – Bella sorpresa…! Credevo che volesse annunciare il nostro fidanzamento e invece… era il suo matrimonio!»
Capii tutto al volo e non feci altre domande. Credo che avesse ancora il regalo per lui nella borsetta. Le venne un conato di vomito.
«Resisti, – le dissi. – Siamo quasi arrivati a casa tua.
Giunto davanti a casa sua posteggiai e andai ad aprirle la portiera. Non ci eravamo detti più nulla e non mi sembrava in grado neanche di uscire. L’aiutai, ma non era leggera come una piuma e la costrinsi a camminare.
«Ci sono i tuoi genitori?»
«No, – rispose dopo una pausa. – Sono via col camper.»
Allora mi feci dare le chiavi e aprii il cancello. Poi aprii la porta della palazzina e infine quella di casa. Tenendo lei in piedi non era stata una cosa facile.
Chiusi la porta e cercai un divano. Lei lo vide prima di me e si lasciò andare. Cercai di metterla in comodità, poi andai a prenderle un po’ d’acqua in cucina. Gliela portai e si sforzò a berla. Poi però si sentì in vena di vomitare e allora le chiesi dove fosse il bagno. Me lo indicò tenendo una mano sulla bocca. Si portò al lavandino e vomitò una prima volta. Poi una seconda e una terza. Ancora un colpetto, poi le aprii il rubinetto dell’acqua. Si bagnò la faccia e si risciacquò la bocca. Le passai un asciugamano e la riaccompagnai al divano.
«Come va?»
«Mi sento come se una locomotiva mi avesse investita, ma almeno non mi gira più la testa. Adesso sono solo sbronza.»
«Te la senti di bere un succo di pomodoro?» – Le chiesi.
«Non ce l’ho in casa…»
«Ah… – Domanda stupida. – Senti, se adesso ti metto a letto, posso fidarmi a lasciarti sola?»
Non rispose.
«OK, aspetto che ti addormenti.»
Mi indicò la sua stanza. La aiutai ad alzarsi, ma ci arrivò da sola. Scoprii il letto.
«Ti spoglio, – le dissi. – Hai una camicia da notte?»
Scosse la testa. «Dormo nuda.»
«Posso spogliarti lo stesso?»
Annuì.
Le tolsi il vestito, accorgendomi che aveva le autoreggenti. Poverina, si era preparata per festeggiare l’avvenimento con il suo amato.
Non mi era capitato spesso di togliere le autoreggenti a una donna, di solito se le tolgono per eccitarmi. Ma la cosa mi riuscì bene. La misi a letto, quindi, cercando di non guardarla, le tolsi reggiseno e mutandine. Le rimboccai il lenzuolo.
«Resta con me, – disse tirandomi a sé. – Scopami.»
Sorrisi.
«Non mi pare il momento giusto.»
«È il momento giusto, proprio stasera!»
«Scusami, Bea, non vorrei che ne avessi a male. Sei una delle donne più belle che abbia mai visto, ma non ti scoperò mai finché non sarai in grado di intendere e volere.»
«Magari di intendere no, – rispose. – Ma di volere sì!»
«Senti, – le dissi più serio che mai. – So che mi pentirò. Anzi, ho sempre pensato che sia meglio avere un rimorso che un rimpianto…»
«Allora chiavami. Giuro che ti faccio impazzire…!»
Mi avvicinai al collo e glielo baciai.
«Ascolta, solo un bastardo ne approfitterebbe di te in un momento così. – Le dissi con affetto paterno. – Me ne vado. Sul tavolino ti metto il mio bigliettino. Se hai bisogno chiama. Se un giorno ti ricorderai di me, dammi un colpo di telefono. Allora sarò io a farti la corte. E mi dirai tu di no… he he»
Mi alzai, spensi la luce della camera ma lasciai quella del corridoio.
Poi tornai da lei.
«Se stanotte hai bisogno, non esitare a chiamarmi. Davvero.»

Me ne andai chiudendo bene le porte dietro di me.
Ma quella notte non mi chiamò.

2


L’indomani, verso mezzogiorno, la segretaria entrò nel mio ufficio e mi annunciò che una bellissima donna desiderava incontrarmi anche se non aveva un appuntamento. Era venurta a dirmelo a voce proprio per potermi dire appunto che era bellissima.
