bdsm
Michela una vita da sottomessa Atto 14


29.06.2025 |
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"Lo accolgo tutto, oltre le tonsille, un pompino che lo fa gemere, il suono gutturale che si mescola al clap del lattice di Daniela che mi incula, un ritmo feroce che ci rende un corpo unico..."
Sono le otto di sera, e l’aria di Phuket è densa di umidità, un misto di salsedine e fiori tropicali che mi avvolge mentre cammino verso il ristorante del villaggio. Il mio vestito lungo nero, un tessuto leggero e forato, aderisce alla mia pelle sudata, gli spacchi vertiginosi che si aprono fino sopra le anche, lasciando intravedere gli anelli che danzano sulle grandi labbra, un tintinnio che echeggia a ogni passo. La scollatura profonda scende sotto l’ombelico, dove il piercing con la catenella scintilla, un gioiello che vibra contro la mia pelle. Il seno, libero sotto le spalline sottili, ondeggia, i capezzoli turgidi adornati da anelli che brillano sotto le luci soffuse del pergolato. L’odore del mio muschio si mescola al profumo di sandalo di Daniela, che cammina accanto a me, il suo vestito bianco a rete piccola, cortissimo, che lascia le chiappe sode in vista, gli spacchi laterali che arrivano sopra i fianchi, la scollatura sulla schiena che scende fino alla curva del culo. Il suo plug rosso scintilla, un faro di dominio che mi fa tremare. Siamo due troie di lusso, e gli sguardi dei turisti ci trafiggono, un misto di desiderio e disgusto che mi accende un fuoco nella fica.Ci sediamo al nostro tavolino, il legno ruvido che sfrega contro il mio culo nudo, l’odore di curry e pesce grigliato che mi pizzica le narici. Omar arriva, il suo profumo di salsedine e sudore che mi stordisce, i suoi occhi scuri che ci divorano. “Posso sedermi?” chiede, la voce profonda che vibra nell’aria. Daniela annuisce, un sorriso malizioso che mi fa rabbrividire. Parliamo della spiaggia, della sabbia finissima, del bagno nel mare cristallino. “Domani vogliamo andare in città per compere,” dice Daniela, “tarda mattinata.” Omar annuisce, i suoi occhi che si soffermano sugli anelli che spuntano dal mio vestito. Tra una portata e l’altra, il sapore del riso speziato che mi brucia la lingua, Daniela alza la voce, abbastanza da farsi sentire: “Devo urinare, puttana.” Il cuore mi salta in gola, un misto di vergogna ed eccitazione. Mi inginocchio sotto il tavolo, spostando la tovaglia quel tanto che basta perché Omar, sporgendosi, possa vedere. L’odore del suo muschio mi travolge mentre lecco la sua fica, la mia lingua che esplora ogni piega, il sapore salato che mi inebria. Daniela geme, un suono gutturale che echeggia, e poi mi riempie la bocca con il suo piscio, un liquido caldo e amaro che mi brucia la gola. Bevo ogni goccia, il gulp che risuona, un’umiliazione che mi devasta, ma la mia fica che schizza, un piacere che mi consuma.
Omar, sporgendosi, ha visto tutto, i suoi occhi che brillano di desiderio. “Posso anch’io?” chiede, la voce carica di malizia. Daniela ride: “Sei birichino, vero? Michela, obbedisci.” Mi sposto verso di lui, l’odore di sudore e maschio che mi soffoca. Apro la cerniera dei suoi pantaloni, il tessuto che fruscia, e abbasso i boxer, liberando un cazzo teso, un mostro di oltre 22 cm, spesso e pulsante, che mi fa rabbrividire. Lo prendo in bocca, il sapore salato della sua pelle che si mescola al muschio, la mia lingua che scivola, spingendolo oltre le tonsille, un pompino che ho imparato a perfezionare. Omar geme, le sue mani che spingono la mia testa, il suo cazzo che mi riempie la gola, un ritmo feroce che mi fa lacrimare. Quando raggiunge l’orgasmo, un fiotto caldo mi inonda la bocca, un gusto acre che mi brucia. Resto a bocca aperta, e il suo piscio arriva, abbondante, un liquido che mi riempie, costringendomi a deglutire più volte per non perdere una goccia. Con il dito raccolgo le gocce rimaste agli angoli della bocca, leccandolo con passione, l’odore di sperma e piscio che mi segue mentre esco da sotto il tavolo. Omar, sbalordito, chiede a Daniela: “È sempre così ubbidiente e troia?” Lei lo fissa, un sorriso sadico: “È la mia schiava. L’ho addestrata a obbedire.”
