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Lucrezia


di giov60
08.11.2019    |    26.504    |    7 9.6
"Certo la mancanza di attenzioni da parte di Carlo avrà fatto anche la sua parte ma quello che sentivo crescere dentro era qualcosa che superava l’astinenza di..."
E’ una calma e tiepida notte di primavera inoltrata e da poco è passata la mezzanotte: sono ancora sveglia seduta sul lato del letto. Alle mie spalle dorme beato mio marito Carlo girato sul fianco in modo da darmi le spalle, come ormai accade da diversi mesi.
Mia madre me lo aveva detto quando vent’anni fa decisi di sposarlo: “Fai come vuoi piccola Lucrezia, ma Carlo ha dodici anni più di te e verranno giorni in cui ti sentirai insoddisfatta e forse rimpiangerai di non avere accanto a te un uomo ancora prestante!” Ed infatti l’agiatezza in cui vivo è direttamente proporzionale allo stato di “vedovanza bianca” cui sono costretta da ormai più di un anno dalla mancanza di attenzioni da parte di mio marito. Lui tutto preso dal suo lavoro rientra a casa solo per dormire. Non uno sguardo, non una carezza, come quelli che mi scaldavano il cuore: adesso sono solo una bella neo quarantenne dal fisico ancora perfetto, grazie alle ore di palestra, da esibire in occasioni particolari ai propri colleghi e competitor di lavoro. Una bambola da portare con se a teatro o a cene dove la mia avvenenza è usata per aggirare qualche ostacolo di carattere commerciale o burocratico.
E sentire addosso gli sguardi laidi di certi soggetti non è certamente il massimo anche se in parte mi consolano perché mi danno testimonianza di quanto io sia ancora molto piacente e desiderabile.
Ma non è per questo che non riesco a prendere sonno. Il tarlo che mi trafigge il cervello da ormai quasi sei mesi è adesso a qualche metro da me, nella stanza occupata da mio figlio diciottenne e da qualche giorno rientrato dalla sede universitaria dove sta frequentando il corso magistrale di laurea in giurisprudenza.
Quasi sei mesi fa, intenta a scegliere e provare l’abito che avrei indossato la notte di capodanno, mi sono accorta di essere osservata: il riflesso dello specchio, davanti al quale mi compiacevo ammirata, mi aveva permesso di intravvedere, seminascosta dall’anta della porta, l’inconfondibile figura di Marco intento a spiare sua madre che proprio castamente vestita non era. Mi sono sentita avvampare il viso per essere stata sorpresa senza volerlo e, al contempo, un dolce dolore ha iniziato ad irradiarsi dalla bocca dello stomaco. Posto fine alla prova per la vergogna provavo comunque un pizzico di risentimento che non riuscivo a meglio mettere a fuoco. Solo nei giorni successivi ho iniziato ad intuire che non ero insensibile alla morbosa attenzione di Marco.
Marco è un bel ragazzo, timido certamente , ma ben piantato e, a dire di molte tra le sue conoscenze, simpatico e allegro e prestante.
Molte delle mie stesse amiche lo guardano con ammirazione un po’ troppo accesa, ma senza mai aver pronunciato una parola fuori posto su di lui.
Tramontato il desiderio da parte di Carlo mio marito, stava sorgendo quello, inverecondo e contro natura, di mio figlio. Ed io lì a cercare di capire prima cosa succedeva in me e poi, eventualmente, giustificare o condannare il ragazzo. E, per meglio capire, ho iniziato, con molto tatto per la verità, anche perché mi sentivo in colpa, a provocarlo per verificare se avevo intuito bene i suoi atteggiamenti in casa nei miei confronti. Nulla di eccezionale per carità, solo piccole cose: stavo attenta a vestirmi in un certo modo, a vedere se mi guardasse quando sedevo un po’ più scomposta sul divano o a tavola, se attiravo la sua attenzione chinandomi davanti a lui a mettere in mostra il mio sedere sicuramente molto apprezzato fuori dalle mura domestiche. Non sono, per educazione e convinzione, una donna che ostenta la propria fisicità; mi piace sì vestire bene, me lo posso permettere e lo faccio con piacere, ma non mi vesto mai in modo appariscente se non quando me lo chiede Carlo e, anche in questo frangente, non sono mai sguaiata nei modi e nelle parole. E come mi comporto fuori, sono anche a casa: comodi pigiama o tute, e in estate fresche magliette e pantaloncini di lino o cotone, quasi sempre lunghi. Ho anche smesso di indossare la ricercata biancheria intima di cui ho pieni i cassetti dell’armadio visto che mio marito non dimostra nessun interesse nei miei confronti. Il fuoco che invece arde in me, giocoforza, si è trasformato in lunghe sedute di intime carezze perché la mia mente non accetta nemmeno per errore il fatto che io possa adornare la fronte del mio sposo, come invece converrebbe e come sicuramente molte altre spose avrebbero fatto al posto mio, di un impalcato di corna come quelle di un grande cervo!
