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Gay & Bisex

La prima (e ultima?) volta con un uomo.


di Honeymark
19.12.2016    |    15.330    |    9 9.6
"Le donne non fanno così: sono gli uomini a doverle accarezzare, a fare i preliminari per scaldarle..."
La Prima (e ultima?) volta.

Mi ero incontrato con Alberto all’ora del tè in una nota pasticceria, in modo da poterne parlare tranquillamente mentre prendevamo qualcosa di dolce. Mi sembrava il luogo migliore.
Alberto è un serio professionista della città, definibile bello, alto almeno quanto me, di ottima cultura e di un senso dell’umorismo raffinato. Entrambi sui quarant’anni, ma non era sposato. Indossava un cappotto di cachemire cammello di ottima fattura, mentre io avevo preferito un più sportivo parka.
- Ti ascolto, – mi disse dopo essersi sistemato sulla poltroncina, studiando i biscotti. – Mi hai detto che non dovevi parlarmi di lavoro.
- Infatti. Senti, ti devo chiedere la più assoluta riservatezza su quello che sto per dirti.
- Marco, devo preoccuparmi?
- No – sorrisi. – Ma è una questione delicata.
- Parla liberamente. Siamo amici, no?
- Tu sei gay, vero?
Mi guardò con una certa perplessità. Lo sapevo che lo era e lui sapeva che lo sapevo, ma avevo bisogno di sentirglielo confermare in premessa.
- Sono bivalente, – precisò con un tono piuttosto seccato, senza guardarmi. Non gli piaceva parlare di queste cose con persone etero. – Ma preferisco decisamente gli uomini. – Continuò, – Spero che tu non mi abbia chiamato per conoscere ufficialmente le mie tendenze.
- No, scusami. Questa era solo un necessaria verifica per dirti quello che sto per dirti.
- Forza allora.
- A me piacciono le donne, – precisai. – Solo le donne.
- Lo so. – Stavolta sorrise lui. – Ed è un peccato.
- Smettila. Quello che devo chiederti…
Attesi un attimo per trovare le parole giuste. Ne avevo pensate molte, ma adesso non me ne veniva in mente nessuna.
- Senti – sbottai, – vorrei che tu me lo mettessi in culo.
Ad Alberto andò di traverso il tè, ma sarebbe andato di traverso anche a me. Misi dello zucchero e mescolai. Non parlammo per un po’, finché non prese la parola lui.
- Forse è meglio che ti faccia le domande io che sono più esperto in queste cose. – Disse poi.
Annuii.
- Continuano a piacerti solo le donne, vero?
Annuii ancora.
- Lo so, – Annuì anche lui. – So distinguere a prima vista chi è come me da chi è come te. Quindi ti devo chiedere «perché».
Presi fiato e provai a parlare.
- In due parole – dissi senza guardarlo – sono uno scrittore.
- So anche questo.
- Beh, voglio sapere cosa prova un uomo che lo prende in culo
- Ha ha! Se vuoi te lo posso spiegare con dovizia di particolari!
- Smettila. – Lo interruppi. – Se te lo chiedo è perché proprio mi sfugge qualcosa che devo capire prima di scrivere il prossimo romanzo.
- Usa un dildo. Te lo infili e studi le sensazioni.
- Dai…
- Non dirmi che parli seriamente…
Avvertii che lui stava provando un sottile interesse e probabilmente un inizio di erezione.
- Non è un argomento sul quale scherzare.
- E non è neanche il Primo d’aprile.
- Dai, sii serio anche tu.
- Vuoi che io sia serio? – Continuò. – Non è una cosa da niente che mi stai chiedendo.
- Soprattutto per me, – sottolineai.
- No no, soprattutto per me.
- E perché? Credevo che tra maschi ci fossero meno freni inibitori.
- Certo, ma tra noi, – precisò. – Io sono molto selettivo, ma la maggior parte non va molto per il sottile.
- E allora il problema qual è?
- Non è un problema, – Mi disse. – Ma farlo con un uomo etero è un po’ come mettersi in gioco. Già si è disprezzati perché abbiamo questi gusti…
- Io non ho mai disprezzato nessuno. – Lo interruppi. – Ognuno ha diritto di essere quello che è.
- Già… Ma sarebbe come mettersi a nudo e…
- Non ti piaccio forse? – Domandai con una certa malizia.
- Ma certo che sì! – Esclamò con entusiasmo. – Ho sempre sognato di averti e… Scusami.