L’aria sotto il pergolato del ristorante è intrisa di gelsomino e salsedine, un soffio fresco che accarezza la mia pelle sudata mentre usciamo dalla cena, il sapore amaro del caffè ancora sulla lingua, mescolato al retrogusto salato del piscio di Daniela e Omar. Il mio vestito nero, un velo traforato che aderisce alle mie curve, ondeggia a ogni passo, gli spacchi che si aprono oltre i fianchi, lasciando intravedere gli anelli che danzano sulle grandi labbra, un tintinnio che echeggia come un richiamo osceno. La scollatura profonda scende sotto l’ombelico, dove il piercing con la catenella scintilla sotto le lanterne, un bagliore che attira gli sguardi. I miei seni si muovono liberi sotto le spalline sottili, i capezzoli turgidi adornati da anelli che brillano nella penombra. Daniela, accanto a me, è un’icona di dominio, il suo vestito bianco a rete fitta, cortissimo, che lascia il culo sodo in vista, gli spacchi laterali che salgono sopra i fianchi, la scollatura posteriore che si tuffa fino alla curva delle chiappe, il suo plug rosso che ammicca come un segnale di potere. Il suo profumo di sandalo mi avvolge, un’onda inebriante che mi fa pulsare la fica, il ronzio del mio plug una vibrazione costante che mi tiene al confine dell’eccitazione. Omar, ancora con noi, emana un odore di sudore e salsedine, i suoi occhi scuri che ci divorano, il suo sorriso che tradisce un desiderio insaziabile.
Omar ci guarda, il suo tono carico di malizia: “Andiamo a ballare?” Daniela annuisce, le labbra che si incurvano in un sorriso crudele: “Alle dieci ci incamminiamo.” Il sentiero verso il locale è illuminato da torce, l’odore di legno bruciato che si mescola alla salsedine, il suono delle cicale che si intreccia al ritmo delle onde lontane. Il locale è un antro di luci stroboscopiche, l’odore di sudore, cocktail fruttati e fumo che mi stordisce, una musica elettronica che pulsa come il battito del mio cuore. Ci sediamo a un tavolino d’angolo, il tintinnio dei bicchieri che si mescola al ritmo martellante, il legno appiccicoso che sfrega contro il mio culo nudo. La pista è vuota, ma gli sguardi di tutti sono su di noi, un peso che mi fa arrossire, un desiderio che mi accende la pelle. Daniela mi prende per mano, il suo tocco che brucia come una fiamma: “Andiamo a dare spettacolo, puttana.” Omar fa per alzarsi, ma lei lo ferma con un gesto: “Resta qui e goditi lo show.” La sua voce è un comando che mi fa tremare, e lui annuisce, i suoi occhi che brillano: “Non vedo l’ora.”
Sulla pista, sotto le luci al neon che lampeggiano come fulmini, siamo sole, ma il mondo ci guarda. Daniela mi attira a sé, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, un’onda che mi travolge. Le sue mani scorrono nella scollatura del mio vestito, afferrando gli anelli ai capezzoli, tirandoli con forza. Un pizzicore acuto mi strappa un gemito: “A-ahhh!” Il dolore si trasforma in piacere, la mia fica che gocciola, un liquido caldo che cola lungo le cosce, bagnando il pavimento. La sua mano scivola nello spacco del vestito, trovando gli anelli alle grandi labbra, tirandoli, un altro gemito che mi sfugge: “Siiiiiii!” La sua mano cerca la mia fica, spalancata e fradicia, e infila le dita, poi l’intera mano, un fisting che mi devasta, le pareti che si tendono, un fuoco che mi squarcia. Mi inchino leggermente, facilitando l’invasione, il mio corpo che si arrende al suo dominio. Scopro uno dei suoi seni, il capezzolo turgido sotto la mia lingua, il sapore salato della sua pelle che mi inebria, un morso che la fa gemere, un suono che si unisce al mio, un coro di lussuria che echeggia nella pista. Il pavimento si bagna, una pozza del nostro squirt che riflette le luci al neon, un’esibizione oscena che fa esplodere applausi dai presenti, un coro di fischi e grida che mi trafiggono, l’odore del nostro muschio che si diffonde, un trionfo di vergogna e piacere. Ci inchiniamo, il cuore che martella, il sudore che mi cola lungo la schiena, un fuoco che mi consuma.