Ma…. sono bastati i pochi giorni di vacanze natalizie per essere certa che Marco mi guardava più spesso come maschio che come figlio. Ne ero lusingata e terrorizzata allo stesso tempo. La mia femminilità, contro la mia stessa volontà, è ripartita e con essa anche la voglia di tornare ad essere elegante in casa come fuori.
Quando lui è poi tornato in università il tarlo, che mi aveva instillato in quei giorni, fatti di sguardi languidi e compiacenti, ha iniziato dentro di me a erodere lentamente ma inesorabilmente le mie certezze di donna dai sani principi. Certo la mancanza di attenzioni da parte di Carlo avrà fatto anche la sua parte ma quello che sentivo crescere dentro era qualcosa che superava l’astinenza di amore coniugale: era la dolce morbosità di qualcosa che non avevo mai conosciuto e che ora si prendeva gran parte dei miei pensieri.
Durante tutti i mesi invernali anche le nostre telefonate, fino a ieri quelle classiche tra madre e figlio, sono diventate piccoli atti unici di imbarazzo ed eccitazione con tanti silenzi sempre più lunghi. Non una parola né un minimo accenno a nulla di diverso, ma sono stati i toni a cambiare e le pause tra una frase e l’altra. Poi la conferma al suo rientro a casa per le festività pasquali, il suo abbraccio così intenso e quelle sue piccole garbate attenzioni nei miei confronti che mai aveva avuto prima. Mi sono sentita inebriata in quei pochi giorni e gli abbracci sempre più intensi sono continuati fino alla sua partenza.
Adesso mi rifugiavo in bagno e passavo molto tempo nella vasca colma di acqua tiepida a carezzarmi come una ragazzina di primo pelo. A volte le telefonate le facevo mentre ero immersa nell’acqua densa di profumi floreali e avrei voluto dirglielo ma mai ci sono riuscita.
Quei lunghi silenzi al telefono devono aver fatto capire anche al mio Marco che le sue attenzioni nei miei confronti stavano diventando anche le mie verso di lui. Non so quanto consapevolmente, ma certe cose le senti dentro!
Adesso da tre giorni è qui di nuovo a casa. Giorni in cui poco abbiamo parlato e tanto ci siamo guardati negli occhi. Sguardi che fra un uomo e una donna sarebbero inequivocabili ma non tra una madre e un figlio! Il mio cuore mi dice che è tornato perché vuole me. Se lo lascio partire domattina senza una mia risposta forse lo deluderò come mai avrei potuto fare. Ma rimango sua madre e la domanda che mi tormenta è sempre la stessa: “Sarà giusto?” Il mio basso ventre ribolle e mi manda segnali che contrastano con tutti i ragionamenti fatti a freddo. E certe scelte bisogna farle seguendo la pancia e non il cervello!!!
Scruto attraverso la porta socchiusa il corridoio sul quale si apre la camera di Marco e vedo da quell’uscio filtrare la luce dell’abatjour segno che sicuramente anche lui non sta dormendo ancora, forse preso dalla lettura di uno dei suoi tanti libri.
Carlo invece è sprofondato in un sonno profondo accompagnato dal leggero russare che lo contraddistingue. So, da buona moglie, che non si desterà prima di tre ore nemmeno con una cannonata.
