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Gay & Bisex

La mia adolescenza 17


di FRANK_1987
15.04.2019    |    7.304    |    2 8.5
"Chi di voi, parlo con gli attivi anche con quelli che si definiscono etero curiosi, non si scoperebbe un ragazzo di 18anni che, sebbene ha l’inizio di una..."
PREMESSA (DA LEGGERE E NON SALTARE): Il prossimo capitolo uscirà LUNEDI’. Questi racconti si collocano prima dell’inizio della saga “IL FIDANZATO DI MIA SORELLA”. Possono essere considerati dei prequel non dei sequel, quindi, se volete leggerli immedesimandovi, dovrete dimenticare tutto quello che avete letto finora o almeno cercare di posticiparlo nella vostra mente in modo da rendere queste letture più facili senza confondervi cronologicamente.

Settimana bianca come…la neve

CAPITOLO 17

Sono trascorsi tre giorni dal Natale e manca soltanto un weekend alla fine dell’anno. E’ l’ultimo di questo Dicembre movimentato fatto di sesso. Il mio sverginatore, Giorgio, Guglielmo e Manfredi si alternano nel mio culo trovando piacere. Fra tre giorni e’ la vigilia di Capodanno ed io e la mia famiglia decidiamo di partire per una settimana bianca andando nella più rinomata località montana dell’altopiano Silano. Per il viaggio siamo soltanto noi, io e i miei genitori, perché Claudia e’ andata a Matera dal suo fidanzato mentre Salvatore e’ partito per la Polonia per conoscere il resto della famiglia della sua ragazza. 112 chilometri mi separano dal passare la più bella vacanza che io abbia mai fatto, immaginando già durante il viaggio quali cose io possa praticare. Oltre allo sci e alle escursioni sulla neve, immagino di poter incontrare un bastone da avere tra le chiappe. Prima di prepararci, ho trovato su internet dei filmati dove alcuni ragazzi facevano sesso sulla neve. Soltanto guardandoli ho sentito freddo ma ho pensato a come sarebbe stato bello essere al loro posto anche se, nonostante io ami il clima freddo, sono nato e cresciuto in un paese di mare quindi non starei a mio agio nudo e crudo dentro quella coltre bianca come invece quei ragazzi sono abituati. Siamo quasi a metà del percorso quando mi arriva un sms sul cellulare. E’ Giorgio che mi sta avvertendo di essere appena arrivato alle terme di un’altra città marittima calabrese. Inutile dire che ognuno di noi dice all’altro quanto vorrebbe trovarsi nei rispettivi posti per poter stare insieme ma dopo gli ultimi mesi, dove ha dovuto affrontare il divorzio da suo marito Giovanni, la madre di Giorgio aveva davvero bisogno di un posto per rilassarsi e quale posto migliore di un centro termale per superare una cosa del genere? E’ già tanto difficile divorziare dall’anima gemella quando ci sono delle incomprensioni ma un altro e’ farlo perché l’uomo che credevi di conoscere in realtà e’ cambiato ed ha anche abusato del proprio figlio. Tra un messaggio e l’altro, riesco benissimo a sentire il cambiamento d’aria. L’odore della salsedine e’ andato via per lasciare spazio a quello della petricore e del sottobosco che tanto mi piace. Dai 900metri in su, nell’aria si iniziano a notare dei leggeri fiocchi di neve a piccole falde. Più saliamo e più la nevicata si intensifica. Arrivati al bivio per la città, un rovescio di graupel, ci da il benvenuto. Proseguiamo per un altro paio di metri e poi mio padre parcheggia l’auto davanti all’albergo che ci ospiterà. Scendiamo dalla macchina e un fattorino viene a recuperare le valigie. Il rumore che fa la neve sotto i miei scarponi mi manda su di giri. Ai lati dell’entrata ci sono almeno 80cm. Il mio fanciullino riemerge inesorabile e subito infilo un piede dentro quel candore affondandoci fino al ginocchio. Poi entro nell’albergo insieme ai miei. E’ un luogo davvero lussuoso. Un grande caminetto arde nel salone principale dove alcune persone stanno parlando sorseggiando bevande calde. Mia madre suona il campanello sul bancone e subito la moglie del proprietario ci saluta dandoci le chiavi delle nostre stanze. Poi chiama il fattorino interno per portarci le valigie di sopra. Si avvicina un 20enne dagli occhi cerulei e i capelli di un biondo così chiaro che sembra cenere. Risponde al nome di Vladik, ci accompagna davanti alle porte e poi mio padre gli da la mancia.
