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La crociera di Sexy Anush


di Honeymark
28.04.2018    |    16.936    |    15 9.6
"Parlammo per tutto il pranzo senza accennare a impegni per la sera..."
La regola vuole che in crociera si vada sempre con una compagna, o un compagno, per la semplice ragione che è difficile… «imbarcare», termine quanto mai appropriato in questo caso.
Oppure, come era capitato a me, ci vai proprio per restare solo.
In effetti dovevo completare un romanzo che avevo scritto per tre quarti ma che non avevo voglia di concludere. E il mio editore, che sapeva che i miei romanzi vanno per la maggiore, mi aveva offerto la crociera apposta per lusingarmi e farmelo finire.
- Lì nessuno ti romperà i coglioni, – mi aveva detto. – Ti diverti: sole, piscina, teatro, casinò, discoteche… ma niente relazioni. Quindi il posto ideale per lavorare.
In effetti, sapendo che comunque dovevo finire il romanzo, trovai la proposta allettante. Senza fare paragoni irriverenti, era certo meglio del carcere dove era finito Collodi per costringerlo a finire di scrivere «Le avventure di Pinocchio» per le quali era stato pagato.
E l’idea di andare in crociera solo per scrivere mi attirava molto. Era un eremo coi fiocchi.
Insomma, accettai.

A Genova presero i miei bagagli e mi diedero il passi per andare alla mia camera. L’editore mi aveva dato una sistemazione eccellente, dato che mi ritrovai sull’ultimo ponte, il 13esimo piano, in una suite con tanto di salotto stile coloniale e una scrivania col balcone sul mare.
Quando arrivò il bagaglio sistemai le mie cose negli armadi e mi preparai per visitare la nave e andare a cena. Avevo scelto il secondo turno e mi avevano dato un tavolo insieme ad altre sette persone, con le quali avrei passato tutte le cene delle prossime due settimane. Appena seduti a tavola ci presentammo. Non era una brutta compagnia. Il personale predisposto a fare gli abbinamenti sapeva fare il proprio lavoro. Eravamo compatibili per età, classe economica e sesso.
In pratica, anche loro erano sistemati sui piani alti della nave e – udire udite – hanno dato il posto anche a una single. Era una bella donna, ma l’idea di avere una single a portata di mano non mi piaceva molto perché era la distrazione che non ci voleva. Ero lì per lavorare.
Ci presentammo. Una coppia di divorziati appena sposati, Leopoldo e Anita. Il ricco imprenditore Maurilio che aveva sposato la bella segretaria Giustina. Una coppia felice formata da due professionisti, Marco e Anush, rispettivamente un consulente aziendale e una consulente per la pubblicità della moda. La singola invece si chiamava Viviana, titolare di una boutique, aveva appena finito una relazione che voveva dimenticare in crociera.
- Io sono uno scrittore in viaggio per concludere un romanzo, – dissi quando venne il mio turno di presentarmi.
- Non male scrivere un romanzo in crociera… – Disse la divorziata risposata.
Non mi chiesero di che libro si trattasse. Non gliene fregava un cazzo.
- A legami sentimentali come sta? – Mi domandò invece la single.
- Sono innamorato di tre coppie uomo donna e di una coppia di donne etero. – Risposi.
Loro si erano presentati nei dettagli, perché non dovevo farlo io?
- Innamorato di quattro coppie? – Mi domandò l’imprenditore con una certa curiosità. – Che significa?
- Che entro nel loro letto, – risposi. – Siamo in tre, appunto. Una storia lunga…
Non commentarono, forse erano sconcertati.
- Anche con le due donne etero? – Domandò la giovane moglie dell’imprenditore. – Che significa?
- Che vado a letto con entrambe, ma rigorosamente insieme, a tre come le coppie sposate. – Risposi senza imbarazzo. – Si piacciono, ma solo se ci sono anch’io.
