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Loretta e Franchino - 2a parte


di giov60
19.10.2019    |    15.235    |    14 9.7
"Tornati in salotto, Loretta si sprofonda sul comodo divano portando molto avanti il bacino e mettendo cosi in evidenza, impudicamente, il suo monte di..."
E’ domenica mattina e, verso le nove e trenta, mamma entra in camera mia per darmi la sveglia. Io sono sveglio già da quasi mezz’ora e, da quasi diciasettenne, ho il cazzo già bello duro perché sto ripensando a quanto successo solo poche ore fa.
Alcune cose le ho ben chiare:
- Mamma e papà hanno pensieri inverecondi, ma anche molto piacevoli, nei confronti miei e di Loretta ma, forse perché frenati da qualche dubbio più che comprensibile, non riescono a fare il primo passo per realizzare il comune desiderio.
- Loretta, a dispetto dell’età, è molto più avanti di me. Lei coccola papà perché le piace “sentire” il frutto delle sue moine e questo la fa sentire “grande” non avendo lei mai avuto freni inibitori di alcun genere. Solo la “inesperienza” in fatto di sesso la trattiene ancora dall’infilare le mani nei pantaloni del desiderato genitore.
- Io, da parte mia, ho appena scoperto che sono dotato di un uccello che nulla ha da invidiare a quello di un adulto; che la sorellina non è affatto più una bambina dispettosa e che mamma potrebbe sicuramente gradire attenzioni molto più maliziose di quelle che le sto finora riservando. Ma anche io come la sorellina sono molto frenato. Forse dovrei confidarmi con qualcuno che non mi metta in mezzo ai guai!
Vedere mamma sull’uscio della porta che mi sollecita a scendere dal letto già praticamente vestita mi delude alquanto tanto da farmi dubitare anche dei miei stessi ragionamenti appena fatti.
Ma io ho dimenticato che abbiamo degli impegni di carattere familiare che ci faranno passare la giornata in compagnia dei parenti. Peccato! Mi consolo con il pensiero che vado ad incontrare un paio di zie su cui ho già posato gli occhi e mia cugina neo diciottenne che non è da buttare via e che è appunto il motivo della riunione di familiari e amici.
Scendo in cucina per la colazione e saluto mamma e papà che, già praticamente vestiti, hanno già quasi terminato. Hanno entrambi il viso disteso e un espressione di appagamento frutto, evidentemente, della notte appena trascorsa.
Papà in cravatta e camicia, segno che poi metterà la giacca, mamma con una gonna a fiori delicati una spanna sopra il ginocchio, forse meno, e una vaporosa blusa che disegna il suo seno di donna matura.
Loretta invece deve essere convinta da mamma perché indossi una gonna a metà coscia e una canottiera che, senza reggiseno, non riesce a nascondere i suoi già pronunciati capezzoli.
Anche io ho messo una cravatta sulla camicia che mi da un tono di studente modello, ma rimango senza giacca che pure papà mi consiglia di indossare.
Visto che casa nostra dista meno di quindici minuti di cammino da casa della zia e visto che la giornata è splendida, si decide di andare tutti a piedi; solo mamma ha da ridire sulla cosa perché ha, nel frattempo, indossato un bel paio di scarpe con un tacco da otto o dieci centimetri che le slancia di molto la figura mettendo in mostra, come se ce ne fosse bisogno, il suo sedere di matura matrona.
Mi beo per tutto il cammino del bel posteriore di mamma che cammina ancheggiando al braccio di papà mentre Loretta mi affianca.
Mia sorella ha ancora gli occhi dolci per le cose accadute solo poche ore prima e pare voglia dirmi che mi vuole bene: no non è così, sta già pensando a come abbandonare la riunione familiare perché ha di nuovo voglia. Non riesco a capire cosa le passi per la testa ma mi fa pensare quando, cosa mai accaduta prima, anche lei come mamma mi prende sottobraccio e si appende a me quasi a farsi trascinare.
Arrivati a casa dello zio salutiamo tutti i presenti e in particolare la festeggiata che, bellissima nel suo tubino nero, non mi prende lontanamente in considerazione: per lei sono solo un ragazzino!! Mi consola una delle zie, Maria, che ha sposato il fratello di mamma. Solare, allegra e anche molto prosperosa mi abbraccia e bacia più volte ed io, con la stessa sfacciataggine di poche ore prima, dato che tutti quegli abbracci mi avevano risvegliato l’uccello mai sazio, all’ultimo suo abbraccio ho mandato avanti il mio bacino che a contatto con l’anca della zia le ha rivelato la mia gioia nei suoi confronti.
