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Lui & Lei

L'epopea delle candele, seconda parte.


di Honeymark
05.05.2018    |    5.011    |    0 9.9
"- E perché? - Perché anch’io ti amo..."
L’epopea delle candele.

4.


E giunse la settimana di carnevale, dove finalmente potevamo divertirci con le matricole.
I processi venivano celebrati nella palestra dell’Istituto, che era formata da grandi sale per sport di squadra, collegate a file di spogliatoi molto comodi e servizi igienici indispensabili.
Nella sala più grande si insediava la corte (a sua volta formata da un presidente e due giudici a latere), dai banchi dell’accusa (la difesa si limitava ad appellarsi alla clemenza della corte) dove stavano seduti PM, gli assistenti (i fagioli), gli imputati (che contrariamente ai processi di tribunale stavano con l’accusa e non con la difesa). Tutta la sala era poi riempita di sedie per il pubblico, vale a dire tutti gli studenti di ogni ordine e grado. Era vietato l’ingresso agli estranei, compresi i docenti.
La vigilia del giovedì grasso venivano celebrati i processi più leggeri, un modo per riscaldarsi e portarsi avanti con i lavori. Io e Valentina, che stavamo seduti fra il pubblico, non sapevamo cosa avessero commesso, ma non si trattava di ragazze scovate con i collant. Sui maschietti ne sapevo ancora meno.
Le prime sentenze furono simpatiche. Le ragazze vennero condannate a finire l’anno scolastico con le gonne e le calze, ma senza le mutandine. Gli anziani con almeno tre bollini – come me – potevano sempre verificare se mantenevano lo status, i fagioli che accompagnavano gli anziani – come Valentina – potevano solo assistere, il che non era poco...
I maschietti vennero condannati a mostrare il culo agli anziani con almeno 3 bollini ogni volta che glielo avessero richiesto, maschi o femmine che fossero. Il tutto durava per il resto dell’anno accademico in corso.