- Non devi scusarti. Mi fa piacere sapere di piacere anche ai maschi… ha ha!
- Dio mio, mi stai mettendo in forte imbarazzo.
- Vuoi pensarci su e aggiornare la discussione? – Gli chiesi.
- No no, – disse allora. – Accetto subito! Che diamine!

Io e Alberto siamo sani entrambi. Essendo donatori di sangue abituali, conosciamo perfettamente sempre il nostro stato di salute. Forti di questa consapevolezza, abbiamo deciso di organizzare un incontro ravvicinato a casa sua un venerdì sera, dopo cena.
- Benvenuto, – disse. – Non ero sicuro che venissi.
- Neanch’io, – risposi. – Ma sono qua.
- Sei il benvenuto! – Concluse sorridendo. – Sarà una bellissima serata.
- Mi garantisci l’assoluta riservatezza?
- Tranquillo. – Rispose sorridendo. – Se raccontassi che sei venuto a letto con me, mi darebbero del bugiardo, dello sputtanatore, del millantatore di credito. Sanno tutti che sei un impenitente donnaiolo.
- Come pensi di gestire la serata?
- A anzitutto cambia il termine. Non gestisco proprio nulla… ha ha! Scherzi a arte, vorrei che tutto andasse nella maniera più naturale possibile.
- Ottimo, – risposi. – Sono nelle tue mani. Dimmi cosa devo fare.
Mi diede un accappatoio e mi consigliò di andare in bagno a spogliarmi e indossarlo, cosa che feci subito. Quando uscii dal bagno, era in accappatoio anche lui. Aveva abbassato le luci e aveva acceso una musichetta rilassante di sottofondo, adatta quasi a un massaggio orientale.
Io ero molto teso e mi lasciai guidare come un cagnolino. E lui mi accompagnò in camera da letto, che era arredata normalmente, cioè non come stupidamente ci si aspetta da un gay. L’atmosfera l’aveva creata giusta. Decise di parlare poco. Anzi, per niente.
Mi si avvicinò, mi slacciò l’accappatoio in modo da scoprire il mio uccello, che era ridotto ai minimi termini. Lui evidentemente se lo aspettava, perché si inginocchiò, risalì con le mani le mie gambe e arrivò alle natiche. Le accarezzò come avrebbe fatto una donna e, stupidamente, l’uccello cominciò a rilassarsi.
Continuò a muovere abilmente le mani sul culo, alitandomi sul pene. Quell’alito caldo mi faceva capire quanto fosse vicino.
D’un tratto mi baciò l’uccello, che era ancora rivolto verso il basso, come se avesse baciato una guancia. Eroticamente non avevo ancora reazioni, ma mi stava mettendo davvero a mio agio. Poi, quelle mani sul culo mi piacevano davvero; se un giorno avesse voluto farmi un massaggio…
Con calma, per azioni successive, spostò le mani per dedicarsi all’uccello. La mano destra sotto i coglioni, la sinistra accarezzava il dorso del pene con delicatezza. Ogni tanto soffiava delicatamente. Poi, quando l’uccello iniziò a muoversi, si dedicò con amorevolezza al cazzo.
Trovai simpatico che prima di sodomizzarmi volesse eccitarmi con dei preliminari. Sicuramente, se avesse voluto subito sdraiarmi e mettermelo in culo, sarei scappato. Invece così, sembrava che volesse portarmi a desiderare la sua penetrazione.
In ogni caso, seguendo un copione che evidentemente conosceva bene, mi fece cadere l’accappatoio e mi accarezzò con attenzione. Le donne non fanno così: sono gli uomini a doverle accarezzare, a fare i preliminari per scaldarle. E lui mi stava scaldando.
Quando il pene divenne un cazzo, cioè nel pieno della sua erezione, ni abbassò il prepuzio, scoprì il glande e lo baciò. Poi lo prese in bocca e cominciò a lusingarlo con la sua lingua, il suo palato e la sua calda saliva.
Mi stavo eccitando da morire e la cosa mi dava un certo senso di angoscia. Gli uomini continuavano a non piacermi, ma il quel momento volevo andare avanti.
Invece si fermò e mi portò a letto. Mi fece sdraiare pancia sotto e riprese a massaggiarmi il culo. Ogni tanto mi baciava la base delle natiche, usando anche la lingua. Sapeva che la saliva calda mi stimolava. Era esperto. Per un attimo pensai di fare lo stesso con le mie donne, poi mi concentrai sul piacere che provavo.