Alla zia la cosa dev’essere piaciuta perché, quando ci siamo messi a tavola, ha preteso che Franchino le stesse accanto. Io avrei voluto stare vicino a Loretta e agli altri cugini ma non posso dire di no.
Di fronte a me siede mamma con a fianco papà da un lato e lo zio Antonio, marito della zia Maria, d’altro. La zia nel chiedere a mamma come andassi a scuola e, nel contempo facendomi gli elogi per quanto fossi cresciuto, lei non può nemmeno immaginare quanto, mi pone la mano sulla gamba destra e mi stringe sulla coscia con molta forza: la cosa mi fa passare un piacevole brivido misto anche ad un po’ di dolore per la stretta vigorosa. Come lei ha fatto con me cosi faccio io con lei: nel ringraziarla per le belle parole nei miei confronti, la mia mano destra si poggia sulla coscia sinistra di zia che nel sedersi si era scoperta fin quasi a metà grazie alla forma della gonna a palloncino che indossa. Non ho stretto la presa ma ha fatto scivolare la mano verso il bacino fino a incontrare la balza della calza di seta indossata per l’occazione. Solo a quel punto la mano di zia, lasciata la mia coscia, afferra la mia per riportarla a casa. Ma il gesto quasi plateale la porta ad esagerare cosi che le dita della sua mano vanno a posarsi proprio sul mio grembo nel punto dove si trova la mia cappella gonfia. Io approfitto dell’attimo per togliere il mio braccio velocemente cosi che la sua mano rimane appoggiata sulla mia cappella. Sento che ha un fremito e, lungi dal sollevare la mano, zia lascia che questa percorra tutto il restante spazio che la separa dal centro del mio bacino.
Una veloce strizzata di dita e, come ringraziamento un bellissimo sorriso le si disegna sul volto che ha ancora un espressione tra lo stupito e il compiaciuto.
Mamma e zia si guardano: solo Dio può sapere cosa si sono dette in quell’attimo! Ma, visto che ormai ho tutti i radar accesi, intuisco che le due signore se la intendono e non sono solo cognate ma complici, forse anche alle spalle dei rispettivi mariti, ancora immuni dall’essere entrambi becchi solo per il fatto che noi si abita in Toscana e zia Maria a Bologna.
Più volte durante il pranzo ho raccolto il tovagliolo e un paio di posate a zia che, distrattamente, le faceva cadere per terra: così facendo più volte ho sfiorato la coscia di zia sia con le mani che con lo sguardo e mi sono goduto anche la bella visione delle gambe di mamma spesso leggermente allargate.
Alla frutta sono in condizioni pietose e forse anche mamma e zia sono consapevoli di questo.
Per fortuna arriva in mio aiuto Loretta che, invece, per tutto il pranzo ha dovuto respingere uno dei cugini più cretini che ho nell’albero genealogico. Stufa della sua rozzezza si avvicina a mamma e le dice qualcosa all’orecchio. Mamma ci pensa su un attimo e con molta dolcezza, ma altrettanta fermezza, mi chiede, visto che la torta l’ho già consumata e le foto sono già state fatte, di accompagnare a casa mia sorella che non si sente molto bene. Mi solleva anche dal dover tornare, dato che ora si metteranno a giocare a carte fin quasi l’ora di cena e che vuole fare anche una bella chiacchierata con la zia Maria.
La zia è invece delusa dalla mia partenza e mi abbraccia con molto calore mentre chiede a mia madre se può invitarmi a casa sua per mostrarmi Bologna, città appena iniziano le vacanze estive. Mamma le risponde che si vedrà: dovrò meritare questo viaggio premio!
Salutati con educazione tutti io e Loretta lasciamo la casa quasi mortificati; ma appena fuori il cancello del giardino il nostro passo si fa veloce quasi corriamo.
Arrivati a casa siamo doppiamente felici perché mamma ha dato a me il mazzo di chiavi che si era portata dietro: quando arriveranno più tardi dovranno comunque suonare!!!
