Lui & Lei
CHANEL – LA DEA DEL SESSO ESTREMO


17.05.2025 |
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"Lo sguardo fisso sull’uomo nello specchio..."
⚜️ PREQUEL – Il battesimo di ChanelNon sempre si nasce così.
Chanel, sì.
Aveva diciassette anni quando decise che la vergogna era un’invenzione degli insicuri.
Lo scoprì durante una festa al liceo, quando uscì sul balcone col vestito slacciato, i capezzoli tesi al freddo e tre ragazzi a guardarla come se fosse una visione mistica.
Non disse niente.
Li guardò. Sorrise.
Poi si inginocchiò, si aprì la camicetta completamente e si toccò davanti a loro, con la luna piena a benedirla.
I ragazzi rimasero immobili. Incapaci di parlare.
Uno si venne nei pantaloni.
Gli altri due se ne andarono in silenzio, come chi ha appena assistito a qualcosa di troppo grande.
Da quel giorno, Chanel cercò gli sguardi come altri cercano Dio.
Sapeva che bastava camminare nuda nella sua stanza con la finestra aperta.
Che bastava alzare la gonna nei bagni di un club e sussurrare “guardami, non toccarmi”.
Era piacere per sé stessa, ma anche potere sugli altri.
Esibizione come atto sacro.
Godimento come arma.
A ventidue anni si trasferì a Milano.
Si comprò solo vestiti trasparenti, tacchi e preservativi.
Fece del suo corpo un tempio.
Fece del sesso… un rito da officiarsi in pubblico.
E quella sera, in cima a un hotel di lusso, decise che era ora di riscrivere il vangelo del desiderio.
Con me come primo testimone.
⸻
🔥 ATTO I – La notte in terrazza
La prima volta che la vidi fu in un bar sul tetto di un hotel.
Estate rovente. Musica lounge, bicchieri umidi, sguardi annoiati. E poi lei.
Chanel.
Top nero trasparente senza reggiseno, minigonna di pelle che sembrava dipinta.
Due capezzoli puntati verso la notte, come radar per lussuria.
Non ballava. Aspettava.
Non cercava. Comandava.
Mi ordinò con lo sguardo di avvicinarmi.
Mi sedetti. Lei aprì le gambe.
Sotto, niente.
Pelle. Calore. Un invito al peccato.
«Sei già duro, vero?»
Annuii.
«Bene. Segui il gioco o vattene.»
Poi si alzò, camminò verso la ringhiera e si mise in mostra.
Gambe aperte.
Mano tra le cosce.
Un’esibizione sacra.
Si masturbava davanti alla città, sotto le stelle, mentre le luci di Milano brillavano ignare.
Io la guardavo, immobile, in preda a un’erezione dolorosa e feroce.
«Ti piace guardare, eh? Ma io godo di più.»
Finito lo spettacolo, mi portò davanti ai bagni.
«Resta fuori dalla porta. Solo ascolta.»
Dentro, iniziarono i suoni.
Gemiti. Schiaffi. Liquidi.
Urla.
Chanel si dava l’orgasmo da sola, sapendo che la stavo ascoltando, incapace di reagire.
Uscì cinque minuti dopo.
Vestita, composta, con un sorriso indecente.
«Antipasto. Il prossimo show è tra mezz’ora. In ascensore.»
⸻
💀 ATTO II – L’ascensore verso l’inferno
Trenta minuti dopo, ero lì.
Davanti all’ascensore.
Lei arrivò in un vestito rosso che lasciava intravedere l’impossibile.
Tacchi. Seno libero. Labbra lucide.
Salimmo.
Appena le porte si chiusero, si mise in ginocchio.
Mi guardò.
«Ora stai zitto. È il mio spettacolo.»
Tolse le mutandine, me le ficcò in tasca.
Poi si sedette sul corrimano, aprì le gambe e cominciò a toccarsi.
Violenta. Decisa. Affamata.
«Voglio farmi venire prima che arriviamo in cima.»
Si masturbava guardandomi negli occhi.
Specchi ovunque.
Una porno-icona in diretta, in ascensore.
Sudata, bagnata, bellissima.
Poi — ding — si aprirono le porte.
Entrarono una coppia elegante.
Lui in giacca, lei in seta.
Chanel non si fermò.
Continuò.
Anzi, si esibì meglio.
La mano sparì sotto il vestito. Le gambe restarono aperte.
Lo sguardo fisso sull’uomo nello specchio.
«Vuoi guardare?»
Il tipo non rispose. Ma sì, guardava.
Tutti guardavamo.
Il tempo si fermò.
Poi Chanel si alzò.
Si girò.
Si piegò in avanti.
Il vestito salì.
Il culo scoperto.
Il sesso visibile, gonfio, bagnato, pronto.
«Adesso, se hai le palle, scopami davanti a loro.»
Mi avvicinai, tremante.
Lei fece tutto.
Mi aprì la zip, si calò su di me con un gemito animalesco.
E cominciò a cavalcare.
Colpi violenti.
Il suo corpo esplodeva sul mio.
Le pareti dell’ascensore vibravano.
La coppia elegante? Paralizzata.
«CHAAA-NEL!» urlava.
Il suo stesso nome come grido di guerra.
E venne.
E venne di nuovo.
Tre, quattro volte.
Si svuotò, urlando come una dea impazzita di piacere.
Poi mi lasciò lì.
Scarico. Tremante. Marchiato.
Si voltò prima di andarsene.
Mi guardò.
«Non ti ricorderai di me per averti fatto godere.
Ma per averti posseduto.»
E sparì.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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