Torniamo al tavolino, Omar è su di giri, i suoi occhi che brillano di desiderio: “Mi sarebbe piaciuto essere lì con voi.” Daniela, con un sorriso sadico, risponde: “Dopo lo sarai. Ora andiamo in camera.” Lo guarda, un comando silenzioso: “Raggiungici fra dieci minuti.” Il sentiero verso il bungalow è un sogno illuminato da torce, l’odore di legno bruciato e salsedine che mi avvolge, il suono delle onde che mi culla come una promessa oscura. Nel bungalow, l’aria fresca entra dalle finestre aperte, portando il profumo del mare, un soffio che accarezza la mia pelle sudata. Daniela si spoglia, il vestito bianco che fruscia come un sussurro, e prende uno strap-on dalla valigia, l’odore di lattice che mi pizzica le narici, un mostro gigante che scintilla sotto la luce della luna. Mi ordina di mettermi alla pecorina sul letto, le lenzuola fresche che sfiorano la mia pelle, il ronzio del plug che vibra contro il materasso, un tormento che mi tiene viva.
Toglie il plug, un pop umido che echeggia nella stanza, un vuoto che mi fa rabbrividire. Daniela si posiziona dietro di me, il lattice dello strap-on che sfiora le mie chiappe, un presagio di ciò che sta per venire. Con un colpo deciso, mi penetra il culo, un mostro gigante che mi spalanca, un dolore acuto che mi strappa un urlo: “Aaaah!” Ogni spinta è un’invasione, il lattice che brucia contro le mie pareti, un ritmo lento che si trasforma in una furia selvaggia, il suono del suo corpo che sbatte contro il mio, un clap ritmico che riempie la stanza. La mia fica squirta, un liquido caldo che bagna le lenzuola, ogni colpo che mi dilata, un fuoco che mi consuma. Daniela geme, il suo piacere che si intreccia al mio, un urlo che squarcia l’aria: “Siiiiiii, puttana!” Il lattice mi devasta, il mio culo un abisso che accoglie ogni spinta, un dolore che si fonde con il piacere, un’umiliazione che mi rende viva. Le sue mani afferrano i miei fianchi, le unghie che graffiano, un pizzicore che amplifica ogni sensazione, il mio corpo che trema, perso nel suo dominio. L’odore di muschio e sudore riempie la stanza, un cocktail che mi soffoca, il suono dei nostri corpi che si scontrano, un’orchestra di lussuria che mi travolge. La mia fica pulsa, ogni squirt un’esplosione, un liquido che cola come un’offerta, il mio cuore che batte per lei, ogni spinta un sigillo della mia sottomissione.
Daniela rallenta, poi accelera di nuovo, il lattice che scivola, un ritmo che mi fa perdere il senso del tempo. “Prendilo tutto, troia,” sussurra, la voce che vibra di comando, il suo profumo di sandalo che mi avvolge come una catena. Mi spinge la testa contro il materasso, il tessuto fresco che mi gela la guancia, il mio culo sollevato, un altare per il suo piacere. Ogni colpo è un’esplosione, il lattice che mi spalanca, un dolore che si trasforma in estasi, un urlo che mi sfugge: “Siiiiiii, Padrona!” La mia fica squirta ancora, un lago che si forma sotto di me, l’odore di muschio che si mescola al lattice, un fuoco che mi consuma. Daniela si china, la sua lingua che sfiora il mio collo, un sapore salato che mi inebria, un morso che mi fa gemere. “Sei mia,” sussurra, e le lacrime mi rigano il viso, un misto di vergogna e amore che mi travolge. Il ritmo accelera, il lattice che sbatte, un clap che echeggia, il mio culo devastato, un abisso che accoglie ogni invasione, il mio corpo che si arrende, un tempio di lussuria consacrato a lei. L’orgasmo mi travolge, un’esplosione che mi fa tremare, un urlo che squarcia la notte: “Siiiiiii, Daniela!” Il mondo si dissolve, resta solo il suo profumo, il suo dominio, il suo strap-on che mi possiede, ogni spinta un sigillo della mia devozione, ogni squirt un inno alla mia sottomissione.
