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La Notte dei Cartier


di Honeymark
13.05.2017    |    9.339    |    2 9.0
"- Ma… me l’hai comperato davvero?! – Esclamò guardandolo..."
Uno dei miei vizietti erotici è quello di fare sesso nei momenti più complessi e nei luoghi più improbabili.
Quella che sarebbe passata alla (mia) storia come «La notte dei Cartier», in realtà avvenne di giorno, in tarda mattinata, nella pausa caffè di un noioso Consiglio di Amministrazione.
Il CdA, del quale ero presidente, si tenne nella mia sala riunioni. Non era un Consiglio difficile, quanto piuttosto lungo, con un sacco di cose da approvare. Per questo avevo avvisato i consiglieri che verso le 11 avrei disposto una pausa caffè di mezzora, in modo da consentirmi di firmare le pratiche d’ufficio.
Puntuale, mentre nella stanza vicina venivano allestiti caffè, cornetti, succhi di frutta e quant’altro, entrai nel mio ufficio seguito dalla mia segretaria e dal mio primo assistente. Ognuno dei due portava con sé dei faldoni con lettere e documenti da firmare.
Appena entrati, tuttavia, chiusi la porta a chiave e feci appoggiare i faldoni sul tavolo riunioni. I due si rilassarono e io andai alla mia scrivania. Mi sedetti, aprii un cassetto e tirai fuori un pacchetto contenente una scatola imbottita colore rosso vivo.
- Vieni qua, – Dissi ad Antonella, la mia segretaria. – È quello che ti avevo promesso.
Lei aprì il pacchetto tutta eccitata e tirò fuori un Tank Cartier da donna con cinturino turchese. Per la verità era un «Must de Cartier», un magnifico orologio comunque, ma in argento dorato anziché in oro massiccio. Un Must, appunto.
- Ma… me l’hai comperato davvero?! – Esclamò guardandolo.
- Io mantengo le promesse.
- È… è fantastico! – Disse guardandoselo al polso.
- Ti sta benissimo, – convenne Maurizio.
- Sono contento che ti piaccia, – commentai.
- Maurizio – disse allora Antonella, ricordandosi che anche lei si era impegnata in qualcosa in cambio. – Potresti lasciarci soli?
Maurizio fece per andarsene, ma io lo fermai.
- No no, stai qui, Maurizio. – Gli dissi. – Non voglio che pensino male a vederti uscire, lasciando me e la segretaria da soli.
Lui si fermò, indeciso.
- Rimani pure. – Confermò anche lei
- Fai quello che vuoi, Maurizio. – Aggiunsi. – Noi faremo come se tu non ci fossi.
Antonella trovò eccitante la presenza del collega e venne da me, mettendosi a disposizione. Non c’era mai stato niente tra noi, ma tra una battuta e l’altra eravamo arrivati alla proposta indecente: «Se ti do un Cartier posso fare di te quello che voglio?»
Lei aveva risposto di sì, certa che comunque il Cartier non sarebbe arrivato mai.
- Vieni qua. – Le dissi. – E spogliati. Fa’ in fretta che devo tornare in consiglio tra una ventina di minuti.
Lei si spogliò in un baleno, sotto gli occhi stralunati di Maurizio. Poi venne a portata di mano, della mia mano. Le palpai il culo con intensità, godendomi la sua collaborazione. Il cazzo si mise al lavoro rizzandosi alla grande.
Abbassai i pantaloni.
- Fammi un pompino fino a portarlo alla giusta erezione. – Le ordinai.
Lei cominciò a sbocchinarmi con enfasi.
- Fai con calma, – le dissi. – Abbiamo ancora un quarto d’ora.
Lei si calmò, aumentando la dedizione, il cazzo scorreva dalle labbra alla gola, tra la lingua e il palato, in crescente partecipazione.
Poi la fermai.
- Alzati, girati e mettiti a 90 gradi sulla scrivania.
Lei obbedì come un cagnolino e io, indifferente alla presenza di Maurizio, le allargai le gambe per portarla all’altezza giusta. Poi presi l’uccello in mano e glielo infilai in figa senza troppi complimenti. Era bagnata come una spugna, non le spiaceva poi molto quello che stava facendo…
La sbattei stando in piedi, facendo quella che si dice una sveltina. Lei iniziò a gemere, io sentii che stavo per venire e allora mi piegai in avanti sopra di lei per sussurrarle all’orecchio.