Entrati ci buttiamo sul divano mentre io accendo la tv. Loretta invece, dopo pochi istanti si alza e scompare un attimo alla mia vista. Mi sento chiamare poco dopo dalla cucina.
Entro e la trovo appoggiata al tavolo quasi a novanta gradi, con addosso ancora la maglietta che aveva per la festa e lo slip che pare lo abbia rubato a mamma per quanto è sgambato: le sue chiappe bianche sono incorniciate perfettamente dalle piccole strisce dell’indumento che divide perfettamente i due graziosi globi di soda e giovanissima carne.
Non c’è bisogno che dica altro se non continuare quel lento sculettare a destra e sinistra: mi avvicino a lei e l’abbraccio da dietro quasi con violenza.
“Che fretta c’è? Non scappo mica!! Ma tu fai il bravo e non essere irruento!!”
Mi allontana quel tanto che mi serve a slacciarmi i pantaloni e a togliermi la camicia, mentre, non capisco come, la cravatta mi rimane al collo.
Come mi chino per sfilare i pantaloni non posso fare a meno di deporre un leggerissimo bacio proprio sul coccige di mia sorella che le ha un brivido che non riesce a nascondere. Dalle mie labbra spunta la lingua che inizia un leggero passaggio su quelle bianche e sode carni offerte con candida depravazione.
Scorre il tempo mentre passo e ripasso e senza scostare di un millimetro le piccole stringhe che si riuniscono proprio un po’ più sopra dal punto dove ho volutamente appoggiato per la prima volta le mie labbra.
Mi stupisco della padronanza delle mie azioni mentre il mio cazzo, a malapena trattenuto dentro lo slip. scalpita
Sono in ginocchio ormai e la punta della mia lingua sta disegnando la rima dei glutei al di sopra della quale luccica umida la carne della sorellina.
A questo punto mi alzo e, delicatamente, appoggio il mio bacino a quello di Loretta che apprezza la cosa ampliando l’andirivieni del bacino che mai a smesso mentre la leccavo. Dopo un po’ lei mi chiede di togliere di mezzo il mio slip perché vuole sentire la carne sulla carne.
Eseguo quello che lei mi ha chiesto e prima mi limito ad appoggiare il mio cazzo durissimo sul quel culetto incestuoso poi, come ho fatto prima con la lingua, preso tra due dita il mio uccello alla base, inizio a passarglielo lentamente, dolcemente su tutto il sedere andando ora a destra ora a sinistra ora appoggiandolo nel solco ora puntandoglielo proprio tra le chiappe all’altezza prima dell’ano poi facendolo scivolare verso il naturale punto di ritrovo del sesso maschile e femminile.
Il cordoncino prima, e la leggera striscia di stoffa poi, fanno da ultimo baluardo alle ancora vergini entrate di Loretta
“Se al mio posto ci fosse mamma saresti penetrato dentro di lei, vero?”
“Ma quando mai potrà accadere quello che dici?!?”
“L’ho vista come le piace giocare con il cazzo di papà, a me nemmeno mi pensa!!”
Dico una bugia perché so la reazione che ha avuto quando le ho volutamente fatto vedere il mio cazzo in tiro. Ma stamattina mi ero illuso che sarebbe accaduto qualcosa, invece mi sembrava che io abbia sognato.
Ma nel realizzare nella mia mente le parole di Loretta ho come uno scatto e infilo tra le chiappe sode di mia sorella il cazzo come a fare una specie di spagnola avvolgendo la mia dura carne con le sode carni di lei.
Senza aver studiato ma seguendo solo il bestiale, ma dolcissimo, istinto anche Loretta inizia a muovere il sedere adeguandosi al mio movimento così che in due minuti sono all’apice del piacere che anche lei deve provare, visto che mugola e si muove molto più scompostamente.
In un barlume di lucidità capisco che la maglietta di mia sorella deve sparire dalla sua schiena e con uno strattone riesco a sfilargliela proprio in tempo per ammirare quattro potenti schizzi del mio orgasmo depositarsi sulla sua schiena, decorandola come mai avrei immaginato.
Il rotolo di panno carta che, poggiato sul tavolo, è nel frattempo rotolato a fianco di Loretta, giunge ad indicarmi cosa fare.
