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Gay & Bisex

Carne Pensante


di SERSEX
11.05.2025    |    1.994    |    2 9.8
"C’era un filo di nebbia tra i lampioni, e un odore di pane appena sfornato veniva da una via laterale..."
– Notte fonda

Non era la prima volta che Giò si sentiva così, ma era una di quelle sere in cui la tristezza prendeva una forma fisica. Un peso sul petto, una tensione sotto pelle che non trovava sfogo. Non c’erano amici, né messaggi in arrivo. Solo il silenzio della sua stanza e il riverbero stanco di una giornata inutile.
Aveva acceso la radio, poi l’aveva spenta. Si era messo a fissare la pioggia fuori dalla finestra, ma neanche quella lo confortava. Alla fine si era alzato, quasi d’istinto. Aveva indossato una maglietta nera troppo aderente, un paio di jeans che sapeva bene come cadevano sul culo, e un giubbotto leggero, nonostante il freddo. Si era diretto verso il centro senza una vera meta. Ma in fondo lo sapeva: cercava la notte. Quella sporca, senza promesse. Quella che gli aveva sempre dato qualcosa, anche quando toglieva tutto.
La fila fuori dalla discoteca era lunga. Volti lucidi di alcol e desiderio, corpi impazienti. Il buttafuori lo riconobbe e lo lasciò passare con un cenno. Dentro, la musica era un’onda calda che lo avvolse subito. Il buio pulsava di luci intermittenti e il pavimento tremava sotto i bassi. C’era un odore preciso: di pelle sudata, di voglia trattenuta a stento.
Giò si avvicinò al bancone. Ordinò un gin tonic e rimase lì, a sorseggiarlo lentamente, guardando i movimenti fluidi e animaleschi dei corpi in pista. Era tutto così lontano, ma al tempo stesso familiare. Una giostra di maschi che cercavano calore, conferma, carne.
Fu uno sguardo a raggiungerlo per primo. Un ragazzo più giovane, magro, con un viso ancora incerto tra adolescenza e virilità, lo fissava dal fondo della sala. Occhi grandi, scuri, la bocca socchiusa. Giò non si mosse. Lasciò che fosse lui ad avvicinarsi. Quando gli fu davanti, non dissero nulla. Ballarono. Lenti, quasi sfiorandosi. Poi fu una mano sul fianco. Poi più giù. Il ragazzo si fece audace, gli sfiorò l’inguine con la punta delle dita. Giò lo guardò in silenzio. Sentiva già l’erezione crescere.
«Vieni con me», sussurrò il ragazzo. Lo guidò attraverso un corridoio stretto, dove il suono si ovattava e il buio diventava complice. Giunsero in una zona appartata, nascosta. Un divanetto, una luce rossa fioca. Il ragazzo si inginocchiò, senza parlare, e cominciò a slacciargli i jeans. Le mani tremavano appena, ma la bocca era sicura. Giò si lasciò andare all’indietro, con la testa reclinata e il respiro sempre più profondo. Sentiva ogni movimento di quella lingua, lenta, attenta, avvolgente. Lo succhiava come se volesse tenerlo lì per sempre.
Non erano soli. Qualcuno si avvicinò. Un uomo più adulto, bello, con la barba incolta e una camicia sbottonata. Gli si mise accanto e cominciò a toccarlo. Sul petto, sul collo, sul ventre nudo. Gli sfiorava le labbra, gli occhi, come a volerlo leggere. Giò aprì gli occhi. Vide il riflesso di se stesso nei suoi. Non era tristezza, stavolta. Era fame.
Fu una sinfonia lenta. Si spogliarono, si baciarono, si leccarono ovunque. Il ragazzo, ancora inginocchiato, passava da un cazzo all’altro, adorandoli. L’uomo dietro di lui lo preparava con pazienza. Lubrificante, dita, carezze. Quando lo prese, fu con rispetto. Ma anche con forza. Giò si piegò in avanti, gemendo contro il petto del ragazzo, mentre il piacere gli attraversava la schiena come una scossa.
Il ritmo si fece più intenso, più sporco. Si scambiavano saliva, sudore, parole sconce sussurrate a mezza voce. Si venne tutti insieme, confusi, mescolati, con i corpi avvinghiati e le mani intrecciate.
Poi venne il silenzio. Uno di quelli densi, pieni di qualcosa che non si riesce a dire. Restarono lì, nudi, respirando piano. Giò si rialzò, si rivestì in silenzio. Nessuno fece domande.
Uscì dalla discoteca poco prima dell’alba. Bologna dormiva ancora. C’era un filo di nebbia tra i lampioni, e un odore di pane appena sfornato veniva da una via laterale. Si accese una sigaretta. Le gambe gli facevano male. Ma dentro, si sentiva stranamente calmo. Non felice. Non guarito. Ma pieno. Come se quella notte, tra corpi anonimi e desideri nudi, avesse trovato almeno una forma di verità.

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