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La prima volta con una coppia cuck


di Honeymark
26.08.2012    |    18.308    |    1 9.5
"Mi parve che il pene volesse aprirsi come una banana e urlai dalle sensazioni meravigliose che provavo..."
Nella mia vita ho avuto (e ho tuttora) tre coppie che mi hanno voluto nel loro letto.
La prima l’avete letta e apprezzata, si intitola «Il potere del cuck».
La seconda è questa che state per leggere. Riporto solo l’inizio, perché è la parte più bella di una relazione a tre. Io sono una foca quando si tratta di capire che una donna ti vuole a letto. Figuriamoci quando a volerlo è il marito…
La terza la pubblicherò più avanti perché è un po’ più complessa da raccontare, ma se ci riesco credo che farò impazzire tutti: i cuck, i bisex, i sadomaso, i triangolasti, gli innamorati…
Desidero aggiungere dei dettagli sul rapporto a tre.
La coppia sogna (anche per mesi) che cosa farmi fare, poi la donna mi manda una mail dicendomi cosa devo fare quando vado a casa loro, fingendo di farlo di mia iniziativa… anche se io so che è lui che lo vuole. Per fortuna ho una grande creatività che sorprende tutti tre…
Nel mio ruolo di terzo di coppia, so dunque di essere poco più di un dildo umano, ma è fantastico. Non c’è nulla di più bello di montare la donna al cospetto del suo uomo che si inebria a vederti così.
Ah, un particolare. Io non posso mai prendere l’iniziativa: devo aspettare che siano loro a chiamarmi. Devo quindi adattarmi ai loro tempi: la loro piccola fantastica perversione ha dei cicli propri che vanno rispettati.
Ultima nota: i nomi d'arte nei miei racconti sono più o meno gli stessi, che non c'entrano con quelli veri.


-o-


Iniziò nel pomeriggio di alcuni anni fa, mentre stavo nell’ufficio della mia azienda, una casa editrice che sta in una laboriosa ma sonnolenta città di provincia del Nord-Est.
Stavo controllando le commesse per i prossimi tre mesi, quando suonò il telefono.
«Dimmi Cristina.» - risposi alla mia segretaria.
«C’è la sua amica Annie al telefono.»
Amica? Tutte le Annie che conoscevo erano amiche: l’avvocatessa Mansi, la titolare di un’agenzia di pubblicità, la moglie di un mio cliente, e altre ancora. In realtà si chiamano Antonia, Antonella, Antonietta… per questo si fanno chiamare Annie. Forse questa Annie aveva solo un tono più amichevole delle altre. Presi la linea.
«Marco?»
Era la titolare dell’agenzia di pubblicità. E il suo tono era amichevole.
«Ciao Annie! Tutto bene?»
«Benone, grazie. Senti.»
«Dimmi.»
«Cosa fai stasera?»
Finsi di guardare l’agenda.
«Niente di importante, – mentii. – O comunque nulla che non possa essere rinviato.»
«Hai voglia di venirmi a trovare?»
«Sempre. – Sorrisi. – Dove?»
Annie è molto bella. Non molto alta ma leggera e armoniosa. Biondi capelli lunghi e fluenti, occhi castani, visino rotondo, labbra perfette. Misure proporzionate, formosa e solida, vitino sottile, tacchi a spillo portati da dio. Annie aveva avuto una storia con me, breve ma intensa. Una storia che era nata con passione dieci anni prima, quando lei aveva vent’anni e io trenta, finita poi senza drammi anche se francamente io di tanto in tanto cerco regolarmente di montarla, perché il mio desiderio per lei compare e scompare con la regolarità di un fiume carsico. Però lei non era più stata a letto con me da quando si era innamorata dell’uomo giusto, che adesso era anche suo marito. Sapevo quindi che, come altre volte, anche quella sera, novanta su cento, mi avrebbe parlato di lavoro. Ma Annie valeva questo e altro.
«Vieni da me alle 21? Puoi?»
Questo era insolito. Quando usciva con me era per lavoro, o perché era sola o perché il suo uomo era in viaggio. Suo marito sapeva che tra me e lei c’era stata una storia e che ogni tanto ci incontravamo, ma non era geloso perché sapeva anche che da quando si erano messi insieme lei non era più stata con un altro. E che io comunque sono un gentiluomo. Se mi lasciano, fago su ’n spegaz, come si dice dalle mie parti per indicare un disastro, altrimenti non tocco un dito.
