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Sodoma 2, il ritorno


di Honeymark
01.02.2021    |    10.613    |    3 9.7
"Quindi le feci salire le scale di legno che portano di sopra..."
Consiglio di non fare quello che descrivo nel racconto.
Ci vogliono esperienza, buonsenso e maturità.
_______________

Ricordate la mia amica del racconto «Sodoma!»? Si chiamava Marzia.
L’avevo preparata affinché il marito potesse sodomizzarla senza farle male. Credo di aver fatto un ottimo lavoro, ma alla fine il marito non aveva voluto sodomizzarla, dicendole «io ti voglio rispettare».
Una battuta del cazzo, ma purtroppo abbastanza diffusa tra gli uomini. A parole vorrebbero metterlo nel culo a tutte, ma poi preferiscono un pompino. Così vengono in bocca senza troppa fatica, indifferenti che alla donna piaccia o no. E io so che a molte piace, molte lo fanno per femminilità, altre proprio non gradiscono farlo. E invece vorrebbero... prenderlo nel culo. E non se la sentono di chiederlo.
Beh, a quel punto intervengo io.

Marzia, la mia amica in questione, alla fine aveva deciso di tornare a fare una seduta da me. Me lo aveva annunciato più volte, ma ci aveva sempre ripensato. Tutto restava nei messaggi WhatsApp. Era nei suoi diritti.
Ma quella volta, alle 19, aveva suonato davvero alla mia porta come promesso. Suo marito doveva stare a Roma tutta la settimana per un corso di aggiornamento e lei aveva preso il coraggio a quattro mani di presentarsi da me.
La abbracciai e la misi a suo agio.
- Ben tornata. Son contento che tu sia qui.
Non rispose, si sfilò dalle braccia e guardò l’appartamento.
- Sono solo, non preoccuparti, – Le dissi.
Ma aveva qualcos’altro per la testa.
Cercò il tappeto, sistemò la mia poltrona, mi prese per mano e mi fece sedere. Poi, senza dire nulla, mi girò la schiena, si spogliò, si inginocchiò, si piegò in avanti e allargò le natiche con le mani in modo che potessi guardarle il culo e la figa in quella posizione. Doveva aver desiderato - e magari provato - più volte quella scena, perché lo aveva fatto con una naturalezza unica.
Io, seduto comodamente in poltrona, le guardavo il culo e la figa quasi paralizzato dallo stupore per ciò che avevo fatto. E lei rimaneva lì, ferma, quindi si aspettava che fossi io a prendere in mano l’iniziativa.
Iniziai ad accarezzarla all’interno delle cosce, fino a risalire all’inguine. Le presi la figa in mano e scesi con l’altra mano lungo la fessura del culo. Arrivato all’ano, mi soffermai e feci un po’ di pressione, finché non sentii che si rilassava. Allora le infilai il medio e la visitai così. Era perfettamente sana e quindi pronta per la seduta. Era bellissimo tenerla così, con l’ano che stringeva il dito e la figa che si rilassava sulla mano, ma dovevo proseguire.
Lo sfilai, andai a prendere un cero del diametro di 3 centimetri, lo lubrificai, tornai a sedermi e mi portai al suo buco. Sempre tenendomi per la figa, poggiai il puntale al buco del culo e attesi che lo rilassasse. Quanto lo fu, spinsi dentro parte del cero. Mi fermai a godere la scena della candela a metà con i suoi mugolii di piacere. Allora spinsi dentro del tutto il cero. Lei si sbracò ed ebbe una vibrazione a tutto il corpo. A quel punto la feci alzare piano. Le legai le mani dietro la schiena.
Così sistemata, iniziammo a parlare.
- Tutto bene? – Domandai.
- Lo sai come va.
- Lo ami?
- Sì.
- Allora te lo tieni così com’è. – Sorrisi. – Sai dove trovarmi eventualmente.
- Come va il tuo lavoro? Hai tante pazienti?
- Non è un lavoro, lo sai. Lo faccio perché mi piace.