L’indomani, giovedì grasso, tutta la giornata venne dedicata ai processi veri, quelli che portavano a condanne esemplari, tra i quali le nostre due imputate.
I PM illustravano la situazione, chiedevano la condanna che poi doveva essere eseguita sul posto, salvo diverse disposizioni della Corte. Per questo, anche se ad avere matricole da processare eravamo solo una decina, impiegammo un bel po’.
Va precisato che le condanne più dure e quelle accessorie venivano solitamente eseguite dal sabato successivo alla sera del martedì grasso, massimo giorno di festa.
Il nostro turno venne fissato per le 21. Portammo in aula le due ragazze con un grosso adesivo sulla bocca e le mani legate dietro la schiena, come da prassi. Se interrogate, dunque, non potevano rispondere. Le due erano terrorizzate, io e Valentina eccitatissimi. Ma anche agitati.
- Signor Pubblico Ministero, – mi disse la presidente del tribunale degli anziani che stavolta era una donna. – Dov’è il maschietto?
- Ho un’istanza per la Corte, – dissi, mentre Valentina andava a portarla alla presidente. – Chiedo che le matricole 31.520 (maschietto) e 31.583 (femminuccia) vengano processate insieme alle mie due imputate con l’accusa infamante di «millantato credito».
- Intende dire che si sono passati per fagioli o più, senza esserlo? – Chiese la presidente scandalizzata.
- Sì, vostro onore. Spalleggiate da due fagioli che nella sostanza sono anche morosi dei due colpevoli.
- Vergogna! – Commentò la presidente battendo il martelletto. – Mi porti anche i numeri dei due fagioli.
Valentina, che se lo aspettava, portò tutto alla Corte. La presidente prese atto e parlò.
- Stabilisco che le due minus quam merdam, matricole 31.520 e 31.583, vengano processate insieme alle due imputate dell’illustre Pubblico Ministero.
- Grazie vostro onore. – Commentai. – Ora abbiamo anche il maschietto.
Il servizio d’ordine, fatto da ragazzoni grandi e grossi con almeno un anno di anzianità, andarono a prendere i due disgraziati stupiti e terrorizzati, legarono loro le mani dietro la schiena e misero un grosso adesivo anche sulle loro bocche. Poi li fecero sedere vicino alle nostre Lucia e Laura.
- Il Pubblico Ministero può cominciare la requisitoria.
Valentina aveva l’acquolina in bocca. Io ero pronto.
- Signor presidente, – cominciai. – Qui sul banco degli imputati siedono quattro esseri spregevoli. Minus, minus, minus quam merdam…
Illustrai le singole vicende, pompando un po’ il tutto come si deve fare dal banco dell’accusa.
- …e pertanto vostro onore – conclusi, – chiedo che vengano condannati tutti quattro alla pena dei tre carciofi: carciofo semplice, carciofo aggravato e carciofo lampante, da scontarsi subito, nell’ordine indicato.
La presidentessa della corte lesse i miei appunti, si consultò velocemente con i giudici a latere, quindi si alzò a pronunciare la sentenza.
Ci alzammo tutti.
- Tutte le quattro matricole, minus quam merdam – disse, – sono condannate alla pena dei due carciofi, quello semplice e quello aggravato. Le condanne verranno eseguite subito.
Io e Valentina provammo un senso di frustrazione. I due carciofi sono due pene pesantemente umilianti, ma ci aveva tolto il carciofo lampante che era il top.
- Tuttavia, – continuò la presidente, fermando tutti ad ascoltare, – la Corte aggiunge delle pene accessorie.
Restammo ad ascoltare.
- La matricola N. 31.722 (era Lucia) viene condannata anche alla pena della Gabbia lampante, da eseguirsi la serata di martedì grasso, festa di laurea della sottoscritta siderea fuoricorso.
- La matricola 31.725 (Laura) resterà per il resto dell’anno accademico nella totale disponibilità del Pubblico Ministero.
Non aveva finito.
- I due fagioli rei di millantato credito sono condannati al clistere e alla disponibilità del Pubblico ministero per il resto dell’anno accademico.
- La pena del clistere va eseguita qui? – Domandai. – In pubblico?
- No, – rispose stizzita. – Sarebbe uno schifo. Dica alla sua assistente di decidere il luogo e il giorno e l’ora in cui i colpevoli debbono sottoporsi alle vostre cure.
- Fantastico…! – Bofonchiò Valentina. – Sei un grande.