- Non credo di aver capito bene, – disse il divorziato risposato.
- È complicato… – Ammisi.
Seguì un certo silenzio.
- Ed è questo il succo del suo romanzo? – Continuò il divorziato. – Il triangolo?
- No, – risposi. – È un romanzo serio, importante, al quale devo trovare una finale che piaccia all’editore.
- Niente sesso reale allora? – Chiese la professionista.
- Esatto, – risposi. – Sono in crociera perché non voglio distrazioni femminili.
Tutti guardarono la single.
- Un romanzo senza sesso? – Domandò poi il professionista.
- No no, anzi, se mi riesce di concludere con un’erotica storia d’amore sarebbe l’ideale per l’editore. – Obiettai. – Ma se faccio sesso reale, allora non riesco a lavorare di fantasia.
- Quindi sta via da casa apposta per non relazionarsi con le sue coppie amate?
- Più o meno, – risposi.
Non era il gioco della verità e non volevo dire che non avevo voglia di scrivere di sesso…
Ma quando ci alzammo da tavola ed ebbi modo di guardare il fondo schiena delle signore a tavola con me, restai ammaliato dal culo di… Non mi ricordavo neanche il nome. Ah sì, Anush. Adesso non lo avrei più dimenticato.
- Andiamo a bere un whisky? – Chiese Marco, il marito di Anush.
Un minuto prima avrei detto di no, ma adesso mi sentivo attirato proprio da loro due.
- Perché no? – Risposi. – Sono in vacanza…
- Noi no, – disse la coppia di divorziati.
- Voi non siete in vacanza?
- No, andiamo in camera.
Erano abituati a scopare di nascosto, dove era possibile e quando era possibile…
- Noi andiamo al concerto, – precisò l’imprenditore. La sua giovane moglie non sembrava così entusiasta.
La single si accodò a noi come se fosse stata una scelta automatica.
Andammo in un bar della nave che presto avrebbe attivato la balera. Io non amo troppo il ballo, ma il clima delle balere è di per sé ruffiano per certe cose. Ordinai un Amagnac, loro un Jack Daniels e un mirto. La single ordinò una sambuca.
Chiacchierammo del più e del meno, ma quando l’orchestrina iniziò a suonare i lenti, chiesi a Anush di ballare con me. La sua seta strusciava sui miei vestiti, provocandomi una imprevedibile sensazione di leggerezza.
- Tutto bene al nostro scrittore? – Mi domandò.
- Sì, grazie.
- Prima hai spaventato i commensali. – Mi sussurrò Anush sorridendo. – È tutto vero quello che hai raccontato sulle tue relazioni sentimentali?
- Nella realtà le cose sono molto più complicate, – risposi, sorridendo anch’io. – Ma la sostanza è quella.
- Ne ero certa. – Proseguì. – Anche a noi piacciono le coppie…
- Ma io non gioco in coppia, – precisai. – Gioco «con» le coppie, sono singolo. Amo i triangoli.
- Sì sì, l’ho capito. – disse l’amica. – Ma come è che funziona con il marito? Cosa fa lui mentre tu ti fai la moglie?
- Ognuno agisce in modo diverso. – Risposi, pensando alle mie coppie. – Ma non mi pare il caso di…
- Hai ragione, scusa… –
- Figurati. Solo che non voglio scendere nei dettagli…
In realtà mi sarebbe piaciuto parlarne, ma mi avrebbe giudicato male. Non eravamo abbastanza intimi.
- E posso chiedervi come arrivate a mettervi insieme? – Insisté. – Sai, tra coppie ci si trova e se c’è intesa lo scambio è alla pari… O va a tutti o non si fa nulla.
- È molto complesso l’approccio, – spiegai pensandoci. – Ormai capisco al volo in quali coppie posso inserirmi, ma le prime volte non afferravo i segnali che mi mandavano.
- Nel nostro caso, come la vedi? – Sorrise maliziosa.
