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la fidanzata troia


di benves
12.04.2017    |    65.334    |    9 8.7
"Si era infilata il cazzo del ragazzo nella fica e dall’espressione del viso sembrava in estasi..."
Alice, la mia fidanzata,
è una 27enne decisamente carina: capelli e occhi castani, una terza di seno ben fatto e sodo, alta quasi un metro e settanta.
E' una ragazza anche molto dolce e suscita l'ammirazione di amici e colleghi.
Spesso mi ha detto di essere stata oggetto dei loro corteggiamenti, per la verità mai troppo insistenti, poiché sanno che convive con me e soprattutto sono note a tutti la sua fedeltà e la sua dedizione nei miei confronti.

Ultimamente però, tra noi c’è stato qualche problemino: alcune discussioni, peraltro scatenate da motivazioni assolutamente banali, hanno lasciato come strascico una certa freddezza nel nostro vivere quotidiano.
In particolare, dal giorno dell’ultimo litigio lei mi è sembrata piuttosto distaccata; ma del resto, conoscendo il mio carattere impulsivo, ho pensato che i modi, tutt’altro che delicati, con cui mi esprimo quando sono arrabbiato, avessero offeso la sua sensibilità e che dunque, fosse necessario un po di tempo affinché lei si sentisse di nuovo totalmente a suo agio con me.

Nelle ultime settimane non siamo usciti molto e speravo proprio che questo venerdì, finalmente, avremmo fatto qualcosa di carino. Tuttavia proprio giovedì mi dice di aver ricevuto la telefonata di Ilaria, una sua cara amica con cui esce spesso, che dovendo poi partire per qualche settimana, voleva vederla proprio il giorno seguente.
Alice ha aggiunto che le sarebbe dispiaciuto dirle di no e che quindi, se io ero d’accordo, avremmo potuto rinviare al giorno successivo la nostra uscita.

Mi dispiaceva, ma non potevo certo darglielo a vedere, quindi le ho risposto di non preoccuparsi e di fare pure ciò che preferiva.
In realtà mi infastidiva molto il fatto che, già da qualche giorno, lei anteponesse qualunque cosa a me, anche perché non vi ero certo abituato.
Da quando la conoscevo, non aveva mai mancato occasione di farmi sentire la cosa più importante della sua vita, ma, ultimamente, il suo atteggiamento mi sembrava diverso: ad esempio una sera, mentre cenavamo, un collega dell’università l’ha chiamata al cellulare e lei, invece di riattaccare spiegando che l’avrebbe richiamato più tardi, si è dilungata tranquillamente in un discorso interminabile, come se io nemmeno fossi lì accanto.

Anche in altre circostanze ho notato in lei una certa mancanza di attenzione nei miei riguardi, ma, a pensarci bene, si è sempre trattato di piccolezze. Anche questa cosa di venerdì non era poi così grave: in fondo saremmo usciti il giorno dopo.
La mattina seguente, al lavoro, mi chiedevo cosa avrei potuto fare la sera, dato che Alice sarebbe uscita con l’amica ed i miei amici avevano già preso altri impegni. Poco dopo pranzo, ho saputo che a causa di una riunione convocata all’ultimo momento, probabilmente avrei dovuto fermarmi al lavoro più a lungo del solito.
Così ho chiamato immediatamente Alice e l’ho informata che sarei tornato più tardi e quindi, forse, non ci saremmo nemmeno incrociati, dato che lei e la sua amica si erano date appuntamento per un aperitivo in centro.
Lei mi rispose che non c’era alcun problema e che quindi ci saremmo visti al suo ritorno, intorno a mezzanotte.
Si erano già fatte le 20 e non ero ancora arrivato a casa, a causa del traffico intenso.
Ad un tratto, fermo al semaforo, vedo proprio Alice, in piedi ad un angolo della strada: probabilmente stava aspettando la sua amica; tuttavia quella visione mi imbarazzò profondamente. Lo so, era solo la mia ragazza, ma quella sera si era vestita in un modo tale che, in un primo momento non l’avevo nemmeno riconosciuta e se mi ero voltato per guardarla meglio, l’avevo fatto solo perché convinto di essere di fronte alla classica bella figa che incontri per la strada e che squadri dalla testa ai piedi.
Sotto una camicetta color fucsia, scollata al punto che lasciava intravedere il reggiseno nero, portava l'ultima minigonna jeans che le avevo regalato: quella, che quando si siede, è quasi impossibile non riuscire a scorgere il perizoma.
Sotto aveva dei sandali col tacco a spillo, che non mette quasi mai perché sono troppo alti e le fanno male i piedi ed infine era truccata in un modo che avevo visto solo per feste o occasioni importanti: la matita nera sugli occhi, un ombretto scuro e un rossetto molto sexy… era veramente una figa da sballo !

