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ANGELINA – La moglie perfetta


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
17.05.2025    |    10    |    0 6.0
"Le sollevai la gonna con una mano ferma, stringendole la coscia..."
Era mercoledì pomeriggio. Come sempre, parcheggiai due vie più in là, lontano da occhi curiosi. L’aria era calda, tesa. Lei mi aspettava. Angelina. Una visione. Gonna corta, camicetta sbottonata, niente reggiseno. Il rossetto appena messo. Mi aprì piano, senza dire una parola. Il suo sguardo bastava.

Il marito era a letto, a pochi metri. Si era addormentato guardando una partita, in preda agli antidolorifici. Un respiro lento e regolare dalla camera da letto aperta.

«Ssshh… oggi devi essere bravo… ma anche cattivo», sussurrò lei, poggiandosi al muro dell’ingresso, offrendomi la gola e la curva del seno. Il desiderio che mi divorava da giorni tornò a bruciare come brace sotto la pelle.

Le sollevai la gonna con una mano ferma, stringendole la coscia. Non portava niente sotto. Il suo corpo era già pronto, vibrante. Si mordeva il labbro per non gemere. Le mie dita scivolarono tra le sue pieghe calde mentre la spingevo contro il muro, il cuore che martellava nel petto.

Mi inginocchiai. Le aprii le gambe, il pavimento freddo sotto le ginocchia e il suo profumo che mi entrava nei polmoni come una droga. Lei si aggrappò alla cornice della porta, trattenendo il respiro, il fiato mozzato dalla lingua che le scivolava dentro lenta e decisa.

«Ancora…» sussurrò. E io glielo promisi.

La presi per i fianchi e la portai sul divano, senza dire una parola. Si sdraiò, offrendo tutto, come una devota al suo dio pagano. Le gambe piegate, il petto che si sollevava ad ogni respiro. Sbottonai la camicia, e le presi le caviglie. La mia bocca scivolò fino ai suoi capezzoli, duri come pietre.

Quando entrai in lei, fu come immergersi in una febbre. Era calda, stretta, viva. Il suo corpo si piegava sotto il mio, ma le mani restavano fisse sulle mie spalle, quasi a trattenere la realtà che stavamo tradendo insieme.

Il ritmo era lento, profondo, volutamente silenzioso. Il divano scricchiolava appena, ogni spinta era misurata per non svegliare la bestia dormiente nell’altra stanza. Ma lei… lei lo voleva più forte.

«Fammi sentire che sono tua, anche se lui è lì. Fallo come piace a me, fammi rischiare…»

Le presi la gola con una mano, dolcemente, senza stringere troppo. Solo per farle sentire che era mia. La guardavo negli occhi mentre la scopavo in profondità, e lei non distoglieva mai lo sguardo. Mi sfidava. E godeva.

Poi si voltò. Si mise a quattro zampe sul divano, la testa poggiata contro il cuscino. Quel culo perfetto, alto, vibrante, che si apriva per accogliermi ancora. Le accarezzai la schiena e la presi da dietro, spingendo più forte, più crudo, con le mani che le afferravano i fianchi per dominarla tutta.

Angelina gemeva nel cuscino, mordendolo, con le spalle che sobbalzavano. Il suono del nostro sesso era umido, vero, in contrasto con il silenzio irreale della casa.

«Mi stai scopando davanti a lui… e non lo sa… Dio, quanto mi fa impazzire…»

Fu lì che venne. Un tremito le scosse tutto il corpo. Io le tenni i fianchi ancora un attimo prima di venire dentro di lei, sprofondandole fino in fondo con un gemito sordo.

Rimanemmo fermi così, in silenzio. Lei si sistemò i capelli, si chiuse la camicetta, ancora arrossata sul collo. Io mi riallacciai i jeans e le sfiorai le labbra con un bacio breve, sporco, come un marchio.

Dalla stanza accanto, un colpo di tosse. Il marito si girava nel letto.

E noi… ci guardammo. Solo desiderio. Solo noi.



Epilogo – Il respiro dopo

Rimase distesa sul divano, le gambe ancora aperte, la pelle umida di sudore e piacere. I capelli incollati alle guance, il trucco sbavato agli angoli degli occhi. Un’opera d’arte dopo la tempesta.

Le accarezzai l’interno coscia, dove il mio piacere si mescolava al suo. Lei chiuse gli occhi, un sorriso sporco sulle labbra. Vibrava ancora. Il suo corpo era vivo di eccesso, di brividi che non volevano spegnersi.

Un respiro. Lento. Profondo. Goduto fino all’ultima goccia.

Poi il silenzio. Il silenzio dopo l’uragano.

Ma io lo sapevo. E anche lei. Che non era finita lì.



OLTRE – Il secondo tempo

Stava ancora distesa, con le cosce umide e lucide. Le sfiorai le labbra con due dita bagnate. Lei le prese in bocca, le leccò piano. Mi guardava da sotto, con quel sorriso da troia elegante che sapeva di controllo e resa.

«Non è ancora finita…» mormorò. «Voglio sentirmi scopata… completamente. Sporca. Usata.»

Si alzò e andò davanti alla porta semiaperta della camera da letto. Si piegò in avanti sul tavolo. Il culo perfetto, nudo. Lui a pochi metri. Addormentato.

«Qui. Fammi tua davanti a lui.»

Non dissi nulla. Le aprii le natiche e ci sputai sopra. Le dita scorrevano nel punto più stretto, dove nessun altro entrava. Tranne me. Angelina si piegava di più. Tremava. Aspettava.

E io entrai. Piano. Profondo.

Lei si aggrappò al tavolo, mormorando parole spezzate, mordendosi le labbra, impazzendo di piacere.

«Sì… così… fammi tua anche lì…»

Ogni colpo era un sacrilegio. Ogni spinta un pericolo. Ma era quello che ci teneva vivi. Le presi i capelli, glieli tirai indietro. Lei rideva. Piangeva. Godeva.

E venne di nuovo. Scossa. Annientata. Vibrante. Io la seguii un attimo dopo, esplodendo dentro di lei mentre il marito si girava ancora una volta nel letto.

Lei crollò in ginocchio, esausta, la bocca semiaperta, il viso devastato di piacere.

E mi sussurrò, con la voce rotta e gli occhi ancora persi:

«Quando torni?»
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