Quando entrò, era effettivamente raggiante. Stupenda.
«Ehi, che cambiamento!» – Esclamai.
«A volte mi tengo bene…» – Sorrise.
Ci abbracciamo e la feci accomodare. Mantenne il suo sorriso e, francamente, non sembrava avesse passato una notte difficile. Beata gioventù…
«Sono venuta a conoscere l’uomo che non ha voluto scoparmi…»
«Via, Bea. – Risposi. – Neanche quel bastardo di tuo ex avrebbe approfittato di te in un momento così di prostrazione fisica e morale…»
«Non so dove vivi – ribatté, – ma evidentemente non conosci gli uomini. O almeno i miei amici.»
«E li chiameresti amici?»
«È il motivo per cui sono venuta da te. Stanotte ho conosciuto un amico che promette bene.»
«Ne sono felice.»
«Se ti invito a cena accetti?»
«Neanche per idea, risposi. – Ti invito io!»
«Sarà difficile, perché ti invito a cena a casa mia.»
«Sai anche fare da mangiare?» – Scherzai.
«Credo di saper fare quasi tutto. – Rispose sorridendo. – Adesso so anche che dopo una sbronza è bene bere in succo di pomodoro…»
Si alzò per andarsene e mi abbracciò con eleganza.
«Sei l’unico uomo tra le cui mani ho vomitato… »
Sorrisi. Per me lei invece non era la prima volta.
«Credo di provare già un debole per te. – Aggiunse. – Comunque sia, da stamattina nella mia mente ci sei tu e non più quello stronzo. Meriti tutta la mia simpatia.»

Quella sera mi presentai da lei alle 20, ovviamente con un mazzo di fiori. Ero certo che a vederli si sarebbe messa a ridere, ma invece ne rimase commossa.
«Ma da dove salti fuori tu, dal passato? – Commentò prendendoli. – Se volevi fare colpo su di me, direi che ci sei riuscito…!»
Li annusò e li mise in un vaso, mostrandosi davvero contenta. Poi mi accompagnò in salotto, mi fece sedere e mi parlò da amica ad amico.
«Senti, la tavola è pronta, ma poiché si tratta di una cena fredda, ti faccio una proposta. Che ne dici se scopiamo adesso e poi ceniamo?»
Era di una bellezza mozzafiato, ma soprattutto il suo carattere mi attizzava. Nonostante la giovane età e l’agiatezza in cui viveva, sapeva quello che voleva senza per questo essere dispotica. Insomma si presentava come una bellissima donna da possedere, forse da amare.
Si girò di schiena e si abbassò la zip del vestito, scoprendo la schiena priva di reggiseno. Girandosi un attimo per vedere se la stavo guardando, mostrò la base del seno sinistro. Il giorno prima l’avevo vista nuda, ma non era niente rispetto adesso. Era come se l’attesa doverosa venisse premiata da questi particolari inebrianti.
Soddisfatta dal mio interesse, lasciò cadere il vestito, restando con le sole mutandine culotte e si avviò alla camera da letto. La seguii, la raggiunsi e la abbracciai da dietro. Le presi in mano le tette, che erano più grandi di quello che sembravano, d’altronde una donna alta ha tutto il proporzione. Si lasciò stringere, lieta di piacermi. Provò a sgusciarmi dalle mani, ma fui più lesto di lei. Mi ero inginocchiato quanto bastava per infilare le mani sotto le mutandine per sfilargliele. Sapevo che le donne preferiscono essere aiutate in questo ultimo indumento. Lei, alzando prima un piede e poi l’altro, saltò fuori dalle mutandine e si infilò a letto. Mi svestii in un baleno e le scostai il lenzuolo.
La prima cosa che desiderai fare fu abbracciarla. Sentire l’effetto del suo corpo contro il mio l’avevo desiderato da quando si era presentata da me in ufficio. Ora avevo il contatto pieno e provai subito un altro desiderio. Scesi con la testa, mi portai alle tette distribuendo qualche morso delizioso, lei mi accarezzò e si preparò per godersi quello che aveva capito volevo fare.