Non so cosa mi prese, ma mi arrestai poco dopo l’incrocio e continuai ad osservarla attraverso lo specchietto retrovisore, finché un’automobile si accostò al marciapiede.
Era Ilaria, la sua amica, che era passata a prenderla.
Non appena lei salì, l’automobile ripartì ed io, istintivamente, ho invertito il senso di marcia e l’ ho seguita: sentivo dentro di me una strana eccitazione, come quando da piccolo fai qualcosa di nascosto che i tuoi genitori non devono assolutamente sapere.

Stavo seguendo la mia ragazza, che usciva con un’amica: perché?
Eppure il suo comportamento distaccato degli ultimi giorni ed il look che si era concessa per una semplice uscita con un’amica, avevano scatenato in me una curiosità quasi morbosa che non potevo in alcun modo contenere.
Però, nello stesso tempo, più scorreva la strada sotto le mie ruote e più mi sentivo stupido.
Si stavano effettivamente dirigendo nel solito locale dove vanno con i loro amici a fare l’aperitivo e già mi immaginavo la noia di restare a spiarle di nascosto mentre si prendevano una caipirina parlando delle loro stronzate.
Ciò nonostante decisi di seguirle ancora per un po.
Come previsto, parcheggiarono proprio di fronte al locale in questione, mentre io, per non dare nell’occhio, passai oltre e accostai l’automobile un po più avanti.
Quindi, una volta che furono entrate nel locale, scesi e mi avvicinai, camminando dall’altra parte della strada.
Il locale era proprio in centro a Milano, in una via che a quell’ora è sempre affollata: in questo modo potevo confondermi con la gente senza rischiare di essere visto.
Dovevo fare molta attenzione poiché se fossi stato scoperto non avrei avuto scuse plausibili a giustificare la mia presenza lì in quel momento.
Attraverso le vetrine del locale le vidi dirigersi verso un tavolo, dove già erano seduti gli amici di Ilaria; qui si salutarono tutti con il classico triplo bacio sulla guancia ed infine anche Alice e Ilaria si sedettero e ordinarono il loro aperitivo.