- Infine – aggiunse con tono istituzionale, – vista la creatività del Pubblico Ministero, che ha introdotto in maniera efficace, sicura e diversificata, l’uso delle candele nei delitti e nelle pene di questa Università, si chiede allo stesso Pubblico ministero di volersi adoperare per trasformare tutte le matricole che sono state condannate oggi a fungere da candelabri umani in carciofo lampante nel corso della citata festa di laurea della sottoscritta laureanda, la sera di martedì grasso. Il PM ha commenti da aggiungere?
A dir la verità, le sue parole mi aveva già avviato un’erezione e, conoscendola, sapevo che Valentina si era già bagnata.
- Ehm… – dissi però. – Ho capito bene che si tratta di una ventina di matricole da adibire a candelabri umani?
- All’incirca. – Rispose.
- Forse sono un po’ tanti, anche perché poi vanno sottoposti anche alla fellatio riparatoria…
Era il pompino che dovevano farmi tutti i condannati alla fine della performance.
- Il PM troverà il tempo necessario, – sentenziò la presidente. – Magari facendosi aiutare dalla sua assistente.
- Perfetto…
Batté il martelletto.
- Si proceda alla esecuzione delle condanne di primo grado!


5.


Il servizio d’ordine si mise a disposizione per facilitarci le cose, perché il pubblico diventa impaziente quando sta in attesa di scene sadomaso.
Portammo le nostre matricole nello spogliatoio che ci era stato assegnato e Valentina mise in riga il maschietto e le tre femminucce, che già stavano con le mani legate dietro la schiena e con il cerottone sulla bocca.
- Forza Valentina. – Dissi. – Animo!
Prendemmo la sottana di Lucia e gliela alzammo fino al collo, dove Valentina gliela legò. Adesso mostrava le gambe con calze reggicalze e mutandine. Con la gonna legata al collo sembrava proprio un «carciofo», da cui il nome della punizione.
Lucia automaticamente piegò un po’ la gamba destra per proteggere la vista delle mutandine. Ma la visione era bellissima lo stesso. Avrebbe fatto impazzire il pubblico.
Facemmo la stessa cosa a Laura, che mostrò il suo disappunto all’idea di doversi mostrare così.
- Stai ferma – le dissi piano, – che sono riuscito a evitarti il pubblico ludibrio di martedì prossimo, ma non questo.
Annuì, ma arrossì lo stesso. Anche lei era bellissima e davvero erotica, così esposta come un carciofo.
Passai alla nuova arrivata, ma prima diedi disposizioni per l’unico maschietto.
- Gli sfilate i pantaloni, per favore? – Chiesi ai ragazzoni del servizio d’ordine.
E loro glieli sfilarono in un batter d’occhio.
- Trovate delle calze il reggicalze, poi fateglieli indossare.
Miracolosamente, calze e reggicalze ce ne erano sempre a volontà. Magari con qualche smagliatura, ma c’erano. Gli fecero indossare le calze e gliele fissarono al reggicalze. Le ragazze, comprese le matricole in punizione, si girarono a guardarlo così. Lui si vergognò, ma le ragazze aumentarono la loro insana curiosità.
- Fategli indossare un vestito da donna.
I ragazzi lo sapevano e l’avevano già trovato. Glielo fecero indossare senza complimenti.
Intanto io e Valentina avevamo sollevato la gonna anche alla terza ragazza che, guarda caso, portava i collant. Evidentemente non si aspettata un’ispezione nel corso di un processo…
- Sfilate i collant a questa minus quam merdam e fatele indossare calze e reggicalze come al maschietto. – Dissi. – Adesso devo confrontarmi con la presidentessa del tribunale.
Andai a parlare con la presidentessa per informarla della disgraziata che aveva osato portare i collant in aula. Tornai tornai che erano tutti quattro già con calze e reggicalze.
- Cosa ha detto? – Mi domandò Valentina.
- Saranno entrambi a nostra esclusiva disposizione per tutto l’anno accademico.
- Entrambi? Perché due?
- I due ultimi arrivati.
- Ottimo, ma il maschietto che c’entra?
- Beh, non portava neanche lui calze e reggicalze.
- Ha ha!
Guardai il lavoro fatto e mi ritenni soddisfatto. I carciofi erano un capolavoro.
- Fatti aiutare da un fagiolo e portali in sfilata uno alla volta, frustandoli. – Dissi a Valentina. – Vado in sala anch’io a godermi lo spettacolo.
- Per il Carciofo aggravato vieni tu a prepararli?
- No. – Risposi. – Pensi di cavartela da sola?
- Sì, – disse rossa in faccia dalla goduria.
- Bene, – commentai. – Ricordati il frustino, dai sempre qualche colpetto ai culi.
- Agli ordini, capo!