“Com’e’ l’albergo?”, mi chiede Giorgio al telefono
“E’ bellissimo. C’e’ talmente tanta neve che se esco mi trasformo in pupazzo”
“Sarai al settimo cielo immagino”
“Altroché”, gli rispondo
“E la stanza?”
“Beh, non posso fare il paragone con altre perché e’ il primo albergo che visito ma e’ normale diciamo”, gli spiego mentre sono seduto comodamente sul letto “la cosa positiva e’ che c’e’ il balcone e soprattutto il bagno in camera. E tu? Cosa mi racconti?”
“Niente di particolare. La mamma si sta lentamente riprendendo da quello che le ha fatto quel bastardo del marito”
“Mi dispiace. Sia per te che per lei. Anzi, ti chiedo scusa per essere andato a letto con tuo padre”
“Non preoccuparti. Non e’ stata colpa tua”, mi incoraggia Giorgio “come vorrei essere lì”, continua
“Anche io vorrei che tu fossi qui per rifarti un po’ gli occhi”
“Che cosa? Non sei arrivato neanche da un’ora e subito hai messo gli occhi su qualcuno? Racconta, racconta, voglio sapere”
“Si chiama Vladik, ha 20anni circa, gli occhi come il mare e i capelli biondi che sembrano bianchi”
“Un Adone quindi”
“Secondo me e’ straniero”
“E’ lì in vacanza?”
“No, e’ il fattorino”
“Ah quindi hai almeno una scusa per invitarlo in camera tua senza doverti scervellare su dove incontrarvi”, mi suggerisce Giorgio
Non ha poi tutti i torti anche se temo una sua possibile eterosessualità. All’ora di pranzo, scendiamo nel ristorante dell’albergo. Mi voglio tenere leggero perché nel pomeriggio ho intenzione di andare a iscrivermi ad un corso per sciatori. Durante il pasto, Vladik entra ed esce dal ristorante svolgendo le sue missioni ed io ogni volta lo osservo irritandolo. Vorrei farlo accomodare di fronte a me guardandolo nei suoi occhioni celesti e fargli piedino. Invece davanti a me c’e’ seduto un grasso pancione che, sebbene all’altro tavolo, mi mette ansia. Finito di mangiare, salgo in camera per prepararmi. Io e i miei genitori raggiungiamo la stazione sciistica dove altre persone attendono l’arrivo dell’istruzione. Poco dopo si avvicina a noi un bono assurdo. Avvolto nella sua tuta blu, l’uomo non può mettere in mostra il suo fisico scolpito dall’allenamento ma quello che vedono i miei occhi dal suo collo in su, e’ più che sufficiente. Un 40enne dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi si avvicina al nostro gruppo. Una barba di due giorni e i capelli rasati sulla nuca e più lunghi in sommità della testa, completano il capolavoro. Si presenta come Jan e dall’accento posso capire la sua origine tedesca. Quando raggiungiamo la pista, facile, sicura e con poca pendenza per i principianti, Jan ci indica tutte le cose che dobbiamo evitare per riuscire ad arrivare in fondo divertendoci ed illesi soprattutto. I miei genitori partono per primi. Io all’inizio ho un po’ di timore a scendere, perché è da tanto che non pratico, ma poi prendo coraggio e mi sembra di aver sempre sciato anche se, un leggero sollevamento della coltre nevosa mi fa perdere l’andatura finendo con la faccia dentro la neve. Vengono subito soccorso dalla mia famiglia e anche da Jan che, dopo avermi visitato superficialmente, mi dice di avere soltanto un polso slogato. E’ la prima volta che mi guarda negli occhi dello stesso colori degli alberi sprovvisti di manto nevoso. La mia prima lezione di sci, per oggi, finisce qui. Nei giorni successivi, dopo due giornate di permanenza in montagna, decido di fare una passeggiata pomeridiana. L’albergo dove alloggio non e’ molto distante dalla piazza così, dopo pochi passi, mi fermo a guardare le vetrine ancora addobbate.