Mentre chiacchieravano sorridendo, tutto sembrava normale ed mi sentivo sempre più idiota: ma cosa mi ero immaginato che dovesse accadere? A dire il vero cominciavo proprio ad annoiarmi, eppure non riuscivo a convincermi ad andarmene, qualcosa mi tratteneva lì a tutti i costi.
Ad un tratto accadde un fatto strano: Alice aveva appena detto qualcosa all’orecchio di Ilaria, l’aveva baciata sulla guancia come per salutarla e si era alzata in piedi, come se fosse sul punto di venir via.
Ma era presto… e poi come sarebbe tornata a casa?
Non feci in tempo a cercare un’ipotesi plausibile, che mi prese come una fitta al cuore: dall’altra parte del tavolo, infatti, anche uno degli amici di Ilaria si era alzato e dopo aver salutato tutti, si stava dirigendo alla cassa a pagare il conto, proprio in compagnia di Alice.
Non capivo: forse si era offerto lui di accompagnarla a casa… in ogni caso dovevo togliermi alla svelta di lì, prima che uscendo dal locale lei mi potesse vedere.
Con passo affrettato e la saliva azzerata, raggiunsi la mia automobile e mi ci infilai dentro: sistemai bene lo specchietto retrovisore per vedere meglio l’entrata del locale e rimasi lì immobile con il respiro affannoso, a causa della corsa, ma soprattutto per la forte tensione.
Finalmente uscirono: lui le disse qualcosa e lei, fissandolo negli occhi, sorrise; quindi attraversarono la strada e camminarono lungo il marciapiede fino all’automobile del ragazzo. Durante il tragitto ho avuto modo di inquadrare meglio il tipo in questione: il classico milanese, attentamente griffato, con un’automobile costosa, grazie alla quale, probabilmente, riuscirà ad attirare sciami di ragazze; non che fosse brutto… tutt’altro… mi sembrava un ragazzo piuttosto carino, ma sicuramente il look e i soldi avevano un ruolo fondamentale nell’immagine che poteva dare di sé.
Una volta dentro l’auto, lui si accese una sigaretta, mentre Alice gli parlava, gesticolando e sorridendo divertita.
Subito dopo, con una leggera sgommata, l’auto partì.
Immediatamente li ho seguiti: ero teso come una corda di violino e continuavo a sperare che lui, da buon amico (di cui però io non avevo mai sentito parlare) la stesse riaccompagnando a casa; ma in fondo non ci credevo: era troppo presto e tutta la situazione era troppo strana.

Mentre guidavo con gli occhi sbarrati, speravo ad ogni semaforo che lui voltasse, dirigendosi verso casa; ma ben presto la direzione che stavano prendendo mi convinse che non era possibile.
Ma allora dove stavano andando?
Mi mantenevo ad una distanza che mi permettesse di non perdere di vista quell’auto e cercavo di mantenermi calmo.
Le mie mani tremolanti sul volante erano una prova evidente di quale fosse il mio stato d’animo. Quando l’auto entrò in un parcheggio, lungo il viale alberato, che dal famoso castello degli Sforza, conduceva al parco Sempione, io mi fermai lì fuori per non correre rischi, finché li vidi scendere dall’auto e feci altrettanto, rimanendo nascosto dietro ad un albero.
Il mio cuore batteva così forte che credevo di sfiorare la tachicardia e le emozioni nel mio cervello si rincorrevano all’impazzata: avevo paura di quello che avrei potuto vedere, ma nello stesso tempo dovevo a tutti i costi capire cosa diavolo stesse succedendo.
Ripensando a pochi minuti prima, quando davanti al locale volevo tornarmene a casa, ringraziai Dio di non averlo fatto.
A quest’ora sarei stato comodamente seduto sul mio divano, convinto che Alice fosse ancora in quel locale, totalmente ignaro dei risvolti che invece stava prendendo la serata.
Imboccarono uno dei sentieri che conducono al parco, camminando separatamente, senza mai avvicinarsi l’uno all’altra.
Fortunatamente era molto buio e potevo seguirli, procedendo nell’oscurità sul prato, in mezzo agli alberi.
Passarono diversi minuti: continuavano a passeggiare, chiacchierando tranquillamente, mentre la mia curiosità e la mia angoscia crescevano a dismisura.

