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600 frustate 5


di Honeymark
03.06.2019    |    13.465    |    2 9.6
"- Scusi – azzardò la mia collega con una certa polemica, – ma usate lo stesso trattamento anche per gli uomini? - Certo che sì, ma molto più feroce..."
600 frustate
5.



Vennero a prenderci verso le 16 perché il capo voleva istruirci prima di metterci in mano una frusta. Cosa che cercò di fare nell’ora che ci separava dal supplizio delle ultime 40 frustate.
- È facile frustare, – ci spiegò mentre ci accompagnava in uno dei sotterranei del carcere. – Quello che è difficile è frustare bene. I colpi vanno dati con precisione e con la massima forza, evitando le gambe.
- Quindi dove dobbiamo colpirla? – Domandai.
- Schiena, tette, pancia, culo, sesso. Dovere far male, non danni.
- E se sbagliamo? – Domandò la mia collega.
- Pazienza, – rispose. – Ma cercate di colpire giusto.
- È difficile?
- Adesso vi diamo una dimostrazione e vi faremo fare delle prove.
- Con dei manichini?
- Volete scherzare? Con delle persone vere, altrimenti cosa imparate?
- Ma noi non vogliamo frustare persone innocenti! – Protestai.
- Lo credo bene! – Ribatté lui. – Frusterete una condannata, le cui frustate andranno a defalco dall’ammontare di pena.
- Si tratta di una donna o di un uomo? – Domandò la mia amica.
- Donna! – Rispose meravigliato. – Io mi occupo solo di donne. E voi state per frustare una donna! Cosa imparereste a frustare un uomo?
Fece cenno a una guardia, la quale andò a prendere una malcapitata.
- Il mio consiglio è di palpare le intimità e le curve della condannata che ci portano qui. – Disse. – Serve per creare un rapporto diretto con la vittima e per trasmetterle un certo calore. Alla fine la condannata vi sarà grata.
Precedute dal suo aiutante, due guardie femmine vestite di blu e coperte da testa ai piedi portarono una donna sulla quarantina, coperta da un mantello verde.
- Il mio aiutante vi mostrerà come frustarla, – spiegò mentre la denudavano e la legavano alle corde pendenti dal soffitto e agli anelli per terra. – Poi lo farete voi. Ma ricordatevi: non è un gioco. O fate urlare la condannata o non se ne fa niente.
Non commentammo.
- Il mio aiutante colpirà questa donna sulle tette, poi al culo e infine al sesso. Cercate di imparare bene le sue mosse perché dopo lo farete voi.
Fece cenno al giovane aiutante di cominciare. E il ragazzo andò prima a palpare la figa alla infelice esposta nuda davanti a noi, poi le palò il culo e infine alle tette. La donna reagì cercando di impedire l’umiliazione, ma ovviamente fu inutile.
Il giovanotto, con una evidente e comprensibile erezione in corso, guardò il capo, che fece cenno di sì con la testa.
La donna iniziò a tremare come una foglia.
- Attenzione alla postura del carnefice – disse, – e poi a come carica le braccia.
- Ecco. Vai.
Sciaaaaaaaaaaaaaack!
- AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhh! – Urlò la povera donna gettando fuori la lingua e sbattendo la testa a destra e a sinistra.
Il giovane era esperto e aveva colpito perfettamente in pieno le tette, che per contraccolpo erano sobbalzate subito verso l’alto. Poi si tirò indietro soddisfatto e lasciò che il capo parlasse.
- Avete visto? – Disse prendendo le tette in mano, giustamente indifferente alla sofferenza della donna. – Vanno colpite così. Vedete questo segno rosso? È perfetto. Ma cercate di colpire verso l’esterno, anche solo i capezzoli. Vedete voi.
Il capo ci fece spostare e fece cenno al suo dipendente di procedere. E lui si portò di fianco, caricò nuovamente le braccia e colpì orizzontalmente la base delle natiche.
Sciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaack!
- Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!