- Beh, – sorrise. – La domanda resta. Come va?
- Il lavoro non manca... – Sorrisi, usando le sue parole.
- Quante pazienti hai in «cura»?
- Boh, una decina.
- Però! E a che numero pensi di arrivare?
- Mi fermo, perché dopo diventano ingestibili.
- Ma sono tutte regolari? Vengono tutte le settimane?
- No, fanno come te. Hanno dei cicli al termine dei quali hanno bisogno di essere sodomizzate, o seviziate, o entrambe le cose.
- E come arrivano a te la prima volta?
- Perlopiù come hai fatto tu. Si sparge la voce e, dato che rimangono soddisfatte...
- In effetti, anche io mi ero confidata con un’amica che mi aveva suggerito te. E adesso mi sono confidata con un’altra amica, che vorrebbe anche lei sottoporsi al trattamento.
- Mandamela, prima che diventino troppe.
- Sto cercando di farlo, ma come puoi capire non è così facile.
- Certo.
- Mi chiedeva se io potevo essere presente a un eventuale suo trattamento.
- Non è mai capitato, ma se a voi stesse bene, potrei farlo.
- Mi avevi mostrato due amiche a trattamento finito. Non sarebbe la prima volta.
- Le avevo trattate insieme, – precisai. – Non con una delle due che assisteva.
- Hai ragione. Poi magari ci tratti insieme. Cosa dici, le parlo?
- Sì, certo. Non ci sono problemi.
- D’accordo, glielo propongo.
- Se porti la tua amica – conclusi, – vi organizzerò qualcosa di coppia su misura.
- L’idea mi intriga...
- Vieni, – le dissi. – Iniziamo la seduta
Presi un frustino medio e cominciai a frustarle il culo e la figa. A me piace di più frustare il culo ma, se ricordavo bene, a lei piaceva che le lavorassi anche la figa.
- Vai vai vai vai! – Gridò con forza. – Colpisci più forte, fammi urlare!
- Vuoi davvero che ti faccia urlare? – Le domandai, fermandomi un attimo.
- Sì, l’ho sognato a lungo...
- Non posso farti urlare, i vicini ti sentirebbero.
- Imbavagliami.
Ostia, era davvero determinata...
- Non subito, – le dissi invece. – Prima ti sottopongo alla performance dalla panca. Devo allargarti un po’ di più l’ano e quello è il modo migliore.
Si lasciò accompagnare alla panca e la feci accomodare cavalcioni prestando attenzione al cero che aveva nel culo. Doveva appoggiarsi, non sfondarsi.
Le feci toccare il pavimento con le ginocchia e la piegai in avanti fino a bloccarle il collare alla panca. In quel modo potevo guardarle il culo che conteneva il cero. Presi nuovamente il frustino e le colpii con forza prima il culo, poi la coscia destra e infine la sinistra. Ogni volta aveva avuto la reazione voluta: il culo si muoveva come se volesse inghiottirsi il cero. Una vista stupenda.
Era il momento giusto del cambio. Afferrai il cero e piano ma con determinazione lo sfilai facendolo ruotare a destra e a sinistra. Poi presi il cero da 3,5 centimetri e lo appoggiai al buco del culo. Mezzo centimetro in più sembra poco, ma non lo è. Infatti faticava a entrare e allora decisi di aiutarmi col mazzuolo di legno. Diedi un colpetto e vidi che funzionava, poi diedi il colpaccio e lo feci entrare del tutto.
- Ahhhh...
Si era lamentata, meno male.
A quel punto le mollai il collare e la feci raddrizzare, fino a farla sedere sul nuovo cero. Per aumentare il peso sul cero, le presi le caviglie e le tirai le gambe in avanti. Infine le misi le solite mollette ai capezzoli, alle grandi labbra e al clitoride. Iniziò a dimenarsi per il fastidio che le mollette le provocavano e in quella maniera continuava a sodomizzarsi da sola sul cero. Restai lì a guardarle la figa come ipnotizzato davanti alla danza che le avevo imposto. Non si lamentò, ma si vedeva che soffriva. E godeva alla grande, la troia.