- Dove vuoi che venga? – Le domandai, non sapendo se prendeva anticoncezionali.
Lei accennò al sorriso e socchiuse gli occhi chiusi.
- Nel culo…! – Bisbigliò decisa.
Fantastico. Sfilai il cazzo e lo poggiai al buco del culo.
Per fortuna, così bagnata come era, me lo aveva lubrificato quanto bastava. Scivolò nel culo in tre scatti. A quel punto la sbattei di brutto, godendomi il rumore dei suoi tacchi che picchiettavano sul pavimento alle mie spinte.
Venni copiosamente e anch’io non seppi trattenere qualche grido di piacere.
Lo sfilai, le diedi una pacca sul culo e la feci rivestire velocemente. Poi prese i suoi faldoni e il regalo ben nascosto, poi uscì.
A quel punto mi rivolsi a Maurizio.
- Come ti è sembrato? – Gli domandai.
Rimase in silenzio per un attimo, poi rispose.
- Sono senza parole… – disse. – Non avevo mai assistito a una cosa del genere.
- Anche tu mi devi qualcosa adesso, – gli ricordai,
- Come?
- Avevi detto che se riuscivo a farti vedere nuda Antonella, tu mi avresti mostrato tua moglie ignuda.
Anche sua moglie lavorava nella mia azienda. Dirigeva il personale. Era molto bella, forse il più bel culo della città…
- Ostia, sì, ricordo… Ma non gliene ho mai parlato... Devo negoziare… Non so…
- Senti, – dissi aprendo nuovamente il cassetto. – Io adesso torno in Consiglio di Amministrazione. Tu prendi questo altro «Must de Cartier» e lo porti a tua moglie. Se lo accetta deve venire anche lei nel mio ufficio a farsi montare, come ho fatto con Antonella. Comunque sia, mi raggiungete in ufficio quando finisco il CdA. O mi restituisci il Cartier o mi dai il culo di tua moglie. In tutti i casi il mio atteggiamento nei vostri confronti rimarrà immutato. Sono contento di voi e di come lavorate.
Non dissi altro e tornai in sala riunioni.
All’una si conclusero i lavori del CdA. Salutai i consiglieri e tornai in ufficio. Mentre mi preparavo per andare a pranzo, entrarono nel mio ufficio Maurizio e sua moglie Sara. Sperai di non aver rovinato tutto.
- Non ti restituiamo l’orologio. – Disse Maurizio, certo di farmi felice. – Sara è tua.
- Wow… Che giornata fortunata! – Esclamai.
Guardai Sara per avere conferma dal suo sguardo e capii che era ampiamente d’accordo. Provai un comprensibile senso di gioia malvagia, dettata dal senso del potere che avevo esercitato. Non è mia abitudine ottenere risultati con l’oro, ma questa volta – guardando Sara – mi giustificai in lungo e in largo con la massima indulgenza.
L’avevo fisicamente apprezzata fin dal primo momento che era arrivata nel mio ufficio, sostenendo che aveva il più bel culo del mondo. Avevo scherzato molto su questo anche con lei e a lei non dispiaceva essere considerata il Numero uno, «divisibile solo per uno e per se stessa». Molte volte, scherzando, avevo negoziato il suo culo in cambio di mille altri benefici, ma il tutto era sempre rimasto nell’ambito dei complimenti. Adesso sembrava giunto il momento di poterne disporre e il mio uccello approvò la situazione anche se creata in maniera così, diciamo, invereconda.
La complicità del marito, poi, era la ciliegina sulla torta. In realtà non ci avevo mai provato realmente proprio per non alterare i rapporti di lavoro, che andavano benissimo. Adesso si aprivano nuovi scenari.
- Davvero vuoi mostrarmi il culo? – Le dissi, palesando la mia onestà e nascondendo il mio desiderio.
- Veramente Maurizio mi ha detto che volevi ben di più… – Sorrise maliziosamente.