Dopo aver superato un laghetto, ad un tratto si fermarono e si sedettero su una panchina, in penombra, vicino ad un ponticello.
Immediatamente mi bloccai anch’io, rimanendo nascosto in mezzo alla vegetazione e mi guardai intorno: nel parco il silenzio era totale e non c’era un’anima viva.
Si udivano solo le loro voci su quella panchina e, tra una parola e l’altra, le loro risate; ora erano seduti vicini e la mano di quel ragazzo si era appoggiata sulla spalla di Alice.
Non riuscivo più a trovare ragioni per quella situazione: tutto era tremendamente evidente e conduceva ad un’unica spiegazione, che dentro di me si era insinuata fin dal primo momento, ma che ancora adesso non volevo ammettere.
Eppure il fastidio e la gelosia che avevo provato nei confronti di quel ragazzo fin da quando era uscito dal locale, erano il segnale evidente che qualcosa non andava.
Ed ora che erano così vicini, su una panchina, in un parco completamente deserto, alle undici di sera, attendevo solo una prova di quello che la mia mente rifiutava, mentre il mio cuore aveva già intuito da tempo.
Accanto alla tensione e all’angoscia, si stava facendo strada in me anche una crescente eccitazione: continuavo a sperare che non fosse vero, ma nello stesso tempo mi accorgevo anche di desiderare di vedere la mia ragazza, così figa quella sera, darsi da fare con un altro.
L’idea che mi stesse per tradire mi feriva profondamente, ma nello stesso tempo, il fatto di poter essere lì… di scoprire cosa si sarebbe lasciata fare, mi eccitava incredibilmente.

E così quando lui avvicinò la bocca alle labbra della mia ragazza, invece di uscire allo scoperto per fare una scenata, rimasi immobile con lo sguardo vitreo e il cazzo duro dentro i pantaloni.
Quel bacio sembrava interminabile e, nonostante a causa della penombra non potessi vedere bene, ero sicuro che le loro lingue frementi si stavano accarezzando con desiderio.
Ma non mi bastava intuire… ormai dovevo a tutti i costi vedere meglio: così, con le gambe tremolanti ed incerte, avanzai nella vegetazione, girando intorno al vialetto lungo il quale erano seduti e mi posizionai tra due alberi, proprio dietro di loro, ad una decina di metri
di distanza da quella panchina.
Ora potevo distinguere bene i loro volti: non si stavano più baciando, ma l’espressione un po maliziosa di Alice, lasciava intendere che era piacevolmente immersa in quella situazione;
ed infatti, abbassando lo sguardo, notai che il ragazzo, mentre le sussurrava qualcosa che non riuscivo a sentire, aveva infilato una mano dentro la camicetta e le stava accarezzando lentamente un seno.

Quelle tette che erano mie, ora erano tra le mani di un altro e la sua bocca e la sua lingua avevano appena incontrato un’altra lingua che non era la mia.
Questi pensieri mi procuravano un senso di nausea, ma nello stesso tempo mi eccitavo, inevitabilmente, sempre di più: per la prima volta vedevo la mia ragazza sotto una nuova luce, non era più solo la mia bella e dolce fidanzata, ma una viziosa puttanella che si stava lasciando andare ai suoi istinti, slinguando e facendosi palpare da uno, che nemmeno conosceva bene.
Intanto, libero di agire senza alcuna opposizione, quel ragazzo non perse tempo e scese con la mano fino ad infilarla sotto la minigonna di Alice, che, anzi, allargò lievemente le gambe, di quel tanto che bastava per facilitarne il percorso.
Ho percepito chiaramente il momento in cui le dita, raggiunto e spostato il perizoma, si sono dolcemente infilate dentro la fichetta, bagnata fradicia, della mia ragazza: fu un movimento improvviso all’indietro della testa di Alice (segnale indiscutibile di puro piacere) a segnalarmelo.
Le emozioni che provavo erano così intense e al tempo stesso contrastanti che temevo di svenire.
I fatti ormai si susseguivano ad una velocità tale, che non riuscivo nemmeno più a razionalizzarli. Furono sufficienti pochi sapienti movimenti di quelle dita, dentro e fuori dalla passera di Alice e intorno al suo clitoride, perché lei perdesse ogni freno inibitore.
Doveva desiderare il suo cazzo da morire, poiché interruppe immediatamente il lavoro del ragazzo, gli salì a cavalcioni sopra e, dopo essersi scostata un istante (probabilmente per aprirgli la patta), fece un chiaro movimento con una mano sotto la minigonna.
Si era infilata il cazzo del ragazzo nella fica e dall’espressione del viso sembrava in estasi.
Senza protezione, senza preoccuparsi del fatto che, se fosse successo l'irreparabile avrebbe dovuto giustificarsi con me; era una cagna in calore e solo quello contava. Si stava facendo guidare solo dai sensi.