Quando cominciò a borbottare per il dolore delle mollette, la feci alzare e la portai al supplizio finale. Senza toglierle, ovviamente.
La camera da letto è in mansarda, dove il soffitto ha delle travi a vista. Lì avevo sistemato delle corde apposta per quello che avevo per la mente. Quindi le feci salire le scale di legno che portano di sopra. Io restai dietro di lei, sia per sicurezza nel caso dovesse perdere l’equilibrio con le mani legate dietro la schiena, sia perché guardare il cero conficcato nel culo che va in qua e in là mentre fa gli scalini è una visione arrapante.
In camera il letto matrimoniale era a scomparsa, una trovata del mio arredatore, che in quella maniera era riuscito a farmi avere in alternativa una grande camera da letto oppure una grande sala multiuso. In questo caso la usai come grande salotto. E utilizzai le corde per legarla prima un polso, poi l’altro. Non era per sollevarla da terra, ma per impedirle di difendersi dalle frustate con le mani e le braccia. In terra invece non volevo bloccarle le gambe perché volevo vederla saltellare e le lasciai libere.
La guardai. Era stupenda, così nuda e col cero conficcato nel culo invitava a frustarla. Diedi un colpetto al cero col mazzuolo, facendola sobbalzare. Le tolsi le mollette e le mostrai lo scudiscio chiedendole se potevo lasciarle dei segni.
- Colpiscimi pure come vuoi, – rispose. – Mio marito torna per il fine settimana e non avrà certo voglia di fare sesso con me.
- Ottimo. – Commentai. – Allora ti imbavaglio.
Presi un foulard e glielo legai alla bocca. In quel modo poteva urlare ma emettendo solo urla sorde.
Le diedi un altro colpetto al cero col mazzuolo, poi glielo accesi. Era una guida a colpire bene. Quando la fiammella prese vita, mi misi in posa per frustarla.
Il primo colpo volli darglielo orizzontale, sul culo cercando di colpire il cero.
Sciaaaaaaaaack!
Mmmmmmmmmmmmmmm!
Il colpo era stato ben assestato, l’avevo colpita appena sotto il cero. Lei aveva urlato gettando la testa indietro e saltellando sulle gambe. Quel saltello era di un erotismo unico. Sembrava che lo facesse per farmi eccitare. Sicuramente lei sbracava le gambe in tutta libertà, sapendo che le sue mosse mi eccitavano da morire, ma il dolore era autentico. Ed era quello che voleva. Attesi molto prima di dare il secondo colpo. E stavolta la colpii da dietro in modo che la frusta si abbattesse anche sul basso ventre.
Mmmmmmmmmmmmmmmwww!
Aveva urlato ancora dal dolore e dal piacere, con il culo che sembrava volesse tirare il cero come se fosse un sigaro.
Mi potai davanti e diedi la stessa frustata da lì, in modo che lo scudiscio si scaricasse orizzontalmente sul culo.
Sciaaaaaaaaaaaaack!
MMMMMuuuuuuuuuuuuaaaaaaaaammmmmmm!
Stavolta scosse la testa come per dire basta e allora mi avvicinai a lei e le abbassai il foulard.
- Vuoi che smetta? – Le chiesi.
Scosse la testa.
- Vai avantiii! – Urlò. – Più forte!!!
Le sistemai il foulard e mi rimisi al lavoro.
La colpii ripetutamente con tutte le mie forze. Da dietro, da davanti, di traverso, da sopra, da sotto. Lei scalciava le gambe in una maniera sconsiderata, come se volesse eccitarmi con un balletto sadomaso sopraffino. Il cero stava nel culo a palesare la mia presenza, era il mio marchio di lavoro. La fiamma restava viva.
La donna delle pulizie sarebbe impazzita a togliere la cera colata in terra.