Un altro urlo agghiacciante della poverina. La quale continuava a sbattere la testa in qua e in là con la lingua fuori. Le culatte tremavano incontrollate e il capo si accucciò per farci vedere come l’aveva colpita bene.
- Forza, – disse alzandosi. – Provate voi.
Il carnefice mi porse la frusta lasciandomi un po’ indeciso. In compenso si fece avanti la mia collega Federica, che impugnò la frusta a due mani.
- Dove la colpisco? – Domandò senza farsi problemi.
- Le tette o il culo, – rispose. – Cosa preferisce?
- Le tette. – Disse sicura di sé. – Mi sembrano abbastanza grosse.
Si mise in posizione, assatanata, ma il capo intervenne.
- Prima la palpi, – le ordinò.
Fece cenno all’altra sua inserviente, una donna, che si avvicinò con una salvietta e le asciugò la figa. A quel punto la mia amica le prese la fica in mano con evidente soddisfazione e la poverina parve davvero rilassarsi un po’. Poi le palpò le tette, come per verificare dove fosse meglio colpirle.
- Sono pronta, – disse, mettendosi in posizione come aveva visto fare.
Il capo fece cenno al giovane boia, il quale prese il copricapo della condannata e le tirò in dietro la testa, in modo che non le colpisse per sbaglio il viso.
- Vada! – Disse il capo.
Swuiiiiiiiiiiiiishhhhhhh!
L’aveva mancata.
- Non si preoccupi, – la rassicurò il capo. – Riprovi. Ha solo avuto paura di colpirle il viso. Non si faccia problemi, vedrà che la prossima andrà meglio.
Sciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaackete!
- Ahhhhhhhhhh! Ahhhhhhhhhhhhh! Ahhhhhhhhhhhhh!
- Brava! – Commentò. – Ha dato un ottimo fendente. Questa scudisciata la condannata non la dimenticherà. Sente come urla?
La disgraziata urlava e si contorceva come un’anguilla in padella.
- Aspetti che la tranquillizzo.
Le prese la figa in mano e piano l’altra si rilassò
- Ora le frusti il culo. – Disse poi, togliendo la mano.
- No, il culo lo lascio a lui, – disse indicandomi. – So che gli piace. È una cosa da uomini.
Rimasi paralizzato da quello che avevo visto e sentito, ma presi in mano lo scudiscio che mi aveva passato.
- La palpi. – Ricordò severo il capo. – Mi rivolgo a lei signora. La palpi dove l’ha colpita.
La mia collega le palpò le tette volgarmente da dietro e la poverina si placò per qualche altro secondo.
Poi toccò a me. Iniziai anch’io palpandole le tette da dietro come usa fare un uomo, poi le presi fa riga in mano. Era fradicia. La inserviente se ne accorse e venne ad asciugarle la figa e poi la mia mano. Passai al culo. Lo palpai di gusto e andai a toccarle il buco. Lei tremò.
- Ora la frusto. – Dissi più a me che a loro.
Mi portai dietro, le guardai il culo con avidità, caricai le braccia al massimo, per poi sferrarle una scudisciata orizzontale memorabile.
Sciaaaaaaaaaackkkkkkkkkkkkkkkkkk!
- AiiiuauauauauaaaaahhhhhhhhaaaaaaaaaaHHHHHHH!
La poverina gridò a squarciagola. Da come reagiva, dunque, l’avevo colpita bene. Benissimo.
- Siamo pronti. – Dissi allora al capo. – Possiamo frustare la nostra amica.
Ed era vero. Mi sentivo carico e pronto a seviziare la nostra concittadina.
Il capo fece cenno al giovane boia di portare via la donna che avevamo frustato.
Il ragazzo, slegandola, lanciò al capo uno sguardo interrogativo.
Il capo fece cenno di sì. Il giovane boia le legò le mani dietro la schiena, le mise il guinzaglio e se la portò via così, nuda e dolorante.
- Cosa le fa adesso? – Domandai, avendo intuito qualcosa.