In sala rullarono i tamburi del batterista e una speaker annunciò al microfono l’arrivo di quattro matricole - un maschietto e tre femminucce - nella disponibilità del sottoscritto e della sua assistente. Non fece nomi dei condannati ma citò solo i numeri di matricola. Minus, minus, minus, minus quam merdam.
Un attimo dopo vidi entrare una ragazza che tirava Lucia con un guinzaglio al collare. Vestita come un carciofo e incerottata sulla bocca sembrava esprimere il massimo dell’erotismo voyeuristico e della umiliazione perfetta. In una parola, oggi diremmo «bondage», ma allora quel termine francese non era ancora diffuso in Italia.
Lucia agli occhi sbarrati, ma obbediva docilmente seguendo il suo conducente e senza protestare per le frustatine che Valentina le dava passo a passo sul culo coperto dalle mutandine.
In effetti, calze e reggicalze rappresentano una visione feticista insostituibile. I veri feticisti amano soprattutto i piedi, ma a me e alle persone normali le calze sono il massimo. Mi attirano ancora oggi che sono passati 40 anni da quando sono scomparse.
Il pubblico fischiava e applaudiva, mentre la speaker, aiutata da Valentina, ordinava alla matricola di girarsi, di allargare un po’ le gambe, di mettersi in esposizione.
Poi Lucia fu riportata dentro e al suo posto venne Laura, molto più imbarazzata a essere esposta così in pubblico, al punto da non sentire le frustatine con le quali Valentina si stava proprio divertendo. Laura si sentiva morire di vergogna, anche se il pubblico non la guardava neppure in faccia. E quando girò il culo con le mutandine verso il pubblico, qualcuno lanciò elasticini, pive, palline di carta, aeroplanini e quant’altro.
Quando entrò il maschietto, inaspettatamente il pubblico si scatenò a vederlo portato a spasso da un ragazzone che lo conduceva come una cagna, vestito anche lui da donna, col vestito tirato su a carciofo fino al collo e anche lui in mutande, con calze e reggicalze. Fischi e urla non bastarono a impedirgli una vergognosa erezione che mal celava sotto le mutande, a dimostrazione di come l’umiliazione lo stesse eccitando. La sua virilità stava andando a puttane.
Poi Valentina portò in pubblico l’ultima matricola, stupenda anche lei, ma il pubblico ormai attendeva la fase due, il carciofo aggravato. Valentina la riportò dentro presto, eccitata anche lei dall’idea della fase successiva.