Prendendomi per i fianchi, mi fece sollevare il bacino in modo che il culo si alzasse alla pecorina, ma mi tenne la testa giù mettendomi comodo. Poi allargò le gambe e riprese ad accarezzarmi. Stavolta, a natiche allargate, poté essere più intimo con le mani. Accarezzò gli inguini, i coglioni e infine la fessura del culo. Nel suo crescendo era davvero un maestro. Mi baciò prima l’interno delle cosce, poi l’interno delle natiche e infine mi leccò il buco del culo.
Fu una cosa meravigliosa. Me lo avevano fatto ancora, ma il sentire le sue guance con un minimo di ruvidezza della barba dell’uomo mi faceva godere di quel momento di trasgressione come non avrei mai immaginato.
Mi prese in mano con delicatezza da sotto l’uccello, che ora esprimeva la sua giusta erezione, e abbassava la pelle, sollecitando la mia eccitazione. Continuò finché sentì lo scroto (il contenitore delle palle) turgido per via dell’estensione del cazzo. Accarezzava il tutto con delicatezza ma con lo scopo di farmi eccitare. Si vedeva che era un esperto. E molto più di una donna perché sapeva cosa si prova con l’organo maschile.
A quel punto passò a massaggiare la fessura e il buco del culo e poi con un mano prese della cremina e la mise sul dito. Quindi, premendo con delicatezza, mi scivolò dentro con il dito a lubrificarmi l’ano.
Più di una donna mi aveva messo un dito nel culo, ma standomi di fronte mentre mi faceva un pompino. In quel modo invece mi lasciai andare alla sua volontà, nel senso che mi rendevo conto che adesso poteva fare di me quello che voleva. Ci sapeva fare, quindi mi dominava.
Dopo aver stimolato più volte l’elasticità automatica dell’ano, sfilò del tutto il dito e riprese a massaggiarmi le natiche, aumentando la pressione fino a trasformare le carezze in palpate. Ogni tanto si avvicinava alitandomi nella fessura, poi mi baciò le piegoline alla base del culo. Era davvero sempre più piacevole. D’un tratto mi leccò il buco del culo con maggiore passione. Anche questa era una cosa che molte donne mi avevano fatto, la le sue guance ruvide mi diedero una sensazione diversa. Mi accorsi allora che ero io a dominarlo, cioè mi leccava il buco del culo perché lo autorizzavo, forse perché glielo imponevo…
Mi mise un cuscino sotto la pancia, ma mi tenne a quattro zampe. Si avvicinò per farmi sentire cosa voleva da me, strofinando il suo cazzo tra le natiche. Era come avvertirmi che ero sempre in tempo a dirgli di no. Ma non lo feci.
Mi concentrai invece sul suo cazzo. Mi sembrava molto grosso e mi augurai che non mi facesse male.
Poi sentii il contatto delle sue gambe vicino alle mie e la sua posizione annunciò che avrebbe puntato l’uccello al mio buco del culo.
Dopo un po’ infatti, guidò il cazzo all’ano con delicatezza. Spinse leggermente il glande, cioè la cappella, in modo che l’ano si allargasse da solo, così come si era abituato a fare col dito. La cappella entrò senza difficoltà e il mio ano si strinse attorno alla sua base. Restò così per un lunghissimo minuto, forse per godersi quel momento.
Anch’io provai a godermi quel momento. Ero agitatissimo, ma il buco del culo così allargato per ospitare il glande mi creava una forte aspettativa. Ma anche una certa ansietà su quello che sarebbe accaduto tra un po’.
Poco dopo, infatti, spinse di brutto il cazzo entro il mio retto, scorrendo abilmente attraverso il buco del culo.
Fu una sensazione straordinaria.
Mi sembrava di essere sfondato. Di venire impalato. Di essere posseduto da dentro e quindi posseduto dal mio uomo.
In realtà invece mi aveva provocato un piacere sconosciuto, quello generato dall’uomo che ti entra nel culo con un cazzo duro e lungo, ma vivo e vitale.
Quello che desiderai, non appena capito che era assurdamente piacevole anche se al limite dello sfondamento, era che continuasse così fino a farmi venire, come se io potessi venire analmente. Magari capita, viste le sollecitazioni che dà alla prostata e all’intero intestino. Ma non era il mio caso: io volevo solo essere impalato così, a lungo.