«Dopocena? – Le chiesi più con una certa meraviglia che per avere conferma. – Dove vuoi che andiamo?
«Restiamo a casa, se non ti dispiace.»
«No, certo non mi dispiace.»
«A dopo allora.»
«Ciao.»
Chiamai la segretaria.
«Cristina, per favore disdici l’appuntamento di questa sera con il commendator Stainer. Digli che la riunione del pomeriggio mi occuperà fino a mezzanotte e che devo tenere il cellulare spento.»
«OK.»
Ripresi in mano la tastiera per concludere la stesura della relazione, ma con minore concentrazione. Per scaramanzia non volli pensare che Annie avrebbe scopato con me, oltretutto che a casa sua mi sembrava inverosimile. Tuttavia, la cosa mi stava intrigando più del necessario.
Alle ventuno di quella sera, quando il mio orologio segnava esattamente le nove, suonai il campanello di Annie. Avevo portato un mazzo di garofani rossi, ma non ero sicuro di aver fatto bene.

Quando suonai da lei, sentii un sacco di rumori al di là della porta tipici di una donna che si è accorta di essere in ritardo. Quindi tutto a posto, pensai, e attesi con pazienza. Quando mi aprì, indossava un accappatoio morbidissimo di spugna bianca con il marchio verde ricamato sul petto dell’Hotel de Russie di Roma. Capelli biondo naturale al momento raccolti, occhi sorridenti e labbra che già portavano il rossetto, lineamenti dolci e perfetti. Mi chinai a baciarla sulla guancia.
«Wow! – Esclamai. – Hai un profumo di pesca addosso che mi viene voglia di mangiarti!»
«Non sono sola.» - mi bisbigliò all’orecchio.
Mi irrigidii immediatamente.
«Devo andarmene?»
«No. – Rispose con un filo di voce. – Devi fingere che io sia sola.»
«È il tuo uomo?» - chiesi piano.
«Sì. Vuole vederci insieme. Tutto a posto. Fai come se non ci fosse.»
La guardai scettico e interrogativo.
«Vuole ucciderci, vero?»
«Non dire stronzate e fai come se non ci fosse.»
«Sei impazzita.»
«Per favore…»
«Annie…»
«Ti prego…»
«Ok, ok, va bene…» – Sussurrai entrando. Tanto, ormai, il mio destino era segnato dal momento stesso che avevo suonato alla porta.
Mi fece strada e mi accompagnò in salotto. Poi andò in cucina per tornare con un vaso di cristallo pieno d’acqua. Vi mise dentro i garofani.
«Faccio in un baleno.» – Disse poi ad alta voce, sparendo nello spogliatoio.
Mi domandai se avevo alternative allo stare al gioco, quali implicazioni ci sarebbero state, che cosa avrei dovuto fare… Chissà, forse non mi avrebbe ucciso, si sarebbe limitato a storpiarmi. Decisi di non andarmene, ma mi alzai. Annie mi venne incontro con un bellissimo vestito di seta color nocciola con pois bianchi.
«Grazie dei garofani. A me i fiori piacciono tantissimo.»
Mi fece riaccomodare nel divano, passò ad accendere lo stereo, andò a prendere una bottiglia di champagne e due coppe, poi abbassò le luci, accese un candelabro e si mise a sedere vicino a me. Era chiaro che ormai non me ne sarei più andato. Non vivo comunque. Brindammo sfrontatamente all’amore e al sesso e bevemmo una lunga sorsata di Taitinger gelato.
«Ti ho preparato un programmino interessante. – Mi disse poi ad alta voce appoggiando il bicchiere. – Tu te ne starai qui seduto, io vado nello spogliatoio e mi cambio con indumenti sempre più succinti, poi vengo qui a farti la sfilatina erotica. Che ne dici di uno spogliarello in passerella?»
«Fantastico! – Risposi ad alta voce in modo che sentisse anche il suo uomo. Era chiaro che lui stava nello spogliatoio e io incominciavo a rassegnarmi all’idea che lui balzasse fuori da un momento all’altro. Ma alla fin dei conti ne sarebbe valsa la pena. Tuttavia, la coppa di champagne aveva fatto il suo subdolo lavoro, perché ora si stava montando tutto in modo davvero imprevisto. Vera o falsa che fosse la presenza del suo uomo, mi stava facendo eccitare anzitempo. Chapeau! alla mia cara Annie…
Sparì di là e io rimasi con la musica e con la mia seconda coppa di champagne. Ne masticai una lunga sorsata facendo frizzare le bollicine in bocca e mi accomodai meglio nel morbido divano. Quando la musica raggiunse il momento migliore, lei uscì dallo spogliatoio.