- Vuoi dire me con te e tuo marito?
- Sì.
- Secondo me… – dissi pensando una risposta adeguata, – tuo marito andrebbe fiero ad esibirti.
- Ha ha! Questo è vero! – Rise. – Perché non gli fai una proposta?
- Gliela faccio leggere. Che ne dici?
- E come?
- Mi hai ispirato e stanotte scrivo un capitolo con voi due. Domattina ve lo faccio leggere e poi mi darete una risposta.
- Cioè, scriveresti un capitolo articolato con me e Marco?
- Più di uno, – conclusi sorridendo. – Puoi scommetterci.
Finito il ballo andammo a sederci. Marco portò la moglie a ballare e presumibilmente lei gli spiegò la nostra chiacchierata. Conosco i meccanismi.
Viviana, la singola di cui mi ero dimenticato, mi prese per mano e mi portò a ballare.
- È vero quello che hai detto a tavola?
Stessa domanda di Anush.
- Sì, – risposi, ma cambiai risposta. – Non voglio distrazioni.
- Io sarei una distrazione?
- No, scusa, – sorrisi. – Vedrai che ci divertiremo.






2.



La mattina dopo eravamo nel Mediterraneo occidentale, in navigazione per Gibilterra. La crociera prevedeva, una volta sull’Atlantico, la sosta a Lisbona e Oporto e alle isole spagnole e portoghesi dell’oceano.
Il sole era fantastico e mi ero portato al bar di coperta, con il computer per andare avanti col mio lavoro. L’ambiente era davvero piacevole e invitante.
Stavo bevendo il terzo caffè dopo la seconda brioche, quando vidi apparire Marco con la moglie Anush.
- Tutto bene al nostro scrittore? – Mi domandò lui restando in piedi.
- Prego, accomodatevi, – dissi, allontanando una sedia. – Non mi disturbate affatto. Al momento mi sto godendo questa arietta ruffiana con il sole non ancora sulla verticale.
Si sedettero. Erano ancora un po’ addormentati ma portavano segni di allegria. Nella notte si erano divertiti.
- Allora, – esordì lei. – Ti abbiamo ispirato il racconto?
- Certo! – Risposi. – Ho scritto un paio di capitoli.
- Wow…! – Esclamò. – Qualcosa di piccante?
- Sì. Ho sognato di giocare con il tuo culo. – Guardai il marito per vedere come reagiva. – Beh, ti assicuro che ci sono poche cose più erotiche di un sogno realizzato in un racconto. È come se fosse accaduto davvero… anzi meglio perché puoi pilotarlo artisticamente con la letteratura.
- Ah,il satiro! – Commentò Anush con un finto pudore. – Mi hai immaginata… nuda?
- Sì e ti ho trovata bellissima. – Aggiunsi, ostentando soddisfazione.
- Puoi raccontare i dettagli? – Domandò il marito che aveva ascoltato il dialogo con atteggiamento positivo.
- No, te l’ho detto. Però posso farteli leggere.
Gli diedi una chiavetta usb.
- L’hai già scritto? – Domandò meravigliato. – E possiamo davvero leggerlo?
- Certo, – risposi. – Così a cena potete commentarlo… Ovviamente usando un linguaggio appropriato.
- Parleremo per codici, OK?
- Perfetto.

All’ora di pranzo trovai Viviana in uno dei ristoranti della nave. Le feci un sorriso di circostanza.
- Ti siedi a mangiare qualcosa con me?
- Perché no? – Dissi prendendo la sedia. – Vedo dei maccheroni davvero invitanti.
Parlammo per tutto il pranzo senza accennare a impegni per la sera. Poi ci provò.
- Dopocena hai voglia di passare la serata a con me?
- D’accordo, ma ci saranno anche Anush e Marco. Sono rimasto d’accordo con loro.