Dopo una decina di minuti, eravamo stanchi entrambi, mi avvicinai col mazzuolo e una salvietta. Le diedi un colpaccio al cero e le asciugai la figa.
Poi le liberai le mani e la lasciai sdraiare a terra, facendo attenzione che non cadesse sul cero, che ormai era morbido ma non abbastanza. Si tolse il foulard. Riprendemmo fiato.
- Ora ti sfilo il cero e ti inculo, – le dissi. – Alzati.
Si alzò a fatica, ma quanto bastava poter far scendere il letto dalla parete. A quel punto si inginocchiò sul letto e si allargò le natiche con le mani, anche se non serviva. Afferrai con una cagna la parte che era rimasta del cero e piano piano gliela sfilai e la gettai a terra.
A quel punto si sdraiò e riprese fiato. Ma subito dopo si mise un cuscino sotto il basso ventre, pronta per farsi sodomizzare.
L’uccello capì al volo che era giunto il suo momento e mi face spogliare in un baleno. Mi portai sopra di lei, poggiai la cappella all’ano e, nonostante le mie dimensioni, scivolai dentro come un coltello caldo nel burro. Il cero aveva fatto un ottimo servizio.
Venne analmente prima di me, dopodiché mollai l’uccello e lo lasciai scaricarsi nel retto in tutta libertà. Mi gettai sul letto, il riposo del guerriero.
Si alzò e andò in bagno. Uscì in accappatoio.
- Hai della cremina contro i segni delle frustate e il rossore della sodomia?
- Sì, certo. Volevo dirtelo. Vieni giù, ti stendi sul lettino da massaggio che ti curo.
Scendemmo di sotto. Lasciò cadere l’accappatoio e salì sul lettino. Mi avvicinai e la guardai. I segni erano dappertutto, ma non erano esagerati. Presi la crema ad uso topico e la spalmai con delicatezza. Poi presi la crema anale e le passai il dito per il culo per ungerla bene. Sentii che era solo l’ano che aveva bisogno di attenzioni, non il retto.
- Fatto, – dissi dandole una sculacciata. – Già domattina non si dovrebbe vedere più niente.
Saltò giù dal lettino agile come airone.
- Davvero vuoi tornare domani? – Le domandai.
- No. – Rispose. – Mi è venuto in mente che domani sera sono a cena con un’amica.
- D’accordo.
- È quella che vorrebbe mettersi nelle tue mani.
- Allora vieni dopodomani?
- Sì, – ripose netta. – Ma a una condizione.
- Sentiamola.
- Voglio che dopodomani infierisci su di me, ma più oggi. Voglio che usi il massimo della tua forza e con una creatività superlativa.
- Come hai detto, scusa?
Ma se ne era già andata soddisfatta.


La sera di giovedì arrivò puntuale. Avevo preparato qualcosa di «superlativo», ma non ero sicuro che lo avrebbe gradito.
- Carta bianca? – Le domandai.
- Sì, – rispose sicura. – Purché sia il massimo di tutto. Non so quando potrò tornare.
Fantastico...
Sì spogliò nuda e andò alla panca. Si sedette a cavalcioni, si piegò in avanti e attese che andassi a legarle le mani dietro. Mi portai da lei e mi sedetti. Guardai culo e figa. Le cremine avevano fatto il loro egregio lavoro. Comunque le passai l’ano con un’altra crema che lo avrebbe reso più morbido, così non avrei corso il rischio di slabbrarlo.