“Giulio”, mi sento chiamare all’improvviso e quando mi volto vedo che e’ Jan
“Jan, volevo dire maestro”
“No per favore chiamare Jan, va benissimo”
“Ok, come vuoi tu”, gli rispondo con tono amichevole mentre lo osservo abbigliato con un jeans scuro, un giubbotto blu che nasconde il maglione marrone, una sciarpa avvolta al collo e i guanti color nero
“Cosa stavi guardando?”
“Le vetrine. Il Natale mi piace e sono un po’ triste che tra un po’ sarà finito”
“Tra un altro anno lo festeggerai di nuovo”, mi risponde facendomi sorridere “fa un freddo cane, ti va di mangiarci una pizza?”
“A quest’ora?”
“Spuntino pomeridiano”
“Ok”, gli faccio
Entriamo nella pizzeria che si trova vicino casa sua e ci sediamo ad un tavolino. Devono fare una pizza davvero buona perché c’e’ il pienone anche di pomeriggio. Quando Jan si spoglia togliendosi il giubbotto poggiandolo allo schienale della sedia, il maglione che indossa quasi esplode per i suoi muscoli sviluppati. Io ordino una pizza con salame, mentre Jan si prende una quattro stagioni. Chiacchierando gli racconto della mia passione per la neve pur vivendo in un paese di mare mentre lui mi racconta di essersi trasferito in Italia da bambino perché nel suo paesino tedesco era costantemente preso di mira dai bulli, maschi e femmine indistintamente. Da piccolo, infatti, nonostante la sua faccia pulita ed eccitante, era leggermente sovrappeso ed era oggetto di prese in giro da parte dei suoi compagni di scuola.
“Mi dispiace moltissimo, Jan”
“Non pensarci, ormai e’ passato”
“Sei mai ritornato al tuo paese d’origine?”
“Quando ho iniziato a praticare palestra costruendomi questo corpo, sono andato da loro per fargli vedere come ero diventato”, fa il teutonico “le ragazze che prima mi prendevano in giro, mi mangiavano con gli occhi”, continua “volevamo tutte toccare questi muscoli”, fa Jan ingrossando i bicipiti tirando ancora di più il maglione striminzito
“Sei sposato?”, gli domando
“No, mai stato. Tu hai qualcuno? Scusa volevo dire qualcuna?”
“No, non ho nessu…no”, gli dico soffermandomi sulla fine della parola al maschile
“Sai una cosa?”, dice Jan guardandosi intorno “anche io non ho nessu…no”, prosegue dichiarandosi evidentemente omosessuale “quanti anni hai?”, mi chiede
“18 e mezzo”, gli rispondo e lui fa un verso affermativo con la bocca chiusa
Ora capisco perché Jan era preso di mira da quei teppisti. Non solo per la sua obesità ma anche per il suo essere gay. Non deve essere facile, per un ragazzino, sentirsi preso in giro per due cose che non ha scelto lui di avere nonostante poi, con il tempo, una delle due cose può essere guarita, cioè l’assenza di forma fisica prestante. Consumiamo la pizza e poi usciamo dal locale. Sta iniziando nuovamente a nevicare e Jan mi offre di andare a bere una cioccolata calda a casa sua. Non so ancora esattamente cosa potrà succedere, non so se il tedesco mi scoperà o dovrò essere io a fargli il culo ma dalla mia bocca esce il monosillabo affermativo senza neanche rendermene conto. La sua casa e’ tipica dei paesi di montagna. Mi ricorda quella di Heidi, metà in muratura e metà in legno. Il freddo che sentivo fuori ora non lo percepisco più grazie ai convettori accesi nell’ambiente. Mentre Jan prepara la cioccolata, io mando un messaggio ai miei genitori dicendo loro che avrei tardato.