Indossava una microgonna bianca aderente con una maglietta nera di pizzo. Le sue cosce erano magnificamente abbronzate e perfettamente lisce. Io avevo sempre amato accarezzargliele e desiderai di farlo anche adesso. Ma stavolta non avrei potuto farlo. Mi si avvicinò a lento passo di danza muovendo, come le indossatrici, le anche prima delle gambe mettendo un piede davanti all’altro. Sembrava una dea. Alzai gli occhi e vidi che la maglietta metteva in risalto seni e capezzoli, anche se la profonda scollatura scopriva solamente la schiena. Quando si girò, infatti, potei avere conferma che non portava reggiseno. Si abbassò flettendo le ginocchia, mi si fece intorno e si rialzò, il tutto con dei movimenti studiati e calibrati in modo che io potessi vedere tutto ciò che portava sotto. Sentii l’erezione farsi strada dandomi una piacevole sensazione di potere. Me lo sistemai con una mano cercando di non farmi vedere da lei.
«Se vuoi accarezzarmi, fallo pure…» – Disse con calore e senza preoccuparsi che qualcun altro la sentisse.
Nonostante la presenza nell’aria del pericolo, non me lo feci dire due volte e con la massima innaturalezza le misi una mano dietro la coscia destra, per salire poi con la carezza fin sotto alla minigonna. Lei portò il peso sull’altra gamba in modo che potessi risalire il gluteo gustandone la morbida femminilità. Il tanga che portava sembrava un piacevole invito per le mie dita. Che pezzo di figliola… Le guardai il viso e la vidi soddisfatta dell’effetto che sapeva di farmi, eccitandosi anche lei della mia mano. Mi accarezzò la guancia, poi si girò e se ne tornò nello spogliatoio, mentre la seguivo con lo sguardo domandandomi chi ne sarebbe uscito tra un po’.
Ci vollero tre o quattro minuti prima che venisse fuori, sempre lei, stavolta con addosso della biancheria nera. Mutandine e reggiseno, calze e reggicalze (non autoreggenti), indossando un paio di pantofole con tacco alto e fiocco anteriore. Le mutandine erano un po’ più coprenti del tanga che portava sotto la minigonna, dando alla scena un raffinato erotismo di classe. Si portò a me, fece un paio di giri su se stessa, mi si girò di schiena e mentre le guardavo il culo lei si piegò elegantemente in avanti fino a toccarsi la punta dei piedi. Fantastica. Volevo saltarle addosso e montarla di brutto senza strapparle le mutandine. Ma lei sgusciò dalle mie voglie tornando nello spogliatoio con maliziosi movimenti.
Quando dallo stereo uscirono le note del Bolero di Ravel in versione elettronica, vidi uscire la mia amica che indossava solo un perizoma di cuoio nero stile sadomaso. I seni erano scoperti, mentre due mollette di legno le stringevano i capezzoli tenendoli collegati con una catenella dorata fissata a un collare di morbido cuoio nero. Le sue mani erano legate dietro la schiena con due manette del medesimo cuoio nero e tenute in tensione verso l’alto grazie a un’altra catenella. La cosa si faceva più interessante, anche perché in bocca teneva un frustino da cavallo. Era una stupenda cavallina e io mi sentivo il cavaliere per il quale era stata preparata. Si portò a me, si inginocchiò, mi porse il frustino e io lo tolsi dalle sue labbra. Con quello le accarezzai il seno tenendola per la catenella e poi, quando la lasciai, si alzò e si girò di schiena porgendomi le natiche. Mi diede uno sguardo di complicità girando un attimo la testa verso di me. Allora le sfiorai le natiche con la parte finale del frustino e mi divertii come il gatto col topo facendole desiderare la frusta fino a volermi implorare. D’improvviso le diedi una frustatina che la colse di sorpresa facendole sfuggire un Ah!. Sobbalzò un attimo sbattendo i tacchi per terra e facendo vibrare elasticamente i suoi stupendi glutei. Attirato dal loro movimento elastico diedi un mordone lasciandovi il segno della mia dentatura. Poi le scaricai ancora un paio di frustate incrociate più decise, quindi la lasciai tornare nello spogliatoio. Mi rannicchiai sul divano attendendo con trepidazione il suo ritorno.