Un bussare deciso alla porta squarcia il silenzio del bungalow, il suono che echeggia come un tuono nella mia mente già annebbiata dal desiderio. L’aria fresca entra dalle finestre aperte, portando con sé l’odore salmastro del mare e un sentore di frangipane, un contrasto con il profumo di lattice che mi pizzica le narici. Sono a pecorina sul letto, le lenzuola fresche che sfiorano le mie ginocchia, il mio culo spalancato, un abisso pulsante che brama. Daniela, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, si alza, il vestito bianco a rete ormai un ricordo sul pavimento, e apre la porta con un gesto deciso, il fruscio del legno che stride. Omar appare sulla soglia, il suo odore di sudore e salsedine che mi travolge, i suoi occhi scuri che si spalancano vedendomi: il mio corpo nudo, il culo sollevato come un’offerta, gli anelli alle grandi labbra che tintinnano, il piercing all’ombelico che scintilla sotto la luce della luna. Daniela, con lo strap-on gigante già fissato, un mostro di lattice nero che brilla minaccioso, mi penetra il culo con un colpo secco, un dolore acuto che mi strappa un urlo: “Aaaah!” Il lattice mi spalanca, un fuoco che mi devasta, la mia fica che gocciola, un liquido caldo che cola sulle lenzuola, un’esplosione di lussuria che mi consuma.
Omar resta fermo un istante, sbalordito, guarda il tatuaggio “SLAVE” che pulsava sul mio pube, e gli anelli d’acciaio che tintinnavano sulle mie grandi labbra, il suo cazzo già teso nei pantaloni che preme contro il tessuto. “Entra, è aperta,” dice Daniela, la voce carica di comando, un sorriso sadico che mi fa tremare. In un baleno, Omar è nudo, il fruscio dei suoi vestiti che cadono un preludio alla tempesta. Il suo cazzo, spesso e pulsante, si erge come un totem, l’odore di maschio che mi soffoca, un misto di sudore e salsedine che mi fa rabbrividire. Daniela mi ordina: “Prendilo in bocca, puttana.” Obbedisco, la mia bocca che si apre, la lingua che scivola sul suo membro, il sapore salato della sua pelle che mi brucia la gola, un gusto acre che mi inebria. Lo accolgo tutto, oltre le tonsille, un pompino che lo fa gemere, il suono gutturale che si mescola al clap del lattice di Daniela che mi incula, un ritmo feroce che ci rende un corpo unico. Omar spinge la mia testa, le sue mani che afferrano i miei capelli, un dolore che si intreccia al piacere, la mia gola che si tende, il mio culo devastato dal lattice.
Daniela accelera, ogni spinta un’esplosione, il lattice che sbatte contro le mie chiappe, un clap che echeggia nella stanza, l’odore di muschio e sudore che si mescola al lattice, un cocktail che mi stordisce. La mia fica squirta, un getto caldo che bagna il letto, un urlo che mi sfugge: “Siiiiiii!” Omar si ritrae, il suo cazzo che luccica della mia saliva, e si sposta dietro Daniela. Le sfila il plug rosso, un pop umido che risuona, e la penetra nel culo con un colpo deciso, un urlo che le sfugge: “Siiiiiii!” Il ritmo si sincronizza, un’onda di corpi che si muovono all’unisono: Omar che incula Daniela, Daniela che incula me, il suono dei nostri gemiti che si intreccia al ronzio del plug abbandonato sul pavimento, l’odore di sborra e muschio che riempie la stanza come un incenso profano. Daniela geme, il suo corpo che trema, il lattice che mi devasta, un abisso che accoglie ogni spinta, un dolore che si trasforma in estasi. Omar resiste, il suo cazzo che martella il culo di Daniela, un calore che la fa tremare, fino a che viene, un fiotto abbondante che la riempie, un gemito che squarcia l’aria: “Siiiiiii!”