Lo sfilò piano per un po’, per poi sbatterlo nuovamente fino in fondo. Stavolta mi sbragai e lui mi spinse avanti in modo che andassi a sdraiarmi con il solo piccolo cuscino sul basso ventre che mi teneva alto il culo.
Allargai il più possibile le gambe e lui continuò a incularmi di brutto mentre entrava e a sfilarsi piano quando lo ritirava. Poi mi lasciai andare alla sua abilità di maschio navigato che sapeva come metterlo in culo a un uomo.
Quando entrava del tutto sentivo il suo basso ventre poggiarsi sulle mie natiche e le sue palle appaiarsi alle mie. Le sue cosce si univano all’interno delle mie.
Dopo alcune sbattute cominciai a guaire come un cane, domandandomi come sarebbe andato avanti, quando si sarebbe fermato.
Quando credetti di morire, lo sentii pompare con l’uccello che pulsava come una locomotiva, per poi pompare espellere a getti nel mio retto. Una sorta di clistere vivo, caldo e pulsante.
In breve si sgonfiò e il mio retto espulse il suo cazzo che si sgonfiava, con il buco del culo che si richiudeva dopo di lui, come se volesse assicurarsi che lo sperma restasse dentro.
Lui si ritrasse, accarezzò le mie fessure e le mie natiche, poi mi socchiuse le gambe e venne a poggiare la guancia maschile sulla base del culo. Un contatto fantastico, un ringraziamento gestuale, il riposo del guerriero grato per tanto affetto.
Mentre ancora ero ancora pulsante, mi girò piano pancia in su.
- Lasciati andare, – mi disse. Erano le prime parole che pronunciava.
Mi lasciai andare e lui mi mise comodo pancia in su. Mi allargò le gambe e mi raccolse le ginocchia. Mise le mani agli inguini, mi accarezzò, mi prese il cazzo che era in piena erezione e mi scoprì il glande. Mi leccò le palle e poi, con dolcezza, se lo prese in bocca e iniziò a lavorarlo tra lingua e palato come all’inizio.
Ma stavolta venni in brevissimo tempo. Era come se la messa in culo fosse stata «solo» un prezioso preliminare per il pompino che seguiva la sodomia.
Venni anch’io senza controllo, lasciando che la prostata gettasse fuori tutto lo sperma che riusciva a produrre.
Lui ingoiò tutto fino alla fine e solo quando il mio uccello si sgonfiò del tutto si lasciò andare anche lui sfinito al mio fianco.
.
Ci incontrammo nuovamente il pomeriggio di qualche tempo dopo nella stessa pasticceria. Alla fine di quella serata di puro sesso non avevamo scambiato parole significative e adesso avremmo potuto parlarne serenamente.
- Mi hanno detto che tu lo avevi messo sia nel culo che in bocca a degli uomini. – Mi disse con una certa malizia, mescolando il te che gli era stato portato.
- Calunnie! – Sorrisi. – Sono l’amante di alcune coppie di amici. Cioè vado a letto con tutti due e…
- Mi hanno detto anche questo.
- I mariti sono etero, ma gli piace essere umiliati e allora me lo prendono in bocca per prepararmi mentre inculo la loro moglie.
- E inculi anche loro.
- A volte sì, me lo chiedono le mogli.
- Sei un bel pervertito!
- Ha ha! Senti chi parla!
- Ha ha! Dai, dimmi come ti è sembrato.
- Mi è piaciuto, – mi limitai a dire.
- Anche a me, molto. – Ma non vuoi dirmi di più?
- Te lo farò leggere sul sito «Racconti 69», specializzato nella pubblicazione di racconti erotici,
-. Che nome mi darai?
- Non lo so, hai proposte?
- Sì, chiamami Alberto.
- D’accordo.
- Verresti ancora con me?
- Cioè mi chiedi se ti lascio mettermelo ancora nel culo?
- Beh, detto così…
- Ebbene – lo interruppi, – sì.
- Davvero? – Esclamò felice.
- Direi che di tanto in tanto mi farebbe piacere ricevere da te un «massaggio alla prostata» così come hai fatto l’altra sera.
- Wow…! Se vuoi, ti faccio proprio un massaggio erotico prima di sodomizzarti e fellarti.
- Sì, – ammisi. – Anche se la mia passione rimane per le donne, mi piacerebbe proprio.
- Sono riuscito davvero a conquistare il grande donnaiolo? – Mi domandò.
- No, sono io che ho conquistato te.
Sorrise di complicità.
- Puoi dirlo forte!

Fine.

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