Allargò le gambe e offrì il suo sesso alle mie labbra.
Non è una cosa che faccio spesso. Mi piace, sia ben chiaro, ma ho altri modi per palesare la mia funzione attiva. Ma lei era lei.
Prima le baciai l’interno delle cosce, poi pian piano ma progressivamente mi avvicinai con le labbra al sesso. Respirai a fondo per farle sentire il mio respiro. Sapevo che mi desiderava.
Prima le baciai la passera, poi aprii la bocca come per mangiargliela. Lei emise un gemito appagante. Allora mi dedicai con maggiore sforzo prima al clitoride e poi all’interno della vulva.
Lavorai a lungo godendo più del suo piacere che del mio. Stava impazzendo. Ma quando mise una mano sulla mia guancia, capii che voleva essere penetrata.
Mi portai sopra di lei, lei me lo prese in mano, lo scoprì e lo appoggiò al sesso. Spinsi e,dopo un primo scatto che la fece gemere,scivolò dentro in tutta la sua dimensione.
«Oooh…! Diomio quanto è grosso…! Vai vai vai vai!»
La presi così, mentre lei univa le gambe dietro la schiena. Dopo qualche botta studiata le portai le gambe sul mio collo, la ruotai un po’ in modo da averla su un fianco, le raccolsi una coscia e mi sedetti sulla parte interna dell’altra. Dopo qualche scivolata in vagina la girai del tutto e lei si mise alla pecorina. La presi così, in un modo più istituzionale che comodo, poi la spinsi in avanti e le strinsi le gambe. Prendendola da dietro così, sdraiata, venne in fretta. Allora le chiesi se potevo venire dentro e lei fece cenno di sì.
«Vienimi dentro, sussurrò. – È tutto a posto…»
Mi lasciai andare e venni a fiotti, fremendo.
Compiuta l’eiaculazione, mi lasciai andare di fianco, tenendole la mano sul sedere.
Lei con calma si alzò e andò in bagno. Quando uscì indossava l’accappatoio e ne aveva in mano uno per me.
Lo indossai e andai in bagno anch’io. Quando uscii, era in cucina a preparare la cena. Sembrava felice.
«Resterei in accappatoio – le dissi, – ma se venissero i tuoi, mi sentirei proprio in imbarazzo. Devo avere l’età di tuo padre…»
«Di mio padre no, – sorrise. – Ma di mia madre sì… Ha ha!»
Venne a baciarmi. Poi prese il telefono e chiamò i suoi per dare loro la buonanotte.
«Tranquillo, – mi disse quando chiuse il cellulare. – Sono in Umbria.»
Venne da me, aprì un po’ l’accappatoio e si sedette a cavalcioni. Automaticamente le misi una mano nella fessura del culo.
«Sei stato fantastico…»
«Oddio, per così poco? Tu sei stata fantastica. Anzi continui a esserlo.»
Si alzò e si sedette per cenare. Entrambi in accappatoio, ci sembrava di essere in vacanza da qualche parte al mare. Iniziammo a mangiare. Aveva preparato salmone affumicato, burro e capperi salati, con fette di pane biscottato caldo. Una delizia.
«Sei stato un fuori classe anche a letto. – Disse, tra un crostino imburrato e l’altro. – Sei il primo ragazzo che non ha provato subito a mettermelo in bocca e in culo.»
«Beh – sorrisi, – spero che questa non sia l’unica volta che facciamo l’amore… O intendi dire proprio che non ti piace prenderlo né in bocca né in…»
«Ha ha! Tranquillo, il pompino te lo farò. Però devo ammettere che piace più a voi che a me.»
«A molte vi piace proprio tanto…»
«Lo so, ho delle amiche anch’io. A me piace lavorarlo, ma contrariamente a quelle che ne vanno pazze, a me lo sperma in bocca non fa impazzire. Lo faccio, diciamo, per femminilità. Perché vi piace.»
«Buon da sapersi, – commentai. – E il culo?»
«No, lì proprio mi fa male. Un cazzo come il tuo, poi… È tanto bello prenderlo davanti quanto atroce prenderlo dietro…»
«Io sono un esperto in questo. Se vuoi un giorno di abituo.»
