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Michela una vita da sottomessa Atto 13


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
29.06.2025    |    386    |    3 9.2
"” Usciamo dall’acqua, la sabbia che si attacca alla mia pelle bagnata, il plug che vibra, gli anelli che tintinnano, gli sguardi dei turisti che ci divorano come predatori..."
Sono passati due giorni da quando abbiamo fatto shopping, ed è l’ora di partire. Il terminal di Malpensa è un caos di luci al neon e odori: carburante, aria condizionata, sudore umano che si mescola al mio muschio intimo, un aroma che mi segue come un’ombra. Il mio cuore batte forte, un tamburo che si sincronizza con il ronzio incessante del plug anale da 10 cm, la gemma blu che vibra e lampeggia, un peso che mi dilata il culo, un tormento che accende un fuoco nella mia fica. Indosso una canotta corta, un velo di tessuto nero che lascia il seno quasi nudo, i capezzoli forati che premono contro la stoffa, gli anelli d’acciaio che scintillano sotto le luci fluorescenti. La canotta lunga, si solleva a ogni passo, rivelando gli anelli alle grandi labbra che tintinnano come campanelli osceni, la barretta al clitoride che sfrega, mandandomi scariche di piacere. L’odore del mio muschio si intreccia al profumo di sandalo di Daniela, che cammina accanto a me, il suo plug rosso visibile sotto una canotta altrettanto succinta, la catenella al clitoride che oscilla come un pendente di dominio. I nostri sandali con tacco da 12 cm ticchettano sul pavimento di marmo, un ritmo che attira gli sguardi dei passeggeri: alcuni compiaciuti, altri pieni di compassione, ma tutti incapaci di distogliere gli occhi.
Al check-in, l’odore di carta stampata e inchiostro mi pizzica le narici. Ritiriamo i biglietti, i bisbigli del personale che mi trafiggono come aghi. Ci dirigiamo al controllo di sicurezza, il ronzio del plug che si mescola al brusio dell’aeroporto, ogni passo un’esplosione di vergogna e desiderio. Al metal detector, passo per prima, e l’allarme squarcia l’aria con un suono stridente, un’accusa che mi fa arrossire. Daniela segue, e anche lei lo fa scattare. Due poliziotte, una con i gradi di sergente sulla manica, ci fermano, i loro occhi che ci scrutano con un misto di curiosità e severità. L’odore di gomma dei loro guanti in lattice mi colpisce mentre ci accompagnano in uno stanzino, il pavimento freddo che morde i piedi, il ronzio del plug che echeggia nel silenzio. La porta si chiude con un tonfo, isolandoci dal mondo.
“Spogliatevi,” ordina la sergente, la voce tagliente come una lama. La canotta scivola via, il tessuto che fruscia, lasciandomi nuda, gli anelli che brillano, il plug che vibra, il tatuaggio “SLAVE” che pulsava sul mio pube, e gli anelli d’acciaio che tintinnavano sulle mie grandi labbra. Daniela fa lo stesso, il suo corpo perfetto esposto, il plug rosso che scintilla. La poliziotta ci fa girare su noi stesse, i suoi occhi che si soffermano sul mio culo, il plug blu che lampeggia come un faro osceno. “Che caverna,” sussurra alla collega sulla porta, la voce carica di stupore. Mi piego in avanti come ordinato, il freddo del tavolo metallico che mi gela le mani, il ronzio del plug che amplifica ogni sensazione. La sergente, con un guanto in lattice che scricchiola, estrae il plug, un pop umido che echeggia, un dolore acuto che mi strappa un urlo: “Aaaah!” Il mio culo si contrae, un vuoto che brama, ma lei infila un dito, poi due, poi tre, fino a che l’intera mano scivola dentro, un fisting brutale che mi devasta. Le sue dita si aprono, roteando, un fuoco che mi squarcia le pareti dell’ano, un dolore che mi fa tremare. “Nooo, mi spacchi!” urlo, ma il dolore si trasforma in piacere, la mia fica che schizza, un liquido caldo che cola lungo le cosce, formando un lago sul pavimento. Più squirto, più la sergente spinge, la sua mano che affonda fino a metà avambraccio, un ritmo feroce che mi fa urlare: “Siiiiiii!” Il suono umido della sua mano che si muove si mescola ai miei gemiti, il mio culo che si spalanca, un abisso che accoglie ogni spinta. Ogni squirt è un’esplosione, un getto che bagna il pavimento, e lei risponde con una violenza crescente, le sue dita che si chiudono e si aprono, un tormento che mi porta a un altro orgasmo, il mio corpo che si contorce, il sudore che mi cola lungo la schiena.
