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Il poker è anche un gioco/ 3 - La riscossa


di Honeymark
27.04.2016    |    12.645    |    3 9.5
"Non era nelle more del gioco, ma eravamo tutti tre eccitati al punto che sarebbe stato sciocco non consumare..."
La rivincita gliela concessi già il sabato successivo. Anche se eravamo d’accordo nel giocare solo una volta al mese, stavolta avevano diritto a giocare in tempi brevi.
Come si ricorderà nella puntata precedente, dopo aver spogliato completamente la moglie, avevo suggerito di fare sesso con me, a tre. Non era nelle more del gioco, ma eravamo tutti tre eccitati al punto che sarebbe stato sciocco non consumare.
Adesso però dovevo giocare con un debito di partenza di 500 euro. Non glieli dovevo dare, sia ben chiaro, ma non potevo incassare le vincite sulla moglie prima di arrivare a pareggiare i conti.
E non andò bene. Scontato il debito con Elena, per cui non si toglieva quello che vincevo, arrivai solo a sfilarle le mutandine e metterla una volta davanti a me piegata 90 gradi con i gomiti sul tavolo da gioco, in modo che potessi guardarle da dietro - seduto – la figa e il buco del culo. Mi concessero anche di prendere in mano la figa come se fosse una spugna, ma tutto finì lì. Erano quasi le due di notte e avevo perso contanti per 650 euro.
A conti fatti, la scopata della volta precedente valeva ben quello che mi era costata la serata successiva.
Li salutai abbracciandoli e tornai a casa, dove mi concessi una sega imperiale. Me la ero meritata tutta e la consumai pensando a loro che scopavano alla mia salute.

La volta dopo andò meglio, perché persi solo350 euro prima di vincere un pompino da Elena. E lo vinsi con un piccolo tris vestito: lui ce l’aveva di 10. Me l’ero giocato bene perché l’avevo convinto che non avevo nulla in mano.
- Come lo vuoi? – Chiese Franco tradendo una certa eccitazione. – Vuoi che si metta in ginocchio qui davanti a te?
- No, – risposi. – Preferisco mettermi comodo in camera da letto.
- Allora seguimi, – disse Elena, incamminandosi ignuda.
I vestiti glieli avevo cavati vincendoglieli e vederla spogliare mi aveva caricato come sempre. Il pompino in quel momento era la ciliegina sulla torta.
- Vieni anche tu. – Dissi a Franco. – Voglio che ci guardi.
Lui, che sarebbe venuto comunque, si alzò volentieri e ci seguì.
Giunti in camera, mi spogliai in un baleno mentre Elena sistemava una fila di cuscini per farmi stare come un pascià: a X, gambe e braccia allargate, il cazzo che si stagliava verso il cielo. Conosceva i miei gusti.
Franco abbassò le luci, accese un po’ di musica e andò a sedersi sulla poltroncina. Da lì avrebbe visto la moglie di culo mentre mi sbocchiava. Pensandoci, sarebbe piaciuto anche a me vedermi così… he he
Elena si mosse con calma. Salì piano sul letto a quattro zampe e si avvicinò al cazzo maestoso che la stava aspettando pettoruto e pieno di sé. Lei iniziò ad lisciarmi gli inguini, passandovi piano con la mano. Mi accorsi che si era avvicinata col viso dall’alito che accarezzava il glande. Avvicinò le mani al pene e abbassò il prepuzio, la pelle che protegge il glande, la cappella. Ebbi un sussulto perché è il momento preparatorio più importante. Spinse la pele in basso con forza, poi baciò il glande. Sobbalzai felice.
- Pronto? – Chiese, come la maggior parte delle donne.
- Sì, – risposi, come rispondo alla maggior parte delle donne.
È un modo per indugiare e far durare di più il coito orale. Indugiò a lungo, palesando un po’ alla volta le sue concrete intenzioni.
D’un tratto baciò nuovamente il glande e poi se lo infilò in bocca. È il momento più delicato del pompino, l’approccio iniziale. Da quel momento chiusi gli occhi e la lasciai lavorare.
Se lo fece scivolare in bocca fino alla gola un paio di volte, poi con un gesto che non mi aspettavo, lo spinse oltre, giungendo alla base del cazzo con le labbra.
Poche donne riescono a farlo, tra queste lei. Non dovevo dirle “Impegnati di più!”, anche se è bello dare ordini a chi ti fa un pompino perché è l’unico modo che hai per fingerti attivo. E quando arrivava in fondo al cazzo, sobbalzavo per la sensazione che francamente capita davvero di rado.
Sentivo che il marito la vedeva alzare di culo per abbassarsi con la testa sul cazzo e provai un senso di gioia malvagia che accompagnò un po’ tutta la situazione.
Allora decisi di darle un ordine tutto per me.
- Mettimi un dito nel culo. – Le dissi. – Lubrificalo nella figa e infilami il medio nel culo, girato in su.
Ma non aveva bisogno di istruzioni, sapeva cosa fare. Portò tra le gambe la sua mano destra e affondò il medio nella figa. Il marito aveva capito cosa avrebbe fatto e ora si gustava raggomitolato la vista di lei che si faceva quella specie di ditalino per me.
Poi, sempre facendosi scorrere il cazzo tra lingua e palato fin oltre la gola, portò il dito al mio buco del culo. Aveva le unghie lunghe, ma ero certo che sarebbe riuscita a infilarmelo senza farmele sentire.
E difatti, prima fece ripetutamente pressione col polpastrello con l’ano per prepararlo, quindi lo spinse dentro con abilità. Sentii il buco del culo allargarsi e fu come aprire le cascate del piacere. Mi allargai di più come se desiderassi essere impalato e lei avviò il lavoro finale. Spingendo in su il polpastrello mi stimolava la prostata; infilandosi in gola il cazzo me lo chiavava con la bocca.
Mi sembrava volesse esplodere. Sbattevo i palmi delle mani sul letto, alzavo il torace a scatti, tiravo su le ginocchia e sbattevo le gambe, ma fu questione di un attimo. Le polluzioni vennero subito con un susseguirsi dei getti a raffica, cosa che capita solo quando ti viene fatta pressione alla perineo e ancora di più, appunto, alla prostata. Ebbi l’impressione di venire come un vulcano e urlai di piacere in tutta libertà.
Lei andò avanti anche a eiaculazione finita, per non far perdere neppure una goccia. Alla fine sfilò il dito dal culo e si venne a buttare al mio fianco. Spossata. Era venuta anche lei.
Riposò tenendo la mano sull’uccello spossato.

(Continua)
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