«Ne parleremo un’altra volta. Intanto dimmi se ti è piaciuto davvero… baciarmela.»
«È stata la prima cosa che mi hai ispirato.»
«È una cosa che adoro. E lo fanno in così pochi…»
«Non capiscono un cazzo! Ha ha! Dilettanti…»
Sorrise anche lei. Io so che alle donne piace tanto essere baciate lì come si deve, solo che si vergognano ad ammetterlo e temono che all’uomo non piaccia proprio. Ma sbagliano… E poi lei aveva qualche numero in più per attirarmi al sesso.
«Credo che anche la mia segretaria ti avrebbe… diciamo, baciato lì volentieri.»
«Faccio questo effetto alla maggior parte delle donne, – rispose. – Ma cosa te lo ha fatto pensare della tua segretaria?»
«Quando è venuta ad annunciare la tua presenza mi ha detto emozionata che eri bellissima.
«Te la fai la tua segretaria?»
«No.»
«Per principio o perché non ti piace? Mi sembrava bella anche lei.»
«Mi sono fatto più o meno tutte le segretarie, ma questa non mi ha fatto scattare l’interesse. Forse sto invecchiando… Ma a te piacciono le donne?»
«No… Ha ha! Però io piaccio a loro e loro sanno… diciamo, sanno baciare bene il sesso femminile.»
«Cioè ogni tanto te la fai leccare da una donna?»
Provò un attimo di imbarazzo. In effetti eravamo entrati in pieno nelle nostre sfere di intimità, forse troppo presto per essere stati a letto da non più di una mezzora. Però rispose.
«Ho tre amiche d’infanzia che ogni tanto mi chiedono di leccarmela…»
«E tu le lasci fare.»
«Faccio questo effetto. E voi maschietti lo fate così poco…»
Mi alzai.
«Ora ti faccio recuperare il tempo perduto!»
«Davvero?»
Andò in camera da letto lasciando cadere l’accappatoio. Le guardai il culo e la desiderai.
«Posso dirigere il gioco?» – Mi chiese.
«Agli ordini!»
«Posso farti fare di tutto?»
«Beh, sì… Almeno credo.»
«Sdraiati.»
Mi sdraiai e lei si portò al mio viso con le sue grazie e per farlo si era accucciata tenendo le gambe a lato del mio corpo. Poi si avvicinò al viso fino a raggiungere la mia bocca con la passera. Quindi si sedette sul mio viso. Strofinò il sesso sulla mia bocca e sul naso, godendosela alla grande. Mugolava. Io usai denti e lingua, sperando di intuire quello che voleva. Trovata la posizione giusta si fermò per farmi lavorare bene. Cominciai a farlo, finché non prese il mio ritmo e si lasciò masturbare così dolcemente, mentre mi godevo il movimento dei suoi glutei nelle mie mani. Era bellissimo e non l’avevo fatto mai nessuna. Accelerò il ritmo e alla fine, quando venne, cercai di allungare la lingua il più possibile e poi di strofinare di brutto il clitoride.
Quando si placò si mise di lato per metabolizzare il piacere provato, e io respirai finalmente a pieni polmoni. Ma poco dopo tornò da me, stavolta porgendo al mio viso il culo. Era come se volesse fare il 69. E dapprincipio in effetti me lo prese in bocca, ma poi quando cominciai a lavorare nuovamente di lingua, si dimenticò del cazzo, preferendo tenerci il viso di fianco baciandolo come se fosse l’orsacchiotto mentre dormiva. Io le guardai il buco del culo, perfetto, mentre tornavo nuovamente a lavorare di lingua. Lei se la godeva ancora di più e mi sarebbe piaciuto vederla in viso. Ma andai avanti così, con lei che sbatteva il bacino, come se si sbattesse sul pene.
Comunque sia, venne ancora. Beata.
Si mise nuovamente al mio fianco ansimante.
«Fantastico… – Sussurrò – Sei stato grande!»
Restò un po’ così, poi me lo chiese.
«Vuoi un pompino?»
«Eh? No grazie! Sapendo che ti piace a metà, preferisco montarti. Posso riprendere in mano la situazione?»