“Ok, Giulio, togliamoci il dente e non pensiamoci più”, esclama
“A cosa?”
“Alla voglia che ho di baciarti. Tu vuoi farlo?”
“Cosa?”
“Baciarmi”
“Credevo ti riferissi…”
“Al sesso?”, mi domanda “certo che voglio fare sesso con te, perché mai ti avrei portato a casa mia? Per farti bere davvero una cioccolata calda?”, continua
In effetti, ora che guardo verso i fornelli, non c’e’ nessuna pentola da usare per preparare la mia bevanda preferita e Jan, nel cucinotto, stava soltanto tardando per prendere il coraggio di chiedermi se potesse baciarmi facendomi invece credere altro. Io non me lo faccio ripetere due volte e inizio a baciarlo. La sua ispida barba mi solletica le labbra e le guance ma anche il collo mentre mi siedo su di lui a cavalcioni facendomi tastare la schiena. Le mie mani si soffermano sul bozzo che i suoi pantaloni hanno formato e Jan mi solleva leggermente la maglia, allora io me la tolgo e lui, in questo modo, mi può accarezzare il corpo, baciare i capezzoli e leccarmi l’ombelico. Successivamente, mi infila una mano dentro il pantalone oltrepassando l’intimo tastandomi la cappella e poi me lo sbottona abbassandomelo fino a metà gamba e gli viene spontaneo fare un fischio di ammirazione e stupore vedendo la mia dotazione sessuale. Il tedesco mi sega leggermente il cazzo e poi se lo mette in bocca. Deve chinare leggermente la testa per fare questa operazione, allora io ne approfitto per spingergliela contro il mio pube in modo che si metta in bocca tutta la mia nerchia. Dopo qualche pompata, smette di succhiarmi continuando però a masturbarmi.
“Non immaginavo avessi un cazzo del genere”, mi dice sbalordito
“E cosa ti aspettavi? Che avessi la fica al suo posto? Soltanto perché sono un ragazzo più magrolino rispetto agli altri della mia età?”
“No, no, non ti arrabbiare”, mi fa Jan “mi piace. Mi stuzzica l’idea di scoparmi un mio simile con una attrezzatura così esagerata”
“Hai parlato di scopata. Quando procediamo?”, gli chiedo voglioso
Jan mi prende per le ascelle e mi fa alzare. Anche lui si alza da sopra il divano e, baciandoci, finalmente si leva il maglione marrone. Un petto muscoloso e contornato da una leggera peluria biondiccia che a stento riesco ad individuare, mi si para davanti. E’ piacevole al tatto, mi lascia una sensazione di gommapiuma e più lo accarezzo, più mi viene voglia di continuare a farlo. Io al confronto sembro un ramoscello e nella mia mente il paragone con Davide e al gigante Golia e’ lampante. Limonando, Jan mi palpa il culo e con le mani divide le mie chiappe come se volesse scuoiarle per poter raggiungere il mio buchetto il quale, una volta raggiunto dalle grosse dita germanesi, viene stimolato rudemente senza l’utilizzo di saliva o quant’altro lubrificante. Poi il mio istruttore di sci mi prende per la testa e mi abbassa in corrispondenza del suo bozzo che svetta dalla lampo aperta in tutto il suo splendore. Un cazzo biondo di 20cm mi entra prepotentemente in bocca. Come punizione per avergli scopato le fauci, ora Jan fa la stessa cosa con me ma non c’e’ bisogno di tutti questi mezzucci perché per me e’ un piacere succhiarglielo. Glielo pure sego e gli lecco la cappella con la lingua sbaciucchiandolo delicatamente formando la bocca a cuoricino. Il teutonico sta letteralmente impazzendo di piacere e mi accarezza le guance, le spalle e mi scompiglia i capelli. Poi mi fa alzare mettendomi sul divano a pecorina con le gambe aperte, mi allarga le natiche e inizia a leccarmi il perineo e la rosellina preparandola alla scopata con l’intrusione delle sue dita, infatti poi si solleva, si mette un preservativo, fa adagiare la mia schiena al suo corpo e con la mano destra guida il suo pene dentro la mia caverna anale.