Non c’erano dubbi: ora si stava facendo scopare e dai profondi movimenti su e giù del suo bacino, era evidente che lo stava facendo alla grande.
Dopo qualche minuto di quell’intenso smorza candela, lui la fece alzare in piedi, le fece appoggiare le mani alla panchina e iniziò a scoparsela da dietro.
Per la prima volta vedevo il cazzo che aveva profanato la mia ragazza ed era obiettivamente un uccello di tutto rispetto, non gigantesco, ma comunque di dimensioni più che buone e soprattutto sicuramente più grosso del mio.
Ora capivo cos’altro aveva trovato Alice di irresistibile in quel ragazzo.
Ma il paragone tra il mio uccello e quello del ragazzo non mi distrasse per molto, poiché la scena che mi si presentava davanti riuscì a sconvolgermi ulteriormente: il ragazzo, con i pantaloni solo in parte abbassati e mezzo culo fuori, stava fottendosi a pecora la mia ragazza con una foga tale, che vedevo chiaramente le chiappe bianche di Alice ballonzolare come se fossero sottoposte ad un’intensa seduta di elettro stimolazione.

Lei, sembrava non aver mai desiderato altro: gemeva e lo incitava a scoparla con sempre maggior forza. Con me non era mai stato così, non l’avevamo mai fatto in quel modo.
Ma del resto, noi avevamo sempre fatto l’amore, mentre quello era evidentemente puro e sfrenato sesso!
Mi stava tradendo e si stava lasciando andare come mai aveva fatto prima: mi sembrava di impazzire, ma non potevo fare a meno di godere nel vederla in quella situazione.
Dal variare dei lamenti e dei gemiti di Alice mi resi subito conto che stava venendo.
Almeno in questo la conoscevo e sapevo bene quali erano le sue reazioni ad un orgasmo.
Questo era sicuramente il più lungo a cui avessi mai assistito… sembrava non dover finire mai! Finalmente si rilassò, appoggiando anche la testa allo schienale della panchina.
Appena il ragazzo, esausto per il grande sforzo, si sedette accanto a lei sulla panchina, con i pantaloni abbassati e quel possente uccello ancora completamente duro, Alice, come morsa da una tarantola, gli si gettò addosso.
Dalla mia posizione, vidi distintamente la testa della mia ragazza scendere dal collo del ragazzo sempre più giù, finché non sparì completamente alla mia visuale.
Nascosta dallo schienale della panchina.
Ma non mi occorreva vedere… i sospiri del ragazzo erano fin troppo eloquenti: quella troia (che amavo come nessun altro al mondo) gli stava facendo un pompino.
Ormai si era lasciata fare di tutto e non era certo un cazzo in bocca che poteva cambiare la situazione; eppure, non so perché, ma trovai quel momento ancora più eccitante di tutto il resto.

Avrei voluto vedere se stava leccando e succhiando quel grosso pisello con la stessa selvaggia e sfrenata passione con cui si era fatta fottere la fica poco prima, ma non fu necessario, poiché, dopo pochi minuti, un urlo soffocato del ragazzo dimostrò che stava venendo.
Rimasero immobili in quella posizione per quasi un minuto, durante il quale non riuscivo a fare altro che domandarmi se gli era venuto in bocca.
Solitamente a lei non piace molto il sapore dello sperma, ma quell’amplesso era stato così selvaggio che… e poi lui dove diavolo poteva aver sborrato, se lei non si era spostata di un centimetro?