«Solo la situazione?»
Le misi una mano sulla figa e lei trasalì di piacere.
«Mettiti alla pecorina.»
Ubbidì.
Mi portai dietro, le sistemai le gambe per portarle alla giusta altezza, quindi la penetrai. Quando ricominciò a mugolare, la spinsi avanti e le strinsi le gambe. Mi piaceva sentire le sue natiche poggiare sul mio ventre. Le portai le mani dietro la schiena, mi tenni per i capelli della nuca e la sbattei fino a venire.
Ci tenemmo abbracciati così per un bel po’, poi decisi di alzarmi e andarmene.
«Ci vediamo ancora?» – Mi chiede dandomi l’ultimo bacio.
«Mercoledì devo andare Parigi tre giorni. Vuoi venire con me?»
Mi guardò meravigliata e felice.
«Mi stai chiedendo di fare un viaggio con te?»
«Che lingue parli?»
«Italiano, tedesco, francese, inglese, spagnolo, russo e svedese. Sto studiando l’arabo.»
Stavolta rimasi di stucco io.
«Stai dicendo la verità o mi prendi in giro?»
«Sì, tra erasmus, master, seconde lauree, corsi e quant’altro… Mia madre ha un centro di lingue straniere e…»
«Io… Quasi quasi ti assumerei…»
«Non voglio soldi da chi mi chiava.»
«Ma le mie segretarie io le pago…»
«Non le hai assunte perché venivano a letto con te.»
«Questo è vero.»
«Comunque sia, ti accompagno dove vuoi. Ti assisto volentieri, ma tu ti limiti a pagarmi il viaggio. Ci divertiamo, come a teatro: Dilettando educa.»
Sorrisi.
«Quante lingue parli?» – Mi chiese sicura di sé.
«Italiano, tedesco, francese, inglese, spagnolo e portoghese.»
«Mi stai prendendo in giro?»
«No. Ma sai meglio di me che dopo le prime tre lingue le altre vengono da sole.»
Tre giorni dopo eravamo a Parigi. E lo sperma scorse a fiumi.

Devo dire che la sua presenza mi è stata utilissima ai fini di lavoro, tanto vero che tutti credevano che fosse effettivamente la mia addetta alle relazioni internazionali. Era avvenente come una modella, ma con l’eleganza e la spontaneità di una donna vera.
La sera siamo andati sempre, dopo cena, a goderci uno spettacolo spinto. Lo desiderava lei per prepararmi alla nottata. Io poi sfoderavo la mia lingua e lei la sua capacità di temermelo sempre su.
Una volta mi fece un pompino. Le chiesi perché e lei mi rispose che me lo doveva. Protestai, ma non ci fu nulla da fare. E quando le venni in bocca, mi disse che il mio sperma era buonissimo. Non le ho mai creduto, ma giurò di farmene più spesso.
L’ultima sera mi fece una sorpresa indimenticabile.
Mi portò a cena in un locale molto particolare «adatto per noi». Mi spiegò che le cameriere erano delle donne bellissime e che indossavano minigonne senza le mutandine e i clienti stavano seduti molto bassi.
- Wow…! – Commentai. – E come lo hai trovato?
- Con l’aiuto del portiere. – Rispose. – Visto che ti piace il culo, ho pensato che questo fosse il locale ideale per noi.
Ci accolsero da gran signori e ci fecero accomodare in una delle loro sale da pranzo riservate. Saranno stati quattro tavoli al massimo. Poi due bellissime cameriere alte e in minigonna ci portarono i menù e due ciotole di vetro contenenti acqua con spicchi di limone.
- Si mangia pesce? – Domandai a Bea indicando le ciotole di acqua.
- Probabile, – rispose sorniona avvicinando il viso a me per poter parlare a bassa voce. – Ma le ciotole non sono qui per il pesce. È permesso ai clienti accarezzare il culo delle ragazze, per cui è bene risciacquarsi le dita dopo…
- Stai scherzando? – Esclamai sottovoce.
- No, ho telefonato apposta per esserne certa.
- E lo hai fatto per me?