Ma l’Istinto mi suggerisce di essere più delicato e inizio a raccogliere con la bocca il mio stesso piacere per poi deporlo nel foglio ruvido.
Lo faccio con piacere e lentamente gustandomi gli ultimi gridolini di piacere di mia sorella.
A fatica si rialza dalla posizione a novanta gradi tenuta fino ad ora e, abbracciandoci e scambiandoci anche un bacio, prima andiamo nelle nostre camere a posare gli indumenti sparsi per casa fino qualche attimo prima e dovutamente raccolti e a prendere i nostri pigiami per la notte, poi ci buttiamo sul divano davanti alla tv che, accesa, continua ad illuminare la stanza ormai al tramonto.
Tornati in salotto, Loretta si sprofonda sul comodo divano portando molto avanti il bacino e mettendo cosi in evidenza, impudicamente, il suo monte di venere pronunciato e coperto ancora dallo slip che, bagnato evidentemente dagli umori del piacere provato, appare adesso quasi trasparente poiché indovino, senza dover usare la fantasia, tutti i particolari di quella fighetta succosa.
L’oscena posizione mi fa capire che non è ancora finita, fortunatamente, mentre mi inginocchio lei con mossa fulminea fa volare lo striminzito e umido indumento per aria e aiutandosi con le dita mi spalanca alla vista tutta la sua intimità vergine.
Stavolta non mi tiene la testa e questo mi permette, sempre seguendo un atavico istinto, a baciarla nell’intimità affondando la lingua quanto più mi è possibile, ma anche, con le braccia, sollevarle le gambe cosi che mi ritrovo davanti agli occhi e con la lingua penzoloni, il suo grinzoso sfintere anale. Mi ci butto con tutta la bocca e la faccio gridare dal piacere e dalla sorpresa che, forse, non aveva ancora visto nelle sue spiate a mamma e papà. Gode cosi abbondantemente che i suoi umori escono dalla fighetta e scorrono fin sull’ano dove, golosa, la mia lingua li raccoglie per degustarne tutti i sapori.
Solo la punta del mio naso, che è nel frattempo sprofondato nel virginale sesso, è bagnato, il resto del viso è intonso mentre quello di Loretta dimostra tutto il piacere provato.
Tutto questo mi ha già risvegliato da tempo e, come faccio per rialzarmi, aiutando nel contempo Loretta ad assumere una posizione meno invereconda, la sorellina si ritrova davanti al volto tutta la mia giovanile esuberanza.
Nemmeno adesso c’è bisogno di chiedere con le parole. Afferra con devozione quanto le sta davanti al viso e, grazie a mamma che le ha fatto vedere, seppur senza saperlo, come una donna si comporta davanti ad un desiderato cazzo, aperta la bocca inizia ad ingoiare la mia virilità.
La sua lingua frulla attorno alla mia cappella con una perizia frutto esclusivo dei suoi appostamenti ma anche mosso da un istinto di femmina che non le facevo. on riesce ad ingoiare che la cappella e pochi altri centimetri del cazzo, ma lo fa con lodevole impegno ed ingordigia tutta femminile.
Lasciata uscire la cappella dalla bocca, che oltre non poteva andare se non soffocandola, inizia leccarmi per tutta la lunghezza l’uccello fino ad arrivare allo scroto dove mi fa venire i brividi per come lecca e ciuccia un testicolo alla volta.
Il calore della sua lingua mi arriva dai coglioni al cervello in un attimo e so che non resisterò a lungo.
Ecco che mentre abbocca di nuovo la cappella, il citofono trilla.
Mamma e papà sono tornati.
Di corsa ci rivestiamo alla bell’e meglio e mentre io vado ad aprire il cancello e a socchiudere la porta d’ingresso, Loretta è disperata perché non trova lo slip. Si infila il pigiama che avevamo, opportunamente, già portato in salotto e ci facciamo trovare distesi sul divano a guardare la tv.
Una sola cosa stona nel quadretto che si presenta agli occhi dei nostri genitori, anzi due: il mio uccello in tiro che deforma il mio pigiama e quel maledetto slip che non siamo riusciti a trovare.
Ci chiedono se non ci siamo annoiati: no, non ci siamo annoiati e per tagliare il discorso, chiedo a mamma che continua a fissarmi li, se, per favore, vuole prepararci un panino per cena….
(Continua…?)
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