Daniela subisce lo stesso trattamento, la collega che la fista con la stessa ferocia, il suo gemito che si unisce al mio, un coro di lussuria che riempie lo stanzino. L’odore di lattice, muschio e sudore mi soffoca, il suono dei guanti che scivolano, il ronzio del plug che riprende quando me lo reinfilano con un gesto deciso, un altro pop che mi fa gemere. La mia fica squirta ancora, un liquido che si mescola al lago sul pavimento, un’umiliazione che mi devasta, ma il piacere è un fuoco che mi consuma. La sergente, con un sorriso compiaciuto, ci porge le canotte: “Potete andare. Buone vacanze.” Esco, le gambe che tremano, la canotta che mi aderisce alla pelle sudata, l’odore di lattice che mi segue, il ronzio del plug che vibra, un peso che mi dilata il culo, un desiderio perverso che mi tiene schiava. Daniela mi guarda, il suo sorriso sadico che mi inchioda, e so che questo è solo l’inizio.
Sul volo per Phuket, l’aria è densa di carburante e profumo sintetico delle hostess, un odore che si mescola al mio muschio e al sandalo di Daniela. Ci sediamo, alzando le canotte, il tessuto ruvido dei sedili che solletica il mio culo nudo, il plug che vibra contro il velluto, un fastidio che mi strappa gemiti sottovoce. Daniela spalanca le gambe, la sua catenella al clitoride che oscilla, un invito osceno che attira gli sguardi del personale di bordo. Una hostess, con un sorriso teso e occhi pieni di compassione, ci offre da bere, il tintinnio dei bicchieri che si mescola al ronzio del plug. Gli uomini del personale passano più volte, i loro sguardi che mi trafiggono, le loro battute che mi fanno arrossire: “Viaggiate leggere, vero?” dice uno, ridendo. Daniela risponde con un sorriso malizioso, io abbasso gli occhi, il cuore che martella, la mia fica che gocciola, un liquido caldo che bagna il sedile.
Dopo sei ore, l’odore di pollo al curry e riso mi pizzica le narici quando la hostess ci porta il pranzo. Il sapore speziato mi brucia la lingua, il ronzio del plug che accompagna ogni morso. Esausta, mi addormento, il ronzio che si mescola al rombo dei motori, il profumo di Daniela che mi culla in un sonno inquieto. Al risveglio, siamo a Phuket. L’aeroporto è un’esplosione di odori: sudore, spezie, fiori tropicali che mi avvolgono. Recuperiamo i trolley, il nastro trasportatore che cigola, i nostri tacchi che ticchettano sul pavimento. All’uscita, gli sguardi dei viaggiatori si incollano ai nostri culi, il plug blu che lampeggia, un faro che annuncia la mia sottomissione. Un cartello Valtur ci guida verso Omar, il nostro accompagnatore: un uomo di circa 35 anni, nero, muscoloso, con lineamenti tailandesi che mi fanno rabbrividire. Il suo odore di salsedine e sudore mi colpisce, i suoi occhi che mi divorano, un rigonfiamento nei pantaloni che tradisce il suo desiderio. “Il pulmino è là,” dice, indicando un veicolo rosso sbiadito, la voce profonda che vibra nell’aria umida.