Non passò più di qualche minuto che il rullio di tamburi del rockettaro di turno si scatenò per annunciare l’ingresso di Lucia, sempre la prima delle condannate a pagare il fio.
Era conciata a carciofo come prima, ma con il vestito tirato su e legato al collo, ma stavolta senza mutandine.
Era bellissima. L’avevo vista e studiata a lungo nelle sue nudità, ma così esposta al pubblico che la guardava con interesse libidinoso mi faceva sentire un privilegiato. Lei era visibilmente imbarazzata, ma obbediva da brava schiava, come ci si aspettava dal suo ruolo di matricola. Quando le dissero di mostrarsi ai giudici lo fece senza risparmiarsi. Le ordinarono di mostrare la figa e la mostrò; le dissero di offrire il culo e lei obbedì, allargando un po’ le gambe e piegandosi leggermente in avanti, come voleva Valentina. Sognai di incularla… Cosa che mi era vietata.
Il pubblico fischiava e urlava. Ovviamente tutti - maschi e femmine - avrebbero voluto palparla, ma la situazione andava tenuta sotto controllo. La fecero sfilare più volte sulla passerella e devo dire che vederla così agghindata a carciofo, ignuda dalla vita in giù e coperta a palloncino dalla vita al collo, era una visione da mille e una notte. Valentina continuava a colpirla sul culo col frustino, così tanto per tenerla stimolata. E perché le andava di farlo.
Il mondo non si divide in bianchi e neri, né in poveri e ricchi, ma in dominanti e sottomessi. Il più delle volte con entrambe le tendenze che albergano nello stesso corpo. Una questione di momenti e ruoli diversi.

La stessa sorte toccò alle altre due matricole schiave e al maschietto.
Laura era spaventata perché, come sappiamo, il supplizio eseguito in pubblico la terrorizzava. Non riusciva a capire che non l’avrebbero neanche guardata in faccia. Lei avrebbe preferito qualsiasi punizione, ma in privato. Anzi l’avrebbe proprio gradita: oltre a farmi il pompino mi avrebbe consentito di incularla. Le avevo risparmiato la pubblica esposizione della festa di laurea, ma quell’unica volta in pubblico, poverina, dovevo lasciarla consumare. L’aveva capito, ma intanto soffriva e mi guardava implorando pietà. Io ero disposto a perdonare, ma Valentina no. Dovette gustarsi l’umiliazione fino all’ultima goccia.

La terza femminuccia era terrorizzata come Laura, sembrava paralizzata nel vero senso della parola. Era venuta ad assistere ai processi per godersi qualche succulenta esecuzione della pena, trovandosi invece anche lei condannata a subire quello che voleva vedere. Ubbidiva anche lei, ma Valentina ebbe da frustarla più volte perché tendeva a non muoversi; paralizzata, appunto.
Mi domandai che cosa potevo farle adesso che mi era stata affidata in toto per il resto dell’anno accademico. Di certo io e Valentina ci saremmo divertiti a sue spese. Ma dovevo pensare come. Il creativo ero io.

Infine toccò alla matricola maschietto. Come a tutti i maschietti sottoposti a una condanna a sfondo sessuale, era stato vestito da donna con tanto di calze e reggicalze.
Il suo carciofo era effettivamente travolgente, perché il suo pene stava in erezione. Insomma, lo volesse o meno, l’essere costretto a esibirsi come una femminuccia lo eccitava visivamente.
Portato in giro da un fagiolo maschione, si sentiva una merdaccia. Anzi, meno: minus quam merdam.
Era disperato, ma felice di essere umiliato. Ora tutti sapevano che si eccitava a essere esposto e umiliato. La sua mascolinità se ne stava andando a puttane. Ma si sarebbe rifatto anche lui da anziano. Beh, prima lo avrebbero invitato tutti i maschi e le femmine dominanti. Si sarebbero fatti leccare da lui.
Comunque sia, il suo cazzo in fuori, il suo culo bianco e liscio, le sue gambe muscolose e le calze femminili ne facevano un’opera d’arte favolosa.
Mentre venne esposto alla corte del tribunale, mi sentii orgoglioso di poterlo possedere per il resto dell’anno accademico.
Mi piacciono solo le donne, ma la dominazione è trasversale.
Mentre lo guardavo, mi venne in mente una performance da dedicare a lui e alla terza femminuccia. Ho molto sviluppato il pensiero laterale.



6.