Le presi le mani e gliele legai dietro la schiena. Poi presi il cero da quattro centimetri di diametro, lo unsi per bene e lo portai al buco del culo. Mi tenni alla natica sinistra e iniziai a spingere dentro il puntale. Lei collaborò spingendo in fuori come se volesse evacuare, così il puntale, sia pure con fatica, entrò. Usando anche la mano sinistra, lo spinsi dentro, ma entrò solo qualche altro centimetro. Attesi che l’alloggiamento si abituasse alla dilatazione, quindi presi il mazzuolo di legno e colpii il cero più volte. Il candelone pian piano si conficcò nel retto. Presi il frustino e cominciai a colpirle le natiche in modo che Marzia si abituasse all’ingombro e lei brontolò di piacere. Poi la raddrizzai a sedere sul cero e, come la sera prima, le portai le caviglie avanti in modo che il suo corpo vi appoggiasse per intero. Presi le mollette e le applicai ai punti più sensibili del corpo, capezzoli e figa. Iniziò a contorcersi, favorendo la sodomizzazione. Mi fermai a guardarla con attenzione. Era una scena gradevolissima, arricchita dal fatto che piaceva anche a lei. Stavamo facendo sesso estremo senza toccarci, senza pericolo, anche se non abbassavo mai la guardia dell’attenzione.
Squillò il cellulare. La lasciai crogiolarsi sul cero e risposi. Era Vanda.
- Esatto, – risposi. – Stasera sono impegnato. Aspetta, guardo l’agenda... Sì, domani sera posso perché ho avuto una disdetta... Va bene, preparerò il clistere...
Chiusi il telefono e andai dalla paziente. Guardai le mosse che faceva e la lunghezza del cero sul quale sedeva, poi presi il frustino da cavallo. Presi la mira e le colpii con forza natica e coscia destra. Smise di tremare e sobbalzò sul cero. Perfetto. Mi portai dall’altra parte, presi nuovamente la mira e la colpii anche a sinistra. Sobbalzò ed emise un lamento. Le diedi ancora qualche sonora scudisciata, facendola lamentare. Poi mi fermai. Le feci raccogliere le gambe e la aiutai ad alzarsi in piedi. Le guardai il culo e il cero. Potevo accendere lo stoppino senza doverlo liberare. Lo accesi e avviai la mia amica alle scale che portavano alla mansarda. Salendo, il cero acceso si muoveva in qua e in là, disegnando delle zeta con la fiammella. La vista era stupenda. Le scattai delle foto col cellulare che tenevo in tasca. Chiunque si sarebbe masturbato guardandola così.
La mia governante invece sarebbe impazzita a togliere la cera dagli scalini...
Giunti di sopra, dove avevo fatto scomparire il letto, la misi al centro della mansarda. La sdraiai in terra sul tappeto e abbassai le corde dalle travi. Vi avevo applicato due carrucole che le avrebbero ridotto il peso di cinque volte. Le applicai delle cavigliere da presa e le fissai alle corde. Piano tirai su prima una corda e poi l’altra, fino a tenerla rovescia, gambe in su allargate. Le mani legate dietro la schiena, il cero acceso nel culo, mi sembrava di essere il demonio con la mia strega... Quando il viso si trovava a una spanna da terra e con le gambe ben allargate, bloccai le corde ai termosifoni. I capelli sfioravano il pavimento.
Mi avvicinai all’amica rovesciata e le guardai con insano piacere quello che vedevo. La figa, il buco del culo allargato al massimo che conteneva il cero che le avevo conficcato. La fiamma che continuava a sciogliere la cera facendola scendere fino alla fessura del culo e del perineo. La cera bollente scottava, costringendo quel candelabro umano a contorcersi per quel po’ che poteva. La presi per il cero e provai a farla dondolare avanti e indietro. Grande! La prendevo per il culo tenendola per di là. Lei guardava in terra, in attesa dei miei servizi. Poiché, come aveva chiesto, le avrei fatto male, presi un grande adesivo da pacchi, gli feci un buco in mezzo per farla respirare meglio e le chiusi la bocca.
La visione era uno spettacolo e decisi di fare qualche altra foto.
Poi presi la frusta lunga. Sapevo dove e come colpirla, ma iniziai nella maniera tradizionale, standole davanti, così mi vedeva e aspettava il colpo. Caricai le braccia di lato e poi le scaricai colpendole il fondo schiena col massimo della forza. Lei tentò un grande urlo, che rimase intrappolato dall’adesivo. Ebbe anche dei movimenti condizionati, generati dal dolore e dalla forza del colpo. Alzai la mira, caricai nuovamente le braccia da dietro e scaricai la frustata più in su, in modo da colpirle in pieno il culo.
Sciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaack!
- Mmmmmmmmmmmmmm!!!
Stavolta si contorse come un’anguilla perché l’avevo colpita al posto giusto. La fiammella vibrava, spostata dai movimenti inconsulti del corpo.
Soddisfatto, ripetei i colpi così, orizzontalmente, in modo da colpire sempre il culo. Quindi mi portai dietro e, mirando al culo, la colpii davanti, sul basso ventre. La frusta fece il giro del bacino e scaricò il colpo anche al culo. Era quello che volevo, perché è il culo che va colpito nel sadomaso. Culo che con i colpi ricevuti tendeva a chiudersi e allargarsi attorno al cero, disperatamente.
Dopo una decina di colpi, decisi di fare quello che avevo pensato. Le convulsioni del suo corpo mi avevano fatto decidere di procedere. Restai dietro e mirai al cero. Caricai le braccia indietro e non più di lato, per poi scaricare la scudisciata all’inguine dall’alto in basso. Le colpii di striscio l’interno della coscia fermandomi al cero. Stavolta urlò il più possibile, ma senza emettere suoni troppo acuti. Invece il suo corpo si era sollevato quasi a 90 gradi in seguito al dolore violento che le avevo provocato. Poi era tornato giù. Quella reazione mi convinse che avevo fatto bene e le colpii ripetutamente l’interno delle cosce, gli inguini, la fessura del culo. Colpendola da dietro, ero inevitabilmente finito anche sulla figa. Eravamo quasi in sintonia, sobbalzava ai miei colpi come una grancassa. Scuoteva la testa per il dolore, quasi per fermare la mia mano. Ma la festa non era finita.
Gettai la frusta e presi il tubo di cartone che mi ero preparato. Mi portai davanti, presi la mira sulla figa, caricai le braccia e scaricai il colpo sul sesso.
Il rumore sordo riecheggiò sul soffitto della mansarda. Il suo corpo si era sollevato da terra per mezzo metro. Ripetei il colpo e lei gridava senza emettere suoni precisi. Mi portai dietro, presi la mira col tubo al cero acceso, caricai le braccia e scaricai un gran colpo sul cero. Purtroppo lo sbagliai e la fiamma rimase accesa, mentre la poverina sobbalzava come una palla da tennis. Ripetei il colpo e stavolta le presi in pieno il cero, spegnendo la fiammella. Lei si era sollevata quasi a U, poi tornò giù dondolando. Doveva essere game-over, ma non riuscii a impedirmi di darle altre cinque bastonate con il tubo sulla figa e altre cinque sul cero. Aveva risposto come una molla, ma ora il gioco era finito. Peccato.
Cliccai il pulsante che rimetteva il letto in mezzo alla stanza, poi presi l’appesa per il cero in modo da spostarla per consentire al letto di mettersi in posizione giusta, cioè sotto di lei. Quindi, una volta appoggiata con la testa sul letto, misi mano alle carrucole e con calma la feci sdraiare sul letto. Poi corsi a cavarle l’adesivo dalla bocca e a slegarle le cavigliere. Mi avvicinai per slegarle anche le mani, quando mi fermò sussurrandomi qualcosa all’orecchio.
- Aspetta a slegarmi, – disse con un filo di voce. – Prima chiavami.
Era il più bel modo che aveva per dirmi che era andato tutto bene.
- D’accordo, – dissi soddisfatto. – Te lo sei meritato.