- Infatti, – dissi cogliendo la palla al balzo. – Ma vorrei cominciare col guardarti il culo. È una cosa che desidero da quando ti ho conosciuta.
- Mi avevi assunta per quello, di’ la verità…
- No. Cioè sì… Voglio dire che a parità di capacità avevi… O, al diavolo, sul lavoro vali almeno quanto il tuo culo: la più brava del mondo.
- Allora mettiti comodo e stai a vedere….
Io e l’uccello ci mettemmo in posa ad attendere il teatrino.
Lei andò da suo marito e, facendo qualcosa che evidentemente avevano concordato, lo abbracciò voluttuosamente al collo girandomi la schiena. Poi lui prese il vestito e pian piano lo sollevò fino a scoprire prima la base delle natiche e poi il suo magnifico culo. Perfettamente ignudo.
Bello, alto, sodo, solido, ovale, con le piegoline alla base che sembravano un invito a infilarlo… E la complicità del marito… Io e il mio uccello restammo a bocca aperta di fronte a una scena del genere.
Dopo l’eternità di una manciata di secondi, mi alzai in piedi e la raggiunsi. Mentre il marito l’abbracciava soddisfatto, io le palpai il culo a piene mani, Poi le presi le braccia e la girai fino a farmi abbracciare da lei. Si strinse a me. Le palpai nuovamente il culo e la accompagnai alla mia scrivania. Mi abbassai pantaloni e mutande, liberando l’uccello, il quale la voleva con tutte le sue forze.
Lei capì e si mise in ginocchio davanti a me. Con uno studiato cerimoniale me lo prese in bocca e cominciò a succhiarmelo con devozione. Poi, contrariamente al mio uccello che voleva restare tra le sue fauci, le presi le mani e la feci alzare, La girai, invitandola a piegarsi a 90 gradi sulla scrivania.
Obbedì, mentre il marito ci guardava allupato più che mai.
- Maurizio – dissi, – aiutami. Prendila per i polsi e tienila tesa verso di te.
Volevo che partecipasse, ma non arrivamente. Lui le prese i polsi e, con la collaborazione della moglie, la mise in tensione per me.
Le sistemai le gambe per portarla all’altezza giusta, quindi presi il cazzo per il collo e lo aiutai a penetrarla. Il cazzo in certi momenti con capisce più nulla e devo aiutarlo. Ma anche adesso non lo lasciai venire.
Dopo alcune sbattute, infatti, lo sfilai, lo ripresi per il collo e lo appoggiai all’ano. Spinsi un po’, accorgendomi che si era lubrificata. Probabilmente il marito le aveva spiegato cosa avrei voluto fare. Fatto sta che scivolai dentro come un coltello caldo nel burro e a questo punto liberai l’uccello che facesse quello che voleva. Mi piegai in avanti e mi tenni alle tette. Fu a quel punto che il cazzo cominciò a espellere sperma a fiotti nel retto di lei. E lei, sentendo lo sperma, cominciò a gridare di piacere.
Il marito la tenne così finché non fummo placati. Poi mi sfilai, mi rivestii e lasciai che si rivestisse anche lei, aiutata dal marito.
Prima di lasciarli andare, ci abbracciammo.
- Un’ultima cosa, – le dissi. – Non portare mai il Cartier in ufficio. Mi raccomando.
Annuirono entrambi, comprendendo quello che intendevo dire. Poi se ne andarono, consapevoli di aver fatto un grande passo avanti nella loro vita intima e professionale.
- Grazie di tutto. – Disse Maurizio.
- Figurati…
Diedi una manata sulle spalle a lui e una pacca al culo della moglie. Capii che avremmo avuto altre occasioni. Anche con Antonella.

Nel tardo pomeriggio, prima di tornare a casa, aprii in altro cassetto della scrivania e presi l’ultimo pacchetto di Cartier. Questo conteneva un Cartier Tank in oro massiccio.
Era per mia moglie, con la quale avrei festeggiato il nostro anniversario. Il Cartier era il mio regalo per lei.
Quella sera sarebbe stata la vera «Notte dei Cartier».
I Cartier in genere, Must o massicci che fossero, avevano consolidato nel tempo il nostro matrimonio.

Fine.
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