Quella serata decisi di dedicarla a Valentina, rinviando all’indomani e ai giorni successivi i pompini che mi erano dovuti.
- Hai pilotato la sentenza, vero? – Mi domandò Valentina mentre si spogliava.
- Ho scritto in maniera dettagliata cosa volevo fare. – Risposi, guardandole il culo, il più bello del mondo. – La corte ha recepito le mie istanze trovandole molto arrapanti. In particolare l’uso delle candele. Ho scritto pagine di costume, perché da oggi in poi nel culo metteranno solo dei ceri, e sarà possibile accenderli.
- Non preferisci mettere il cazzo nel culo? – Mi domandò prendendomelo maliziosamente in mano.
- Certo! Ma è vietato con le matricole! – Risposi. – D’altronde credo che tu ti meriti l’esclusiva. Sei il più bel culo dell’Università.
- Solo?
- Hai ragione, il più bello del mondo.
Ed era vero.
- Beh – aggiunse, – hai un bel programma da realizzare, perché ti hanno affidato quattro matricole e due fagioli.
- Ai fagioli tu devi fare i clisteri… Ha ha! Questa è stata un’idea della corte. Dente per dente…
- Sì, ma li voglio fare insieme a te.
- Sei gentile, – sorrisi. – Dimmi una cosa…
- Son qua.
- Come ti hanno fatto mettere per farti i clisteri?
Mi mise in posa a quattro zampe, su gomiti e ginocchia allargati.
- Wow… E chi non i farebbe un clistere?
- Tu puoi farmi quello che vuoi… – Disse facendo le fusa.
- Posso anche farti fare un clistere da chi ti sta sulle balle?
Mi guardò allibita, poi rispose.
- Non ti basta poter disporre di tutte queste matricole di merda che ti procuro?
- Certo, – risposi. – Ma è te che amo.
Mi guardò stralunata.
- Beh, sì… se proprio lo volessi… – Era arrossita dicendomelo, intimorita. – Ubbidirei.
- Davvero? – Insistei.
- Se umiliarmi ti eccita – disse convinta, – fallo pure.
- E perché?
- Perché anch’io ti amo.
Non fu mai scritta una simile reciproca dichiarazione d’amore.
- Ci penserò… – Risposi sorridendo e accarezzandole la fessura del culo.
Si lasciò accarezzare per un po’.
- Hai idea di cosa fare ai tuoi schiavi? – Mi domandò alla fine, sdraiandosi pancia sotto.
- Sì. Certo.
- E la serata dei «candelabri umani», quella della festa di laurea della presidentessa, sai già come organizzarla?
- Ti ho detto di sì. E adesso te la spiego.

L’indomani andai a trovare un sarto e un artigiano della zona, normalmente fornitori dell’Università, affinché mi preparassero quello che mi serviva per la grande serata della festa di laurea. Accettarono di lavorare gratis e mi misi d’accordo. Allora decisi che potevo avvalermi dei miei quattro schiavi-matricole e dei due schiavi-fagioli. Da solo non potevo farcela e volli negoziare il loro aiuto.
Cominciai da Lucia e Laura.
- Sentite, – spiegai loro. – Mi siete state affidate per il resto dell’anno accademico, quindi ogni volta che ne avrò voglia vi spoglierò, vi sodomizzerò con un cero, lo accenderò, vi frusterò il culo fino a spegnerlo e, alla fine, mi farò fare un pompino.
Non dissero nulla. Bene.
- A parte Lucia – precisai poi, – per la quale ho negoziato con la corte il supplizio della gabbia in cambio dell’esenzione dal pompino.
- Sei buono… – Commentò Valentina. – Pochi avrebbero accettato di rinunciarvi.
- Tuttavia – continuai, – ho bisogno del vostro aiuto per la serata di martedì grasso. Quindi vi promuoverò «fagioli» sul campo e nessuno potrà farvi più nulla.
- Neanche noi? – Domandò Valentina guardandomi preoccupata.
- Noi sì. – Le risposi. – Li utilizzeremo ad uso funzionale per divertirci quando scopiamo. Per tutto l’anno.
- Che significa «ad uso funzionale»?
- Che, non potendo scopare le matricole, le utilizzeremo solo per la funzione di farci eccitare.
- Wow…
- Adesso io e Valentina ci divertiamo alle vostre spalle, – annunciai a Lucia e Laura. – Poi vi dico cosa faremo la sera di martedì grasso.
Le feci spogliare nude, le misi ai lati del letto in ginocchio con la testa in basso e il culo in alto per noi, allargai loro le gambe e infilai con cura un cero a testa nell’ano. Poi accesi i ceri e mi dedicai a Valentina.
L’idea di avere due candelabri umani che illuminavano la scopata ci eccitava da morire. Valentina ebbe un colpo di genio.
- Scodinzolate! – Ordinò loro. – Voglio che rendiate romantica l’atmosfera con il tremolio delle fiammelle. Capito, minus?
Le due obbedirono immediatamente e io e Valentina potemmo scopare a pieno ritmo, con un cazzo sempre più grosso e una Valentina sempre più scatenata.
Dovette frustarle più volte perché smettevano spesso di scodinzolare, ma anche questo ci aumentava il senso del potere e quindi del piacere. Le due, peraltro, perdevano secrezioni vaginali. Erano eccitate come passere. Ottimo.
Una volta venuti, Valentina spense i ceri a cinghiate. Poi ci sdraiammo sul letto e facemmo salire le due a leccarci il buco del culo prima e il sesso poi.
Fu un piacere davvero sopraffino, che avrei ripetuto volentieri per tutta la vita.
Quando mi girai per farmi fare il pompino, peraltro, Valentina e Lucia lasciarono che fosse solo Laura a lavorarmelo. Valentina però ordinò a Lucia di portare il culo col cero a portata della mia mano perché godessi di più.
- Vuoi mettere un cero nel culo anche a me? – Mi chiese infilandomi la lingua nell’orecchio.
- No, – sorrisi con gli occhi socchiusi. – Tu sei il mio braccio destro.
Venne a baciarmi.
Venni una seconda volta urlando come se mi scoppiasse il cazzo.