- La monta o la incula, – rispose serafico. – Finché non hanno scontato del tutto la pena, i condannati non hanno diritti, sono degli schiavi, degli oggetti. I miei ragazzi sono giovani e gradiscono divertirsi con loro per scaricare il desiderio sessuale caricato con la frusta.
- Oddiomio…! – Esclamò la mia amica. – È spaventoso.
- Non si preoccupi, – la tranquillizzò il capo. – È una cosa che fa bene anche alle condannate, che così scaricano la tensione e il dolore.
- Ma allora anche la nostra concittadina è stata stuprata ogni volta?
- Certo che sì! – Le rispose. – A parte oggi, naturalmente, perché con queste ultime frustate che le darete voi avrà completamente espiato la pena e pertanto diventerà intoccabile.
Lo guardammo increduli di fronte a tanta logica disarmante.
- Ma se volete un consiglio – continuò, – violentatela voi. Ne avrà bisogno, le farà bene. Anzi, visto… diciamo… il grado di parentela, se volete che stasera vi mandi due dei miei ragazzi, ne ho di superdotati e bravi.
- No grazie! – Dissi seccato.
- Scusi – azzardò la mia collega con una certa polemica, – ma usate lo stesso trattamento anche per gli uomini?
- Certo che sì, ma molto più feroce. – Rispose. – Ma, come vi ho detto,il mio reparto è specializzato in donne.
Ci avviammo verso la sala dove avremmo frustato la nostra donna.
- Usate solo la frusta? – Domandai camminando. L’indole di giornalista riaffiorava sempre.
- Perlopiù sì, ma abbiamo anche soluzioni specifiche più dolorose.
- Per esempio? – Chiese la collega.
- La bastonatura.
- Si spieghi.
- Si denuda la condannata, le si legano le mani dietro la schiena, la si appende per le caviglie a testa in giù. Le si allargano le gambe il più possibile e poi le si danno bastonate sul sesso.
- Sulla figa? – Esclamai basito.
- Ossignore! – Sbottò la collega. – Ma è devastante!
- Non con me, – protestò fermandosi. – Io so far soffrire fino all’inverosimile, ma non faccio mai danni.
Restammo ad ascoltarlo a bocca aperta.
- Io e solo io di persona bastono li sessi delle condannate. Uso un sistema morbido. Anziché un bastone di legno, uso un tubo di cartone, come quelli che si usano per spedire documenti.
- Immagino che non dia troppi colpi…
- Non più di 10 per volta, – precisò. – Non possono stare appese a testa in giù per troppo tempo.
- Ah, per quello? – Sottolineai.
- Urlano? – Chiese la mia amica.
- Come forsennate, – rispose. – Ma in realtà è più spettacolare che altro. E devo dire che è una delle cose che piacciono di più anche a me.
- Ne «bastona» molte?
- No. Purtroppo i giudici infliggono questa condanna solo in casi particolari. Quindi al momento non ho nulla da farvi vedere…
- Peccato… – Mi sfuggi di dire.
La collega mi aveva dato una gomitata al fianco.
- Ostia, scusate, non volevo…
- Usate lo stesso trattamento anche con gli uomini? – Domandò nuovamente la collega polemica.
- Come ho detto, non è affar mio, ma so che il sistema usato con loro è il cuneo per spanare il culo
- Credo di capire per quali reati sia previsto il cuneo… – Commentai.
- Ma non mi piace. – aggiunse il capo. – I condannati poi impiegano un mese per guarire il danno.
Eravamo quasi arrivati alla sala giusta.
- Ancora una domanda, – azzardai. – Avete anche pene meno cruente?
- Certo. Il principio è di non tenere mai in cattività le donne come fate voi in Europa. Da noi stanno in carcere solo per scontare la pena corporale. Che quindi non può avvenire solo con la frusta perché ci sono anche reati meno gravi o più gravi.
- Scusi, – domandò Federica. – Ma chi denuncia queste infelici?
- Per i piccoli reati, il più delle volte sono i familiari maschi che le denunciano. Il papà. Il marito, il fratello, il figlio… Ma lo fanno anche gli insegnanti, i religiosi…
- E come vengono puniti questi piccoli reati? – Domandai.