Non c’era più tempo, dovevo andarmene, perché, da li a poco, lui l’avrebbe riportata a casa.
Mentre camminavo nel silenzio, tornando verso la mia automobile, ero ancora talmente teso che mi faceva male il petto e mi sembrava quasi che si crepasse.
Una volta a casa, rimasi in attesa che lei tornasse e quando finalmente suonò al citofono, mille pensieri si rincorsero nella mia mente: cosa dovevo fare?
Farle una scenata, dirle che l’avevo seguita e che dunque l’avevo scoperta mentre mi cornificava, facendo la puttana con quel tizio?
Oppure stare zitto, far finta di nulla ed aspettare qualche giorno per rifletterci su?
Il problema era che anch’io, in fondo al mio cuore, mi sentivo un po’ in colpa per essermi eccitato e per aver desiderato la mia ragazza, come mai prima, proprio nel momento in cui si faceva un altro.
Quando entrò, raccolsi tutte le mie forze e simulai alla meglio un sorriso sereno: sembrava funzionare, ma, non appena mi baciò, mi trovai a cercare di capire se quelle labbra sensuali e quella lingua delicata avessero incontrato poco prima lo sperma di quel ragazzo.
Non trovai una risposta, ma, nel frattempo, il mio viso aveva mutato espressione e Alice si accorse sicuramente del mio stato d’animo alterato; ma non disse nulla e andò a dormire.
Tuttavia, l’indomani, dopo una notte praticamente insonne, mentre facevamo colazione fu Alice stessa a dirmi: “Dobbiamo parlare! Devo assolutamente raccontarti una cosa, altrimenti impazzisco!”.

Fingendomi stupito, le dissi che ero tutt’orecchie.
Lei, prendendola molto alla larga, mi raccontò che durante le ultime uscite con Ilaria, aveva conosciuto un ragazzo molto carino che le aveva fatto una corte spietata.
Aveva capito immediatamente che non era innamorato di lei e che probabilmente voleva solo farsela.
Fin da subito si era sentita anche lei molto attratta da lui: non le piaceva particolarmente come persona, ma negli ultimi giorni si era ritrovata frequentemente a fare pensieri di un certo tipo su di lui.
Si era sentita spaventata e aveva cercato di mantenere una certa distanza, ma le continue e abili pressioni del ragazzo l’avevano fatta capitolare proprio ieri sera.
Aggiunse che le dispiaceva di avermi tradito, che mi amava da impazzire e che per quel ragazzo non provava alcun sentimento, ma non aveva saputo resistere ad un puro ed insistente richiamo sessuale.
Nel frattempo io non avevo detto una parola, l’avevo ascoltata in assoluto silenzio.
Quando la interruppi dicendo: “Alice, io…”, lei mi pregò di lasciarla continuare, perché voleva essere del tutto sincera, raccontandomi i fatti così come si erano svolti.
Dopo pochi minuti, durante i quali stava esattamente ripercorrendo ciò che avevo visto la sera precedente, fermai il suo racconto proprio al punto in cui avevano parcheggiato l’automobile fuori dal parco, e le dissi: “Aspetta!
Non occorre che tu vada avanti!
Ieri sera ti ho vista per caso mentre aspettavi Ilaria e….”.
Immediatamente Alice mi rispose: “E mi hai seguita?”
Un cenno di assenso del mio capo la fece arrossire completamente e così le spiegai che vedendola “messa giù da gara” (vestita e truccata in un modo tanto appariscente), non avevo resistito alla tentazione di seguirla.
Avevo visto tutto e non occorreva che lei continuasse il racconto.
Lei, con le lacrime agli occhi, mi chiese se sarei mai riuscito a perdonarla.
Le risposi che non lo sapevo, ma che comunque anche lei doveva sapere una cosa e cioè che nel guardarla mentre faceva la troia con quel tipo, non ero rimasto solo ferito e sconvolto, ma mi ero anche eccitato molto e anche di questo non riuscivo a farmene una ragione.
Le ho confermato il mio amore e le ho promesso che avremo trovato insieme il modo di superare questo momento.
Da allora la nostra complicità è andata oltre ma questa...è un'altra storia
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