Stavolta uscì con un solo microtanghino, una cravattina a farfalla al collo e un paio di sandalini con tacco, il tutto dello stesso colore argentato. Mi soffermai a studiare il tanghino minimale che copriva appena appena il sesso, mentre due cordine argentate proseguivano verso l’alto risalendo le pieghe inguinali fino a fare il giro attorno alla vita sopra il sedere. Le tette mostravano orgogliosamente la loro terza misura e mi domandai se avrei potuto morderla anche lì, ma lei si girò per mostrarmi il culo, la cosa che sapeva mi piacesse di più. Lo guardai estasiato, accorgendomi però che nessun cordino risaliva dal mezzo delle natiche per raggiungere il girovita del tanghino. Mi stavo giusto chiedendo come faceva quel triangolino di stoffa argentata restare così aderente al sesso senza un sostegno posteriore, quando lei mi venne in aiuto intrecciando le braccia dietro la schiena per poi piegarsi voluttuosamente in avanti di quel tanto che bastava per mettermi in mostra la fessura del sedere. Allargò un po’ anche le gambe tenendole elegantemente tese, così potei vedere il trucco erotico del costume indossato dalla mia amica. Il cordino posteriore scompariva nell’ano di Annie. Mi si girò per sussurrarmi nell’orecchio qualcosa.
«Ti piace? – Domandò soddisfatta. – Ricordo i tuoi gusti… L’estremità inferiore del triangolino ha una pallina da ping pong che va inserita nel culetto. È così che sta aderente. Se vuoi verificare, prova ad estrarla. Fai attenzione però a non toglierla del tutto…»
Tornò a mettersi in posizione per consentirmi di osservarle la fessura. Fantastico! Una cordina elastica uguale a quella del girovita entrava nel suo culo. Mi avvicinai ancora con le dita tra le natiche e le presi il cordino. Poi lo tirai un po’ verso di me, gustandomi il senso di fastidio che sapevo di provocarle in quel momento, dato che le vidi contrarre il muscolo dello sfintere. Lei sapeva di eccitarmi da morire e mi lasciò giocare per un po’. Io mi divertivo tirare in fuori e poi mollare, accorgendomi che in quella maniera la stavo masturbando analmente in maniera delicata. Allora diedi un certo ritmo fino a farle seguire le mie mosse. Iniziò ad ansimare, ed ogni volta che mollavo lasciando ritornare la pallina nel suo alloggiamento, lei muggiva sempre più forte. Allora mi portai con la bocca tra le sue natiche per afferrare l’elastichino con i denti e proseguii così la mia azione erotica. Mani, naso, denti, lingua e cordino… Una miscela formidabile.
«Ah! Ahhh! – Urlò infine, cercando inutilmente di dominarsi. – Vengo, sì vengooo!»
Non aveva mentito, perché il triangolino d’argento sul sesso si era bagnato.
Le reazioni all’orgasmo che ebbe in quella posizione non le dimenticherò mai, perché era come se mi stesse offrendo il culo in mille maniere, scuotendo tutto il corpo che ruotava intorno al suo buco del culo in orgasmo. Quando le cedettero le gambe si allontanò da me per portarsi a passo veloce nello spogliatoio.
Stavolta passò più tempo e decisi di cambiare CD io mettendo della musica Old English. Quando uscì era completamente nuda, scalza, i capelli sciolti indietro fin sotto alle spalle. Andò a sedersi sulla sedia di alcantara, si mise comoda, allargò le gambe e accavallò una coscia sul bracciolo.
«Sei perfettamente liscia. – Osservai avvicinandomi, per accarezzarla con l’esterno delle dita. – Come hai fatto a raderti così perfettamente? Sembri una bambola di celluloide…»
«Ceretta.»
«Dio mio!» – Mi sfuggì, pensando al dolore che doveva aver dovuto provare. Ma l’effetto era davvero straordinario.
«Mangiamela, ti prego. – Implorò lei. E, lo giuro, liscia com’era non chiedevo di meglio.
Mi misi in ginocchio davanti a lei. Per un attimo pensai al suo uomo che ci stava spiando dallo spogliatoio, ma poi appoggiai la mia bocca al suo sesso indifferente a tutto e tutti. Passai decine di volte le labbra su quella dolcissima e calda umidità, provando la sensazione di succhiare un’ostrica. Poi cercai di infilare la lingua nella vulva il più profondo possibile, muovendomi con i denti come se la volessi mangiare. Ogni tanto la sfilavo per morderla con forza fermandomi solo quando potevo far troppo male. Ricordavo che questo le piaceva da morire, più della carezza sul clitoride.