- Anche per me. – Rispose con complicità. – Le accarezzerò anch’io…
La mia educazione mi impediva di infilare le mani sotto le gonne così, liberamente; ma poi vidi Bea farlo con disinvoltura… Mentre la cameriera stava prendendo le ordinazioni, Bea infilò la mano e le accarezzò il culo. La ragazza sorrise e la lasciò fare attendendo a prendere la comanda finché Bea faceva il suo comodo.
- Forza, – mi incoraggiò risciacquandosi le dita. – Fallo anche tu. Mi piacciono gli uomini, ma palpare il culo a questa ragazza è stata una sensazione stupenda.
- Appena torna lo farò di sicuro!
- Un consiglio. – Aggiunse. – Alle donne piace che si accarezzi il culo risalendo con la mano dalla coscia fino a fare il giro superiore al gluteo a mano aperta. A quel punto puoi palpare e portare le dita dove vuoi.
- Non ti ho mai accarezzata così..
- Appunto. Adesso sai che mi piace.
Vennero in due a portarci gli antipasti di crudité. Bea mi strizzò l’occhiolino e io posai la mano alla coscia della mia cameriera. La quale si dispose a lasciarsi accarezzare. Risalii il gluteo, lo palpai e poi infilai le dita nel solco del culo. La giovane allargò un po’ le gambe per facilitarmi, sempre continuando a preparare gli antipasti. Spostava il peso da destra a sinistra proprio per lasciarmi giocare, per accarezzarmi le dita con i glutei. Una cosa fantastica. Un’erezione libera.
Vidi che Bea aveva fatto la stessa cosa con la sua cameriera.
- Allora come è andata? – Mi domandò soddisfatta mentre ci risciacquavamo le dita. – Meritava?
- Una meraviglia! – Esclamai. – Ma come ti è venuta in mente?
- Voglio che stasera mi inculi. – Rispose asciutta.
- Ma… se non ti piace!
- Non ho detto che non mi piace, – rispose. – Ho detto che mi fa male.
- E allora perché…?
- Mi sono allenata.
Insomma, mi chiese apertamente di metterglielo nel culo.
Fu un regalo che non aveva fatto a nessuno, una prova d’amore. Io non volevo, ma quel locale mi aveva caricato a puntino. La sola idea di poterle guardare il buco del culo mi attizzava.
Ci impiegammo molto a finire la cena, perché ci piaceva palpare le ragazze e loro, con quella scusa, continuavano a portarci da mangiare.
- La cena la pago io. – Disse alla fine Bea. – Tu dagli una mancia.
- Tu non paghi proprio niente! – Protestai.
- Già fatto, – rispose. – Ho pagato con la carta di credito alla prenotazione.
- Ossignore… E cosa lascio di mancia?
- Dagli 50 euro a testa, – Concluse. – Per il resto sono comprese nel prezzo della cena.

In albergo entrammo in camera con l’atmosfera di una prima notte di nozze.
Indugiammo molto, ma alla fine lei andò in bagno, si spogliò e tornò con un asciugamano intorno alla vita. Lo lasciò cadere e salì sul letto, mettendosi a carponi. Era più che un invito.
Io mi spogliai e salii sul letto. Le guardai il culo e, caricato come ero dalla cena appena trascorsa, la accarezzai con la consapevolezza che adesso glielo avrei messo nel culo. Scesi col dito nel solco fino all’ano e mi accorsi che si era lubrificata. Brava.
La vidi fremere e io le allargai di più le gambe per portarla all’altezza giusta. Le strofinai il pene sulla vulva, facendola mugugnare. Ma si era anche irrigidita.
- Rilassati. – Le sussurrai piegandomi in avanti e baciandole il collo.
Poi appoggiai il cazzo al buco del culo. Spinsi un po’ e lo sentii cedere. Poco dopo lei lo contrasse e attesi che si rilassasse di nuovo. Non appena sentii la presa anulare allentarsi, lo spinsi dentro con forza. Mi accorsi che sapeva come aiutarmi: spingeva in fuori. Dovevano averglielo detto le amiche. Ma non attesi un secondo di più e glielo feci scivolare dentro del tutto, godendomi la gioia della prima volta. Lei tirò indietro la testa e cercò di alzare i piedi per reazione. Godeva. Allora cominciai a incularla con penetrazioni sempre più ravvicinate e profonde. Dopo una decina di botte cominciò a venire e si lasciò andare il libertà nel suo primo orgasmo anale. Venni in tutta libertà rovesciandole dentro il retto tutto quello che potevo.

