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"Sotto le Torri" – Epilogo: Gli occhi di LUC


di SERSEX
20.04.2025    |    90    |    1 8.7
"Voglio che veda quanto mi appartieni..."
Era salito le scale piano, come si sale verso una verità che si conosce già, ma che si spera ancora di poter cambiare.

Luc aveva sperato, sì. Aveva sperato che tra loro fosse solo una passione passeggera, che Claude si sarebbe stancato. Aveva creduto che quel ragazzo italiano – Giò – fosse solo uno dei tanti, un diversivo.
Perché Claude era suo. Lo era sempre stato.

A Parigi, con la neve che cadeva sul Marais, quando si facevano leccate violente nei vicoli e si tenevano le mani sotto i cappotti.
Lo era a Berlino, quando avevano affittato un letto in un ostello e non erano usciti per tre giorni.
Lo era stato sempre. O almeno così aveva creduto.

Ma ora, dal corridoio buio, Luc guardava.
E vedeva tutto.

Giò lo prendeva con forza, con amore, con rabbia, con appartenenza. Claude non gemeva, non piangeva, non tremava così nemmeno con lui.
Erano fusi. Due corpi, una sola carne.
E Claude... sorrideva. Mentre si faceva scopare. Sorrideva davvero. Come se tutto ciò che aveva cercato, ora fosse lì. Dentro di lui.

Luc avrebbe voluto entrare, gridare, strapparlo via. Ma restò immobile.
Il cazzo duro, il cuore a pezzi.

«Scopami. Voglio che veda quanto mi appartieni.»
Quelle parole di Claude gli si infilzarono dentro come una lama rovente.
E Giò... lo fece. E Claude venne come se fosse la prima volta.

Luc si allontanò lentamente, le gambe molli, gli occhi che bruciavano. Scese le scale di corsa, uscì nel vicolo, e si mise a camminare senza meta. Aveva perso tutto.

Tornò nel suo Airbnb alle Due Torri. Era nudo, dentro.

Si stese sul letto e prese il cellulare.
Trovò una foto di Claude. Nudo. Addormentato accanto a lui. Parigi, 2019.
Un amore mai detto davvero. Troppa paura. Troppa libertà.

Scrisse un messaggio:

"Ti ho sempre amato. Anche quando mi fingevo altrove. Anche quando scopavo altri, cercavo solo te.
Ma ora non so più chi sono senza di te.
Addio."

Lo salvò nelle bozze. Non lo mandò.

Poi si alzò, si spogliò lentamente, e andò verso il bagno.
Si guardò allo specchio. Si sorrise, quasi con pietà.

Aprì il cassetto. Le lamette erano lì. Precise. Fredde.

Le prese, con mani sicure.

La luce fioca del bagno illuminava appena le sue braccia. Il primo taglio fu piccolo, quasi goffo. Poi un altro. Più netto.
Il sangue iniziò a colare piano, poi più deciso. Rosso scuro, vivo.

Ma proprio mentre si lasciava scivolare sul pavimento, il telefono vibrò. Una sola volta.

Claude: "Ti ho voluto bene. Ma non ti ho mai amato come amo lui. Ti prego, non farti del male. Non così."

Luc tremò. Le lacrime iniziarono a scendere più del sangue.
Non per dolore.
Ma per ciò che non era mai riuscito a dire quando serviva.

«Claude…» sussurrò, chiudendo gli occhi.

Poi… buio.

[Epilogo]
Luc si salvò. Un vicino sentì il tonfo, chiamò i soccorsi.
Rimase in ospedale qualche giorno. Solo. Nessuna visita.

Quando uscì, prese un treno. Direzione sud.
Non cercò più Claude. Non scrisse mai più.
Ma ogni tanto, in una camera d’albergo, metteva ancora quella vecchia foto.
E si masturbava guardando il viso di chi aveva perso per sempre.
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