«Ah! Ahhh! – Riprese a godere, e io intensificai la mia attività perché mi piaceva sentirla gemere in crescendo. Quando venne dovette abbassare la coscia portandola sopra al mio collo per fermarmi. Diedi dei baci esterni e mi sfilai da quella piacevole stretta.
Dopo aver ripreso il fiato si alzò, si inginocchiò e si mise a carponi appoggiando la testa sulla sedia.
«Vuoi mettermi qualcosa nel culo? – Disse semplicemente. Aveva sostituito il termine “culetto” con “culo”. Conosceva anche i miei gusti dialettici ed era chiaro che non era il pene che voleva. Si riferiva alla candela accesa che stava nel candelabro sul tavolino.
Presi la candela, la bagnai infilandomela in bocca, quindi le passai una slinguazzata sul buco del culo. Gliela appoggiai e poi, verificata la strada d’accesso, gliela alloggiai ruotandola nel culo. Entrò scivolando facilmente. Guardai attonito quel capolavoro di candelabro vivente e la suggestione generata da quella fiammella romantica. Lei girò il viso per guardare che aspetto aveva, quindi si rivolse a me.
«Ora abbassati i pantaloni e mettiti a sedere tu. – Mi disse con studiata femminilità. – Ti faccio venire sulle mie tonsille.»
Si tolse dalla sedia e rimase carponi per via della candela accesa e di quello che si accingeva a fare. In un attimo avevo abbassato la zip e sfilato il pene. Ero seduto e il mio uccello restava lì da solo ad attendere di essere accolto nelle fauci di Annie.
Restò a carponi e si avvicinò fino a farmi sentire l’alito del respiro sul glande, altro particolare che mi piace da morire. Il rapporto tra la donna e il cazzo, nel pompino, è del tutto impersonale. La donna se la fa solo col pene, tu non esisti; si trastulla il sesso, se lo gusta tra le labbra, se lo morde, se lo stringe tra lingua e palato godendosi l’ingrossamento che provoca e alla fine si inebria delle pulsazioni che scuotono il cazzo quando viene. È il momento in cui è la donna a dominare il sesso. Per questo io gradisco sentire che la donna è viva, e l’alito è una delle cose che ti anticipa questa sensazione.
Guardai Annie che si gustava golosamente il tutto, apprezzai il surrealismo della fiammella che vibrava dal suo retto, mi gratificai con l’idea malvagia che il suo uomo ci stesse guardando dalla fessura della porta socchiusa dello spogliatoio. Probabilmente si stava masturbando. Che bello essere il consapevole oggetto del desiderio di Annie e del suo uomo. Una coppia trasgressiva, dove lui si eccitava a esporre la sua donna e lei si eccitava a eccitare lui così. Alla fin dei conti, pensai, la mia era solamente una presenza funzionale al loro desiderio. Il pompino altro non era che una masturbazione assistita fatta a me per eccitare i due marito e moglie. Forse non ero più di un dildo umano, ma giuro che mi sembrava di toccare il cielo con un dito.
Dopo queste osservazioni, realistiche quanto pragmatiche, mi disposi affinché Annie con tutta passività me lo lavorasse ad libitum. Con dolcezza ed esperienza abbassò il prepuzio, quindi se lo infilò in bocca tra la lingua e il palato. Con questi fece pressione, quindi iniziò a succhiare e a farselo scorrere aumentando progressivamente il movimento di andirivieni con la testa. In pochi secondi mi senti vicino all’orgasmo.
«Vengo! Oddio vengo! – Urlai incontrollato come sempre. Ogni volta mi pare che esploda…
Allora lei lo ingoiò fino a portarsi tutto il pene in bocca in modo che le palle appoggiassero al mento e il glande superasse l’ugola. Per un attimo temetti di aver spinto troppo, ma invece lei riuscì a muovere la lingua e dare così il sollucchero finale al mio orgasmo. Ricevette getti di sperma a fiotti che il mio sesso riversava generosamente, come aveva promesso lei, tra le tonsille.
Mi parve che il pene volesse aprirsi come una banana e urlai dalle sensazioni meravigliose che provavo.
Era tutto finito. Lei mi baciò ancora pene palle e dintorni, per pulire eventuali rimasugli, poi si alzò sussurrandomi all’orecchio di lasciarla sola, di andarmene. La sua voce era ancora un po’ impastata del mio sperma… Dio che bello!