- Si rovesciano un po’ le cose. – Rispose da esperto. – Le condannate alla frusta, cioè per i reati pesanti, vengono denudate solo per sottoporle a supplizio. Invece per i reati minori vengono tenute in cella sempre nude perché devono essere solo umiliate e «infastidite».
- Cioè «molestate»? – Volle chiarire Federica.
- Sì, e umiliate, – precisò. – Sono punizioni che il ministero della Giustizia ha chiesto a me di studiare, grazie alla mia esperienza, e che poi sono state approvate come leggi di stato.
- Cioè, cosa fate per… «molestarle»?
- Quando stanno in cella devono rimanere sedute nude a cavallo della panca, così devono tenere le gambe allargate stando girate verso la cancellata d’ingresso così possiamo controllarle da fuori. Le si legano le mani dietro la schiena, le si imbavagliano e poi, a seconda del livello di umiliazione deciso dal giudice, le si lascia semplicemente così, oppure le mettiamo le mollette ai capezzoli e al clitoride. Nella peggiore delle ipotesi mettiamo anche dei cunei nell’ano.
- Perché le imbavagliate? – Domandò Federica.
- Perché dopo un po’ cominciano a lamentarsi come galline.
- Ne ha anche adesso nel… pollaio?
- Sì, ha ha! – Sghignazzò. – Lo chiamiamo anche noi «pollaio». Venite ve ne faccio vedere. Quelle col cuneo sono sedute in modo che mostrino la schiena e lo stato del cuneo nel retto.
- Hanno l’«ora d’aria»? – Domandò, sempre polemicamente, la collega.
- Certo. Tre volte al giorno togliamo mollette e cunei, le sleghiamo, le faccoa,mo vestire, le facciamo mangiare e altro. Le portiamo in giro e poi le rimettiamo lì, le spogliamo eccetera. La notte le lasciamo riposare indenni.
- La pena quanto può durare?
- Al massimo una settimana. – Poi ci indicò le gabbie. – Eccole.
Ci mostrò le celle con le sbarre. Ne vedemmo tre di fronte con le mollette e una di schiena con cuneo messo a dimora.
- Le misure del cuneo? – Domandai.
- La parte interna sedici centimetri di lunghezza per quattro di diametro. – Spiegò. – La parte che rimane fuori è lunga 5 centimetri e larga 2. È fastidioso, mi creda.
- Chi le prepara?
- Io, – rispose. – Ci vuole esperienza e passione.
- Ma questo è sadismo puro! – Protestò Federica.
Stavolta le diedi io una gomitata perché poteva metterci nei guai. Invece lui si dimostrò di buonsenso.
- Lo chiami come vuole, – le rispose sicuro di sé. – Però provi a chiedere alle condannate alla molestia se avrebbero preferito fare due anni di carcere. O alle donne frustate, se avrebbero preferito stare in carcere 10 anni, come fate voi in Europa. Mi avevano chiesto di trovare pene alternative, le avevo proposte e loro le hanno approvate. Ci sono riuscito!
- È meglio che andiamo… – Disse Federica disarmata.
- Scusi un’ultimissima domanda. – Aggiunsi. – Chi sono le femmine di guardia che la aiutano?
- Due sono figlie mie. – Rispose candidamente. – Ho 5 figlie e due maschi. Le altre inservienti mi sono state raccomandate dalle alte sfere…
- E se venisse condannata una delle sue figlie? – Chiese sarcastica Federica.
- Mi è già capitato, – rispose severo. – Una si è fatta una settimana di cuneo e mollette. Io sono incorruttibile.
Pensai ai 5.000 dollari che si era intascato da noi.
- Un’altra è stata denunciata da un religioso, – aggiunse vedendomi perplesso. – È stata condannata a 5 bastonate…
- E lei l’ha bastonata.
- Certamente, – ripeté. – E con la massima forza. Io sono incorruttibile.

(Continua)

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