“Sei tutto un fuoco”, si complimenta con me Jan
“Ti piace?”
“Sei talmente caldo dentro che ho avuto dei leggeri brividi. Non vorrei uscire più da qui. Vorrei starci per sempre”
“Devi comunque muoverti un po’ altrimenti rischieremo che ti si ammosci e non ho intenzione di farmi scopare da un cazzo floscio”, lo avverto
“Non mi si ammoscerebbe nemmeno davanti ad una fica se ho il tuo corpo di fronte”
“Come sei tenero”, gli dico girandomi di lato e baciandolo “ma adesso fottimi”, continuo dandogli un leggero pugno sul pettorale destro
Jan inizia a spingere il suo cazzo dentro le mie viscere facendo muovere su e giù la mia testa come se stessi seguendo il ritmo di una musica da discoteca. Voi che state leggendo vi chiederete: “ma come mai riesce a fottere così tanto, io non me lo spiego!”, e quindi voglio darvi un chiarimento a questo vostro dubbio. Chi di voi, parlo con gli attivi anche con quelli che si definiscono etero curiosi, non si scoperebbe un ragazzo di 18anni che, sebbene ha l’inizio di una leggera peluria sulle gambe, braccia e faccia, ha la pelle morbida, le labbra rosate e il culetto all’insù che si schiude davanti a voi? Ecco perché tutti quelli che mi incontrano perdono la testa e vogliono farsi un giro sulla giostra insieme a me. Jan, però, non e’ da definirsi etero. E’ anche lui omosessuale quindi non e’ stato difficile convincerlo a scoparmi, cosa che sta facendo divinamente sopra il divano della sua casa-baita. Le sue mani da quarantenne sono arpionate sui fianchi o sulle mie spalle e il suo membro maturo sta martoriando il mio povero culetto slabbrato. Io mi sollevo leggermente così che lui possa massaggiarmi il torso mentre mi bacia sul collo e sul mio volto si formano le tipiche espressioni di goduria.
“Scopami Jan…aaahhh…ti voglio, ti voglio”, grido eccitato
“Sei davvero incredibile”
“Trombami il culo…ooohhh…fammi male”
“Che troia spudorata. Non ho mai incontrato nessuno come”, mi dice mentre continua a scoparmi tenendomi per le chiappe
“Voglio la…uuuhhh…tua sborra”
“Ancora e’ troppo presto”
“Ma io ho sete”
“Vieni, sediamoci”, mi dice sfilandosi dal mio culo
Il tedesco si siede sul divano e io sopra il suo cazzo. Per la prima volta ho di fronte a me un altro esemplare di maschio maturo che sta approfittando del buchetto di un ragazzino appena diventato maggiorenne. Era dai tempi di Stanislav che non succedeva, ma non e’ poi neanche passato tanto tempo. Il mio istruttore di sci spinge il suo bacino contro le mie chiappe che producono il classico rumore della pelle che sbatte contro altra pelle umana. Percepisco che i peli delle sue gambe si attaccano sulle mie natiche per il troppo calore che fa nella stanza. Jan prende il mio cazzo e lo masturba mentre io gli accarezzo il petto leggermente villoso e limono con lui. Le nostre lingue si aggrovigliano l’una sull’altra senza volersi staccare mentre con una mano, lui mi stimola il capezzolo sinistro facendo sussultare il mio membro dentro la sua mano masturbatrice. Quando lascia andare la mia proboscide, quest’ultima sobbalza ad ogni movimento della sua zona pelvica sfiorandogli lievemente l’addome. Jan si alza da sopra il divano tenendomi in braccio e poi mi getta su un pouf liberando la sua banana della morsa del mio culo. Io gliela lecco assaporando il gusto delle mie budella e poi mi sdraio alzando le gambe mentre Jan si aggiusta meglio il preservativo ed e’ di nuovo in me.