Esausta, Daniela esce da me, il mio culo che si contrae, un vuoto che brama. Ci adagiamo sulle lenzuola, l’odore di sborra e muschio che ci avvolge, il suono del mare che entra dalle finestre, un sussurro che ci culla. Ma dopo mezz’ora, Omar è di nuovo duro, il suo cazzo che pulsa, un mostro che sembra impossibile. “Posso incularla?” chiede a Daniela, indicando me, la voce carica di desiderio. Lei sorride, crudele: “Sarà un’impresa.” Mi metto in posizione, il cuore che martella, il mio culo spalancato che lo aspetta. Omar affonda, ma il mio buco è troppo largo, un abisso che lo inghiotte senza resistenza. “Ci vorrebbe il cazzo di un cavallo,” dice, ridendo. Daniela si avvicina, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, e infila la mano nel mio culo, le dita che si aprono, un dolore che mi fa urlare: “Aaaah!” Omar rientra, il suo cazzo stretto dalla sua mano, un fisting e una penetrazione che mi devastano, un ritmo che mi fa tremare. Squirto, un liquido caldo che bagna le lenzuola, un orgasmo che mi fa perdere i sensi, un urlo che squarcia la stanza: “Siiiiiii!” Omar viene di nuovo, il suo sperma che si mescola al mio squirt, un calore che mi riempie, l’odore acre che mi inonda le narici.
Daniela ritira la mano, colma di sborra, e me la avvicina: “Pulisci, puttana.” Avidamente lecco, il sapore acre di sperma e muschio che mi brucia la lingua, la mia bocca che scivola tra le sue dita, un atto di devozione che mi umilia. Accarezzo le palle vuote di Omar, l’odore di sudore e maschio che mi stordisce, il mio cuore che batte per Daniela. Omar si veste, il fruscio dei suoi pantaloni che rompe il silenzio, e prima di uscire dice: “Ci vediamo domani, tarda mattinata.” Rimaniamo nude tra le lenzuola, l’aria fresca del mare che accarezza la mia pelle sudata, il suono delle onde che sussurra un destino di sottomissione.
Daniela mi guarda, i suoi occhi scuri che mi inchiodano, mi prende per i capelli e mi porta in terrazza ed ordina: “Inginocchiati, puttana.” Obbedisco, il pavimento di maioliche grige che mi gela le ginocchia, l’odore di salsedine che si mescola al nostro muschio. “Lava i miei piedi,” dice, il tono che non ammette repliche. Prendo prontamente una ciotola d’acqua dal bagno, il profumo di sapone al cocco che mi avvolge, e lavo i suoi piedi, le dita che scivolano sulla mia pelle, un gesto che mi umilia ma mi rende viva. Poi li lecco, il sapore salato della sua pelle che mi brucia la lingua, ogni lappata un’offerta al mio altare. Daniela, con un sorriso crudele, infila un piede nella mia bocca, le dita che mi invadono, un gusto di mare e sudore che mi soffoca. “Succhialo bene,” ordina, e obbedisco, la mia lingua che danza, il mio cuore che martella.
Gli occhi degli altri ospiti dei bungalow vicini che ci guardano, i loro sussurri un coro lontano di desiderio che mi umilia.
Ogni goccia di sudore, ogni squirt, ogni umiliazione è un sigillo della mia devozione. Sono la sua schiava, pronta a brillare nel suo abisso, il mio corpo devastato, il mio cuore marchiato per sempre. Le lacrime mi rigano il viso mentre Daniela mi fa mettere in mostra il culo, un fuoco che brucia, un amore che mi consuma. Daniela mi guarda, i suoi occhi che mi possiedono, e mi ordina di leccare la sua fica, il sapore salato del suo muschio che mi inebria, un ultimo atto di sottomissione che mi fa tremare. La brezza fresca mi accarezza, l’odore di salsedine e muschio che mi avvolge, e io, persa nei suoi occhi, so che in Thailandia sarò sua, ogni passo un’offerta, ogni dolore un trofeo, ogni orgasmo un inno alla mia sottomissione. Il mio corpo trema, il mio cuore esplode, un’esplosione di lussuria che mi consacra a Daniela, la mia Padrona, la mia divinità, pronta a servire per sempre nel suo regno di piacere e dolore.
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