L’indomani toccò ai due schiavi maschietto e femminuccia, le due matricole che si erano spacciate per fagioli grazie alla compiacenza dei loro partner. Si presentarono da me per l’ora in cui li avevo convocati.
- Oggi avrete l’onore di subire le massime umiliazioni da parte del mio sidereo anziano, – spiego loro Valentina, facendosi forza del mio potere e carisma acquistato sul campo. – Prima però il Capo vi vuole rivolgere la parola. Guai se lo interrompete.
I due si erano fatti piccoli piccoli, pronti a obbedire in tutto e per tutto. Avevano compreso l’antifona e adesso si sentivano a due passi dal supplizio finale.
- Ho una proposta da farvi, – esordii. – Martedì sera ci sarà la grande festa di laurea della presidentessa del tribunale degli anziani che vi ha condannati.
Non dissero nulla, tenendo un basso profilo.
- Ho bisogno del vostro aiuto.
Lui, la matricola maschietto, ebbe un impercettibile movimento con la testa.
- Mi servono dei servitori fidati, altrimenti la performance non mi riuscirà con il tempismo che voglio io. – Continuai. – Quindi adesso vi sottoporrò a una umiliazione sperimentale, ma dopo vi dirò che cosa sarete autorizzati a fare martedì sera.
- Non sarete elevati al grado di fagioli – precisò Valentina, eccitata dal poter disporre di loro, – però martedì sera sarete il suo braccio secolare e da quel momento nessuno oserà più dirvi o farvi nulla. Sarete solo nostri.
- Adesso però farete quello che vi dico, – conclusi. – Spogliatevi.
I due obbedirono. Lei, ovviamente, portava calze e reggicalze. Lui, ovviamente, no.
Rimasti in mutande, attesero disposizioni.
- Toglietevi tutto! – Ordinò Valentina. – Mettetevi nudi, forza! Non si dovrebbero neanche chiedere queste cose.
I due infelici si tolsero tutto e restarono in piedi a mostrarsi a noi.
- Giratevi! – Comandò Valentina. – Mettetevi in ginocchio e porgete il culo al sidereo anziano.
I due obbedirono ancora e dopo un poco i loro culi erano a mia disposizione.
- Giù la testa e gambe larghe!
Valentina non dava loro pace, era un’ottima collaboratrice. Si misero in posa.
Valentina prese due ceri e me li porse.
- Sono lubrificati, capo.
Feci un cenno di ringraziamento col capo e presi il primo cero. Ovviamente cominciai dalla femminuccia.Mi piace tantissimo guardare il culo di una donna offerto così. Lo accarezzai per palesare la mia presenza e godere della sua umiliazione. Poi presi il cero è lo appoggiai al buco del culo. Il fondo del cero era smussato, tondeggiante. Mi ero raccomandato con Valentina che lo trovasse così, in modo che potesse restare fuori la parte con lo stoppino. Indugiai in modo che si abituasse alla presenza dell’intruso, poi lo spinsi dentro piano, in modo che si allargasse senza danni. Pochi sanno stare attenti come me in queste cose.
Pensai alla ragazza che stavo sodomizzando col cero, che in quei tempi con ogni probabilità a 20 anni sarà stata a letto con uno o due ragazzi al massimo e di cui si era innamorata. Eppure si era esposta a me senza dire baf. Questo è il carisma dato dal grado, dalla posizione, dalla forza mentale. Sapevo che lei era fiera di poter essere inculata da me per la prima volta, sia pure con un cero e non con il cazzo.
Quando vidi che il cero era entrato per qualche centimetro, lo spinsi dentro con determinazione. Lei lo sentì scivolare e io mi eccitai a vedere il buco del culo che si allargava per ricevere il mio oggetto e le natiche che si stringevano come per provare a impedirlo.
Sbattuto sul fondo, lei ebbe un piccolo gemito e sbatté un piede. Bene. Mi aveva sentito, era mia, la possedevo.
Non resistetti e le presi in mano la figa. Lei per reazione strinse le natiche attorno al cero e anche questo eccitò entrambi. Era nato un rapporto Padrone-schiavo. Padrone con la P maiuscola, schiavo con la esse minuscola.
Passai al maschietto per ripetere l’operazione e Valentina prima diede una manata al cero della schiava come per palesare anche il suo dominio.
- Palpala se vuoi. – Le dissi.
Lo fece.
Ripetei l’operazione con il giovane. Poggiai il cero, indugiai, spinsi, lo vidi farsi strada e lo infilai dentro con forza. Lui non gemette ma sbatté i piedi per mantenere l’equilibrio. Valentina diede una manata anche al suo cero e non resistette a prendere in mano i coglioni del giovane, il quale ebbe subito una vergognosa erezione.
- Bene ragazzi, – commentai. – Adesso alzatevi e mettetevi in piedi in posizione eretta.
Con fatica si portarono in piedi, tenendo le mani sopra la testa, in attesa di disposizioni.
- Adesso abbracciatevi, – dissi loro, mentre Valentina se la godeva alla grande. – La mia assistente accenderà i ceri che avete nel culo.
I due non erano sicuri di aver capito bene. Quella svolta sembrava nuova ed era del tutto inaspettata. Certamente non vietata. Si attesero una punizione singolare, mai vista prima.
- Allora? – Comandò Valentina. – Se dobbiamo ripetere sempre due volte gli ordini impiegheremo il doppio di tempo.
Con riluttanza i due si avvicinarono e pian piano si abbracciarono.
- Senza stringervi troppo! – Precisò Valentina. – Non siete qui per divertirvi.
Poi prese i fiammiferi e accese i ceri collocati nei loro culi. I due, terrorizzati, allargarono un po’ le gambe per non scottarsi.
- Adesso metterò su il disco del Valzer delle Candele – spiegai, – e voi, cortesemente, lo ballerete.
Allora si usavano i giradischi portatili e dovetti fare attenzione a non grattare l’LP mettendo la puntina sul solco. La musica partì e loro rimasero fermi.
- Allora? Volete ballare sì o no? – Disse severa Valentina, facendo il gesto di frustarli.
Finalmente i due iniziarono a ballare il valzer poco convinti, fuori tempo, ma un po’ alla volta ballarono, godendosi il cero nel culo e l’aria fresca che passava tra le pieghe del culo e alla base del cero.
La vista era stupenda, sembrava una scena dantesca. Un-due-tre, un-due-tre. Un battere e due levare, questo è il tempo del valzer, che allora sapevano ballare tutti.
Proseguirono così, eccitandosi anche loro, perché lui aveva una erezione sempre più spavalda e a lei non dispiaceva sentire la pressione del cazzo nel basso ventre.
Io e Valentina restammo a guardarli come ipnotizzati. Lei si strinse al mio braccio, come se mi amasse. Non vedevamo l’ora di scopare, ma prima i due schiavi avrebbero dovuto leccarci. Dura la vita degli anziani…
Quando la musica finì, fermai il giradischi e Valentina andò a spegnere i ceri con un colpaccio al cero come per spingerlo dentro di più.
Poi ci spogliammo anche noi e ci mettemmo giù per farci leccare il culo e il sesso.
La prassi era il pompino e il cunnilingus, ma io avevo introdotto anche il principio della lingua passata graziosamente sul buco del culo. Purtroppo Valentina voleva essere leccata dalla donna perché - erano parole sue - non voleva che la matricola maschio godesse leccandola. Quindi dovetti farmi leccare e sbocchinare dal maschietto. E devo dire che l’esperienza del maschio che te lo prende in bocca è unica, da provare.
Una volta venuti, ordinai loro di togliersi il cero, di rivestirsi e andarsene alla svelta. Cosa che fecero con la massima rapidità.
- Mi raccomando, – ricordai loro. – Venite qui il pomeriggio di martedì grasso che vi spiego cosa dovrete fare alla festa della sera.
Finalmente potevo montare Valentina.