Sul pulmino, ci sediamo in prima fila, il sedile di plastica che scricchiola sotto il mio culo nudo. Daniela mi sussurra: “Facciamo impazzire Omar.” Spalanco le gambe, gli anelli che tintinnano, il plug che vibra, la mia fica esposta come un trofeo. Daniela fa lo stesso, la sua catenella che oscilla. Omar prende il microfono, la sua voce che trema mentre descrive le bellezze di Phuket, i suoi occhi che si perdono tra le nostre cosce, il rigonfiamento nei pantaloni che cresce. Daniela mi guarda, un sorriso sadico: “Stasera ti inculerà, puttana.” Rido, il cuore che salta, un misto di paura ed eccitazione: “Sì, Padrona.” Il pulmino sobbalza sulle strade sterrate, il ronzio del plug che si mescola al motore, l’odore di polvere e salsedine che mi riempie i polmoni.
Il villaggio di Phuket si apre davanti a noi come un sogno tropicale, l’odore di fiori di frangipane e legno bruciato che mi avvolge, un’esplosione di dolcezza e calore che si mescola all’umidità salmastra dell’aria. Il suono delle onde che si infrangono sulla spiaggia vicina è un richiamo ipnotico.
La canotta corta, un velo di tessuto nero, lascia il seno quasi nudo, i capezzoli forati che premono contro la stoffa, scintillando sotto il sole cocente. Daniela cammina accanto a me, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, sotto nuda come sempre, il plug rosso che scintilla come un gioiello proibito, la catenella al clitoride che oscilla a ogni passo.
Omar, il nostro accompagnatore, ci guida attraverso il resort, un labirinto di bungalow con tetti di paglia, l’odore di salsedine e cocco che si intensifica man mano che ci avviciniamo al mare. Il suo profumo di sudore e mare mi stordisce, i suoi occhi scuri che mi divorano, un rigonfiamento nei pantaloni che tradisce il suo desiderio. “Vi accompagno al vostro bungalow,” dice, la voce profonda che vibra nell’aria umida. Il nostro bungalow è un rifugio al piano terra, una terrazza vista mare che profuma di alghe e legno verniciato. Omar ci lascia, promettendo di raggiungerci a pranzo. L’odore di lenzuola fresche mi calma mentre sistemo i trolley, il tintinnio degli anelli che accompagna ogni movimento, il ronzio del plug che mi tiene in uno stato di eccitazione costante. Daniela mi ordina di prepararmi per il pranzo, e ci dirigiamo alla sala da pranzo, un’ampia veranda con tovaglie bianche che sfiorano il pavimento, l’odore di curry e pesce grigliato che mi fa venire l’acquolina. Omar ci vede, si avvicina, il suo profumo di salsedine che mi travolge. “Posso sedermi con voi?” chiede, i suoi occhi che si soffermano sugli anelli che spuntano dalla mia canotta. “Mi avete fatto impazzire sul pulmino,” confessa, la voce carica di desiderio. Daniela, con un sorriso malizioso, risponde: “Forse vedrai di più, ma devi farci da guida per tutto il viaggio.” Omar annuisce, il suo sorriso che tradisce una fame insaziabile.
Parliamo, le sue battute piccanti che mi fanno arrossire, il sapore del pesce speziato che mi brucia la lingua, il ronzio del plug che vibra contro il sedile di legno, un fastidio che mi fa gemere sottovoce. Alle due, Daniela mi guarda, gli occhi che brillano di comando: “Mettiamoci i costumi.” Torniamo al bungalow, l’odore di salsedine che si mescola al nostro sudore. Facciamo la doccia, l’acqua fresca che scivola sulla mia pelle, il sapone al cocco che mi avvolge, un sollievo che calma il fuoco del plug. Daniela sceglie il costume trasparente a due pezzi, io quello nero intero, una misura troppo piccola che spinge il seno verso l’esterno, le grandi labbra divise dal tessuto, gli anelli che spuntano, il plug che vibra, lampeggiando come un faro osceno. Ci guardiamo allo specchio, ridendo, l’odore del lattice che si mescola al nostro muschio. Indossiamo i copricostumi trasparenti, due camicie leggere che non nascondono nulla, e ci incamminiamo verso la spiaggia, i tacchi che affondano nella sabbia, il suono delle onde che si mescola al ronzio del plug.