“Rompimi il…ooohhh…culo, porco”, incito Jan
“Lo e’ già”
“Allora squartamelo”
“Mi stai facendo impazzire”
“Lo so. Lo capisco…ooohhh…da come si ingrossa…aaahhh…il tuo cazzo ogni volta che…uuuhhh…ti dico queste cose”
“Ci sai davvero fare”
“Sono tre anni che…aaahhh…mi faccio scopare”, preciso “e già parecchi…uuuhhh…cazzi sono entrati nel mio…ooohhh…buco”, proseguo
Allargandomi le gambe, Jan continua a scoparmi mentre io mi metto una mano dietro la testa, come se stessi prendendo il sole, e mi godo il suo cazzo nel mio culo e la visione che il suo corpo mi sta regalando. I suoi pettorali sono contornati da goccioline di sudore che fanno ammassare l’uno sull’altro i suoi peletti trasformandoli in un folto bosco. Con l’altra mano, io, mi prendo il cazzo e sborro all’altezza dell’ombelico stringendo la mucosa del mio culo intorno al cazzo germanese anche se il proprietario prosegue accanito nella sua intenzione di darmi piacere fregandosene della voglia di eiaculare. Con le mani sporche di sborra, afferro i miei piedi tirandoli ancora di più verso di me così da aprire il mio orifizio alla sua minchia. Jan, dal canto suo, mi mette le mani sotto le ginocchia schiacciando le mie gambe ed ora sono aperto come la porta della chiesa, si dice dalle mie parti. Lui, però, non riesce a resistere a lungo, allora si toglie dal mio culo, io abbasso le gambe, si toglie il preservativo e inizia a sborrare a filo sopra il mio cazzo. Con alcune sgrullate, delle gocce di sperma vengono schizzate sulla mia faccia e Jan si abbassa su di me baciandomi. Si allontana dal divano e questa volta lo vedo avvicinarsi veramente ai fornelli preparando la cioccolata che aveva usato come scusa per portarmi a casa sua. Tra la scopata e la chiacchierata, sono passate circa due ore da quando sono uscito. Fuori, complice un’altra abbondante nevicata, le orme che avevamo lasciato io e Jan entrando da lui, sono state di nuovo ricoperte. Quando rientro nell’albergo, trovo i miei genitori ansiosi ad aspettarmi nel salone.
“Ma dove sei andato?”, fa furiosa mia madre
“Sono andato a fare una passeggiata”
“Di quasi due ore?”, interviene mio padre
“Scusate ma quando ho visto nevicare sono entrato in una pizzeria aspettando che smettesse ma quando ho visto che continuava, ho preferito rimanere lì al caldo mangiando qualcosa”, gli rispondo facendo la solita faccia malinconica che tante volte ha funzionato per non farmi mettere in punizione
“Stavamo per chiamare la polizia, Giulio”, specifica papà
“Perché non c’hai avvertito? Ti ho chiamato un sacco di volte”, grida mia madre attirando gli sguardi degli altri ospiti
“Mi si e’ scaricato il cellulare”, mento spudoratamente perché in realtà avevo solo abbassato il volume della suoneria
“Ragazzino, in paese puoi fare tutto quello che vuoi”, mi dice mio padre “conosci quei luoghi e non abbiamo mai fatto storie sui tuoi ritardi, ma questo e’ un altro posto, non conosci nessuno e devi fare attenzione”, continua adirato
Io annuisco tristemente e mi incammino verso l’ascensore. Vladik mi passa accanto, si ferma davanti a me e mi sorride sornione perché avrà capito sicuramente il motivo del mio ritardo quindi si allontana per raggiungere il magazzino. Ora non mi resta altro che provare a circuirlo perché questo sorrisetto mi fa ben sperare…

FINE CAPITOLO 17

TO BE CONTINUED

QUESTA E’ LA STORIA DELLA MIA ADOLESCENZA, SCRITTA DA ME E NON COPIATA DA ALTRI SITI. NON SONO UNO SCRITTORE PROFESSIONISTA QUINDI NON BADATE MOLTO GLI EVENTUALI ERRORI
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