Mi alzo decisa e lo specchio che è davanti a me mi rimanda la figura di una donna carina, senza trucco alcuno che indossa un pigiama di raso grigio chiaro che la copre fino metà coscia ed è sorretto da due sottili spalline. Il seno è libero da impedimenti e riempie l’indumento con la sua terza misura abbondante. Sotto di questo solo un piccolo slip che copre a malapena il monte di venere dal corto pelo, curato ormai esattamente da due mesi quando, spinta da chissà quale forza, ho ripreso anche l’assunzione degli anticoncezionali. Il mio volto è disteso e solo i miei occhi lampeggiano come fari nella notte a tradire una decisione ormai presa. Per il resto appaio tranquilla e rilassata ed in effetti così mi sento, perché so che la decisione che ho preso è quella più giusta per me e per mio figlio, non certamente per i bacchettoni e benpensanti.
Sfido il freddo del pavimento percorrendo il corridoio lentamente e scalza cosi da non fare alcun rumore. I mei passi sono felpati quasi come quelli del gatto di casa che adesso si aggira nella notte tra giardino e garage.
Entro in camera di Marco decisa. Lui, disteso sotto la leggera coltre è, come avevo intuito, ancora sveglio, intento a leggere un libro, indossando i leggeri occhiali che gli danno un apparenza di uomo maturo.
Disteso a letto ma appoggiato alla spalliera per favorire la lettura, ha quasi tutto il busto scoperto mentre dalla vita in giù la leggera coltre lo cela alla mia vista. Indossa una maglietta con scollo a V a maniche lunghe. Con la mano sinistra regge il libro mentre la destra è distesa lungo il corpo.
Come mi vede entrare non ha un moto di sorpresa e il suo sguardo mi accarezza tutto il corpo in segno di apprezzamento. Senza proferir parola chiude il libro e lo poggia sul comodino, sotto la luce della lampada accesa e poi, con misurata calma, si sfila gli occhiali che poggia sopra il questo.
Credo di intravvedere nei tratti del suo volto una malcelata ed appena accennata soddisfazione: domani, in giornata, sarebbe ripartito e lo avrebbe fatto con un senso di sconfitta se adesso non fossi stata lì davanti a lui.
Mi avvicino al letto sedendo alla sua destra dal lato dell’abatjour cosi che, pur alla fioca luce, i nostri volti possano essere illuminati meglio. Sollevo il suo braccio destro e me lo appoggio sulle cosce come in timido abbraccio mentre mi chino a dargli un bacio sulla fronte: un bacio dolcissimo ma materno come a volergli augurare un buon sonno. Quante volte in questi diciotto anni l’ho salutato così quasi ogni sera!? Praticamente sempre! Come fanno quasi tutte le mamma del mondo con i propri figli. Ma, mentre le mie labbra sono sulla spaziosa fronte del mio ragazzo nel più casto dei baci materni, la mia mano sinistra, che avevo poggiato sul suo petto, dopo essere scesa fin sulla sua pancia, si sta infilando sotto la coperta decisa e inarrestabile per prendere possesso del mio peccaminoso desiderio di questi ultimi sei mesi.
Sento sotto i polpastrelli il caldo tepore del suo giovane corpo difeso ancora dagli slip e, scivolando su questo, poggio il palmo della mano sul pube, palpandone il voluminoso contenuto che non riesco ad apprezzare tutto nella mia piccola mano. Ancora qualche millimetro di stoffa mi separano dal punto del non ritorno!
Mi sollevo quel tanto che basta a favorire il moto della coperta che scende verso il basso a scoprire Marco fino a metà coscia. Poi, vogliosa come una ragazzina ma con l’esperienza di una donna, infilo la mano sotto l’elastico della mutandina mettendo a nudo l’oggetto dei miei desideri che solleticato dolcemente sta prendendo sempre più la forma di un fallo di notevole fattura.
Lo afferro, con orgoglio, alla base quando è ormai duro e caldo sotto lo sguardo di Marco e, distogliendo i miei occhi dai suoi, prendo coscienza visiva del notevole uccello di mio figlio. Mi viene l’acquolina in bocca per quanto è bello e mi chino per soddisfare la mia fame.
Marco ora ha i gomiti poggiati sul materasso per sorreggersi quel tanto da non perdere nulla dello spettacolo che sta avvenendo sotto i suoi occhi. Quando sono a pochi centimetri dal mio desiderio incestuoso, fisso ancora i miei occhi nei suoi che, appena abbocco la grossa cappella che mi riempie calda e consistente la bocca, lui rovescia all’indietro socchiudendo le palpebre seguito nello stesso movimento dalla testa in segno di godimento eccelso.