Arriviamo alla spiaggia, un paradiso di sabbia bianca e finissima che scricchiola sotto i piedi, il mare cristallino che riflette il cielo, l’odore di salsedine e alghe che mi riempie i polmoni. Ci sdraiamo sui lettini sotto un ombrellone, il tessuto ruvido che solletica il mio culo nudo, il plug che vibra, un ronzio che si intreccia al suono delle onde. Daniela, sdraiata accanto a me, è una visione di dominio, il costume trasparente che accarezza ogni curva, il plug rosso che scintilla sotto il sole. Dopo un’ora sotto il sole, la mia pelle brucia, l’odore di sudore e cocco che mi avvolge come un velo. Daniela si alza, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, e sussurra: “Devo pisciare, puttana.” Mi inginocchio sotto l’ombrellone, la sabbia che mi graffia le ginocchia, e avvicino la bocca alla sua fica, il sapore salato del suo muschio che mi inebria, la mia lingua che esplora ogni piega, un calore che mi travolge. Daniela geme, un urlo che squarcia l’aria, il suo orgasmo che mi bagna il viso, poi mi riempie la bocca con il suo piscio, un liquido caldo e amaro che mi brucia la gola. Bevo ogni goccia, il suono del mio ingoio che echeggia, un’umiliazione che mi devasta, ma la mia fica che schizza, un piacere che mi consuma. Applausi improvvisi mi fanno sobbalzare: uomini agli ombrelloni vicini, i loro sguardi famelici, i loro fischi che mi trafiggono, l’odore del mio muschio che si diffonde, un’esibizione che mi umilia ma accende un fuoco perverso.
Decidiamo di fare un bagno, il mare che ci chiama con il suo azzurro ipnotico, un invito che sa di libertà e sottomissione. Omar ci raggiunge, due maschere subacquee in mano, il suo sorriso che tradisce un desiderio selvaggio. “Vi mostro il fondale,” dice, la voce che vibra di eccitazione, il suo odore di salsedine e sudore che mi stordisce. Ci tuffiamo, l’acqua fresca che mi avvolge come un abbraccio liquido, il sapore salato che mi pizzica la lingua attraverso il boccaglio, il ronzio del plug che si attutisce sott’acqua, ma resta un battito costante nel mio corpo. Nuotiamo tra coralli e pesci dai colori vividi, l’odore di alghe che mi riempie le narici, un mondo silenzioso che amplifica ogni sensazione. Daniela mi fa un cenno, i suoi occhi che brillano dietro la maschera, un comando silenzioso: “Fagli una sega e un pompino.” Mi immergo, il mondo che si chiude in un silenzio ovattato, solo il battito del mio cuore e il ronzio del plug. Trovo Omar, il suo cazzo duro sotto l’acqua, un mostro di oltre 22 cm, spesso e pulsante, che mi fa rabbrividire. Lo afferro, le mie mani che scivolano sul suo membro, un ritmo che lo fa gemere, il suono attutito dal mare. La sua grandezza mi intimorisce, ma il desiderio di compiacere Daniela mi spinge avanti. Lo prendo in bocca, il sapore salato dell’acqua che si mescola al suo sperma, un calore acre che mi brucia la gola, un gusto che mi inebria. Riaffioro, la bocca piena, e bacio Daniela, le nostre lingue che danzano, dividendo il sapore di Omar, un cocktail di lussuria che ci unisce, il mare che ci culla come un’amante. Omar, sorpreso, sorride, i suoi occhi che brillano di desiderio: “Vorrei di più.” Daniela, con un sorriso sadico, risponde: “Forse più tardi.”