Infine la punizione toccò ai due fagioli condannati a subire il clistere.
Anche loro si presentarono puntualmente, con una faccia da condannati a morte. Non osavano guardare Valentina, la loro vittima che adesso era diventata carnefice.
Io ripetei loro la stessa cosa detta agli altri.
- Adesso vi umiliamo nel modo più classico del sistema, – spiegai. – Il clistere. Ma in compenso martedì sera potrete riscattarvi perché mi servirete da fagioli, come boia.
Si disperarono a sentire la parola clistere, ma raddrizzarono le orecchie sulla seconda parte del discorso.
- Avete sentito bene, maiali. – Confermai. – Potrete esplicare il vostro senso sadico. Va bene?
Sapevano di cosa si trattava perché la sentenza mi attribuiva l’incarico di sottoporre tutte le matricole condannate a subire la stessa sorte ideata da me. Il carciofo aggravato e lampante. Per questo lui ebbe una malcelata reazione all’uccello, lei cercò inutilmente di sembrare indifferente.
Fatto sta che, oltre a sentirsi esentati dall’orribile performance pubblica collettiva, sarebbero stati parte attiva al mio comando. Il loro senso sadomaso dominante stava affiorando. Se erano stati così malvagi con la mia Valentina, era evidente che amavano fare i padroni.
Adesso però avrebbero fatto gli schiavi.
- Ora vi faremo il clistere, – ripetei, per far felice Valentina. – Poi vi spiego cosa vi farò fare la sera di martedì grasso.
- Spogliatevi, – ordinò Valentina senza guardarli in faccia.
Per lei era giunto il momento della grande vendetta e guardò con gioia malvagia i due che si spogliavano con riluttanza.
- Mani sulla testa e gambe larghe, – comandò quando furono nudi. – Voltatevi di schiena.
I due misero le mani sulla testa e si girarono a mostrarci il culo. Non male, li avrei inculati entrambi.
- In ginocchio!
Con calma si inginocchiarono e, senza attendere altre disposizioni, chinarono la testa in avanti fino a nasconderla tra le braccia in attesa della vergognosa punizione.
- Chi vuoi farti? – Domandai a Valentina. Alla fin dei conti li avevo fatti incriminare per lei.
- Il maschietto.
- Bene, – risposi. – Allora io mi faccio la femminuccia. Meglio così, clisterizzare un maschio non era nelle mie massime aspirazioni.
- Solo acqua, vero?
- Sì. Solo gli imbecilli mettono altri liquidi nelle perette, come tè, caffè, camomilla o altro. E la temperatura dell’acqua deve essere vicina a quella corporea, 36-37 gradi.
Valentina andò in bagno e tornò con due bei clisteri pieni d’acqua. Me ne diede uno e si portò al suo maschietto.
- Li facciamo insieme? – Domandò.
- Ottima idea, – risposi. – Cominciamo.
Ci portammo ai loro culi.
- Cosa c’è di più erotico di un culo che ti viene offerto e che puoi violare infilandogli qualcosa? – Commentai ad alta voce, guardando il bel culo femminile davanti a me.
- Tieniti per il sesso. – Mi suggerì Valentina.
Accolsi l’invito e presi in mano la vulva della femminuccia, mentre lei prendeva l’uccello del maschietto. Poi appoggiammo le cannule ai rispettivi buchi del culo.
- Pronta? – Dissi.
- Pronta, – confermò.
- E allora via!
Io infilai la cannula con calma per godermi la penetrazione ano-rettale, Valentina invece la infilò di brutto. Ognuno i clisteri per divertirsi li fa come preferisce. Il maschietto gemette un attimo, ma gli si rizzò l’uccello ugualmente fino a sbattere sul proprio ventre, un po’ per la mano sui coglioni, un po’ per la cannula che gli era stata infilata.
Anche la mia femminuccia si stava bagnando. Le sue natiche si erano strette, come per impedire alla cannula di entrare. Poi, arrivato in fondo, invece le allargò più che poté. Riflessi condizionati.
- Pronta? – Domandai di nuovo.
- Pronta. – Rispose ancora.
- Allora, prima di premere dentro il liquido da’ qualche colpetto alla pera, così si sentono vibrare dentro.
- Grande! – Commentò.
- Esperienza, – sottolineai.
Demmo qualche colpetto alle pere, immaginando le sensazioni che provavano i sottoposti. A momenti gli tremavano le natiche, scodinzolavano, infine davano anche colpi di bacino.
- Forza, – dissi. – Iniettiamo dentro l’acqua a tutta forza. Inondiamoli il colon.
Quando fu il momento di evacuare, dopo averli gonfiati come palloni, li mandammo in bagno insieme. Avrebbero deciso tra loro chi si sarebbe liberato per primo.
Quando uscirono, dopo un bel po’, io e Valentina li stavamo aspettando per goderci le loro lingue.
- Stavolta mi faccio io la femminuccia, – disse Valentina. – Lui ci godrebbe troppo con me.
- Come vuoi, – risposi. – A me va bene anche il maschietto.
Ci passarono il buco del culo e i sessi con la lingua, poi ci mettemmo a sedere e gli spiegammo cosa avrebbero dovuto fare la sera di martedì grasso.
Nel giro di pochi minuti la loro umiliazione lasciò il posto alla gioia malvagia di quello che avrebbero potuto fare a delle povere matricole, senza violare nessuna regola comportamentale.

(Continua)
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