La allungai sul letto e la sistemai con calma. Aveva segni dappertutto, ma non erano devastanti. Mi portai alla figa e gliela leccai, glielo dovevo proprio. Quando cominciò a sbattere le gambe mi fermai, mi misi sopra e piano la penetrai. Sentivo la presenza del cero, decisamente ingombrante. Ma questo rendeva il tutto più piacevole, sia a me che a lei. Quando presi il ritmo, le caricai le gambe sulle mie spalle e la chiavai così, scivolando con i coglioni sul cero ormai deformato. E il calore del corpo lo avrebbe pian piano spappolato, insomma giocava anche lui a nostro favore. Dopo una decina di battute, iniziò a venire come una trottola. Restai fermo perché adesso facesse tutto lei. In pieno sbattimento iniziai a venire anch’io. L’uccello era stato in piedi a lungo e aveva bisogno di esplodere.
Una volta sopita, cercai di alzarla. Le slegai le mani, lei si massaggiò i polsi, quindi la avviai alle scale di legno sorreggendola.
- Non posso portarti giù in braccio, – le dissi. – Le scale sono troppo strette.
Non disse nulla e scese precedendomi tenendo le mani sulla ringhiera. Una volta arrivati in fondo la presi in braccio e la portai al lettino da massaggio, pancia sotto. Presi la cagna e le sfilai piano il cero, che ormai era rammollito e aveva preso la forma del suo retto. Gettai il tutto nel secchio.
Più tardi avrei dovuto pulire alla meno peggio, anche se la mia governante avrebbe brontolato lo stesso per la cera.
- Come stai? – Le chiesi accarezzandole il culo.
Non rispose.
- Tranquilla, ora ti ungo il buco del culo con la cremina anti emorroidi e con un po’ di anestetico. – Esordii. – Tra un’ora l’ano sarà tornato alle dimensioni originali. Intanto ti curo i segni delle frustate.
Continuò a non parlare, lasciandomi lavorare per riparare il suo corpo. Sapevo farlo e avevo le creme giuste. Dovetti prestare parecchia attenzione all’interno delle cosce.
Quando mi parve di aver finito, le chiesi di girarsi pancia in su. La aiutai a farlo.
- Hai una figa bellissima, – le dissi, per tirarla su. – Chi è che ti ha fatto la tricotomia?
- La cosa?
Ero riuscito a farla parlare.
- La tricotomia è il taglio dei peli detto in termini scientifici.
- È stato Neno. – Rispose. – Ho preferito lui perché è un gay. Non mi fido di voi maschi...
- Ti riferisci a quello che ti ho fatto?
- No, questo lo volevo io e sei stato bravissimo. Mi riferisco ai maschi «normali».
Quindi ero anormale, ma preferivo pensare di essere sopra la media.
- Prima ho sentito la telefonata, – proseguì. – Ho capito bene che fai anche i clisteri?
- A richiesta sì. Mi piace fare quello che piace alle mie pazienti. Perché me lo chiedi?
- Perché l’amica con cui sono uscita ieri sera, di cui ti ho parlato, ama riceverli. Sai, quando era piccola la mamma glieli faceva spesso e le è rimasta la voglia...
- E il marito?
- Non vuole neanche sentirne parlare.
- Dille che anche a me piace farli.
Attese un attimo pensando.
- Accetti anche maschi? – Domandò.
- Solo se sono in coppia con la loro donna, – Risposi. – Mi piacciono le donne, ma se l’uomo è etero e se alla moglie piace vederlo inculare...
- Capito. – Disse. – Sai, avrei anche una coppia di amici...
- Ottimo. – Commentai distratto.
- Parlando di me e te – continuò, – una performance come quella di questi giorni può avvenire una volta all’anno, due al massimo.
Non commentai, continuando a massaggiarla con le mie cremine miracolose.
- Però, se a te sta bene, una volta al mese mi piacerebbe venire da te. Mi guardi il culo, poi scegli: o mi metti il cero e mi chiavi, o mi inculi direttamente.
- E nei prossimi giorni mi porti la tua amica?
- In settimana prossima, penso. Ti telefono.
- Perfetto. – Conclusi. – Per me tu sei la numero Uno.
- E perché?
- Perché non ho mai faro con nessuna quello che ho fatto a te oggi.
Mi abbassai a baciarla e lei mi baciò

FINE
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