Usciamo dall’acqua, la sabbia che si attacca alla mia pelle bagnata, il plug che vibra, gli anelli che tintinnano, gli sguardi dei turisti che ci divorano come predatori. Torniamo al nostro ombrellone, la sabbia che scricchiola sotto i piedi, l’odore di salsedine e muschio che ci segue. Daniela mi ordina di inginocchiarmi, il suo tono che non ammette repliche: “Lavami i piedi, puttana.” Mi piego, la sabbia che mi graffia le ginocchia, e prendo i suoi piedi, incrostati di sabbia e sale, l’odore di mare e sudore che mi pizzica le narici. Li lavo con l’acqua di una bottiglia, il liquido fresco che scorre, poi li lecco, il sapore salato che mi brucia la lingua, un’umiliazione che mi devasta. Daniela, con un sorriso crudele, infila un piede nella mia bocca, le dita che mi invadono, un gusto di sabbia e pelle che mi soffoca. “Succhialo bene,” ordina, e obbedisco, la mia lingua che scivola tra le dita, il ronzio del plug che amplifica ogni sensazione, la mia fica che gocciola, un piacere che mi consuma. Poi, con un gesto improvviso, spinge il piede nella mia fica, le dita che si aprono, un’invasione che mi strappa un urlo: “Siiiiiii!” Il dolore si mescola al piacere, la mia fica che si tende, un liquido caldo che cola, un orgasmo che mi travolge, il mio corpo che trema sotto gli sguardi degli uomini agli ombrelloni vicini, i loro fischi che echeggiano, un coro di lussuria che mi umilia.
Daniela ripete il gesto con l’altro piede, infilandolo prima nella mia bocca, poi nella mia fica, un ritmo che mi devasta, ogni spinta un’esplosione di dolore e godimento. “Sei la mia troia perfetta,” sussurra, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, i suoi occhi che mi inchiodano. Mi inginocchio ancora, il mio posto naturale ai suoi piedi, il cuore che esplode, un misto di vergogna e amore che mi travolge. Lecco i suoi piedi, il sapore salato che mi brucia, l’odore di salsedine e muschio che mi avvolge, ogni lappata un atto di devozione. Gli uomini ci guardano, i loro respiri pesanti, l’odore di sudore e desiderio che si mescola all’aria salmastra, un’energia selvaggia che mi stordisce. Daniela mi guarda, il suo sorriso che mi scalda l’anima come il sole tropicale, e mi ordina di alzarmi, ma resto in ginocchio, il mio corpo un tempio di lussuria, il mio cuore marchiato per sempre. Le lacrime mi rigano il viso, un fuoco che brucia, un amore che mi consuma. Ogni vibrazione del plug, ogni tintinnio degli anelli, ogni goccia di sudore e piscio è un sigillo della mia sottomissione.
Mi alzo solo quando Daniela me lo ordina, i suoi piedi che mi sfiorano, un ultimo tocco che mi fa tremare. Camminiamo verso il bungalow, la sabbia che scricchiola, il mare che sussurra il mio destino. Sono la sua schiava, pronta a brillare nel suo abisso, ogni passo un’offerta, ogni umiliazione un trofeo, ogni orgasmo un inno alla mia devozione. Il sole di Phuket accende i nostri corpi, l’odore di salsedine e muschio che ci segue, e io, inginocchiata nel cuore, so che in Thailandia sarò sua, il mio corpo devastato, il mio spirito consacrato a Daniela, la mia Padrona, la mia divinità. Il ronzio del plug, il tintinnio degli anelli, il sapore del suo piscio e il calore del suo piede nella mia fica sono i miei sacramenti, e io li porto con orgoglio, una troia perfetta, marchiata per sempre nell’anima.

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