Nel viaggio di ritorno mi disse che in quel ristorante particolare potevamo anche concludere la cena in maniera diversa.
- Cioè? – Domandai incuriosito.
- Potevamo andare in salotto, ti facevano sedere in una poltroncina, tu accarezzavi loro il culo ignudo e io ti facevo un pompino. Ti sarebbe piaciuto?
- Eccome! Certo che sì!
- Meglio che mettermelo in culo?
- No, quello no. È stata una cosa irripetibile.
- Allora quando torniamo a casa ti organizzo la stessa cosa.
- E come pensi di fare?
- Due mie amiche si metteranno senza mutandine di fianco a te che starai comodamente seduto in poltroncina, mentre io ti farò un pompino.
- Fantastico! – Sussurrai. – Ma non sei gelosa delle tue amiche?
- No, con te no. Ti sento mio.

Tornati a casa, ovviamente diventammo amanti. Ci imponemmo di scopare solo una volta in settimana, ma facevamo fatica a trattenerci.
Fu una relazione felice,anche se un giorno accadde qualcosa di molto imbarazzante.
Poco dopo mezzogiorno, ero a casa sua. Mi chiese di montarla mentre si metteva a 90 gradi sulla scrivania. Obbedii molto volentieri.
Lei si spogliò e si portò alla scrivania. Io mi spogliai e mi portai a lei, con il cazzo a pieno regime. Le allargai le gambe fino ad averla alla giusta altezza, quindi presi la passera in mano e con l’altra guidai il pene dentro di lei. Appena lo sentii alloggiare, lo schiaffai dentro di brutto. Le portai come al solito le mani dietro la schiena e mi tenni per i capelli per possederla come si deve. Iniziai a sbatterla come un tappeto.
- Ragazzi, per l’amor di dio, rivestitevi in fretta! – Disse una voce che non conoscevo. – Papà e mamma stanno scaricando il camper!
- Nonna! – Esclamò Bea. – Ma non eravate…
Non perse altro tempo, raccolse i vestiti alla rinfusa e andò in bagno a ricomporsi.
- Rivestiti giovanotto! – Di disse maliziosa. – Anche se non sei proprio un giovanotto… Hai l’età di sua madre, satiro!
Cercai i vestiti e li indossai in fretta e furia.
- Con calma, giovanotto. - Aggiunse. – E’ da tempo che non vedo un uomo nudo…
Mi vestii comunque in fretta e quando sentì i genitori che stavano entrando, la nonna mi accompagnò alla porta secondaria della cucina e mi fece uscire.
Non dissi nulla e mi dileguai.
L’indomani Bea venne a trovarmi in ufficio.
- Come è andata? – Le chiesi. – Problemi?
- No. – sorrise. – Ho una nonna che mi ha sempre tenuto il sacco… he he.
- Meno male, valà.
- Però mi ha chiesto se può vederti ancora nudo… Ha ha!
- Eh? Stai scherzando?
- Sì e no…
- Beh, - dissi cercando una risposta giusta. – Dille che sta bene, se lo merita.
- Grazie. – rispose. – Mi ha dato il suo appartamento per quando vogliamo fare sesso, ma prima gradisce vederti come ti ha fatto mamma…
Una settimana dopo, feci l’unico spogliarello della mia vita, con nonna e nipote che mi guardavano allupate. Fu imbarazzantissimo, ma il pene si rizzò come non s’era mai visto prima. Le due donne fecero i dovuti apprezzamenti e la nonna benedì la nostra unione.

Bea si sposò tre anni dopo con un ingegnere petrolifero, che scelse con il mio pieno benestare. Scegliemmo insieme anche il suo vestito di nozze.
Ora vivono a Kuala Lumupur, hanno due bambini e noi siamo sempre in contatto internet.
Per lei ora sono come un padre, solo che può parlare con me di problemi che con suo padre non potrebbe neanche pensare.

Fine

Nota: E' una storia vera.
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