Sparì nello spogliatoio lasciandomi quell’ultimo ricordo di candela accesa nel culo che la faceva assomigliare ad una meravigliosa e magica lucciola.
Feci dei profondi respiri, mi rivestii e uscii richiudendo la porta senza fare rumore.
Ora Annie e il suo uomo potevano scatenare l’eccitazione che si erano caricati tramite la mia partecipazione, premio che si erano di gran lunga meritati.

L’indomani mattina Annie venne a trovarmi in ufficio e la ricevetti immediatamente.
Non avevo ancora valutato la situazione della sera prima, che pareva del tutto paradossale.
- Annie… – Le dissi baciandola sulle guance.
- Ciao! – Rispose mettendosi comoda. – Come ti è sembrata l’avventura?
- Fantastica, ma proprio non capisco…
- Ti sei comportato bene, – continuò, sempre più sicura di sé. – Abbiamo deciso di farti una proposta.
Rimasi in silenzio ad ascoltarla con una certa apprensione.
- Era da tempo che desideravamo far entrare nel letto un altro uomo.
- Annie, tuo marito e bisex? – Chiesi meravigliato.
- No, stai ad ascoltare. Una sera lo stavo montando stando sopra, quando lui mi prese le chiappe in mano, le allargò e mi disse: “Quanto darei perché un uomo te lo mettesse nel culo mentre stai così con me…!”
Avevo imparato a star zitto e lasciarla parlare.
- Ne abbiamo parlato a lungo per eccitarsi, sai come si fa per tenere sveglio l’interesse sessuale, e abbiamo cominciato a tracciare il profilo dell’uomo ideale da scegliere. La maggior parte l’abbiamo scartata per mille motivi. Troppo giovani, troppo instabili, emotivi, presuntuosi, assatanati, pigroni, chiacchieroni, possessivi, vanagloriosi… Avrebbero solo creato problemi senza farci divertire. Per la maggior parte di loro io sarei stata una troia e mio marito un cornuto.
Cominciavo a capire di più.
- E a forza di fare voli pindarici alla ricerca del maschio giusto, siamo arrivati a te, che oltre a non avere i difetti dei ragazzini, non ti sei mai vantato di avermi scopato.
- Annie, non l’ho mai fatto con nessuna. Se senti qualcosa su di me è perché è stata la partner a parlare…
- Lo so, anche nel mio caso.
- Cosa?
- Ho detto io a mio marito che ero andata a letto con te.
- E perché?
- Perché questo era l’altro vantaggio a tuo favore.
- Spiegati.
- Non hai bisogno del viaggio di nozze per socializzare con me. E ieri lo hai dimostrato…
- È stata una prova generale? – Domandai allibito.
- No, una prova preliminare. La prova generale vorrei che avvenisse una delle sere della prossima settimana.
- E cosa dovrei fare?
- Venire a letto con noi e realizzare il sogno di mio marito. E il mio. E il tuo.

La relazione cominciò così.
Impiegammo tre o quattro sedute per affiatarci nel nuovo rapporto. Che un po’ alla volta si posizionò così.
Anzitutto sono sempre loro a dirigere il gioco. Loro due chiacchierano a lungo nell’intimità sulle cose da fare con me; parlarne li eccita da morire e poi scopano come ricci pensando a me. Quando decidono di invitarmi, lei mi manda una mail e mi dice cosa devo fare, anche se devo fingere di farlo di mia iniziativa.
Io non posso cercarli, questi sono gli accordi.
Un po’ alla volta lui ha preferito molto di più guardarmi mentre gli monto la moglie, che scopare a tre. A volte mi aiuta con la bocca per farmelo diventare più duro e far godere così di più sua moglie. Un concetto fantastico.
Ovviamente lei deve essere assolutamente fedele a suo marito e mai dovrà venire a letto con me senza averlo concordato con lui.
Io, quando mi fa cenno lei, devo andarmene nel più breve tempo possibile.
In pratica sono un dildo umano, ma la cosa non mi dispiace affatto, anche perché lasciano ampio margine di manovra alla mia fantasia.

I dettagli delle varie performance sono descritti in molti racconti che ho pubblicato in questo sito.
Qua mi interessava far sapere come era cominciato il rapporto a tre e mi piacerebbe conoscere una storia analoga da parte di una coppia cuck che ha cercato (e trovarto) il terzo uomo.


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