- Ci provi? – Ironizzò. – Hai detto che ti piacciono le coppie.
- No, – mentii. – Dobbiamo parlare di lavoro.
- Cheppalle!
- Ma no, sarà solo un discorso filosofico.
- Peggio ancora!

A cena eravamo tutti più rilassati, un po’ più abbronzati e desiderosi di fare qualcosa di immorale. O illegale. O dannoso per la salute.
- Avete letto il mio “trattato”? – Domandai a Marco e a Anush a metà del pranzo.
- Sì, – rispose lei. – Interessante. Dove è che hai studiato la “Gestalt Theorie”?
Era una domanda provocatoria, supponendo che io non sapessi nulla di Gestalt. Anush era consulente pubblicitaria e aveva sfoderato un argomento a specializzazione fortemente verticalizzata. Era come dire che non sarebbe stato facile con loro due.
- All’università di Verona, – risposi. – Io ho sempre sostenuto che nella comunicazione, non solo pubblicitaria sia ben chiaro, la semantica della forma sia la vera componente da pilotare o almeno da tenere sotto controllo.
Nessuno dei presenti chiese spiegazioni, non volevano correre il rischio che spiegassi cosa fosse la Gestalt Theorie.
- Interessante… – Osservò Anush. – Non sarebbe male una prova pratica.
- È d’accordo anche tuo marito? – Domandai. – Potrebbe annoiarsi da morire.
- No no, – intervenne lui. – A me piace stare a guardare… scusa, ad ascoltare in certi casi.
- Ottimo, – risposi soddisfatto. – Allora dopo facciamo la simulazione.
- Prima andiamo in discoteca? – Si intromise Viviana.
- D’accordo.
In effetti il ballo fu utile quantomeno per comunicare ai ragazzi il numero della mia stanza dicendola al cameriere, la 13121, a babordo. Dopo un whisky li salutai e mi ritirai.

Dopo un’ora, però, non era ancora arrivato nessuno e pertanto mi misi in accappatoio e accesi il portatile per provare a scrivere qualcosa. Ma verso le 23 bussarono alla porta. Mi alzai e andai ad aprire. Erano loro.
Chiusi il portatile e li feci accomodare. Aprii il bar e presi da bere per tutti. Poi accesi la musica di sottofondo e abbassai le luci. Dal balcone si vedeva il mare che scorreva silenzioso e maestoso da destra a sinistra, inseguito dal riflesso della luna che riusciva a illuminare di rimbalzo la stanza con una certa complicità.
Feci cenno ad Anush si portarsi da me e lei, con studiati movimenti, si avvicinò a portata di mano. Seguendo il copione del capitolo che avevo scritto, le accarezzai le gambe e risalii sotto la gonna. Mi lasciò arrivare fino al culo e capii che non portava le mutandine.
L’uccello diede segnali di approvazione.
La girai di schiena e Anush, come da racconto, si piegò in avanti sulla scrivania. Guardai il marito, che stava seguendo la scena con la mano sulla bocca, perfettamente immobile. In apprensione forse, ma fortemente desideroso di vedere il resto. Piano, come si deve fare in questi casi, sollevai la gonna fino a scoprirle il culo del tutto, che si stagliava in posizione straordinariamente scultorea.
Come cantò De André in un frangente simile, «Mai non fu vista cosa più bella…» L’ombra creata dalla Luna dava alla fessura delle natiche una maestosità tale che, se fossimo stati nella Antica Grecia, ne avremmo fatto una statua come il discobolo. L’avrei intitolata «Curve della luna», a esaltare la rotondità e l’atmosfera da sogno che generava il satellite della Terra. Sarebbe arrivato ai posteri almeno il culo: meno della Venere di Milo, cui mancavano «solo» gambe e braccia, ma mille volte più poetica.