Ho mesi di astinenza dietro di me e la voglia è tanta, ma riesco a trattenere il mio istinto vorace per diversi minuti durante i quali ingoio più volte il grosso uccello filiale di cui controllo le reazioni tenendolo ben stretto alla base con la mano così da sentire le contrazioni dello scroto. Anche lì la mia lingua si diverte e riesco ad abboccare i testicoli solo uno alla volta dato che sono come due grosse noci. Mentre dai coglioni sto risalendo verso la cappella per un ultimo affondo, guardo verso l’alto e lo vedo ancora con la testa arrovesciata all’indietro e il viso con una espressione di celestiale felicità.
La sete che provo vorrebbe non farmi fermare fino a potermi dissetare a questa bellissima fontana, ma la notte è breve e voglio uscire da questa stanza solo al termine della mia missione.
A malincuore abbandono il “fiero pasto” che ritto si erge in tutta la sua possanza finisco di togliere le coperte di dosso a Marco e poi provvedo a sfilargli dalle gambe lo slip adesso arrotolato a metà coscia.
“Ma papà?”
“Dorme, non ti preoccupare”
Sono le uniche parole che ci scambiamo mentre in piedi davanti a lui mi chino a sfilargli il cuscino da sotto la testa.
Lo metto a terra davanti alla poltroncina che accoglie i vestiti e mi inginocchio appoggiandomi ad essa.
Sono a novanta gradi e mi offro oscenamente al desiderio di mio figlio. Per agevolare la sua decisione, anche se non ce n’è affatto bisogno, sollevo la veste a scoprire le mie prosperose natiche e poi afferro la stringa del mio tanga spostandola dal centro del sedere verso sinistra cosi da offrire al mio bambino la visione della mia gocciolante figa che pulsa di desiderio.
Salta giù dal letto con tutta la sua esuberanza giovanile. Sento la sua cappella appoggiarsi al centro tra le mie chiappe per poi scendere lentamente verso il cratere del vulcano della mia intimità ribollente. E’ lì e non deve fare altro che spingere quanto basta, invece nulla, e il mio bacino ondeggia ad invitarlo procurandomi dolci spasmi. Lo sento chinarsi su di me. Sento le sue mani accarezzarmi la schiena e lentamente risalire verso il collo per poi discendere sulle spalle ed afferrare le spalline della veste che, accompagnate, scendono quasi fino all’altezza dei miei gomiti. Il mio seno ora è nudo e mentre avverto la stretta delle sua mani su di esso a procurarmi fitte di piacere, avverto la desiderata spinta del suo uccello a violare la mia figa.
Senza mai fermarsi arriva fin sul collo dell’utero donandomi sensazioni mai provate fino ad ora.
Sono piena di mio figlio. Ne sono felice e avverto che anche lui è complice e non vittima di questo incestuoso e mai svelato desiderio.
La sua bocca porta morsi dolci ma decisi sul mio collo e sulle mie spalle ad aumentare il mio già immenso godimento.
Per dieci minuti o forse più ci innalziamo verso l’eden del piacere assoluto. Poi le sue spinte diventano sempre più profonde fino a voler superare il collo dell’utero che cede sempre più.
Appoggio la testa sulla poltroncina e porto indietro le mani ad afferrarlo per quanto mi è possibile per evitare che possa uscire da dentro di me.
Le mie mani sono come parole per lui e con una ultima spinta rimane profondamente infisso dentro di me come mai nessun uomo aveva mai fatto. Sento pulsare il suo uccello e la mia figa lo stringe con tutta la sua presa. Per tre o quattro secondi rimane immobile per poi esplodere con il più bollente orgasmo mai provato, allagando la mia figa e annegando lui stesso nel suo stesso piacere.
Si accascia sulla mia schiena mentre le sue mani continuano a manipolare le mie tette ormai rosse dalle attenzioni ricevute.
Piano piano il suo uccello perde consistenza e le contrazioni della mia figa lo accompagnano nell’uscita.
Quando è tutto fuori, facendo leva sulle mie anche si solleva per rimettersi in piedi per poi aiutare me a fare altrettanto.
Adesso siamo uno davanti all’altra e le nostre bocche si scambiano il primo vero bacio di incestuoso sapore. Il primo … ce ne saranno tanti altri. E Carlo dorme beato!!
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