Il marito ci guardava soddisfatto della reazione che il culo di sua moglie mi provocava. L’apprensione aveva fatto posto al compiacimento, ne andava giustamente fiero e adesso era ansioso di vederla montare. Se ne sarebbe inebriato. È quello che mi piace nei rapporti a tre.
Mi slacciai l’accappatoio e lasciai che si aprisse per liberare l’uccello, il quale ormai invocava il cielo. Mi mossi nella calma più assoluta e piegai il cazzo fino a strofinare il glande nella fessura delle natiche.
Non diede segni di impazienza né di timore, mentre al pene era venuta l’acquolina in bocca. Le allargai le gambe per portarla all’altezza giusta e lei poggiò il ventre sulla scrivania, pienamente recettiva. Poi, quando trovai l’incavo che portava alla cunetta della figa, guidato dalle grandi labbra, appoggiai la cappella fino a farla alloggiare in tutta comodità.
A questo punto Anush ebbe un fremito d’attesa, che era anche d’approvazione. Spinsi piano il pene, che però scivolò dentro come un coltello caldo nel burro. Era bagnata.
L’uccello non chiedeva altro che sbatterla così e pertanto mi mossi con solennità fino a godermi ripetutamente le sue natiche che andavano a poggiarsi fremendo sul mio basso ventre. Continuai a sbatterla con attenzione, cercando di farle sentire la pienezza del cazzo. Era grosso per merito suo e lei rispondeva bene, muovendosi in modo da essere lei la guida.
Entrati in sintonia, accelerammo i movimenti e ci trovammo presto scatenati in viaggio verso l’orgasmo. Le presi i polsi e le portai le braccia dietro la schiena; con una mano gliele tenni ferme, mentre con l’altra le afferrai i capelli alla nuca per tenerla ferma al momento finale.
Poi mi ricordai della presenza del marito che, oltre a caricare la mia eccitazione, mi spinse a farle la domanda di cortesia in modo che anche lui la sentisse.
- Dove vuoi che venga? – Le domandai.
Lo chiedo sempre la prima volta. Una precauzione sulla sua fecondità, ma in quel momento stava anche a dire al marito che avrei scaricato il mio sperma dentro o sopra di lei. Una chicca nei triangoli.
Lei appoggiò la guancia sulla scrivania tenendo gli occhi socchiusi e un sorriso malizioso sulle labbra.
- Nel culo! – Disse infine, in modo che il marito la sentisse.
- Wow… Quello che più mi piace!
Presi l’olio lubrificante che prudenzialmente avevo tenuto a portata, poggiai il dito al buco del culo e lo feci scorrere nella fessura. Quando arrivò al dito, cominciai a infilarlo per ungerlo.
Finita la preparazione, mi accorsi che il pene si era leggermente indebolito e allora mi venne il colpo di genio. Il vizietto del triangolo che alberga in me affiora sempre.
Gettai l’accappatoio, sfilai del tutto il vestito a Anush e ordinai al marito di spogliarsi. Marco impiegò un attimo a realizzare, ma poi si denudò in un baleno.
- Sdraiati. – Gli dissi, portando la moglie al lettone.
Si mise pancia in su, dimostrando che aveva capito. Spinsi Anush sul letto e la invitai a sedersi sul marito infilandosi il cazzo. Il suo cazzo era già su, quindi non dovette perdere tempo con la bocca. L’operazione riuscì bene, come se l’avessi pianificata prima di cominciare. Piegai in avanti la donna e guardai il buco del culo invitante sopra il cazzo del marito che alloggiava tronfio nella figa. Gli accarezzai le palle in segno di affetto, quindi mi inginocchiai mettendo le gambe ai lati di quelle di Marco e mi avvicinai al culo maestoso di Anush. Lei si piegò in avanti il più possibile e attese che facessi il mio lavoro. Poggiai la cappella all’ano e spinsi piano, accorgendomi che doveva essersi lubrificata anche prima di venire da me. Era stata molto previdente… Accorgendomi che scivolava dentro bene in una presa anale e rettale molto comoda e morbida, mi misi all’opera cercando di godermela il più possibile
Dopo qualche spinta i due iniziarono a rispondere alle mie sollecitazioni. Era come se usassi il cazzo nel culo di lei per masturbare il cazzo di Marco con la figa di sua moglie. Iniziarono a gemere e in breve giunsero all’orgasmo. A quel punto diedi una serie di colpi di reni fino a venire copiosamente anch’io riempiendo di sperma il retto della bellissima signora.

Ci eravamo gettati di fianco a Marco esausti e restammo un po’ così, con le mani a contatto nei posti giusti.
- Ragazzi, cosa volete bere? – Dissi dopo un po’.
- Acqua.
Mi alzai, presi dei bicchieri e la bottiglia dal frigo. Una volta seduti sul letto con le vergogne coperte dai cuscini, cominciammo a socializzare.
- È sempre così che te le fai le tue coppie? – Mi chiese Marco.
- Cambia da una all’altra. – Risposi. – Sono io che devo adattarmi a loro.
- Raccontaci quello che fai. – Intervenne Anush.
- Beh, con la coppia più recente faccio quello che ho fatto stanotte con voi: la donna al centro dell’attenzione dei due maschi. Ma un rapporto non è mai statico. La mia fantasia è sempre… se mi concedete il termine… feconda.
- E le altre?
- Con l’altra coppia sono io al centro dell’attenzione. Mi leccano dai piedi alle ascelle e alla fine si fanno inculare entrambi da me.
- Ti piacciono anche i maschi? – Domandò curioso Marco.
- No, ma se me lo chiede la coppia… E poi, non è male inculare un uomo se la moglie ti lecca le palle…
- E la terza? – Chiede interessata Anush.
- Quella è la coppia che sta con me da più tempo. Il rapporto si è evoluto e i due sono diventati i miei schiavi in un rapporto sadomaso.
- Sadomaso? - Era stata Anush a parlare. – Racconta dai.
- Niente di particolare. Piace a entrambi che gli metta un collare col guinzaglio, che gli infilo qualcosa nel culo, che li porto a spasso come cani…
- Sempre così?
- Ha ha! No… Era per rendere l’idea di base. Gli piace essere umiliati, esposti, frustati e sodomizzati. Ed essere costretti sempre a leccare.
- E il sesso? Lo sperma?
- Certo, – risposi. – Alla fine vengo, con ognuno dei due.
- Riesci a venire due volte così? – Chiese Marco.
- Ci sanno fare…
- Non vogliono anche una dominante? – Sorrise maliziosa Anush. – Cioè una donna padrona.
- Tu scherzi, – risposi. – Ma vorrebbero proprio che io avessi una partner dominante.
- Bah, non farai mica fatica a trovarla!
- Deve essere partner vera, non di una relazione occasionale o incerta.
- Interessantissimo…!
- E voi – domandai, – cosa gradite di più?
- Lo scambio di coppia classico, – disse Marco.
- Cioè non lo fate in quattro?
- I preliminari sì, ma poi andiamo nelle nostre stanze.
- E come vi è sembrata questa avventura con me?
- Decisamente inaspettata! – Rispose Marco. – E gradita.
- Graditissima« – Aggiunse Anush.
Restammo un po’ così, non era male averli vicini nudi nel mio letto.
- E il prossimo capitolo su cosa lo scrivi? – Era stato Marco a chiederlo.
- Scriverò che ho corteggiato Viviana e che me la sono portata a letto…
- Ehi, – scherzò Anush. – E noi?
- Una volta che me la sono fatta scopiamo a quattro. – Affermai. – Contenti?
- Ma se è stato così bello in tre! – Ammise Anush.
- Certo, – le risposi soddisfatto, guardandola in faccia. – Ma provate a pensare se Viviana potesse leccare i coglioni di quello che ti incula…!

Fine.
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